IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 14815/1995 proposto dallo SNALS - Sindacato nazionale lavoratori della scuola - in persona del suo segretario generale e legale rappresentante pro-tempore, prof. Carmine Gallotta, che agisce anche in proprio, della prof.ssa Maria Rosaria Bove, nella qualita' di docente e sostenitrice del COBAS, del prof. Pasquale Ragone, nella sua qualita' di direttore didattico, del prof. Giuseppe Golluscio, nella sua qualita' di Preside di scuola media, della prof.ssa Gabriella Bonfa', nella sua qualita' di responsabile amministrativo, tutti rappresentati e difesi dall'avv. prof. Carlo Rienzi, unitamente ai dott. proc. Michele Lioi, Stefano Viti, Michele Mirenghi e Giacomo Ebner e presso lo studio del primo in Roma, viale delle Milizie n. 9, elettoralmente domiciliati, giusta delega a margine del ricorso; contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri, il Governo, nella persona del suo legale rappresentante pro-tempore il Presidente del Consiglio, il Ministro per la funzione pubblica, il Ministro della pubblica istruzione, l'ARAN (Agenzia per rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), e nei confronti delle confederazioni sindacale CGIL, CISL, UIL, CISAL e USPPI e delle organizzazioni sindacali CGIL SNS, CISL/SINASCEL, UIL/SCUOLA, SIMS/CISL e UNAMS avverse per l'annullamento ovvero per la declatoria di nullita', invalidita' e/o inefficacia del contratto collettivo 4 agosto 1995 relativo al comparto del personale della "Scuola", nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ivi compresi in particolare: il d.P.R. 28 luglio 1995, n. 316 con il quale e' stata differita di sessanta giorni l'abrogazione dell'art. 47, d.lgs n. 29/1993 in esito al referendum indetto con d.P.R. 5 aprile 1995; il provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 luglio 1995 con il quale l'ARAN e' stata autorizzata a sottoscrivere il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola per il quadriennio 1994/1997 e la sottoscrizione medesima da parte dell'ARAN avvenuta il 4 agosto 1995; le direttive 5 settembre 1994 e 1 febbraio 1995 del Presidente del Consiglio dell'ARAN; la lettera prot. n. 2401/95/12eg del 28 giugno 1995 con la quale l'ARAN ha trasmesso per l'autorizzazione il testo del contratto collettivo; l'autorizzazione in parte qua espressa dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 13 luglio 1995; la lettera prot. n. 2660 del 18 luglio 1995 dell'ARAN; le circolari del Ministero della pubblica istruzione ovvero di altri organi amministrativi inerenti il contratto suindicato; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti della causa; Nominato relatore, per la pubblica udienza del 20 marzo 1996, il consigliere Caro Lucrezio Monticelli; Uditi, in detta udienza, gli avv.ti Rienzi e Mirenghi per i ricorrenti e l'avv. Polizzi per le Amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con il ricorso in esame gli istanti formulano le richieste indicate in epigrafe per i seguenti motivi: 1.- Illegittimita' derivata dal CCNL del 4 agosto 1995 e dei presupposti atti autorizzativi alla stipulazione per illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 29/1993 e della legge n. 421/1992 nella parte in cui stabiliscono che la disciplina del rapporto di pubblico impiego sia dettata da fonti negoziali. Poiche' la presentazione lavorativa richiesta al pubblico dipendente consiste in tutto o in parte nell'esercizio di pubbliche funzioni, la posizione soggettiva della pubblica amministrazione non potrebbe essere ridotta al mero interesse economico privatistico a conseguire la prestazione lavorativa da parte del dipendente e d'altra parte quest'ultimo, al fine di poter esercitare serenamente ed obiettivamente la sua funzione, avrebbe l'esigenza di avere quale "datore di lavoro" un'Amministrazione le cui determinazioni siano regolate dall'atto imparziale per antonomasia, la legge, ovvero dalle altre norme di diritto oggettivo applicative di essa (i regolamenti), e non anche dal contratto collettivo. 2.