IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che, nell'ambito del procedimento di esecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare, Brandaleone Stefano, nato a Milano il 12 gennaio 1961, residente in Palermo, via Cluverio n. 9 p.t., e' stato denunziato per reato di evasione, giacche', in occasione di un intervento di vigilanza in data 7 aprile 1996 ore 11,15, non e' stato trovato all'interno della sua abitazione, essendosi, come riferito dallo stesso, allontanato temporaneamente per effettuare una telefonata (cfr. comunicazione di notizia di reato del 9 aprile 1996 in atti). Premesso che l'ordinanza del 16 marzo 1996, con cui il tribunale di sorveglianza di Palermo ha concesso ai sensi dell'art. 47-ter, primo comma, n. 2, ordin. penit. la detenzione domiciliare al Brandaleone, prevede il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione, ad eccezione degli spostamenti da e per i presidi sanitari territoriali, secondo le modalita' previamente concordate con il Centro di servizio sociale per adulti di Palermo e con obbligo di comunicazione all'organo di vigilanza dell'uscita e del rientro nell'abitazione. Premesso che il Brandaleone e' persona che versa in condizioni di salute particolarmente gravi, non compatibili con il regime carcerario, essendo affetto da AIDS conclamato con severo deficit linfocitario, epatopatia cronica, TBC polmonare e crisi lipotimiche (cfr. relazioni sanitarie e nota del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 22 marzo 1996 in atti) e che lo stesso abita da solo, in un alloggio ubicato in un sottoscala costituito da una stanza e da un piccolissimo servizio igienico, sprovvisto di telefono, con problemi di approvvigionamento idrico e carente delle condizioni obiettive per poter cucinare i pasti (cfr. relaz. del C.S.S.A. del 12 aprile 1996 in atti). Premesso che, in presenza di una denuncia per il reato di evasione, l'art. 47-ter, ultimo comma, dell'ordinamento penitenziario prevede l'automatica sospensione del beneficio della detenzione domiciliare, imponendo al magistrato di sorveglianza una acritica "presa d'atto", un provvedimento, cioe', meramente dichiarativo della voluntas legis, senza alcun margine di discrezionalita' e di apprezzamento delle circostanze concrete e senza un adeguato profilo motivazionale circa le concrete ragioni che possono giustificare o meno l'interruzione della misura alternativa secondo i suoi presupposti ed i suoi fini. Ritenuta l'incostituzionalita' di tale norma per violazione degli artt. 27, secondo e terzo comma, 32 e 3 della Costituzione. In primo luogo, sotto il profilo inerente al secondo comma dell'art. 27 della Costituzione, la denunciata norma configura un grave vulnus al principio della presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva. Si osservi che se tale principio, secondo il precetto costituzionale, assiste l'imputato, importando il divieto di ogni misura restrittiva e di ogni limitazione della sua sfera giuridica che non siano finalizzate a reali esigenze di carattere cautelare, a maggior ragione tale garanzia deve assistere la persona che, pur denunziata per un reato, non ha neppure assunto la qualita' di imputato. Invero, nel caso in esame, la misura restrittiva costituita dalla sospensione automatica della detenzione domiciliare si determina ipso facto, in forza della mera comunicazione della notitia criminis, in pregiudizio di un soggetto che e' si denunciato ma non imputato ai sensi dell'art. 60 c.p.p., e si determina indipendentemente e prima ancora di qualsivoglia verifica, anche sommaria, della fondatezza o meno di tale denuncia, della sussistenza o meno di giustificati motivi o di circostanze esimenti, nonche' in modo del tutto sganciato da ogni valutazione circa la sussistenza di esigenze di carettere cautelare che giustifichino il provvedimento restrittivo. E', cioe', sufficiente una semplice denunzia, ancorche' infondata o riferentesi ad un comportamento oggettivamente giustificato o soggettivamente scusabile, per provocare l'automatica sospensione della detenzione domiciliare e la conseguente carcerazione del soggetto. La norma in esame consente, in altre parole, che la mera denunzia determini una sorta di effetto potestativo nella sfera giuridica del denunciato, comprimendone la liberta' personale, effetto tanto piu' grave ove si consideri che, nulla indicando al riguardo la legge, non puo' escludersi che la denunzia possa provenire, oltre che dagli organi di polizia giudiziaria, anche da soggetti privati. Si aggiunga, data la cronica lentezza della giustizia penale italiana, come