LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
   Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso,  iscritto  al  n.
 1694/92 r.g.r., proposto da Naccarella Flora avverso l'avviso di mora
 riferito alla cartella di pagamento n. 9151800528440.
                                 Fatto
   Con ricorso depositato il 30 luglio 1992, Naccarella Flora esponeva
 di  aver  ricevuto  la  notifica  dell'avviso  di  mora  descritto in
 epigrafe,  del   quale   deduceva   la   illegittimita'   chiedendone
 l'annullamento  per  i  seguenti  motivi:  1)  (in via pregiudiziale)
 omessa  notifica  nei  propri  confronti  del  pregresso  avviso   di
 accertamento  e della successiva cartella esattoriale, nonche' omessa
 motivazione dell'avviso di mora; 2) (nel merito) infondatezza,  sotto
 molteplici profili, della pretesa tributaria.
   L'Ufficio   imposte  dirette  di  Chieti  contrastava  il  ricorso,
 invocandone la reiezione; l'Amministrazione    finanziaria  -  quanto
 all'eccedenza  pregiudiziale  -  assumeva  la legittimita' della sola
 notifica dell'avviso di mora  non  motivato,  ai  fini  della  valida
 richiesta impositiva, conformemente alle previsioni di legge.
   Indi la controversia veniva assegnata a decisione.
                                Diritto
   1.  -  Deve preliminarmente osservarsi che nella specie l'avviso di
 mora e' stato notificato alla contribuente,  senza  essere  preceduto
 dalla   notificazione  ne'  dall'avviso  di  accertamento  ne'  della
 cartella esattoriale, siccome  questi  ultimi  atti  impositivi  sono
 stati  notificati  al  proprio  coniuge Pitorri Alberto, con il quale
 aveva reso dichiarazione reddituale congiunta  per  l'anno  d'imposta
 1986, cui si riferisce la presente controversia.
   Alla  luce  della  normativa vigente, cosi' come interpretata dalla
 giurisprudenza, l'operato dell'Ufficio appare legittimo.
   In effetti, va in limine rilevato come la dichiarazione dei redditi
 congiunta da parte  dei  coniugi  non  legalmente  ed  effettivamente
 separati  sia espressamente prevista dall'art. 17, primo comma, della
 legge 13 aprile 1977, n. 114.
   I commi 3, 4 e 5 della citata norma prevedono  che,  in  tal  caso,
 "(3)  la  notifica  della  cartella  dei  pagamenti  dell'imposta sul
 reddito delle persone fisiche iscritta  nei  ruoli  e'  eseguita  nei
 confronti   del  marito.  (4)  Gli  accertamenti  in  rettifica  sono
 effettuati  a  nome  di  entrambi  i coniugi e notificati a norma del
 comma precedente.  (5) I coniugi sono responsabili in solido  per  il
 pagamento  dell'imposta,  soprattasse,  pene  pecuniarie  e interessi
 iscritti a ruolo a nome del marito".
   In  siffatta  situazione  la  moglie  del  contribuente  (obbligato
 principale all'adempimento dei tributi) acquisisce sostanzialmente la
 figura  del  coobbligato  solidale,  cui  non  vanno  notificati  ne'
 l'avviso di accertamento ne' la cartella esattoriale bensi'  -  quale
 debitore  d'imposta responsabile in solido (con il marito) - l'avviso
 di mora - conformemente alla previsione di cui all'art. 46 d.P.R.  29
 settembre  1973,  n.  602  - prima dell'inizio da parte dell'esattore
 dell'espropriazione nei suoi confronti.
   Cio' ha sollevato la delicata questione, estremamente dibattuta  in
 giurisprudenza,  della  legittimita' di un tale modus procedendi, con
 il quale il coobbligato solidale del debito tributario  veniva  posto
 di  fronte  ad un atto definitivo qual e' l'avviso di mora, nella sua
 natura  di  provvedimento   sostanzialmente   prodromico   all'inizio
 dell'esecuzione  forzata  avverso  il  quale non aveva a disposizione
 mezzi di  tutela  giurisdizionale  per  contestare  il  merito  della
 pretesa fiscale.
