ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 58, comma  2,
 e  64,  comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle
 autonomie locali), promosso con ordinanza emessa  il  3  maggio  1995
 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Puglia,
 nel  giudizio  sui  conti  resi dal tesoriere del comune di Terlizzi,
 iscritta al n. 756 del registro ordinanze  1995  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 47 - prima serie speciale -
 dell'anno 1995.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  10 luglio 1996 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso del giudizio sui conti resi dal tesoriere del comune
 di  Terlizzi  per gli esercizi 1986-1992, la Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale per la regione Puglia, con  ordinanza  del  3  maggio
 1995,  ha  sollevato  - in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97,
 primo e secondo comma, e 103, secondo  comma,  della  Costituzione  -
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58, comma 2, della
 legge  8  giugno  1990,  n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali),
 nella parte in cui limita il giudizio  di  conto  alla  gestione  del
 tesoriere, nonche' dell'art. 64, comma 1, della medesima legge, nella
 parte  in  cui  abroga  gli artt. 310, quarto comma, del r.d. 3 marzo
 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico  della  legge  comunale  e
 provinciale) e 226 del r.d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per
 l'esecuzione del testo unico della legge comunale e provinciale).
   Il  giudice  remittente  rileva  che  a  causa  delle  disposizioni
 impugnate il giudizio contabile, che in forza  delle  norme  abrogate
 investiva   l'intero   rendiconto   consuntivo   degli  enti  locali,
 risulterebbe ora circoscritto alla gestione di cassa e riguarderebbe,
 pertanto, la sola definizione dei rapporti di credito e di debito fra
 il tesoriere (e gli altri soggetti che abbiano maneggio di denaro)  e
 l'ente.
   Lo  stesso  giudice  a  quo  riferisce  di aver affermato, in altri
 giudizi e in via interpretativa, il perdurante obbligo per  gli  enti
 locali, seppure ai fini del solo giudizio sulla gestione di cassa, di
 provvedere  al  deposito  del  conto consuntivo: ritiene nondimeno di
 dovere  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
 disposizioni  indicate  per contrasto con gli artt. 3, 97 e 103 della
 Costituzione; contrasto che  peraltro  permarrebbe  anche  a  seguito
 dell'entrata  in  vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n.
 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), il quale,
 all'art.  67,  prevede  l'obbligo  "per  il   legale   rappresentante
 dell'ente"  di  depositare  presso  la  segreteria  della  competente
 sezione giurisdizionale della Corte dei conti, ai fini del  giudizio,
 il  solo  "conto  del  tesoriere, i suoi allegati e ogni altro atto o
 documento  richiesto  dalla  Corte  stessa"  e  non  anche  il  conto
 consuntivo.
   In  particolare,  le  disposizioni censurate violerebbero l'art. 3,
 primo comma, della Costituzione, poiche' "il limite dell'oggetto" del
 giudizio di conto imposto dalla legge n.  142  del  1990  sembrerebbe
 incoerente ed irrazionale, specie se confrontato con gli obiettivi di
 integrita'  ed  universalita'  del  bilancio  e di contenimento della
 spesa pubblica, fissati dal legislatore  nella  stessa  legge  ed  in
 altre successive. Il sindacato sul consuntivo, attribuito al comitato
 regionale  di  controllo  (art.  46 della legge n. 142 del 1990), non
 potrebbe  considerarsi  "sostitutivo  o  alternativo  di  quello  del
 giudice  contabile",  sia  perche'  l'esercizio di forme di controllo
 amministrativo non dovrebbe condizionare l'attivita' giurisdizionale,
 sia perche' lo  stesso  controllo,  da  effettuarsi  nel  termine  di
 quaranta giorni, rischierebbe di "divenire meramente eventuale".
