IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha pronuciato  la  seguente  ordinanza  nel  giudizio  sull'appello
 proposto  dalla  signora  Anna  Maria Bigoni, residente in Lagosanto,
 difesa dagli avvocati Roberto Gilli e Giorgio  Natoli  e  domiciliata
 presso  il  secondo  in  Roma, via Cicerone 28; appellante, contro la
 regione Emilia Romagna, non costituita in giudizio; e  nei  confronti
 del  comune  di  Lagosanto, non costituito in giudizio; della signora
 Giovanna Bacilieri, residente in Voghera;  per  l'annullamento  della
 sentenza  12  settembre  1992  n.    452,  con  la quale il tribunale
 amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna,  seconda  sezione,  ha
 respinto  le domande di annullamento del provvediemtno 27 giugno 1989
 n. 22422/1 del comitato regionale di controllo sugli atti degli  enti
 locali della regione Emilia-Romagna, a sua volta recante annullamento
 della deliberazione della giunta comunale di Lagosanto 11 maggio 1989
 n. 162, di nomina della ricorrente, quale vincitrice di concorso, nel
 posto di bibliotecaria del comune.
                               F a t t o
   La  signora  Bigoni  si  classifico'  prima  nella  graduatoria del
 concorso per un posto di assistente di biblioteca indetto dal  comune
 di  Lagosanto con deliberazione della giunta municipale 23 marzo 1987
 n. 195. Avendo ella, nella domanda  di  partecipazione  al  concorso,
 dichiarato   di   non   avere  riportato  condanne,  mentre  dal  suo
 certificato del casellario giudiziale risultava iscritta una condanna
 alla  pena  della  multa  per emissione di assegni a vuoto, il comune
 soprassedette alla nomina e fece rapposto all'autorita'  giudiziaria.
 Ne segui' una condanna della signora Bigoni alla pena di lire 100.000
 di  multa  per il reato di false dichiarazioni su qualita' personali,
 previsto dall'articolo 496 del codice penale; dopo di che  la  giunta
 municipale,  con deliberazione 11 maggio 1989 n. 162, procedette alla
 nomina (con decorrenza 1 giugno  1989),  motivando  che  la  sentenza
 della corte costituzionale 14 ottobre 1988 n. 971, con la quale erano
 state  dichiarate  costituzionalmente  illegittime le disposizioni di
 legge che prevedevano la destituzione del pubblico impiegato per cio'
 solo  che  avesse  riportato   determinate   condanne,   aveva   reso
 inapplicabile  il  divieto  di  assunzine  di  persone condannate per
 delitti contro la fede pubblica,  sancito  dall'art.    8  del  regio
 decreto 3 marzo 1934 n. 383.
   L'atto  di  nomina fu annullato dal comitato regionale di controllo
 sugli atti degli enti locali della regione Emilia-Romagna, sezione di
 Ferrara, con atto 27 giugno 1989 n. 22422/2, sul rilievo  che  l'art.
 8  del testo unico del 1934, a norma del quale la nomina era preclusa
 per i condannati per delitti contro la fede pubblica, era  vigente  e
 non   poteva   essere  disapplicato  in  forza  di  dichiarazione  di
 illegittimita' constituzionale di altre disposizioni  di  legge.  Nel
 provvedimento si osservava altresi' che il posto messo a concorso non
 poteva essere coperto nel 1989.
   L'atto   di   annullamento   fu   impugnato  davanti  al  tribunale
 amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, con  distinti  ricorsi
 notificati  tra  il 12 e il 16 agosto 1989, dal comune di Lagosanto e
 dalla signora Bigoni. A sostegno di ciascuno dei ricorsi  fu  dedotta
 la  stessa  tesi contenuta nella deliberazione di nomina, relativa al
 potere discrezionale dell'amministrazione comunale di procedere  alla
 nomina  di  persone  condannate  per i reati elencati dall'art. 8 del
 testo  unico  del  1934;  in  subordine,  i  ricorrenti   formularono
 eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  della  disposizione di
 legge ostativa alla nomina, per violazione degli artt. 3, 4, 35 e  97
 della Costituzione.
   Il  tribunale amministrativo regionale, con la sentenza indicata in
 epigrafe, ha riunito le due cause e  ha  dichiarato  inammissibili  i
 ricorsi,  osservando  che  l'atto  del  comitato  di  controllo aveva
 annullato la deliberazione n. 162 del 1989, oltre che per  il  motivo
 concernente le condanne ostative alla nomina, anche per altro motivo,
 concernente  l'impossibilita'  di  procedere a nomine nel 1989; e che
 tale secondo motivo di annullamento, autonomo rispetto al primo e  di
 per  se'  solo  idoneo a sorreggere la decisione di annullamento, non
 era stato fatto oggetto di censure.
