ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  11,  comma  4,
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica) promossi con ordinanza emessa il 28 luglio 1995 dal
 pretore di Vigevano nel  procedimento  civile  vertente  tra  Patella
 Bernarda  e  Ministero  dell'interno, iscritta al n. 877 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1995, e con  ordinanza  emessa
 il  25  ottobre  1995  dal  pretore  di Fermo nel procedimento civile
 vertente tra Giardini Paolo e Ministero dell'interno, iscritta al  n.
 887 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  10  luglio  1996  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  del  procedimento civile promosso con ricorso di
 Bernarda Patella nei confronti del Ministero dell'interno avverso  la
 revoca  dell'indennita'  di accompagnamento, di cui la ricorrente era
 titolare, disposta dalla Prefettura di  Pavia,  e  la  richiesta,  ai
 sensi  dell'art.  11,  comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n.  537
 (Interventi correttivi di  finanza  pubblica),  di  restituzione  dei
 ratei    della    predetta    indennita'    percepiti    dalla   data
 dell'accertamento sanitario ad opera della Commissione medica per  le
 pensioni  di  guerra e di invalidita' civile, il pretore di Vigevano,
 con ordinanza del 28 luglio 1995 (r.o. n. 877 del 1995), ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale della predetta norma,  nella
 parte  in  cui  prevede  che,  in caso di accertata insussistenza dei
 requisiti  prescritti  per  beneficiare  di   pensioni,   assegni   e
 indennita'  per  invalidita' civile, cecita' civile e sordomutismo, e
 se   il   beneficiario   non   rinuncia   a   goderne   dalla    data
 dell'accertamento,  sono  assoggettati  a  ripetizione  tutti i ratei
 versati nell'ultimo anno precedente la data stessa.
   Ad  avviso del giudice a quo (che pur sottolinea che "l'interessata
 con lettera raccomandata dell'8 novembre  1994  aveva  comunicato  di
 rinunciare   al   beneficio   dalla   data   dell'accertamento  della
 insussistenza dei  requisiti"),  tale  disposizione  si  porrebbe  in
 contrasto  anzitutto  con  l'art.  38,  primo  e secondo comma, della
 Costituzione, essendo gli emolumenti in questione utilizzati  da  chi
 e'  inabile  al  lavoro  e  spesso in condizioni di ridotte capacita'
 economiche, e quindi soddisfa  con  gli  importi  percepiti  le  piu'
 elementari  esigenze  di  vita.  La  restituzione  degli importi gia'
 percepiti, e  certamente  gia'  utilizzati,  determinerebbe,  quindi,
 gravi  difficolta'  a  carico di tali categorie. E cio' a prescindere
 dalla sussistenza del dolo.
   La  normativa  in  esame  lederebbe,  altresi',  il  principio   di
 uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della  Costituzione,  determinando
 un'ingiustificata disparita' di trattamento tra i  beneficiari  delle
 provvidenze  corrisposte  dal  Ministero  dell'interno e i pensionati
 INPS, per i quali l'art.  52 della legge 9 marzo 1989, n. 88 sancisce
 il divieto di ripetizione di prestazioni pensionistiche indebitamente
 erogate, salvo il caso di dolo dell'interessato.
   Infine, sarebbe violato il diritto alla  difesa  sancito  dall'art.
 24  della Costituzione, in quanto la norma costringerebbe in un certo
 senso  i  beneficiari  ad  accettare   la   revoca   dell'emolumento,
 prevedendo,  in  caso  di  mancata  adesione,  il  recupero dei ratei
 percepiti non solo dalla data dell'accertamento ma per  tutto  l'anno
 precedente l'accertamento stesso.
   2.  -  Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,  che
 ha concluso per la infondatezza della questione.
   Ha   rilevato,   in   proposito,  l'autorita'  intervenuta  che  la
 disposizione in esame ha la finalita' di verificare la regolarita'  e
 legittimita'  dell'attribuzione  dei  benefici di cui si tratta. Cio'
 premesso, quanto meno dalla data di accertamento della  mancanza  dei
 requisiti  per  il godimento di tali benefici, sarebbe venuta meno la
 esigenza cui gli stessi sono preordinati, donde la non conferenza del
 richiamo all'art. 38 della Costituzione.
   Ne'  sarebbe  censurabile  il  diverso  trattamento  riservato   al
 titolare  dell'indennita'  di  accompagnamento, erogata dal Ministero
 dell'interno,  rispetto  alle  prestazioni  pensionistiche  a  carico
 dell'INPS,  per  la  diversita'  delle  situazioni poste a confronto.