   Sarebbe  poi violato l'art. 103, secondo comma, della Costituzione,
 il quale, nella interpretazione  di  questa  Corte,  condivisa  dalla
 Cassazione,   riserverebbe   alla  Corte  dei  conti  le  materie  di
 contabilita'   pubblica,   comprensive   sia    del    giudizio    di
 responsabilita'  che  di quello di conto; quest'ultimo ritenuto dalla
 giurisprudenza insopprimibile momento di garanzia  della  correttezza
 della  gestione degli amministratori degli enti locali. Ad avviso del
 giudice remittente, infatti, le  disposizioni  impugnate,  sottraendo
 alla  Corte  dei  conti il potere di diretta rilevazione dei fatti di
 gestione dal consuntivo, trasferirebbero alla sede amministrativa e a
 quella politica un potere di verifica e di iniziativa, che verrebbe a
 condizionare  l'attivita'  giurisdizionale  della  stessa  Corte   in
 materia di responsabilita'.
   La limitazione dell'oggetto del giudizio di conto al solo conto del
 tesoriere,  contrasterebbe,  infine,  con  l'art. 97, primo e secondo
 comma, della Costituzione,  poiche'  pregiudicherebbe  l'accertamento
 della  effettiva situazione di bilancio degli enti locali, renderebbe
 difficoltoso   il   perseguimento   delle    responsabilita'    degli
 amministratori  e  non  consentirebbe di porre rimedio all'incremento
 del disavanzo finanziario, che potrebbe ampliarsi fino al dissesto.
   Secondo il giudice  a  quo,  letto  alla  luce  delle  disposizioni
 impugnate,  l'art.  67  del  d.lgs.  n. 77 del 1995 avrebbe carattere
 meramente  esecutivo  e  confermerebbe  l'avvenuta  sottrazione   del
 giudizio  sul  conto  consuntivo  alla  Corte dei conti; peraltro, lo
 stesso art.  67  non  viene  indicato  dal  giudice  remittente,  nel
 dispositivo dell'ordinanza, tra le norme impugnate.
   2.  -  E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, rilevando che la questione appare priva di fondamento.
   Ad avviso dell'Avvocatura, le disposizioni censurate rientrerebbero
 nella    discrezionalita'    del   legislatore,   apparirebbero   non
 irragionevoli e non violerebbero i  parametri  indicati  dal  giudice
 remittente.
   Nel  riordinare il funzionamento della pubblica amministrazione, il
 legislatore avrebbe inteso razionalizzare le  regole  che  presiedono
 alla  sua  organizzazione  (ispirandosi  a  criteri  di efficienza ed
 economicita'   dell'azione   amministrativa   ed    accentuando    la
 responsabilita'  sia  degli amministratori pubblici che del personale
 dipendente) ed avrebbe altresi' ridisegnato il sistema dei controlli,
 onde evitare duplicazioni e, soprattutto, rendere questi  coerenti  e
 funzionali al perseguimento degli scopi desiderati.
   In  tale  quadro,  sarebbe  del  tutto  conforme  a Costituzione il
 riordino delle competenze  concernenti  il  controllo  sui  risultati
 della  gestione  degli enti locali; competenze che l'Avvocatura cosi'
 riassume: a) il controllo sugli atti degli enti locali (ivi  compreso
 il  rendiconto  di gestione) e' esercitato da un organo della regione
 di appartenenza, come stabilito dall'art. 130 della Costituzione;  b)
 i  conti  dei  tesorieri  e  di ogni altro agente contabile che abbia
 maneggio di danaro pubblico o sia incaricato della gestione dei  beni
 degli  enti  locali,  nonche'  i  conti  di  coloro  che  comunque si
 ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, sono  soggetti
 alla  giurisdizione  della  Corte  dei conti. Ai fini del giudizio di
 conto e', per altro, previsto che il legale rappresentante  dell'ente
 sia tenuto a depositare presso la sezione giurisdizionale della Corte
 dei  conti  non  solo  il  conto  del  tesoriere, ma anche ogni altro
 documento che la Corte stessa dovesse richiedere;  c)  l'esame  della
 gestione   finanziaria  e  il  controllo  sul  buon  andamento  delle
 amministrazioni locali e' attribuito alla sezione enti  locali  della
 Corte dei conti, che annualmente ne riferisce al Parlamento.
