ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 294,  comma  6,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18
 ottobre 1995 dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Roma  nel  procedimento  penale  a  carico di Pannella
 Giacinto detto Marco ed  altri,  iscritta  al  n.  862  del  registro
 ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  costituzione di Pannella Giacinto detto Marco ed
 altri, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella udienza pubblica del 1 ottobre 1996 il giudice relatore
 Renato Granata;
   Uditi  gli  avvocati  Beniamino Caravita di Toritto e Alfredo Gaito
 per Pannella Giacinto detto Marco e l'avvocato dello Stato  Paolo  di
 Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -   Nel corso del procedimento penale contro Pannella Giacinto,
 detto Marco, ed altri, tratti in arresto nella flagranza del reato di
 cessione a terzi di sostanze stupefacenti, il giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale  di  Roma,  in  sede  di  udienza  di
 convalida  degli  arresti,  ha sollevato con ordinanza del 18 ottobre
 1995 (a seguito di eccezione della parte)  questione  incidentale  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  294,  comma 6, del codice di
 procedura penale (come novellato dalla legge 8 agosto 1995, n.332)  -
 disposizione  questa che prescrive che l'interrogatorio della persona
 in stato di custodia cautelare da parte del  pubblico  ministero  non
 puo'  precedere l'interrogatorio del giudice - nella parte in cui non
 trova  applicazione  anche  all'interrogatorio  dell'arrestato,   per
 sospetta  violazione  degli  artt.  3  e  24  della  Costituzione; in
 particolare si censura l'omessa previsione della parola  arrestata  o
 dopo le parole l'interrogatorio della persona.
   Nel  caso  di specie l'arrestato era stato interrogato (ex art. 388
 del  codice  di  procedura  penale)  dal  pubblico  ministero   prima
 dell'udienza  di convalida dell'arresto, nonche' liberato ex art. 121
 disp. att.  del codice di procedura penale.
   Osserva in particolare  il  giudice  per  le  indagini  preliminari
 rimettente  che  l'interrogatorio  del  pubblico  ministero  indicato
 nell'art. 294, comma 6, del codice  di  procedura  penale  ha  natura
 investigativa  cosi'  come quello previsto dall'art. 388 dello stesso
 codice, che, non avendo il requisito dell'obbligatorieta',  non  puo'
 essere   funzionale   soltanto   a   valutazioni  sulla  legittimita'
 dell'operato della polizia giudiziaria e sull'esercizio del potere di
 liberazione di cui all'art.  121 disp. att. del codice  di  procedura
 penale;  in  tal  modo  pero'  -  prosegue il giudice rimettente - il
 sistema  nel  suo  complesso   appare   contraddittorio   in   quanto
 l'arrestato  in flagranza di reato, che viene limitato nella liberta'
 personale  con  atto  di   polizia,   puo'   essere   sottoposto   ad
 interrogatorio  investigativo del pubblico ministero prima ancora che
 il  giudice  per  le  indagini  preliminari  abbia   proceduto   alla
 valutazione   sulla   legittimita'   dell'avvenuto   arresto;  mentre
 l'indagato sottoposto a misura cautelare personale con  provvedimento
 giurisdizionale  emesso  dopo  che  sono  stati valutati non solo gli
 elementi portati dal pubblico ministero, ma anche tutti gli  elementi
 a   favore  dell'imputato  e  le  eventuali  memorie  difensive  gia'
 depositate, usufruisce del trattamento di garanzia previsto dal comma
 6 dell'art.  294 del codice di procedura penale. Sicche',  quindi,  a
 situazioni  uguali  identificabili  genericamente  nella  limitazione
 della liberta' personale, si applica una diversa regolamentazione  ed
 anzi  soggetti  sottoposti a limitazione della liberta' personale per
 atto non  giurisdizionale,  vengono  irragionevolmente  trattati  con
 minori  garanzie  processuali rispetto a soggetti sottoposti a misura
 cautelare personale adottata con provvedimento giurisdizionale.
   2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato
 concludendo per la  non  fondatezza  della  questione  sollevata,  in
 ragione della diversa funzione che, rispetto all'indagato in stato di
 custodia  cautelare,  assumono  l'interrogatorio da parte del giudice
 delle indagini preliminari e l'interrogatorio da parte  del  pubblico
 ministero.  Il  primo mira precipuamente a controllare la sussistenza
 delle  condizioni  e  dei  presupposti  dello  status  custodiae;  il
 secondo,  invece,  condotto  dal  medesimo  organo  che  gestisce  le
 indagini e che ha richiesto l'applicazione della misura,  assume  una
 finalita'  essenzialmente investigativa, tendendo fondamentalmente ad
 acquisire dall'indagato elementi utili  al  fine  della  prosecuzione
 delle indagini.