   Con la conseguenza che tale disciplina normativa - ossia i commi 3,
 4   e   5   dell'art.   17   citato   -   e'   stata   sospettata  di
 incostituzionalita' - per  l'asserito  contrasto  con  gli  artt.  24
 (diritto di difesa) e 29 (tutela della famiglia) della Costituzione -
 dalla  Commissione  tributaria  di  primo  grado  di  Terni (registro
 ordinanze n. 628 del 1988, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della
 Repubblica  n.  46  -  1 serie speciale dell'anno 1988) e la relativa
 questione e' stata portata al giudizio della Corte costituzionale.
   Il giudice delle leggi - con la sentenza n. 184  del  10-12  aprile
 1989  (pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale n. 16 - 1 serie speciale
 dell'anno 1989) -  ha  ritenuto  tale  questione  infondata  "potendo
 essere   superata  mediante  una  interpretazione  adeguatrice  della
 normativa vigente" in ordine alla  prospettata  "mancanza,  da  parte
 della  moglie,  della  possibilita'  di  tutelare  i  propri diritti,
 venendo  l'accertamento  in  rettifica  e  la  cartella   esattoriale
 notificati  al  solo  marito", nel senso che "tutte le norme le quali
 prevedono responsabilita' di soggetti dell'ordinamento, salvo che non
 escludano espressamente la possibilita' di  agire  in  giudizio  (nel
 qual  caso  palese  sarebbe  la  loro illegittimita' costituzionale),
 devono essere interpretate nel senso che sia data la possibilita'  al
 soggetto  onerato  di avvalersi della tutela giurisdizionale prevista
 dall'art. 24 della Costituzione come diritto inviolabile.
   Orbene, come e' gia'  stato  affermato  in  relazione  ad  analoghe
 questioni  (sentenza  n.  348  del 1987 ed ordinanze nn. 591 e 48 del
 1988), nella specie nulla vieta che la moglie, chiamata a  rispondere
 in  via  solidale, possa tutelare i propri diritti dinanzi al giudice
 competente entro i termini decorrenti dalla notifica  dell'avviso  di
 mora  nei propri confronti, nel caso in cui venga per la prima volta,
 attraverso tale notifica, a legale conoscenza della pretesa  avanzata
 dall'amministrazione    finanziaria   in   via   solidale   e   cio',
 eventualmente,  anche  per  contestare  nel   merito   l'obbligazione
 tributaria   del   coniuge,   proponendo,   attraverso  l'impugnativa
 dell'avviso di  mora,  gravame  avverso  l'accertamento  operato  nei
 confronti del marito".
   La   giurisprudenza   di   legittimita'   si  e'  attenuta  a  tale
 interpretazione adeguatrice della normativa de qua (cfr., ex  multis,
 Cass.,  sez.  I, 3 dicembre 1993, n. 12000; Com. trib. centrale, sez.
 II, 16 dicembre 1989, n. 7803).
   Cio' postosi, deve pero' rilevarsi come la fattispecie de  qua  sia
 connotata  da  una  peculiarita'  tale  da  far  ritenere al Collegio
 l'inoperativita' nel caso in esame dell'anzidetto principio enunciato
 dalla Corte costituzionale e recepito dai giudici di legittimita'.
   In effetti, la ricorrente ha  dedotto  che  dal  dicembre  1987  e'
 separata  legalmente  dal  coniuge, da allora non piu' convivente (la
 circostanza non risulta contestata e quindi deve ritenersi  pacifica,
 al  lume dell'art. 116 c.p.c.), il quale successivamente a tale epoca
 ha ricevito la notifica degli atti impositivi pregressi all'avviso di
 mora impugnato in questa sede.
   Orbene, il Collegio ritiene che la ratio ispiratrice dell'art.   17
 citato  -  e quindi anche dei commi, 3, 4 e 5 in esso contenuti - sia
 quella della permanenza del vincolo coniugale e della convivenza  fra
 coniugi  e'  quindi  che  fra  i  medesimi  non  sia  intervenuta una
 separazione legale ed effettiva (ovvero non siano cessati gli effetti
 civili del matrimonio).