   Ad  avviso dell'Avvocatura, la normativa vigente, al pari di quella
 preesistente,  non  escluderebbe  l'obbligo  degli  enti  locali   di
 trasmettere  alla  Corte dei conti tutta la documentazione necessaria
 per l'espletamento  delle  sue  funzioni:  conseguentemente,  nessuna
 compressione   dell'attivita'   di  tale  organo  comporterebbero  le
 disposizioni   censurate,   neppure   in   ordine   ai   giudizi   di
 responsabilita',  che  potrebbero essere sempre avviati nei confronti
 degli amministratori locali e del personale dipendente, in  relazione
 al danno eventualmente procurato all'ente di appartenenza.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Viene all'esame di questa Corte la questione di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e
 secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione, degli  artt.
 58,  comma  2,  e  64,  comma  1,  della  legge 8 giugno 1990, n. 142
 (Ordinamento delle autonomie locali); il primo articolo e'  censurato
 nella  parte in cui, limitando il controllo contabile della Corte dei
 conti al rendiconto della gestione del  tesoriere  e  di  ogni  altro
 agente  contabile  che  abbia  maneggio  di  pubblico  denaro  o  sia
 incaricato della gestione di  beni  degli  enti  locali,  nonche'  di
 coloro  che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti,
 escluderebbe  il  controllo  giurisdizionale   della   stessa   Corte
 sull'intero  conto  consuntivo della gestione dell'ente, del quale il
 conto del tesoriere sarebbe componente marginale  e  insufficiente  a
 far  emergere la eventuale responsabilita' degli amministratori e dei
 dipendenti  dell'ente  stesso.    L'art.  64,  comma   1,   abrogando
 espressamente,  alle  lettere  a) e c), gli artt. 226 del regolamento
 approvato con r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, e 310  del  testo  unico
 della  legge comunale e provinciale, approvato con r.d. 3 marzo 1934,
 n. 383, sui quali si basava il controllo giurisdizionale della  Corte
 dei   conti   sul   rendiconto   di   gestione   degli  enti  locali,
 confermerebbe,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  volonta'   del
 legislatore - fatta gia' palese nell'anzidetto art.  58, comma 2 - di
 restringere  il  giudizio  di  conto  alla  sola  gestione  di cassa,
 lasciando il giudice contabile privo degli  strumenti  di  conoscenza
 indispensabili  per  un completo giudizio di legalita' sulla gestione
 dell'ente.
   Il  giudice  remittente,  nella  motivazione  dell'ordinanza,  trae
 conferme  interpretative  anche  dall'art. 67 del d.lgs. n. 77 del 25
 febbraio 1995, il quale, nel dettare il nuovo ordinamento finanziario
 e contabile degli  enti  locali,  prevede  l'obbligo  per  il  legale
 rappresentante  dell'ente  di  depositare  presso la segreteria della
 sezione giurisdizionale, ai fini del  giudizio,  il  solo  conto  del
 tesoriere  e  i  suoi  allegati,  nonche' ogni altro atto o documento
 richiesto  dalla  Corte,  ribadendo  in   tal   modo   il   carattere
 circoscritto del sindacato a questa affidato.
   2.  -  Va  in  primo  luogo dichiarata l'infondatezza della censura
 formulata in riferimento all'art. 97, primo e  secondo  comma,  della
 Costituzione,  sul preliminare rilievo che, secondo la giurisprudenza
 costante di questa Corte,  la  giurisdizione  non  trova  la  propria
 disciplina   nell'art.   97,   se   non  per  gli  aspetti  meramente
 organizzativi e strumentali al suo esercizio,  sicche'  la  questione
 deve essere ulteriormente esaminata soltanto alla luce degli artt. 3,
 primo  comma,  e  103, secondo comma, della Costituzione (sentenze n.
 182 del 1996, n. 313 del 1995, n. 18 del 1989 e n. 86 del 1982).
   La   questione  e'  peraltro  infondata  anche  in  riferimento  ai
 parametri  che  appaiono  pertinenti   alla   materia   della   quale
 l'ordinanza tratta.
   3.  -  Prima  di  affrontare  il  merito  della questione, conviene
 richiamare, per sommi capi e  per  quanto  ha  rilievo  ai  fini  del
 presente  giudizio,  il  percorso  legislativo  che  ha  recentemente
 segnato   innovazioni   profonde   nella   materia   dell'ordinamento
 finanziario e contabile degli enti locali e dei relativi controlli.
