IL TRIBUNALE
   Ha  pronunziato  la  seguente ordinanza nel procedimento di reclamo
 iscritto al  n.  45071/1996  del  ruolo  reclami  tra  Rigitano  avv.
 Domenico rappresentato dall'avv. Carmine Vuolo, ricorrente reclamante
 e la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense, avv. Nicola
 Pastore Carbone, e il Banco di Napoli S.p.a., avv. Daniela  Sbordone,
 resistenti reclamati.
   Letti  gli  atti  e  sciogliendo  la  riserva  di cui al verbale di
 udienza del 13 agosto 1996.
                            O s s s e r v a
   1.  -  L'avv.  Domenico  Rigitano  ha  proposto   reclamo   avverso
 l'ordinanza  con  cui  il  pretore  di  Napoli ha rigettato l'istanza
 cautelare, avanzata dallo stesso professionista, volta ad ottenere in
 via d'urgenza e cautelare (ai sensi degli artt. 669-bis e segg. e 700
 c.p.c.) la sospensione dell'esecuzione  della  cartella  esattoriale,
 che gli e' stata notificata dal Banco di Napoli nella sua qualita' di
 esattore,  relativa  a  contributi  non  pagati, interessi e sanzioni
 iscritti a ruolo dalla Cassa nazionale di previdenza e di  assistenza
 forense,  la  quale  si  e'  avvalsa  della  procedura di riscossione
 prevista per le imposte dirette, ai sensi dell'art. 18, comma  sesto,
 della legge 20 settembre 1980 n. 576.
   Occorrerebbe   dunque   esaminare  l'istanza  cautelare,  volta  ad
 ottenere la sospensione dell'esecuzione della cartella esattoriale (e
 del ruolo), in quanto - a dire del professionista  -  l'iscrizione  a
 ruolo  di contributi sarebbe stata illegittima, in quanto avvenuta in
 mancanza  del  carattere  professionale  di  una  parte  dei  redditi
 dichiarati ai fini IRPEF ed I.V.A.
   Ma va preliminarmente precisato che il sistema di riscossione delle
 imposte  dirette,  a  cui fa rinvio la  legge n. 576/1980, prevede la
 possibilita' del  ricorso  all'intendente  di  finanza  quale  organo
 aministrativo  (art.  53  d.P.R.  29  luglio  1973  n. 602), a cui e'
 riservato in via esclusiva  il  potere  di  sospendere  la  procedura
 esecutiva  (art. 54.   primo comma, d.P.R. cit.). Il difetto assoluto
 di giurisdizione ordinaria, al riguardo,  e'  temperato    unicamente
 dalla  prevista  possibilita'  dell'opposizione  di terzo ex art. 619
 c.p.c. e dal conseguente potere sospensivo  riconosciuto  al  pretore
 (art.   54,  primo  comma,  cit.).    Non  sono  ammesse  invece  ne'
 l'opposizione all'esecuzione di cui all'art.  615 c.p.c., ne'  quella
 agli  atti  esecutivi  di  cui all'art. 618 c.p.c.  (art. 54, secondo
 comma, d.P.R. cit.).
   La legittimita' costituzionale di  questo  sistema  e'  stata  gia'
 affermata  dalla Consulta (C. cost. n. 63/1982), la quale ha ritenuto
 che l'attribuzione unicamente all'intendente di finanza del potere di
 sospendere   l'esazione   dei   tributi   ha   una    sua    precipua
 giustificazione,  che  connota  la previsione normativa in termini di
 ragionevolezza.   Si e' precisato  al  riguardo  che  il  presupposto
 accolto  dal  legislatore  e' che proprio tale organo possa meglio di
 ogni altro valutare comparativamente la posizione del contribuente  e
 l'interesse    dello    Stato   alla   riscossione,   tenendo   conto
 dell'andamento complessivo delle entrate tributarie.    Pertanto,  in
 relazione  a  questo  sistema,  la Consulta ha ritenuto che la tutela
 giurisdizionale cautelare non costituisca una  componente  essenziale
 del  diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., in quanto comunque la
 pubblica  amministrazione  e'  poi  tenuta  a  dare  esecuzione  alla
 decisione  del giudice poi adito in via ordinaria, mediante la pronta
 restituzione della somma riscossa ma risultata poi non dovuta.