   In  tal  senso  depone   l'interpretazione   logico-sistematica   e
 soprattutto quella conforme al dettato costituzionale.
   Sennonche'  il dato letterale - cui deve essere assegnato carattere
 prioritario nell'operazione di ermeneutica legislativa - ostacola  in
 maniera insuperabile l'auspicata interpretazione.
   Il che concreta indubbiamente una palese incongruenza.
   Invero,  appare  inconcepibile  che  in relazione ad ex coniugi - i
 quali non siano piu' legati  dal  rapporto  di  coniugio  ed  abbiano
 cessato  di  convivere  -  possano  ritenersi le notifiche effettuate
 all'uno  (marito)  come  espletate  anche  nei  confronti  dell'altro
 (moglie),   anche  in  considerazione  che  -  attesa  la  situazione
 conflittuale che (generalmente) pone fine al vincolo  matrimoniale  -
 il  primo  potrebbe  anche  avere in animo di recare   pregiudizio al
 secondo.
   Al riguardo va evidenziato come ai coobbligati solidali del  debito
 tributario  non  vadano notificati gli atti impositivi in ragione del
 particolare (intenso) vincolo che li lega al  debitore  principale  e
 che  fa  legittimamente presumere la conoscenza da parte dei medesimi
 di tali atti ancorche' a  loro  non  notificati  (es.  rappresentanti
 legali  delle  societa'  debitrici  dei tributi, soci di una societa'
 semplice   per   le   obbligazioni   tributarie    della    societa',
 amministratori,  liquidatori  e  soci di cui all'art. 36 ex/d.P.R. n.
 602/1973 et similia); tale legame  e'  indubbio  che  sia  del  tutto
 insussistente  quando  -  come  nel  caso  di specie - il rapporto di
 coniugio e la convivenza vengano a cessare.
   Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio reputa di
 dover  dubitare  della  legittimita'  costituzionale  del   comma   3
 dell'art.   17 citato, nella parte in cui non prevede che la notifica
 della  cartella  dei  pagamenti  dell'I.R.P.E.F.  (ed   anche   degli
 accertamenti   in  rettifica  in  virtu'  del  richiamo  operato  dal
 successivo comma 4) sia eseguita nei confronti del marito  sempreche'
 i  coniugi non siano legalmente ed effettivamente separati ovvero non
 sia intervenuta la cessazione degli effetti  civili  del  matrimonio,
 per  contrasto  con gli artt.  24 - siccome si ritiene sussistente la
 lesione del  diritto  di  difesa  in  giudizio  dell'ex  coniuge  non
 destinatario   della  notifica  -  e  3  datosi  che  sembra  potersi
 configurare la disparita' di trattamento fra ex coniugi (e cioe'  tra
 quello  cui  l'atto e' stato notificato e l'altro che non ne ha avuto
 conoscenza)  nonche'  fra  l'ex  coniuge   non   destinatario   della
 notificazione  separato  legalmente  ovvero  divorziato  e  gli altri
 contribuenti cui e' stato partecipato l'atto  di  accertamento  della
 Costituzione.
   Sul  requisito della "norma manifesta infondatezza" si richiamano e
 ribadiscono le considerazioni svolte, mentre in ordine a quello della
 "rilevanza" non possono esservi dubbi che ove  venisse  condiviso  il
 prospettato  dubbio  di  costituzionalita' la doglianza pregiudiziale
 della contribuente - la quale ha lamentanto la omessa notifica  degli
 atti  impositivi  pregressi  (rispetto all'avviso di mora) - dovrebbe
 essere  accolta  con   il   conseguenziale   annullamento   dell'atto
 impugnato.
   Ne'  puo' aderirsi al diverso opinamento manifestato da una isolata
 pronuncia della Commissione tributaria di primo grado di Pesaro (Sez.