- Violazione art. 45 d.lgs. n. 29/1993. Eccesso di potere per falsita' dei presupposti e sviamento di potere. In via subordinata violazione art. 39 della Costituzione. In via ulteriormente subordinata illegittimita' costituzionale degli artt. 45 e 51 d.lgs. n. 29/1993 per violazione dell'art. 39 della Costituzione. Poiche' nel suo regime deliberato dal d.lgs. n. 29/1993 il contratto collettivo trova applicazione nei confronti di tutti i dipendenti del comparto, lo stesso non si sarebbe potuto stipulare senza il consenso dell'organismo sindacale maggiormente rappresentativo nel comparto scuola, e cioe' lo SNALS. Se poi si ritenesse che il contratto collettivo avrebbe potuto essere siglato in forza dell'art. 45, anche in presenza del dissenso di uno degli organismi sindacali legittimati alla sua stipulazione, sarebbe allora illegittimo il contratto collettivo (ed i presupposti atti autorizzativi) per violazione dell'art. 39 della Costituzione nella parte in cui (art. 1) viene stabilito che esso si applica "a tutto il personale ... appartenente al comparto" e quindi anche ai lavoratori iscritti ai sindacati non stipulanti. Qualora infine si affermasse che sia proprio l'art. 45 citato a consentire un siffatto ambito di applicazione, l'illegittimita' costituzionale della norma in questione sarebbe parimenti indiscutibile. Nel nostro assetto costituzionale infatti la legge non puo' attribuire valore erga omnes ed un contratto collettivo di diritto comune. Tale eccezionale efficacia soggettiva puo' essere infatti riconosciuta ad un atto collettivo avente e conservante valore negoziale solamente a seguito dell'attuazione delle procedure previste dall'art. 39 della Costituzione. 3.- Violazione art. 75 della Costituzione. Violazione art. 37, della legge n. 352/1990; art. 45, d.lgs. n. 29/1993. Eccesso di potere per falsita' dei presupposti e sviamento di funzioni. In via subordinata illegittimita' del d.P.R. n. 316/1995 per violazione dell'art. 37 della legge n. 352/1970 ed eccesso di potere. In via ulteriormente subordinata illegittimita' costituzionale dell'art. 37, della legge n. 352/1970 per violazione degli artt. 3 e 75 della Costituzione. A seguito del referendum indetto con d.P.R. 5 aprile 1995 e' stato abrogato l'art. 47 d.lgs. n. 29/1993 che stabilisce i criteri in base ai quali deve essere accertata la maggiore rappresentativita' delle organizzazioni sindacali, requisito questo richiesto dall'art. 45 del medesimo provvedimento legislativo quale condizione di legittimazione del sindacato alla stipulazione del contratto collettivo. Nella fattispecie non si e' invece tenuto conto che, pertanto, il requisito della maggiore rappresentativita' non sarebbe piu' richiesto ai fini della possibilita' di rendersi parte del contratto o comunque esso non andrebbe piu' accertato sulla base dei rigidi criteri stabiliti dall'art. 47 (che nella sostanza rinviava al d.P.R. n. 395/1988 ed alle conseguenti direttive) bensi' sulla base di quelli ben piu' elastici elaborati dalla giurisprudenza giuslavorista. Senonche', il Governo, avvalendosi delle facolta' riconosciute dall'art. 37 della legge n. 352/1970, "ritenuta la necessita' di prorogare il termine di entrata in vigore della predetta abrogazione, al fine di opportunamente riorganizzare il settore in questione e di evitare soluzioni di continuita'", ha - del tutto ingiustificatamente secondo i ricorrenti - da un lato differito di sessanta giorni l'entrata in vigore dell'effetto abrogativo, che e' stata quindi fissata al 28 settembre 1995, e, dall'altro, ha autorizzato l'ARAN a sottoscrivere il 4 agosto 1995 un testo contrattuale concordato con organizzazioni sindacali la cui legittimazione alla trattativa e' stata valutata ancora secondo i criteri dell'art. 47. Si e' costituita in giudizio l'Amministrazione intimata, chiedendo la riscrizione del ricorso per infondatezza. D i r i t t o 1.- Oggetto dell'impugnativa sono il contratto collettivo 4 agosto 1995 relativo al comparto del personale della "Scuola" e gli atti ad esso presupposti, quali il provvedimento di differimento dell'abrogazione dell'art. 47 del d.lgs. n. 29/1992 in esito al referendum indetto con d.P.R. 5 aprile 1995, il provvedimento di autorizzazione alla sottoscrizione del contratto e le direttive del Presidente del Consiglio all'ARAN. 2.- I ricorrenti sono lo SNALS - Sindacato autonomo lavoratori della scuola, un preside, un direttore didattico, due docenti ed un responsabile amministrativo. 3.- Si pone, in via preliminare, il problema di verificare l'ammissibilita' dell'impugnativa sia sotto il profilo oggettivo sia sotto il profilo soggettivo. Occorre al riguardo considerare che il d.lgs. n. 29/1993 ha introdotto in materia di contrattazione collettiva per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche profonde innovazioni. In precedenza, infatti, nel regime della legge n. 93/1983 (legge quadro sul pubblico impiego) gli accordi che intervenivano tra amministrazioni e sindacati non avevano di per se' alcuna efficacia esterna ma costituivano solo il presupposto per l'emanazione di un atto amministrativo di recepimento, che conferiva alle clausole dell'accordo una nuova natura di norme regolamentari, come tali in grado di dispiegare efficacia erga omnes. Diversa e', invece, la situazione a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29. Tale