 Infatti, mentre il comma 4 dell'art. 11 della legge n. 537  del  1993
 prevede   la  ripetibilita'  dei  ratei  riscossi  dal  titolare  del
 beneficio per il venire meno dei requisiti in base ai quali esso  era
 stato  concesso,  l'art.  52  della legge n. 88 del 1989 riguarda gli
 errori commessi dagli  enti  erogatori  di  pensioni,  prevedendo  la
 irripetibilita' delle somme riscosse in buona fede in ogni ipotesi di
 indebito,  conseguente  ad  ogni possibile atto e a qualsiasi fase di
 gestione del rapporto pensionistico.
   Non sussiste, infine, ad  avviso  dell'Avvocatura,  violazione  del
 diritto  alla  difesa  sancito  dall'art.  24  della Costituzione, in
 quanto l'interessato puo' contestare l'accertamento negativo  davanti
 all'autorita' giudiziaria.
   3.  -  Nel corso del procedimento civile promosso da Paolo Giardini
 nei  confronti  del  Ministero  dell'interno,  a  seguito  di  revoca
 dell'indennita'   di   accompagnamento,  il  pretore  di  Fermo,  con
 ordinanza del 25 ottobre 1995 (r.o. n. 887 del  1995),  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale dello stesso art. 11, comma
 4, della legge n. 537 del 1993,  nella parte in  cui  attribuisce  al
 beneficiario di trattamento previdenziale o assistenziale la facolta'
 di   rinunciare   ad   esso,   esimendolo,  in  tale  ipotesi,  dalla
 responsabilita'  per  pregresse   indebite   percezioni      anziche'
 prevedere, eventualmente, una pura e semplice adesione ad un giudizio
 medico che lo riguardi.
   Il  giudice  a  quo, premesso che il ricorrente  ha rinunciato alla
 provvidenza prestando adesione alla revoca   e  successivamente    ha
 richiesto  la  erogazione  dell'indennita'  di  accompagnamento  gia'
 revocata dall'amministrazione competente, dopo aver  rinunciato  alla
 stessa,  ex  art.  11, quarto comma, della competente , rileva che la
 rinuncia alla provvidenza  concerne  il  diritto  all'assistenza,  da
 considerarsi  indisponibile  in  quanto  diritto  inviolabile (art. 2
 della Costituzione), in forza di norma  di  rango  costituzionale,  e
 cioe'  l'art.  38  della  Costituzione.  Donde  il  contrasto  con  i
 richiamati parametri costituzionali.
   Inoltre, ad avviso del rimettente, dovrebbe dubitarsi  della  piena
 capacita'  di  autodeterminazione  di  un soggetto invalido, posto di
 fronte all'alternativa tra rinunciare alla provvidenza o rischiare la
 condanna alla restituzione di quanto  gia'  percepito,  tra  l'altro,
 sotto  l'influenza del clima di contestazione che viene alimentato da
 una vasta campagna di propaganda nei  confronti  dei  fruitori  delle
 provvidenze assistenziali.
   Le rinunce effettuate in tali condizioni potrebbero essere, quindi,
 ingiustificate,  mentre  quella  di  chi  abbia dolosamente fruito di
 assistenza  varrebbe  come  esimente,  consentendogli  di  trattenere
 l'indebito,  in  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di
 uguaglianza.
   4. - Anche in questo giudizio ha spiegato intervento il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri per il tramite dell'Avvocatura generale
 dello  Stato,  che  ha  rinviato  alle  considerazioni   svolte   con
 riferimento alla ordinanza n. 877 del 1995.
                        Considerato in diritto
   1.  -   Le questioni sottoposte all'esame della Corte concernono la
 medesima norma di cui all'art. 11, comma 4, della legge  24  dicembre
 1993,  n.  537  (Interventi correttivi di finanza pubblica), sia pure
 basandosi su diverse impostazioni. Il pretore  di  Vigevano  lamenta,
 infatti,  che,  in  caso  di  accertata  insussistenza  dei requisiti
 prescritti per beneficiare di  pensioni,  assegni  e  indennita'  per
 invalidita'   civile,  cecita'  civile  e  sordomutismo,  qualora  il
 beneficiario non rinunci a goderne dalla data  dell'accertamento,  la
 norma  impugnata  assoggetta  a  ripetizione  tutti  i  ratei versati
 nell'ultimo anno precedente l'accertamento, in  violazione  dell'art.