   Anteriormente  alla  sentenza  di  questa  Corte n. 55 del 1966, il
 conto del tesoriere dei comuni e delle province veniva sottoposto  al
 giudizio dei consigli di prefettura, previa approvazione da parte del
 consiglio  comunale  o  provinciale,  ai  sensi dell'art. 310, quarto
 comma, del testo unico della legge comunale e provinciale n. 383  del
 1934. L'ampia e non sempre lineare elaborazione giurisprudenziale che
 segui'  la  scomparsa  dei consigli di prefettura approdo' finalmente
 all'assunzione, da parte delle  competenti  sezioni  del  contenzioso
 contabile della Corte dei conti, dell'esame del conto; in conseguenza
 di  tale  assunzione  si  venne  poi  affermando  e  progressivamente
 consolidando  un  orientamento  secondo  il  quale  il  giudizio  sul
 rendiconto degli enti locali dovesse avere ad oggetto non soltanto la
 gestione  del  tesoriere,  ma  anche  il  conto  consuntivo dell'ente
 locale, e  riguardare,  pertanto,  sia  i  fatti  di  gestione  della
 tesoreria,   sia  i  fatti  di  gestione  degli  amministratori,  nei
 confronti dei quali  la  stessa  Corte  avrebbe  potuto  far  valere,
 attraverso  una  chiamata  in  giudizio  iussu  iudicis, la eventuale
 responsabilita' patrimoniale.
   La razionalita' di quest'ultima soluzione aveva pero'  gia'  subito
 una  prima  incrinatura  con  la  istituzione di una apposita sezione
 della Corte dei conti, alla quale il legislatore (art. 13  del  d.-l.
 22  dicembre 1981, n. 786, come modificato dalla legge di conversione
 26 febbraio 1982, n. 51, Disposizioni in materia di finanza  locale),
 aveva  affidato  il  compito  di riscontro sulla gestione finanziaria
 degli  enti  locali  nell'intero  contesto  della  finanza  pubblica.
 Ricevuti  i  conti  consuntivi degli enti, gia' approvati dall'organo
 regionale di controllo, la sezione enti locali della Corte dei  conti
 comunica  alle  Camere,  entro il 31 luglio di ciascun anno, l'elenco
 dei consuntivi pervenuti, il piano di rilevazione che si  propone  di
 compiere  e i criteri ai quali intende attenersi nell'esame dei conti
 medesimi - essendo in ogni caso tenuta ad esaminare  la  gestione  di
 tutti  gli  enti  i  cui  consuntivi  si chiudano in disavanzo ovvero
 rechino  l'indicazione  di  debiti  fuori  bilancio  -  e   riferisce
 annualmente  al  Parlamento  i  risultati  dell'esame  compiuto sulla
 gestione finanziaria e sul buon andamento dell'azione  amministrativa
 degli enti sottoposti a controllo.
   4.  -  Le  premesse  per la separazione del conto del tesoriere dal
 conto consuntivo dell'ente locale e per  la  sottoposizione  di  tali
 conti ad un regime di controlli differenziati erano gia' contenute in
 nuce  in  questa importante riforma. Nell'esercizio di una competenza
 che  le  era  derivata  dall'assunzione  dei  compiti  attribuiti  ai
 soppressi  consigli  di  prefettura,  la  Corte dei conti, in sede di
 giudizio sul conto del tesoriere, si trovava non solo a  valutare  il
 consuntivo    dell'ente    ed    eventuali    responsabilita'   degli
 amministratori (art.  226 del r.d. n. 297 del 1911), ma anche a dover
 porre in rilievo il risultato  economico  dell'esercizio  (art.  289,
 ultimo  comma,  del testo unico della legge comunale e provinciale n.
 383   del  1934).    Come  questa  Corte  ha  rilevato,  quest'ultima
 disposizione gia'  racchiudeva  in  se'  "l'essenza  dei  compiti  di
 riscontro  sulla gestione finanziaria degli enti locali, che ora piu'
 razionalmente e compiutamente, in una visione organica e  complessiva
 dell'intero  contesto  della  finanza  pubblica,  il  legislatore  ha
 affidato alla Corte dei conti, previo peraltro l'esame dei consuntivi
 da parte degli organi regionali di controllo" (sentenza  n.  422  del
 1988).