decreto legislativo ha inteso dare attuazione all'art. 2, (comma 1, lett. a) della legge 23 ottobre 1992 n. 421, secondo cui i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dovevano essere ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e dovevano essere regolati mediante contratti individuali e collettivi. In attuazione delle predette disposizioni l'art. 2 del d.lgs. n. 29/1993 (nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1993 n. 546) ha previsto al comma 2 "I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato sull'impresa, salvi i limiti stabiliti dal presente decreto per il perseguimento degli interessi generali cui l'organizzazione e l'azione amministrativa sono indirizzate", e, al comma 3, "I rapporti individuali di lavoro e di impiego di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'art. 49, comma 2". L'art. 4, comma 1, seconda parte, prevede poi che, nelle materie soggette alla disciplina del codice civile, delle leggi sul lavoro e dei contratti collettivi le amministrazioni operano con i poteri del privato datore di lavoro, adottando tutte le misure inerenti all'organizzazione ed alla gestione dei rapporti di lavoro. Con le norme sopradescritte si e' intesa realizzare la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, ossia l'eliminazione della previgente peculiare disciplina del rapporto di lavoro presso le amministrazioni pubbliche e la conseguente unificazione della regolamentazione di ogni tipo di rapporto di lavoro. In questo quadro potrebbe dubitarsi dell'ammissibilita' del ricorso, giacche' il contratto collettivo di diritto privato non puo' che avere efficacia per le parti che lo hanno stipulato e per i loro rappresentanti e, pertanto, non sembrerebbe che i ricorrenti (un sindacato che non ha sottoscritto il contratto ed altri soggetti che non risultano aderire ai sindacati sottoscrittori) abbiano interesse all'impugnativa. Senonche', deve rilevarsi che, secondo quanto stabilito dal menzionato titolo III del d.lgs. n. 29/1992, il contratto collettivo dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ha una portata ben piu' ampia di un semplice contratto collettivo di diritto privato. Infatti l'art. 45 del d.lgs. n. 29/1992 (nel testo sostituito dall'art. 15 del d.lgs. 18 novembre 1993 n. 470) prevede che: a) i contratti collettivi sono stipulati, non gia' per determinate categorie di lavoratori, bensi' per "comparti" (comma 2); b) gli stessi sono stipulati, da una parte dall'Agenzia, per la rappresentenza negoziale delle pubbliche amministrazioni e, dall'altra, non gia' da qualunque sindacato singolo o associato, bensi' "dalle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonche' dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale nell'ambito del comparto" (comma 7); c) le amministrazioni pubbliche "osservano" gli obblighi assunti con i contratti collettivi di cui "al presente articolo" (comma 9). L'art. 49 (nel testo sostituito dall'art. 23 del d.lgs. n. 546/1993) prevede poi al comma 2 che le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parita' di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi. Dalla sopra riportata normativa emerge, dunque, che il sistema e' caratterizzato dall'esistenza, per ogni comparto, di un unico contratto collettivo, il quale viene cosi' ad assumere inevitabilmente una sostanziale efficacia erga omnes. Ed invero, a parte il fatto che per quanto riguarda il trattamento economico minimo e' espressamente stabilita una operativita' estesa a tutti i dipendenti, non e' ipotizzabile un'altra disciplina generale in materia e, dunque, le amministrazioni non possono che applicare a tutto il personale le previsioni del contratto collettivo. Data tale caratteristica e' conseguenzialmente previsto un rilevante intervento pubblicistico nell'ambito del procedimento delineato per la formazione del contratto. L'art. 51 d.lgs. n. 29/1993 (nel testo sostituito dall'art. 18 del d.lgs. n. 470/1993), prevede infatti che l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, a conclusione delle trattative, trasmette il testo concordato (corredato da appositi prospetti relativi al "costo" del contratto) al Governo, il quale, nei quindici giorni successivi, si pronuncia in senso positivo o negativo, tenendo conto "fra l'altro" degli effetti applicativi dei contratti collettivi anche decentrati relativi al precedente periodo contrattuale e della conformita' alle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei Ministri. L'autorizzazione e' poi sottoposta al controllo della Corte dei conti, la quale ne verifica la legittimita' e la compatibilita' economica entro quindici giorni dalla data di