 38,   primo   e  secondo  comma,  della  Costituzione,  privando  gli
 interessati  di  emolumenti  utilizzati  per   soddisfare   le   piu'
 elementari  esigenze  di vita; dell'art. 3 della Costituzione, per la
 disparita'  di  trattamento  tra  i  beneficiari  delle   provvidenze
 corrisposte  dal  Ministero  dell'interno  e i pensionati INPS, per i
 quali l'art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88 sancisce  il  divieto
 di  ripetizione  di prestazioni pensionistiche indebitamente erogate,
 salvo  il  caso  di  dolo  dell'interessato;   dell'art.   24   della
 Costituzione,  perche'  sarebbe  violato  il  diritto alla difesa, in
 quanto   la  norma    costringerebbe    i  beneficiari  a  rinunciare
 all'emolumento, prevedendo, in caso contrario, il recupero dei  ratei
 percepiti  non  solo dalla data dell'accertamento ma per tutto l'anno
 precedente l'accertamento stesso (questione sollevata con l'ordinanza
 n. 877 del 1995).
   La questione sollevata dal pretore  di  Fermo  concerne  la  stessa
 norma   nella parte in cui attribuisce al beneficiario di trattamento
 previdenziale o assistenziale la  facolta'  di  rinunciare  ad  esso,
 esimendolo,  in  tale  ipotesi,  dalla  responsabilita' per pregresse
 indebite percezioni , anziche' prevedere, eventualmente, una  pura  e
 semplice  adesione  ad  un  giudizio  medico  che  lo  riguardi,  con
 violazione degli artt. 2  e  38  della  Costituzione,  in  quanto  la
 rinuncia  alla provvidenza concerne il diritto all'assistenza, che e'
 un diritto inviolabile e, quindi, indisponibile; e dell'art. 3  della
 Costituzione   per  lesione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di
 uguaglianza. Infatti la rinuncia effettuata da un soggetto  invalido,
 posto  di  fronte all'alternativa tra la rinuncia stessa o il rischio
 della condanna alla restituzione di quanto gia'  percepito,  e  sotto
 l'influenza  della  campagna  di  propaganda  contro i fruitori delle
 provvidenze in questione, potrebbe essere ingiustificata, mentre  chi
 abbia dolosamente beneficiato dell'assistenza, attraverso la rinuncia
 godrebbe  di un'esimente, trattenendo l'indebito (questione sollevata
 con l'ordinanza n. 887 del 1995).
   2. - I due giudizi possono essere riuniti  e  decisi  con  un'unica
 sentenza per evidenti ragioni di connessione.
   3.  -  Preliminarmente  deve  essere  puntualizzato,  ai fini della
 verifica dell'ambito della rilevanza delle questioni proposte, che in
 ambedue i procedimenti, nei quali sono state pronunciate le ordinanze
 di rimessione, si controverteva sulla indennita' di accompagnamento e
 i titolari della  indennita'  stessa  avevano  espresso,  secondo  le
 formalita'  previste, rinuncia a goderne dalla data dell'accertamento
 della insussistenza dei requisiti.
   Di  conseguenza,  l'ammissibilita'  delle  questioni  deve   essere
 circoscritta   alla  suddetta  ipotesi  di  intervenuta  rinuncia  al
 godimento (con effetti dalla data dell'accertamento)  dell'indennita'
 di accompagnamento, mentre resta fuori l'alternativa (ipotetica e per
 nulla  riferibile  alle  fattispecie  in cui sono sorte le questioni)
 della  ripetizione  di  tutti  i  ratei  versati   nell'ultimo   anno
 precedente  la  data  dell'anzidetto  accertamento, che presuppone la
 mancata rinuncia a godere del beneficio.
   4. - Sulla "rinuncia a godere" i benefici,  deve  essere  anzitutto
 osservato  che  non  si  tratta di rinuncia al diritto al trattamento
 assistenziale (indennita' di  accompagnamento  nelle  fattispecie  in
 esame),  ma  semplicemente alla contestazione in sede giurisdizionale
 dell'accertamento, con la conseguenza che dalla data di esso sono  da
 ritenersi in modo definitivo non sussistenti i requisiti previsti per
 il beneficio.
   Tale   adesione  alle  risultanze  dell'accertamento  non  preclude
 ovviamente nel futuro (proprio perche' non si  puo'  configurare  una
 rinuncia  per l'avvenire a chiedere, ottenere e godere di provvidenze
 assistenziali)  di  presentare  nuova  domanda  (riferita  a  periodi
 successivi),  sulla  base  della  nuova situazione, qualora vengano a
 sussistere (o a ripristinarsi) tutti i requisiti  prescritti  per  le
 provvidenze stesse.