 I, sentenza n. 900 del 24 dicembre 1992) espressasi nel senso che  la
 procedura  prevista  dai  commi  3  e  4 del citato art. 17 "non puo'
 essere eseguita se, alla dichiarazione dei redditi, faccia seguito la
 legale ed effettiva separazione dei coniugi intervenuta anteriormente
 alla notifica dell'accertamento".
   In effetti, la formulazione letterale della norma non  consente  di
 legittimare  -  come evidenziatosi - l'interpretazione propugnata dal
 detto Giudice tributario.
   Deve - peraltro - osservarsi come  la  legislazione  in  materia  -
 seppur  lentamente  -  tenda  ad orientarsi nel senso auspicato (cfr.
 art. 11, comma 1, d.-l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito  in  legge
 12  luglio  1991,  n.  202,  laddove  si  prevede che, in presenza di
 coobbligati in solido tenuti al pagamento delle tasse, delle  imposte
 indirette,  dei  tributi  locali  e  di altre entrate, pur essendo la
 cartella di pagamento notificata soltanto al primo intestatario della
 partita iscritta a ruolo, "a ciascuno degli altri soggetti tenuti  in
 solido, il concessionario della riscossione che ha ricevuto in carico
 il  ruolo  invia una comunicazione informandolo del contenuto e della
 notifica della cartella con l'avvertenza  che,  in  caso  di  mancato
 pagamento alla scadenza di rata, sara' iniziata nei suoi confronti la
 procedura  di  cui al titolo secondo del decreto del Presidente della
 Repubblica 29 settembre 1973, n. 602";  e  tale  adempimento  non  e'
 sostitutivo   della   notifica   dell'avviso   di   mora,  in  quanto
 l'espletamento di tale incombenza e' contemplata dall'ultimo  periodo
 del comma 1 citato).
   2.  -  Acclaratosi  quanto precede, la Commissione ritiene di dover
 sospettare dell'incostituzionalita' di altra disposizione legislativa
 da applicarsi al caso in esame, in  virtu'  della  censura  formulata
 dalla  Naccarella  in ordine alla mancanza di motivazione dell'avviso
 di mora.
   Tale  avviso,  nell'attuale  sistema  normativo   in   materia   di
 riscossione  delle  imposte  sul  reddito,  non  necessita  - al lume
 dell'art.  46  ex  d.P.R.  n.  602/1973  -  di  alcuna   motivazione,
 trattandosi   dell'atto   preliminare   all'esecuzione   forzata  (da
 promuoversi a cura  dell'esattore)  nei  confronti  del  contribuente
 (coobbligato solidale) moroso.
   La  citata disposizione - difatti - al comma 4 prevede testualmente
 che:  "La  notificazione  dell'avviso  deve  essere  fatta  anche  al
 coobbligato solidale prima dell'esecuzione nei suoi confronti".
   Come  spiegatosi, la questione relativa alla tutela giurisdizionale
 del coobbligato solidale del debito tributario  al  quale  non  siano
 stati  notificati  atti  impositivi  pregressi rispetto all'avviso di
 mora  ha  superato  lo  scrutinio   di   costituzionalita'   mediante
 un'interpretazione  adeguatrice  della  normativa  nel  senso  che  -
 proponendo ricorso avverso tale  avviso  -  e'  possibile  contestare
 anche  nel  merito la pretesa tributaria (cfr. richiamata Corte cost.
 n. 184/1989), cui si e' necessariamente conformata la  giurisprudenza
 di legittimita' (cfr. sentenze innanzi richiamate).
   Con  cio' si e' ritenuto, sostanzialmente, che - in siffatti casi -
 l'avviso di mora cumula la natura esattiva e quella di  (primo)  atto
 partecipativo  della  pretesa  fiscale,  con la conseguenza che nulla
 vieta al destinatario  (coobbligato  del  soggetto  passivo)  di  far
 valere le proprie ragioni, impugnando l'avviso, a norma dell'art.  16
 d.P.R.  n.  636/1972, e svolgendo in  quella sede le opportune difese
 dirette a contestare non soltanto le ragioni della solidarieta' ma  -
 occorrendo-  la  stessa  esistenza e/o entita' del debito principale,
 pur  se  resosi  definitivo  e  cristallizzato  nei   confronti   del
 (principale) titolare passivo.