   3.  -  La  difesa delle parti private costituite ha concluso per la
 incostituzionalita' della disposizione censurata, aderendo, anche con
 memoria presentata nell'imminenza dell'udienza,  alle  argomentazioni
 dell'ordinanza di rimessione.
                        Considerato in diritto
   1.  -  E'  stata  sollevata  questione  incidentale di legittimita'
 costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione
 -  dell'art.    294,  comma  6,  del codice di procedura penale (come
 novellato dall'art.  11 dellalegge 8 agosto 1995 n.332), nella  parte
 in cui non prescrive che anche l'interrogatorio ad opera del pubblico
 ministero  della persona arrestata nella flagranza del reato, al pari
 del (gia' previsto) interrogatorio della persona in stato di custodia
 cautelare, non possa precedere l'interrogatorio del  giudice  per  le
 indagini  preliminari;  e',  in particolare, sospettata la violazione
 del principio di eguaglianza e di  ragionevolezza  sotto  il  profilo
 che,   in   fattispecie   similari  (dell'arresto  e  della  custodia
 cautelare) in cui l'indagato  o  l'imputato  versa  comunque  in  una
 situazione  di  limitazione  della liberta' personale, vi sarebbe una
 disciplina  ingiustificatamente  differenziata   perche'   verrebbero
 trattati   con  minori  garanzie  processuali  (quale  e'  la  regola
 introdotta  dalla  disposizione  censurata)  i  soggetti  tratti   in
 arresto,  che  a  tale  limitazione  sono  sottoposti  con  atto  non
 giurisdizionale, rispetto ai soggetti sottoposti a  misura  cautelare
 personale adottata con provvedimento giurisdizionale.
   2. - Il comma 6 dell'art. 294 del codice di procedura penale, nella
 sua    originaria    formulazione,   consentiva   espressamente   che
 l'interrogatorio della persona in  stato  di  custodia  cautelare  da
 parte  del  pubblico  ministero  (ex art. 388 del codice di procedura
 penale) potesse anche precedere l'interrogatorio al quale il  giudice
 per  le indagini preliminari doveva procedere non oltre cinque giorni
 dall'inizio dell'esecuzione della custodia al fine di  verificare  la
 permanenza,  o  meno,  delle  condizioni  di  applicabilita'  e delle
 esigenze cautelari poste a fondamento della misura stessa, sempre che
 cio'  non  determinasse  ritardo  nel  compimento  di  questo  ultimo
 interrogatorio.
   Tale  formulazione  e' stata rovesciata dalla recente novella (art.
 11 della legge 8 agosto 1995, n.332) che,  viceversa,  ha  prescritto
 che  l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da
 parte del pubblico ministero non possa precedere l'interrogatorio del
 giudice.
   Non e' stato pero' introdotto analogo divieto - e di cio' si  duole
 il   giudice   a   quo   -   nella   disciplina   dell'interrogatorio
 dell'arrestato (e - puo' aggiungersi - del fermato, la cui  posizione
 peraltro non viene in gioco nel presente giudizio) in sede di udienza
 di  convalida  da parte del giudice per le indagini preliminari (art.
 391  del  codice  di   procedura   penale);   sicche'   ancora   oggi
 l'interrogatorio  dell'arrestato  da  parte del pubblico ministero ex
 art. 388 del codice di procedura penale puo' legittimamente precedere
 quello del giudice per le indagini preliminari.
   Tale simmetrico divieto il giudice rimettente tende  ad  introdurre
 invocando  una  pronuncia  additiva  sulla  disposizione censurata in
 ragione dell'allegata disparita' di trattamento, che  ridonderebbe  -
 nella   sua   prospettazione  -  anche  in  violazione  della  tutela
 giurisdizionale, sicche' possono essere esaminate  congiuntamente  le
 denunciate violazioni dei due parametri evocati.
   3.  - In primo luogo, e' opportuno precisare che non impropriamente
 il giudice a quo sottopone allo scrutinio della Corte la disposizione
 dettata dall'art. 294, comma 6, perche' e' questa che  ha  introdotto
 il  divieto  in  questione con un ambito di operativita' che - sempre
 nella   prospettazione   del    giudice    rimettente    -    sarebbe
 illegittimamente     limitato     all'ipotesi     dell'interrogatorio
 dell'indagato  dopo  l'applicazione  della  custodia   cautelare   in
 carcere.