   Ed  e'  proprio  a  causa  di  questo piu' compiuto inserimento del
 riscontro della gestione degli enti locali in una visione complessiva
 del contesto di finanza pubblica  e  della  ragionevole  esigenza  di
 evitare  improduttive duplicazioni dell'attivita' di controllo che si
 e' venuto attenuando, con l'istituzione della sezione enti locali, il
 significato del riscontro contabile in via giurisdizionale e si  sono
 poste  le  premesse  perche'  l'ulteriore avanzamento di una linea di
 razionalizzazione dei controlli sulla finanza  locale  producesse  la
 poi  avvenuta  separazione  tra  il controllo contabile del conto del
 tesoriere, da un lato, e  il  giudizio  sulla  responsabilita'  degli
 amministratori  degli  enti  locali  per  fatti  della loro gestione,
 dall'altro, essendo comunque assicurato il  controllo  globale  della
 gestione dalla neoistituita sezione enti locali.
   5.  -  Tale separazione si e' in effetti realizzata con la legge n.
 142  del  1990,  che,  in  primo  luogo,  ha  esteso  l'ambito  della
 giurisdizione  della  Corte  dei  conti  sugli  amministratori  e sul
 personale degli enti, in precedenza limitata, per le gestioni locali,
 alle sole ipotesi tassativamente elencate dal testo unico della legge
 comunale e provinciale e devoluta per il resto, in forza dello stesso
 testo  unico,  al  giudice  ordinario;  e,  in  secondo   luogo,   ha
 effettivamente  circoscritto  il  giudizio  di conto alla gestione di
 cassa, escludendo cosi' che all'affermazione di  responsabilita'  per
 fatti  di gestione degli amministratori potesse pervenirsi attraverso
 un  controllo  diretto   e   generalizzato,   esercitato   in   forma
 giurisdizionale,  sui  conti di gestione di tutti gli enti locali. Le
 forme processuali attraverso le quali si  perveniva  all'accertamento
 della  responsabilita'  degli amministratori (una volta affidata alla
 sezione enti locali la  valutazione  obbligatoria  della  complessiva
 gestione  delle  amministrazioni  in  disavanzo  o  in  condizioni di
 dissesto), apparivano ormai inadeguate  e  scarsamente  produttive  a
 causa  della  sostanziale  episodicita'  dei concreti accertamenti di
 responsabilita' a fronte  dell'enorme  mole  di  riscontri  che  tali
 accertamenti comportavano.
   Non  puo'  dirsi  che  con la nuova disciplina il legislatore abbia
 contravvenuto agli insegnamenti di questa Corte secondo  cui  nessuna
 parte  del  conto consuntivo puo' essere sottratta alla giurisdizione
 della Corte dei conti (sentenza n. 1007 del 1988).  Il  principio  e'
 stato  peraltro  formulato in un contesto nel quale, in assenza di un
 riscontro  giurisdizionale  dell'intera  attivita'  di  gestione,  lo
 stesso  giudizio  di  responsabilita'  per  fatti di gestione sarebbe
 risultato puramente eventuale ed  aleatorio,  venendo  a  mancare  al
 giudice  contabile  adeguati strumenti di conoscenza della gestione e
 quindi degli illeciti che essa avrebbe potuto far emergere.  Oggi  si
 puo'  affermare  che  all'esigenza  imposta dagli artt. 3 e 103 della
 Costituzione - che il giudice remittente assume violati a  causa  del
 venir   meno   del   riscontro   giurisdizionale   della  gestione  -
 corrispondano   le  leggi  nn.  142  del  1990,  19  e  20  del  1994
 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
 conti) e il piu' recente decreto legislativo n. 77 del 1995.