   Lo scopo della norma e' duplice, cioe' da un canto, nell'ambito del
 disegno   complessivo   di  semplificazione  ed  accelerazione  delle
 procedure, quello di cercare di ridurre il contenzioso prevedibile in
 conseguenza di verifiche e  di  riesame  programmato  con  precedenza
 nelle  zone  a  piu'  alta  densita'  (gia' nel complesso anomala) di
 beneficiari  di  pensioni,  assegni  ed  indennita'  in  materia   di
 invalidita' civile, cecita' civile e sordomutismo; dall'altro, quello
 di  dare  un  beneficio premiale, cioe' di escludere completamente la
 ripetibilita' per coloro  che  rinunciano  al  godimento  dalla  data
 dell'accertamento,  realizzando  un  incentivo  per  la  composizione
 consensuale di tutte le situazioni a rischio di revisione e di revoca
 per mancanza dei presupposti.
   5. - Del resto, non  puo'  non  tenersi  conto  della  specificita'
 dell'indennita'  di accompagnamento, che costituisce "una particolare
 provvidenza in favore di soggetti non  autosufficienti,  al  fine  di
 porli  in  grado  di far fronte alle esigenze di accompagnamento e di
 assistenza   che   quella   condizione   necessariamente    comporta,
 consentendo  loro condizioni esistenziali compatibili con la dignita'
 della persona umana" (sentenze n. 193 del 1994, n. 88 del 1993  e  n.
 346 del 1989).
   Tale particolare natura della indennita' di cui si tratta, la quale
 si  concretizza  in  un  rimborso  forfettario  di  spesa  e di oneri
 particolari  derivanti  dallo  stato  elevato  di  invalidita'  o  di
 menomazione,  da'  ragione, in caso di difetto dei presupposti per la
 erogazione della stessa, del trattamento  differenziato  rispetto  al
 sistema  della  ripetibilita'  delle  pensioni  INPS.  Infatti, nella
 fattispecie  di  indennita'  di  accompagnamento,  la  mancanza   dei
 requisiti  prescritti  coincide  con  il venir meno della esigenza di
 spesa (o dei maggiori oneri). Pertanto, cessano anche le esigenze  di
 rimborso:  in tal caso la corresponsione dell'indennita' assumerebbe,
 quindi, il carattere di mera locupletazione senza giustificazione.
   Ne' puo' essere invocato il principio di irripetibilita' - che  non
 e' generale, ma introdotto, con alterne vicende variate nel tempo nel
 settore  INPS  -  in parte derogatorio rispetto ai principi regolanti
 l'indebito nel codice civile, in relazione a particolari esigenze  in
 quel  differente  settore  pensionistico, e collegato in molti casi a
 comportamenti e ritardi addebitabili allo stesso ente.
   6.  -  Sulla  base  delle  predette   considerazioni   risulta   la
 infondatezza   di  tutte  le  questioni  proposte.  E'  anzitutto  da
 escludere la violazione dell'art. 38, primo e  secondo  comma,  della
 Costituzione:  trattandosi  di indennita' di accompagnamento, dei cui
 requisiti  l'interessato  ha  riconosciuto  la  mancanza,  e'   fuori
 questione  il  diritto  al mantenimento e all'assistenza sociale, ne'
 vengono  compromesse  le  esigenze  di  vita,  non   sussistendo   la
 necessita'  di  quelle  spese  che,  sole,  giustificano il beneficio
 assistenziale della indennita' di accompagnamento.
   Ne' e' configurabile alcuna lesione del principio di eguaglianza di
 cui all'art. 3  della  Costituzione  in  relazione  alla  evidenziata
 diversita'  di  prestazioni e di presupposti, anche in considerazione
 della rinuncia dell'interessato.
   Parimenti, e' da escludere una menomazione  al  diritto  di  difesa
 garantito  dall'art. 24 della Costituzione, in quanto l'invalido, che
 subisce un accertamento  negativo  in  ordine  alla  sussistenza  dei
 requisiti prescritti, conserva ogni diritto di tutela giurisdizionale
 contro  l'accertamento,  essendo  l'adesione una eventualita' rimessa
 alla sua volonta'.
   Ne' e' ravvisabile alcuna violazione dei principi  derivanti  dall'
 art.  2  della  Costituzione,  in  quanto  da  un  canto,  come  gia'
 sottolineato, la rinuncia al godimento non preclude  la  possibilita'
 di  chiedere  e  di  fruire  nel  futuro  della  specifica  forma  di
 assistenza, quando  vengano  a  sussistere  o  siano  ripristinati  i
 requisiti  prescritti  dalla  legge;  dall'altro,  la  garanzia della
 inviolabilita' del diritto non equivale alla intangibilita'  di  esso
 in  presenza  di  modificazioni delle situazioni che ne costituiscono
 presupposto, ne' esclude la  possibilita'  che  l'interessato  presti
 adesione  ad un accertamento di insussistenza dei requisiti di legge,
 compiuto   con   tutte   le    garanzie    procedimentali    previste
 dall'ordinamento e suscettibile di sindacato giurisdizionale.