recezione. Deve, inoltre, evidenziarsi che l'eventuale annullamento dell'autorizzazione non puo' poi che avere conseguenze negative sull'efficacia del contratto. La legge subordina, infatti, all'esistenza di un'autorizzazione l'effettiva abilitazione dell'Agenzia a rappresentare l'amministrazione pubblica. Risulta, dunque, da quanto sopradescritto che la contrattazione collettiva prevista dal d.lgs. n. 29/1993 produce effetti su tutto il personale della scuola. Lo SNALS nella sua qualita' di sindacato istituzionalmente preposto alla tutela del personale scolastico e gli altri ricorrenti, tutti operanti nel settore, non possono pertanto considerarsi estranei alla contrattazione collettiva. Non puo', quindi, contestarsi che gli istanti abbiamo propri personali interessi coinvolti dalla contrattazione, anche se occorre verificare se questa sola circostanza li abiliti all'impugnativa della contrattazione stessa. Debbono al riguardo distinguersi gli atti aventi natura privatistica (quale il contratto) e gli atti aventi natura pubblicistica (quale l'autorizzazione alla sottoscrizione). Rispetto ai primi puo' probabilmente porsi il problema se, con riguardo ad un atto di autonomia collettiva, possa essere richiesta - come nella fattispecie - una pronuncia d'invalidita' con effetti erga omnes, ovvero se possa solo ottenersi l'eventuale disapplicazione del contratto con riferimento a singole concrete controversie (sul potere di disapplicazione di clausole contrattuali collettive per contrasto con norme imperative di legge: Cass. 25 maggio 1978 n. 2660). Per quel che concerne gli atti pubblicistici, deve, invece, rilevarsi che non possono che applicarsi i principi generali in materia, alla stregua dei quali qualsiasi provvedimento che leda in modo attuale un interesse legittimo puo' essere impugnato ed annullato in sede giurisdizionale. Con riguardo all'interesse legittimo non puo' negarsi che nella fattispecie i ricorrenti siano titolari di una situazione del genere, atteso che la normativa in cui si inserisce l'autorizzazione, essendo diretta a disciplinare il rapporto di lavoro del personale della scuola, prende necessariamente in particolare considerazione la posizione dei soggetti operanti nel settore e dei sindacati, che, oltre a stipulare i contratti collettivi, hanno fine istituzionale di tutelare gli interessi collettivi del predetto personale. Circa l'attualita' dell'interesse va evidenziato che gli effetti lesivi lamentati consistono nella possibilita' stessa di stipulare il contratto con determinati contenuti e tali effetti si verificano immediatamente all'atto dell'adozione dell'atto di autorizzazione. Ne' d'altra parte puo' ritenersi che debba attendersi la concreta applicazione del contratto, giacche' le vicende sucessive all'autorizzazione hanno tutte natura privatistica e non possono quindi in alcun modo condizionare l'impugnabilita' dell'unico provvedimento amministrativo posto in essere. 4.- Stabilita, dunque, l'ammissibilita' del ricorso deve ora essere esaminato il merito dello stesso. La principale censura mossa dai ricorrenti e' diretta a porre in discussione la stessa possibilita' prevista dalla legge di regolamentare il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche mediante contratti collettivi di diritto privato. Piu' specificatamente tale possibilita' viene contestata sia sotto il profilo generale di porre il dubbio la legittimita' della privatizzazione nel suo complesso sia sotto il profilo peculiare di criticare la previsione di un contratto collettivo di diritto privato valido erga omnes. Diviene, pertanto, rilevante, la questione di legittimita' costituzionale delle norme di legge che prescrivono quanto sopra giacche' e' sulla bae di tali norme di legge che sono stati emanati gli atti impugnati in questa sede. Sotto il primo profilo, fondati dubbi sulla costituzionalita' dei citati artt. 2, comma 1 lett. a) della legge 23 ottobre 1992 n. 421, art. 2, commi 2 e 3, e 4, comma 1 seconda parte del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che, nel disporre la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, sembrano porsi in contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Si richiamano sull'argomento le seguenti considerazioni svolte nel parere reso in data 31 agosto 1992 dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato in merito al disegno di legge delega sulla cui base il Governo ha emanato il d.lgs. n. 29/1993. ...La diversita' strutturale fra l'impiego pubblico e il lavoro privato che giustifica una piu' o meno estesa, ma comunque ineliminabile, diversita' di regime, deriva da cio, che in gran numero di casi la "prestazione lavorativa" richiesta al dipendente