   6. - L'articolo  46  della  legge  n.  142  del  1990  sottopone  a
 sindacato   di   legittimita'  il  bilancio  preventivo  e  il  conto
 consuntivo da parte del  comitato  regionale  di  controllo,  la  cui
 verifica  comprende  non solo la legittimita' degli atti di gestione,
 ma la loro coerenza interna e la corrispondenza  dei  dati  contabili
 con   quelli   delle   deliberazioni,   nonche'   con   i   documenti
 giustificativi allegati alle stesse.
   Il collegio dei revisori, le  cui  funzioni  erano  state  dapprima
 definite  dall'art.  57 della stessa legge n. 142, vede puntualizzato
 ed ampliato il suo ruolo dal piu' recente decreto legislativo n.   77
 del 1995. Tale decreto, all'art. 105, oltre a disciplinare in maniera
 ampia   e  dettagliata  i  compiti  di  vigilanza  sulla  regolarita'
 contabile, finanziaria ed economica della  gestione  (precisando  che
 essa  riguarda  l'acquisizione  delle  entrate, l'effettuazione delle
 spese,  l'attivita'  contrattuale,  l'amministrazione  dei  beni,  la
 completezza della documentazione, gli adempimenti fiscali e la tenuta
 della  contabilita'), pone a carico dei revisori l'obbligo di referto
 al  Consiglio  comunale  o  provinciale  su  gravi  irregolarita'  di
 gestione    "con    contestuale   denuncia   ai   competenti   organi
 giurisdizionali  ove  si  configurino  ipotesi  di  responsabilita'".
 Questa  disposizione  si  inserisce  in  un  contesto  atto a rendere
 effettivo e non puramente nominale il dovere  di  denuncia,  giacche'
 l'art.  1,  comma  3,  della legge n. 20 del 1994, gia' stabiliva che
 "qualora la prescrizione del diritto al risarcimento  del  danno  sia
 maturata  a  causa  di  omissione o ritardo della denuncia del fatto,
 rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato
 la denuncia".
   Con queste disposizioni  il  legislatore  si  e'  posto  al  riparo
 dall'addebito  che,  avendo  ampliato,  con  il comma 1 dell'art. 58,
 l'ambito  della   giurisdizione   della   Corte   dei   conti   sulla
 responsabilita' degli amministratori degli enti locali, abbia, con il
 comma  2  dello stesso articolo, vanificato il significato di un tale
 ampliamento, privando  la  Corte  dei  conti  di  adeguati  strumenti
 conoscitivi, e reso piu' difficoltoso l'esercizio della giurisdizione
 per responsabilita' amministrativa.
   Il  dovere di denuncia da parte dei revisori, positivamente sancito
 e  che  deve  essere  adempiuto  al  configurarsi   di   ipotesi   di
 responsabilita', crea e istituzionalizza uno stretto collegamento tra
 controlli  interni  e  giurisdizione di responsabilita' e fa apparire
 compiuto e non irrazionale il complessivo assetto dei controlli sulla
 finanza  locale;  e  cio'  anche  in  considerazione  della  prevista
 possibilita' di controlli in corso di esercizio, laddove, con l'esame
 generalizzato  del  conto  consuntivo da parte della Corte dei conti,
 l'attivita' cognitiva del giudice  contabile  doveva  necessariamente
 riferirsi  a  fatti  di  gestione  risalenti  nel  tempo.  Ove poi si
 considerino, da un lato, la regionalizzazione della giurisdizione  di
 responsabilita'  avvenuta  con  la  legge  n.  19  del 1994, intesa a
 rendere  piu'  capillare  ed  efficiente  l'attivita'   del   giudice
 contabile  e,  dall'altro, l'istituzione dell'ufficio del procuratore
 regionale, con poteri istruttori particolarmente penetranti  (art.  5
 della  legge  n. 19 cit.), risulta ancor piu' evidente l'orientamento
 dell'intero  sistema  a  mantenere  integre,  se  non  addirittura  a
 sviluppare,  nel  contesto  dei   due   tradizionali   ambiti   della
 giurisdizione e del controllo nei quali si svolgono le funzioni della
 Corte dei conti come potere dello Stato, le opportunita' di sindacato
 giurisdizionale  sull'attivita'  degli  amministratori e, insieme, la
 volonta' del legislatore di  realizzare,  in  forme  diverse,  quella
 indefettibilita'  della  giurisdizione contabile sul conto consuntivo
 che questa Corte ha gia' affermato ed il cui significato deve  essere
 inteso nel senso della ragionevole certezza che gli illeciti compiuti
 nella gestione non vadano esenti da responsabilita'.