   2.  -   Tuttavia,   proprio   in   ossequio   al   criterio   della
 ragionevolezza,   di   recente  la  stessa  Corte  Costituzionale  ha
 affermato il principio, secondo cui il sistema di  riscossione  sopra
 ricordato  e'  costituzionalmente  illegittimo,  laddove  esclude  la
 possibilita' della tutela cautelare  dinanzi  al  giudice  ordinario,
 qualora  si  tratti  della  riscossione  di  crediti  di  natura  non
 tributaria, di cui il contribuente contesti l'esistenza o l'ammontare
 (C. cost. 13 luglio 1995, n. 318).
   Poiche' il d.P.R. n. 602/1973 si riferisce (ovviamente)  solo  alla
 riscossione  delle  imposte  sul  reddito, ossia ad entrate di natura
 tributaria,    oggetto    della     declaratoria     d'illegittimita'
 costituzionale da ultimo ricordata e' stato non il combinato disposto
 degli  artt.    53  e  54  d.P.R.  cit.,  bensi'  una  norma di legge
 ordinaria, che per crediti  di  natura  non  tributaria  di  un  ente
 pubblico prevedeva la possibilita' di quest'ultimo di avvalersi delle
 norme  dettate per la riscossione delle imposte dirette (nella specie
 si trattava dell'art.   1 della legge  13  dicembre  1928,  n.  3233,
 relativa alla riscossione di crediti non tributari dell'Ente autonomo
 acquedotto pugliese).
   Dunque, questa pronuncia ha si' affermato un principio di carattere
 generale.   Ma,   per   il   meccanismo  proprio  delle  sentenze  di
 accoglimento,  soltanto  la   legge   dichiarata   costituzionalmente
 illegittima   subisce   gli  effetti  di  annullamento  propri  della
 decisione della Consulta.
   3. - E' vero che la stessa Corte, con successiva  sentenza  del  21
 settembre  1995  n.  437,  ha dichiarato infondata analoga questione,
 ritenendo  all'uopo  sufficiente  una  sentenza   interpretativa   di
 rigetto.
   Ma cio' e' accaduto per il semplice quanto determinante motivo, per
 cui  in  tale  occasione  le  norme denunziate dal giudice a quo (gli
 artt. 203, comma 3, e 206 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285)  rinviano  in
 modo  diretto  all'art. 22 della legge 24 ottobre 1981, n. 689 e solo
 indirettamente al sistema di riscossione delle entrate tributarie (di
 cui al d.P.R. cit.). E l'art. 22, ultimo comma,  legge  cit.  prevede
 appunto il potere di sospensione (cautelare) dell'esecuzione da parte
 del giudice ordinario. Il che ha giustificato la sentenza di rigetto.
   Viceversa,  nel caso in esame questo Collegio si trova nella stessa
 posizione del giudice a quo della questione decisa  con  sentenza  n.
 318/1995  cit.  Infatti, anche qui la legge ordinaria (art. 18, sesto
 comma, legge n. 576/1980), per la riscossione dei crediti  di  natura
 non  tributaria  della  Cassa nazionale di assistenza e di previdenza
 forense, rinvia direttamente al sistema previsto per  la  riscossione
 delle  imposte  dirette,  di cui fanno parte gli artt. 53 e 54 d.P.R.
 cit.
   Ne deriva la necessita' di sollevare la questione  di  legittimita'
 costituzionale in via incidentale, in quanto:
     non manifestamente infondata, per le ragioni appena dette;
     rilevante, in quanto per decidere sul merito del reclamo e dunque
 sul  merito  dell'istanza  cautelare,  occorre  in  via pregiudiziale
 ritenere  sussistente  la   giurisdizione   cautelare   del   giudice
 ordinario,  giurisdizione  che  invece  e'  esclusa  in  radice dalla
 disciplina relativa al sistema di riscossione esattoriale, richiamata
 dalla norma denunziata.
