LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza del giudizio iscritto al n. 2968/PC del registro di segreteria sul ricorso proposto da Guidarelli Alessandra ved. Palini, residente a Milano, via Jacopo Palma, 5, avverso il decreto della D.P.T. di Milano n. 15551 in data 9 ottobre 1991. Uditi, nella pubblica udienza del 21 giugno 1995, il relatore cons. Angelo Gallicchio e la sig.ra Donatella Giove in rappresentanza dell'Amministrazione. Visti l'atto introduttivo del giudizio e gli altri atti e documenti della causa. Fatto e diritto Ricorre la Guidarelli avverso il decreto succitato della D.P.T di Milano, con il quale non e' stata accolta la sua istanza tendente ad ottenere la reversibilita' della pensione quale ex moglie di Pelini Angelo, deceduto in data 1 febbraio 1972; la D.P.T. di Milano ha motivato il provvedimento di diniego facendo richiamo all'art. 81, comma quarto, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, che stabilisce che la pensione non spetta alla vedova quando sia pronunciata sentenza passata in giudicato di separazione personale per sua colpa. A sostegno dell'impugnativa la ricorrente nel prospettare l'illegittimita' costituzionale della succitata norma richiama le seguenti sentenze della Corte costituzionale concernenti norme pure in materia di pensione di reversibilita' ma diverse da quella applicata nel provvedimento impugnato. 1. - Sentenza n. 1009 in data 3 novembre 1988, con la quale e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione l'art. 20, primo comma, lett. a), della legge 2 febbraio 1973, n. 12, in materia di previdenza e assistenza degli agenti e dei rappresentanti di commercio nella parte in cui esclude dal diritto a pensione di reversibilita' il coniuge superstite quando "sia stata pronunciata sentenza di separazione legale per colpa dello stesso". 2. - Sentenza n. 346 in data 20 luglio 1993, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto di cui agli artt. 38, comma primo, r.d.-l. 30 marzo 1938, n. 680 (ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) e 7, comma secondo, legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), nella parte in cui esclude il diritto a pensione a favore della vedova di impiegato iscritto alla CPDEL che sia separato legalmente per sentenza passata in giudicato pronunziata per di lei colpa, allorche' a questa fosse stato riconosciuto il diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto, riconoscendo alla stessa soltanto il diritto alla corresponsione di un assegno alimentare ove sussista lo stato di bisogno. Fa riferimento altresi' ai principi di cui alle sentenze della Corte costituzionale n. 286 in data 28 luglio 1987 e n. 450 in data 27 luglio 1989, richiamati nella succitata sentenza n. 346/1993 della Corte costituzionale, afferenti la materia della pensione di reversibilita' in favore di coniuge separato per colpa o al quale la separazione e' stata addebitata con sentenza passata in giudicato e avente diritto agli alimenti verso il coniuge deceduto. La questione appare rilevante dato che dal suo esito dipende la decisione del ricorso proposto e la fattispecie si presenta analoga a quella presa in esame, assieme ad altre, con la sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 20-28 luglio 1993 su ordinanza di rimessione della sez. III giurisdizionale della Corte dei conti, con ordinanza emessa il 19 giugno 1992. La norma ora da applicare (art. 81, quarto comma, del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092) contiene una previsione analoga a quella di cui al combinato disposto dell'art. 38, primo comma, del r.d.-l. 3 marzo 1938, n. 680, e dell'art. 7, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, dichiarati incostituzionali, con la sentenza n. 346 di cui sopra, in quanto esclude il diritto alla pensione di reversibilita' della vedova che sia separata legalmente per sentenza passata in giudicato pronunciata per di lei colpa e riconosce soltanto il diritto alla corresponsione di un assegno alimentare. Il Collegio ritiene pertanto la non manifesta infondatezza della questione con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione in relazione alla dianzi richiamata pronuncia del giudice delle leggi.