sia preventivabile che - mancando la previsione, a differenza dell'ipotesi dell'art. 51-ter ord. penit., di un termine finale d'efficacia del provvedimento sospensivo di cui all'art. 47-ter, ultimo comma, ord. penit., la cui durata e' legata alla sorte del giudizio penale - la misura restrittiva de qua possa protrarsi anche per tempi lunghi, in attesa del definitivo esito giudiziario della denunzia per evasione. In secondo luogo, sotto il profilo inerente al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione, la denunziata norma contraddice il principio del finalismo rieducativo della pena, giacche' ricorrente l'automatico effetto interruttivo della detenzione domiciliare al mero dato della denunzia per evasione, indipendentemente da ogni valutazione della concreta condotta del soggetto, della sua gravita', della sua rilevanza prognostica nel quadro della personalita' e delle condizioni di vita del soggetto, indipendentemente da ogni verifica della idoneita' di tale condotta, in relazione alla natura e alla funzione del beneficio, ad interrompere o meno il rapporto esecutivo ed il percorso risocializzativo, riabilitativo e terapeutico intrapreso, indipendentemente da ogni valutazione della gravita' degli effetti desocializzanti, antieducativi e potenzialmente lesivi di beni costituzionalmente protetti che in tali casi la carcerazione puo' determinare (cfr. a tal proposito gli insegnamenti della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 17-23 maggio 1995). In particolare, la norma denunziata viola, altresi', l'art. 32 della Costituzione, stante l'indifferenza normativa verso le conseguenze lesive del bene della salute che la sospensione automatica della detenzione domiciliare (beneficio preordinato, specie nell'ipotesi di cui al n. 2 dell'art. 47-ter o.p., proprio alla tutela di tale bene) puo' determinare nei confronti di soggetti, come il Brandaleone, in condizioni di salute particolarmente gravi. Si consideri che, nel sistema della legge, la detenzione domiciliare non si configura come una rigida reclusione domestica, sibbene prevede un regime di costanti contatti con i presidi sanitari territoriali, stante la sua funzione terapeutica, con conseguenti frequenti allontanamenti del soggetto dall'abitazione e si consideri, pertanto, alla luce di tale natura e funzione del beneficio in esame, che non ogni allontanamento volontario dall'abitazione, ancorche' non autorizzato, assume necessariamente il significato di rottura del rapporto esecutivo e di violazione dell'interesse tutelato della norma incriminatrice dell'evasione, dovendo invece tale significato valutarsi nel contesto delle concrete circostanze oggettive e soggettive presenti. Si aggiunga che se e' stata censurata l'indifferenza normativa verso ogni apprezzamento concreto e ritenuto ingiustificato, per contrasto con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, l'arresto del processo risocializzativo del condannato, in dipendenza dell'automatismo della revoca di un beneficio come la liberazione anticipata propedeutico agli altri benefici extramurari, in presenza di una condanna definitiva per un delitto non colposo commesso in corso di esecuzione (cfr. la citata sentenza n. 186 del 1995), con quanta maggior ragione dovra' ritenersi costituzionalmente illegittimo l'automatico effetto interruttivo di un beneficio extramurario come la detenzione domiciliare a forte contenuto terapeutico e risocializzativo ed in presenza di una semplice denunzia| Infine, sotto il profilo di cui all'art. 3 della Costituzione, inerente alla ragionevolezza ed alla razionale uniformita' del trattamento normativo nella disciplina de qua, devesi rilevare come il legislatore riservi in modo irragionevole un trattamento deteriore nell'ipotesi di denuncia per evasione del detenuto domiciliare - assumendo tale denuncia quale rigido, automatico ed inderogabile indice presuntivo della rottura del rapporto esecutivo - laddove, in presenza di denunzie o, addirittura, di procedimenti penali pendenti per fatti di reato molto piu' gravi dell'evasione, verificatisi in corso d'esecuzione (magari fatti di reato della stessa indole del reato di cui si espia pena in detenzione domiciliare e come tali molto piu' indicativi della avvenuta rottura del rapporto esecutivo), lo stesso legislatore opportunamente rimette la valutazione, circa la sospensione cautelativa della misura alternativa, alla discrezionalita' del magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 51-ter ord. penit., (norma che puo' assumersi nel ragionamento illustrato quale tertium comparationis).