   Quest'ultima (art. 18, sesto comma, legge n.  576/1980)  appare  in
 contrasto:
     a) con l'art. 3 Cost., in quanto
     a.1)  e'  evidente  la  disparita'  di trattamento che, sul piano
 della difesa giurisdizionale (in cui va ricompresa  anche  la  tutela
 cautelare),  il  soggetto  passivo subisce rispetto alle controversie
 concernenti altri crediti (ugualmente di natura non  tributaria)  non
 ricompresi nel sistema di riscossione esattoriale;
     a.2)  e'  evidente la discriminazione in peius alla quale risulta
 assoggettata la riscossione delle entrate di  natura  non  tributaria
 quando  il  soggetto  passivo  contesti  l'esistenza  o l'entita' del
 credito, poiche' non trova applicazione il sistema  automatico  della
 "gradualita'"   dell'esazione,   previsto   dall'art.  15  d.P.R.  n.
 602/1973, che funge da contrappeso. Infatti, nel caso in  esame  alla
 Cassa  e'  riconosciuta  la  facolta'  discrezionale  di  determinare
 eventuali modalita' diverse di pagamento ex art.  18,  ultimo  comma,
 legge  n. 576/1980, ovvero di concedere una dilazione rateale ex art.
 15, comma 3, legge n.  141/1992;
     b)  con  l'art.  24  Cost., in quanto per i crediti di natura non
 tributaria nessun criterio di ragionevolezza consente di escludere il
 profilo  cautelare  dalla  garanzia  della  pienezza   della   tutela
 giurisdizionale.
   Entrambi   i  profili  esaminati  appaiono  peraltro  aggravati  in
 considerazione della  riforma  del  processo  tributario  (d.lgs.  31
 dicembre  1992 n.  546), con cui il legislatore, anche in relazione a
 crediti  di  natura   tributaria,   ha   previsto   un   procedimento
 giurisdizionale   incidentale   di   natura   cautelare,  volto  alla
 sospensione  dell'atto  impugnato  ((tra  cui   anche   la   cartella
 esattoriale:  art.  19,  comma  1, lett. d), d.lgs.  cit.)), sia pure
 esperibile non ante causam, ma  solo  in  corso  di  causa,  ossia  a
 ricorso di merito gia' proposto (art. 47 d.lgs. cit.).
   4.  - Infine, il Collegio - pur tenendo conto che nel caso in esame
 la procedura esecutiva si  trova  in  una  fase  avanzata  -  ritiene
 doveroso  puntualizzare  che  non  e'  tecnicamente corretto adottare
 ugualmente un provvedimento cautelare (di accoglimento o  di  rigetto
 che sia) e poi sollevare la questione di legittimita' costituzionale.
   In   tal   caso,  infatti,  la  questione  medesima  perderebbe  di
 rilevanza, in quanto, proprio per il rapporto  di    pregiudizialita'
 che sussiste tra affermazione della giurisdizione cautelare ordinaria
 e  provvedimento cautelare,  l'adozione di quest'ultimo comporterebbe
 implicita ma inequivoca affermazione di  giurisdizione,  affermazione
 che,  allo  stato  e  prima  dell'intervento  della  Consulta, non e'
 consentita dal sistema normativo qui denunziato.
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sarebbe   pertanto
 destinata  irrimediabilmente ad essere dichiarata inammissibile dalla
 Consulta per difetto di rilevanza (v. infatti C. cost. ord. 26  marzo
 1986,  n. 68; ord. 26 novembre 1987, n. 428; ord. 2 febbraio 1988, n.
 142; ord. 29 dicembre 1988, n. 1158).
   Per tutte le considerazioni sopra svolte, il  Collegio  ritiene  di
 sollevare  d'ufficio  la  questione di legittimita'   costituzionale;
 visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87.