pubblico consiste, in tutto o in parte, nell'esercizio di pubbliche funzioni. In altre parole, l'instaurazione del rapporto non fa nascere soltanto un rapporto sinallagmatico rientrante nello schema privatistico do ut facias, o in quello della locatio operarum, ma ha anche la valenza dell'investitura di una funzione.... In tutti questi casi, pare impossibile ridurre la posizione soggettiva della pubblica amministrazione ad un mero interesse economico-privatistico a conseguire l'effettuazione della prestazione lavorativa da parte del dipendente; laddove e' preminente l'interesse, pubblicistico e generale, al corretto esercizio delle pubbliche funzioni a vantaggio della collettivita'. Il che comporta, necessariamente, poteri di disciplina, di direttiva, di sindacato, di organizzazione; in una parola, poteri di supremezia che condizionano la posizione soggettiva del dipendente, degradando spesso ad interessi legittimi quelli che in ambito privatistisco sarebbero diritti soggettivi. Senza contare il ben diverso rilievo penale che assume la violazione dei doveri o l'abuso dei poteri connessi alla funzione. Ma, anche quando la prestazione lavorativa non comporta l'esercizio, in alcuna forma, di pubbliche funzioni, sta di fatto che la pubblica amministrazione opera per il conseguimento di interessi che trascendono la soggettivita' delle persone fisiche che ne hanno pro-tempore la rappresentanza; interessi dei quali queste ultime non possono liberamente disporre. Come non ne puo' disporre, del resto, la stessa p.a. Dunque, anche a voler prendere atto dei confini fluidi e variabili fra pubblico e privato, il rapporto di impiego dei dipendenti pubblici, considerato nel suo complesso, difficilmente puo' essere qualificato come attinente ad singulorum utilitatem, come in fondo, lo stesso disegno di legge riconosce. La' dove esiste il potere discrezionale dell'amministrazione di organizzarsi, di assicurare il buono e imparziale andamento della gestione pubblica e, quindi, non solo di procedere alla scelta oculata di coloro che vogliono e agiscono in suo nome e per suo conto, (art. 97, comma 3 della Costituzione), o di distribuire i funzionari negli uffici a seconda delle loro attribuzioni e secondo le loro responsabilita' (art. 97, comma 2 della Costituzione), ma anche di trasferirli per ragioni di opportunita', di distaccarli o comandarli presso le altre Amministrazioni nell'interesse dell'Amministrazione di provenienza, di sospendere o interrompere il rapporto per scarso rendimento dell'impiegato o per altre carenze, ecc., non sembra vi sia possibilita' e convenienza di adottare, sia pure parzialmente, la disciplina privatistica del lavoro, la quale, attiene solamente a rapporti di dare e avere, di fare e di dare, di dirigere con efficienza e di eseguire con esattezza, nell'ambito di un'attivita' impreditoriale guidata dalle regole del mercato. Non pare, dunque, che, con metodo nominalistico, sia consentito dichiarare privato cio' che e' conglobato nel pubblico e, quindi, affievolire o separare la valutazione del pubblico interesse che e' fondamento dell'attivita' amministrativa, in modo che coloro che operano come organi dell'Ente pubblico si trasformino, in tutto o in parte, da pubblici dipendenti e funzionari, in lavoratori privati, soggetti alle regole vigenti in settori estranei alla cura degli interessi della collettivita'. In altri termini, la trasformazione del rapporto da pubblico in privato non puo' essere del tutto liberamente disposta dal Legislatore, trattandosi di qualificazioni che discendono dalla natura oggettiva dei rapporti e degli interessi che in questi sono implicati, e che hanno riscontro nelle stesse strutture pubblicistiche nelle quali strumentalmente si inseriscono. Per quanto concerne il secondo profilo si appalesa non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli artt. 45, commi 2, 7 e 9 e art. 49, comma 2 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 per contrasto con l'art. 39 comma 4 della Costituzione. Ed invero tale norma prevede che "I sindacati registrati hanno personalita' giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce". Le predette disposizioni del d.lgs. n. 29/1993, che si e' prima precisato, prevedono invece una efficacia erga omnes di controllo collettivi di diritto privato stipulato in assenza delle condizioni indicate dall'art. 39 della Costituzione (registrazione dei sindacati, rappresentanza unitaria in proporzione degli iscritti, ecc.). Stante il carattere assorbente, che assumono le censure che si fondano sulle predette questioni di costituzionalita', il giudizio deve essere sospeso in attesa di una pronuncia della Corte costituzionale in proposito.