   Rimane  pur sempre - pero' - il rilievo che l'avviso di mora - alla
 luce  del  richiamato  art.  46  -  ha  natura  di  atto  preliminare
 all'esecuzione  forzata  e  come  tale  non  abbisognevole  di alcuna
 motivazione in ordine alle ragioni della pretesa tributaria.
   Cio' anche per quel  che  concerne  la  posizione  del  coobbligato
 solidale, ai sensi del comma 4 ex art. 46 citato.
    Tale  situazione  normativa,  a  parere  del Collegio, consistente
 nella mancata previsione, in ipotesi di notificazione di un avviso di
 mora al coobbligato solidale a cui non siano stati notificati ne'  il
 provvedimento  di  accertamento ne' la cartella esattoriale, che tale
 avviso contenga una - sia pur minima - motivazione in relazione  alle
 giustificazioni  della imposizione, appare prima facie contrastante -
 quanto alla detta posizione del responsabile  in  solido  -  con  gli
 artt.  3  (attesa la disparita' di trattamento del detto responsabile
 con  gli  altri  contribuenti  cui  vengono  partecipati   gli   atti
 impositivi  pregressi)  e  24  (considerata la situazione di minorata
 difesa, anche rispetto ad altri contribuenti destinatari di avvisi di
 accertamento, nella quale viene a trovarsi il coobbligato in  solido,
 siccome  la  mancanza  di  conoscenza  della motivazione dell'atto da
 impugnarsi pregiudica o quanto meno condiziona in senso  estremamente
 negativo  l'esercizio  del diritto alla tutela giudisdizionale) della
 Costituzione.
   E cio' soprattutto in  situazioni  particolari  qual'e'  certamente
 quella di specie.
   E'  auspicabile, a giudizio del Collegio, che nel comma 4 dell'art.
 46 citato sia previsto che l'avviso debba essere motivato  quando  il
 destinatario della relativa notifica sia un coobbligato in solido cui
 non siano stati partecipati i pregressi atti impositivi.
   Anche  in  tal  caso  sussiste  il  duplice  requisito  della  "non
 manifesta infondatezza", alla luce dei rilievi  innanzi  espressi,  e
 della  "rilevanza",  tenutosi  conto  che  -  essendo stato censurato
 l'atto impugnato sotto il profilo della  mancanza  di  motivazione  e
 dovendo  il  giudice  tributario arrestare la propria indagine a tale
 questione  pregiudiziale,  qualora  la  ritenga  fondata,   con   una
 pronuncia di annullamento del provvedimento oggetto del giudizio - il
 processo  de  quo  non  puo'  essere definito indipendentemente dalla
 risoluzione dell'esposto sospetto di incostituzionalita'.
   Parimenti,  come  per  l'altra,  anche  per  questa  questione   il
 legislatore tende a muoversi sulla sci'a della dianzi tracciata linea
 direttrice  prediletta dal Collegio (cfr. il citato comma 1 dell'art.
 11 ex decreto-legge n. 151/1991 convertito in legge n. 202/1991).
   3. - Va infine rilevato come l'art.  16,  comma  3,  ex  d.P.R.  n.
 636/1972  preveda  l'ammissibilita'  del  ricorso avverso l'avviso di
 mora non  preceduto  da  altri  atti  impositivi  impugnabili,  senza
 contemplare  -  pure  in  siffatta  eventualita'  -  l'obbligo  della
 motivazione di tale avviso.
   Quindi  -  al  fine  di  evitare  che  il  prospettato  dubbio   di
 costituzionalita'  rimanga  privo  di  consistenza  -  la Commissione
 ritiene  che  le  suesposte  censure  debbano  rivolgersi,   per   le
 considerazioni  svoltesi,  anche contro il disposto del detto comma 3
 dell'art. 16 citato.