IL VICE PRETORE ONORARIO Sciogliendo la riserva assunto in udienza; Letti gli atti; Rilevato che la ricorrente SAM Editoriale S.r.l. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 "disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica" in relazione all'art. 3, primo comma, della Costituzione; Rilevato altresi' che l'Avvocatura dello Stato, che difende il Garante per la radiodiffusione e l'editoria, ha chiesto la declaratoria di inammissibilita' e infondatezza della sollevata eccezione di incostituzionalita'; O s s e r v a 1. - L'art. 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, prevede le sanzioni amministrative da applicarsi nel caso di violazioni delle norme che disciplinano le campagne elettorali al fine di assicure l'attuazione del principio di parita' di trattamento. La graduazione delle sanzioni e' effettuata dal primo comma della suddetta disposizione esclusivamente tra un minimo di lire cinquanta milioni ed un massimo di lire duecento milioni, moltiplicati poi rispettivamente per due o per tre in relazione alla prossimita' temporale della violazione alla data di svolgimento delle elezioni. Come e' noto, la vigente disciplina legislativa in materia di diffusione di programmi radiofonici e televisivi e' incentrata, relativamente all'emittenza privata, sulla distinzione tra soggetti operanti in ambito nazionale e soggetti operanti in ambito locale. La legge 6 agosto 1990, n. 223, che disciplina il sistema radiotelevisivo pubblico e privato, opera la sopra richiamata distinzione anche al fine di stabilire differenti requisiti soggettivi ed oggettivi per il rilascio delle rispettive concessioni. L'art. 16 prevede, per esempio, che la concessione per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale possa essere rilasciata esclusivamente a societa' di capitali o cooperative con capitale sociale non inferiore a tre miliardi di lire, mentre analoga concessione in ambito locale puo' essere concessa anche a persone fisiche o societa' di persone con capitale (o cauzione per le persone) non inferiore a trecento milioni di lire. E' sufficiente considerare questa sostanziale differenza di tipologia di soggetti idonei ad ottenere le concessioni e di relativo potenziale economico degli stessi per vedere confermata la centralita' della distinzione operata dalla legge, e cio' a prescindere dagli ulteriori momenti di diversita' riscontrabili nella disciplina sopra richiamata tra emittenti in ambito nazionale ed emittenti in ambito locale. Ma nonostante questo, tale fondamentale distinzione non e' stata presa in considerazione dal legislatore in sede di graduazione delle sanzioni amministrative pecunarie conseguenti alla violazione delle norme previste dagli artt. 1 e 2 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e del conseguente regolamento del Garante per la radiodiffusione e l'editoria del 16 aprile 1994. In sostanza, l'applicazione dell'art. 15 cosi' come formulato rende possibile la graduazione della sanzione solo tra il minimo e il massimo, comunque invariati sia che si tratti di violazione commessa da una emittente locale, con un bacino di utenza di qualche decina di migliaia di potenziali ascoltatori, sia che si tratti di una emittente nazionale, vista da milioni di persone in tutta la nazione. Tale situazione si traduce in una possibile violazione del principio di uguaglianza di fronte alla legge previsto dall'art. 3 della Costituzione, che come e' noto non e' rispettato anche allorche', senza che vi siano regionevoli motivazioni, situazioni profondamente dissimili sono trattate in modo uguale. Deve poi rilevarsi che se radicalmente differenti sono le realta' di una piccola emittente locale, quale e' la ricorrente, rispetto ad un network di dimensioni nazionali o ad un canale della RAI, altrettanto diverse e difficilmente comparabili sul piano quantitativo saranno le conseguenze (ammesso che, come il Legislatore presuppone, ve ne siano in realta') di eventuali violazioni sul libero convincimento dell'elettorato, che e' poi l'oggetto della tutela normativa. Va infine evidenziato come, in conseguenza della enorme diversita' di dimensioni tra piccole emittenti locali e grandi emittenti nazionali, risulti del tutto sproporzionata ed irragionevole anche l'afflittivita' della sanzione pecunaria, in un caso incidente in maniera determinante sul bilancio, e nell'altro quasi trascurabile. 2. - In effetti il piu' volte reiterato decreto-legge sulla c.d. par condicio, e attualmente d.l. 19 marzo 1996, n. 129, opera nel determinare le sanzioni la distinzione tra emittenti operanti in ambito locale ed emittente operanti in ambito nazionale. Per una violazione analoga a quella in esame nel presente giudizio, l'art. 14, secondo comma, del citato decreto-legge prevede una sanzione amministrativa pecunaria da lire venti milioni a lire duecento milioni per le emittenti locali, e da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni per le emittenti nazionali. Tali sanzioni sono raddoppiate se la violazione avviene negli ultimi quindici giorni precedenti la data delle elezioni. Il sesto comma del medesimo articolo dispone poi espressamente: "Le sanzioni amministrative pecunarie sono commisurate anche all'entita' del pregiudizio cagionato, alle condizioni economiche e patrimoniali dell'editore o dell'emittente privata ed alla rilevanza territoriale della violazione commessa". E' di tutta evidenza come tale disciplina sanzionatoria sembri meglio modellarsi sulla realta' del sistema radiotelevisivo cosi' come configurato dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, nel rispetto dei criteri previsti dall'art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, lasciando la possibilita' al Garante, e al pretore in sede di impugnazione, di irrogare sanzioni che siano in rapporto prorporzionale con la reale gravita' del fatto e delle relative eventuali conseguenze sul libero convicimento dell'elettorato. 3. - Per ormai costante giurisprudenza della Corte di cassazione, recentemente ribadita con le sentenze n. 8598 del 4 agosto 1995, n. 9973, del 20 settembre 1995 e n. 11928 del 17 novembre 1995, in adeguamento al principio dettato a sezioni unite con la sentenza n. 890 del 29 gennaio 1994, in materia di illeciti amministrativi l'adozione dei principi di legalita', di irretroattivita' e di divieto di applicazione dell'analogia, risultanti dall'art. 1 della legge n. 689/1981, comporta l'assoggetamento del comportamento considerato alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilita' della disciplina posteriore piu' favorevole. Pertanto, la differenza e piu' favorevole disciplina sanzionatoria prevista nel d.l. 20 marzo 1995, n. 83, e dalle sue successive reiterazioni non puo' essere applicata al caso in esame. La diversa valutazione espressa in punto dal sopra richiamato provvedimento, a prescindere da ogni discorso sull'opportunita' e sulla legittimita' del ricorso alla decretazione d'urgenza ed alla reiterazione illimitata, e' comunque indizio della effettiva sussistenza di un problema di irragionevolezza della precedente disciplina sanzionatoria in relazione al vigente assetto del sistema radiotelevisivo. Verificato pertanto che il sospetto di illegittimita' costituzionale non e' manifestamente infondato, si deve osservare come la rilevanza della questione sollevata nel presente giudizio appare evidente, ove si consideri che rientra tra i poteri del Giudicante anche quello di modificare l'ordinanza ingiunzione impugnata anche limitatamente all'entita' della sanzione dovuta entro i limiti previsti dalla legge.