   7.  -  Le  riforme  introdotte in materia di controllo mostrano, in
 definitiva, la esattezza dell'affermazione, che spesso ha ispirato la
 giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "non e' a priori  da
 escludersi  che  i  procedimenti  sulla  materia contabile potrebbero
 ricevere, nel loro complesso, altra pur adeguata regolamentazione.  A
 tanto puo' provvedere, peraltro, soltanto il legislatore";  a  questo
 soltanto spetta "stabilire, infatti, nella discrezionalita' delle sue
 scelte,  se le configurazioni procedimentali attuali vadano rimosse e
 sostituite e con quali conseguenze sull'intero sistema" (sentenza  n.
 65   del  1992).  La  scelta  di  rimuovere  il  controllo  in  forma
 giurisdizionale sul conto consuntivo degli enti  locali,  bilanciata,
 come  e',  da  altri  strumenti di accertamento della responsabilita'
 degli amministratori, appartiene, appunto, alla discrezionalita'  del
 legislatore e non e' finalizzata a produrre sull'intero sistema altra
 conseguenza  se  non  quella di avere diverse, ma non necessariamente
 meno incisive, opportunita' cognitive della Corte dei conti.
   Con gli artt. 58, comma 2, e 64, comma 1, della legge  n.  142  del
 1990,  il  legislatore,  nel  contesto  di  un  rinnovato sistema dei
 controlli, mostra peraltro di  voler  soddisfare  un'altra  esigenza,
 pure  sottolineata  da  questa  Corte:  quella  che  nei  giudizi  di
 responsabilita'  amministrativa   l'azione   pubblica   puo'   essere
 intrapresa   solo  quando  sia  suffragata  da  elementi  concreti  e
 specifici e non deve mai fondarsi  su  mere  ipotesi  o  su  astratte
 supposizioni, ne' dirigersi, in modo del tutto generico, ad un intero
 settore  di  attivita' amministrativa (sentenza n. 104 del 1989). Una
 azione di  responsabilita'  amministrativa  scaturente  da  un  esame
 generalizzato   e   sistematico   sull'intera   gestione  finanziaria
 dell'ente locale, con un intervento  iussu  iudicis  nell'ambito  del
 giudizio di conto che non poteva non avere un rilevante fondamento di
 discrezionalita'    -    ritenendosi    generalmente    esclusa    la
 configurabilita' di un  litisconsorzio  necessario  tra  tesoriere  e
 amministratori   -   rischiava   di  essere  infatti  non  del  tutto
 rispondente ai criteri di obiettivita', imparzialita'  e  neutralita'
 che devono contraddistinguere la funzione giurisdizionale.
   8.  - Appare in conclusione non irragionevole ne' arbitrario, e non
 lede la posizione costituzionale della Corte dei conti, come definita
 dall'art. 103 della Costituzione, la circostanza  che,  in  un  nuovo
 disegno  delle  autonomie  locali,  teso a valorizzare anche il ruolo
 degli organi regionali di controllo (art. 130 della Costituzione), il
 legislatore  abbia  limitato  il  controllo   giurisdizionale   sulla
 legittimita' della gestione al solo conto del tesoriere e degli altri
 soggetti indicati nell'art. 58, comma 2, della legge n. 142 del 1990,
 poiche'  ha  mantenuto  ferma,  ampliandone anzi la sfera per effetto
 dell'art. 58, comma 1, della stessa  legge,  la  giurisdizione  della
 Corte  dei  conti  sulla  responsabilita'  degli amministratori e del
 personale degli enti locali  per  danno  all'erario.  Il  complessivo
 disegno legislativo non risulta infatti inteso a svilire l'efficienza
 di tale giudizio, che, semmai, appare sotto piu' profili potenziato e
 reso ancor piu' adeguato ai principi costituzionali.