   Appella la signora Bigoni,  deducendo  tre  motivi,  censurando  la
 dichiarazione  d'inammissibilita'  del  ricorso e riproponendo sia la
 questione dell'applicazione dell'articolo 8 del testo unico del 1934,
 sia l'eccezione di illegittimita' costituzionale della disposizione.
   La sezione, con decisione in data  odierna,  ha  accolto  in  parte
 l'appello,   ritenendo  che  il  rilievo  dell'organo  di  controllo,
 relativo al  divieto  di  far  decorrere  la  nomina  dal  1989,  non
 comportasse  di  per  se'  l'annullamento  della  nomina;  e  che  la
 ricorrente abbia interesse a  sentir  annullare  l'atto  negativo  di
 controllo,  onde  beneficiare  della  nomina, sia pure con decorrenza
 successiva  al  1989.  Con la stessa decisione e' stato pure ritenuta
 infondata la tesi dell'inapplicabilita'  del  divieto  di  assunzione
 sancito dall'articolo 8 del testo unico del 1934.
                             D i r i t t o
   La  ricorrente ripropone l'eccezione di illegittimita' dell'art.  8
 del regio decreto 3 marzo 1934 n. 383, emanato in forza  della  legge
 31 marzo 1932 n. 359 e contenente il testo unico della legge comunale
 e  provinciale,  nella  parte  (identificabile  nell'alinea 7) in cui
 vieta di nominare agli uffici previsti dalla legge stessa, ossia agli
 ufficicomunali e provinciali e dei consorzi di comuni e province, tra
 l'altro coloro che siano stati condannati  per  determinati  delitti;
 tra  questi,  i  delitti  contro  la  fede  pubblica, nei quali vanno
 classificati entrambi i reati per i quali la  ricorrente  ha  subi'to
 condanne.  La  disposizione,  ora  abrogata  per effetto dell'art. 64
 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sull'ordinamento  delle  autonomie
 locali,  e'  pero'  applicabile  al caso in esame, essendo vigente al
 momento in cui la giunta municipale  ebbe  a  deliberare  la  nomina.
 Sulla  rilevanza  della  questione  non v'e' altro da aggiungere, dal
 momento che, per quanto sopra esposto e dopo quanto stabilito con  la
 decisione non definitiva in data odierna, essa costituisce l'elemento
 dirimente della controversia.
   Il  collegio  ritiene  poi  che  l'eccezione non sia manifestamente
 infondata. Quel medesimo profilo di non ragionevolezza,  in  base  al
 quale  le  disposizioni  sulla destituzione "automatica" dei pubblici
 dipendenti  sono  state  giudicate,  nella   sentenza   della   Corte
 costituzionale  14  ottobre  1988  n.  971, contrastanti con l'art. 3
 della  Costituzione,  sembrano   sussistere   anche   riguardo   alla
 disposizione  che  vieta, con rigido automatismo e senza possibilita'
 di valutazione discrezionale del  caso  di  specie,  l'assunzione  ai
 pubblici  impieghi  di  persone  condannate per determinati reati. La
 sostanza della questione e' che il titolo di reato, al quale soltanto
 si riferisce  la  disposizione  in  esame  (come  gia'  quelle  sulla
 destituzione),   puo',   nei   singoli   casi,   classificare  fatti,
 insignificanti dal punto di vista della pericolosita' sociale e della
 capacita' a delinquere, del tutto diversi dal tipo di  fatti  che  la
 coscienza  collettiva  comunemente vi associa, e rispetto ai quali il
 divieto di assunzione nei  pubblici  uffici  puo'  costituire  misura
 sproporzionata;  per  esempio,  una  condanna  per  rapina  impropria
 potrebbe esser riferita ad un fatto che ha la sostanza  di  una  lite
 per  il  possesso  di un oggetto o di una somma di denaro; ovvero una
 condanna per "assegno a  vuoto",  ossia  per  i  delitti  contemplati
 dall'art.  116  del regio decreto 21 dicembre 1933 n. 1736 (prima che
 le fattispecie  penalmente  rilevanti  fossero  ridimensionate  dalla
 legge  15  dicembre  1990 n. 386), puo' spaziare da fatti gravissimi,
 connessi con truffe o altri delitti contro  la  fede  pubblica  e  il
 patrimonio,  all'emissione  di assegno senza data. Appunto per questo
 del resto, cioe' per adeguare la fattispecie penale al caso concreto,
 il legislatore gradua la pena edittale ed offre al giudice  penale  i
 mezzi  per  tener  conto dei casi di speciale tenuita' del fatto.  Di
 qui il dubbio che l'automatismo del divieto di assunzione, come  gia'
 quello  della  destituzione,  vi'oli  il canone di ragiolevolezza; al
 quale  va  aggiunto  il  dubbio  che,  per  la  stessa  ragione,   la
 disposizione  vi'oli  l'articolo 51, primo comma, della Costituzione,
 relativo al diritto dei cittadini di accedere agli uffici pubblici.