   Sussiste  poi  la  rilevanza  della  questione perche' nella specie
 risulta (dall'ordinanza  di  rimessione)  che  l'arrestato  e'  stato
 interrogato  dal pubblico ministero prima dell'udienza di convalida e
 cio' - ove la questione fosse accolta - costituirebbe  violazione  di
 legge,  di  cui  il  giudice  per  le indagini preliminari - come non
 implausibilmente egli stesso ritiene - non potrebbe non farsi  carico
 (quali  possano  essere  le  conseguenze  ipotizzabili  di  una  tale
 violazione) per essere a lui demandato il controllo  di  legittimita'
 sulla  sequenza  procedimentale  successiva fino alla decisione sulla
 convalida.
   4. - Nel merito, la questione e' infondata.
   4.1. - La comparazione posta dal giudice rimettente implica  -  per
 come  e' strutturata la disposizione censurata - un duplice raffronto
 al  fine  di  verificare  se  sia  stato,  o  non,  rispettato  nella
 fattispecie  il principio di eguaglianza. Devono infatti considerarsi
 sia l'atto precluso dalla  disposizione  censurata,  sia  l'atto  del
 quale  e' sancita la necessaria precedenza, per poi comparare l'uno e
 l'altro con quelli tra i quali non e'  prescritta  (illegittimamente,
 secondo il giudice rimettente) la medesima scansione temporale.
   Orbene,  questo  duplice  raffronto pero' conduce a ritenere la non
 assimilabilita', da una parte, dell'interrogatorio del giudice per le
 indagini preliminari in sede  di  verifica  della  persistenza  delle
 condizioni    e   delle   esigenze   della   misura   cautelare   con
 l'interrogatorio del medesimo giudice per le indagini preliminari  in
 sede  di  giudizio  sulla  richiesta  di  convalida  dell'arresto non
 accompagnata da richiesta  di  misura  cautelare  e,  d'altra  parte,
 dell'ordinario  interrogatorio  del  pubblico ministero (art. 364 del
 codice di procedura penale) con quello - ad opera del medesimo organo
 dell'accusa -  dell'arrestato  (art.  388  del  codice  di  procedura
 penale),  onde  deve  ritenersi  insussistente  tra le due situazioni
 comparate, al di la' della loro innegabile contiguita', una identita'
 sostanziale tale  da  imporre,  per  il  rispetto  del  principio  di
 eguaglianza, la medesima disciplina.
   4.2.   -   Da   una   parte  si  ha  infatti  che  l'interrogatorio
 (dell'arrestato) al quale puo' procedere ex art. 388  del  codice  di
 procedura  penale  il  pubblico  ministero - anche in vista delle sue
 determinazioni  in  ordine  alle  richieste  da  promuovere  e   alle
 iniziative  investigative  da  adottare  -  ha  una  sua peculiarita'
 rispetto a quello ordinario (dell'indagato) ex art. 364 del codice di
 procedura penale, al quale si riconduce l'interrogatorio ex art.  294
 del  soggetto  sottoposto  a  misura  cautelare  sempre  da parte del
 pubblico  ministero,  perche'  persegue  una  finalita'  (oltre   che
 investigativa)  anche  di garanzia, atteso che il pubblico ministero,
 se verifica che l'arresto e' stato eseguito per errore di  persona  o
 fuori  dai casi previsti dalla legge, dispone l'immediata liberazione
 dell'arrestato (art. 389 del codice  di  procedura  penale).  Analoga
 finalita' di garanzia e' sottesa al provvedimento, che parimenti puo'
 adottare il pubblico ministero, di liberazione dell'arrestato ex art.
 121  disp.  att.  del  codice di procedura penale nell'ipotesi in cui
 egli ritenga  di  non  dover  chiedere  l'applicazione  delle  misure
 coercitive.  Questa  concorrente finalita' di garanzia connota l'atto
 di interrogatorio dell'arrestato da parte del pubblico ministero  si'
 da  differenziarlo  rispetto alla figura generale dell'interrogatorio
 dell'indagato da parte ancora del pubblico  ministero,  al  quale  fa
 riferimento  la  disposizione censurata, tant'e' che e' espressamente
 previsto   dalla  direttiva  n.  34  della  legge  delega,  la  quale
 risulterebbe viceversa inattuata in parte qua ove la questione  fosse
 accolta nei termini richiesti dal giudice rimettente.
   4.3.   -   D'altra   parte   deve  parimenti  rilevarsi  che  anche
 l'interrogatorio dell'indagato in  stato  di  custodia  cautelare  ad
 opera  del  giudice  per  le  indagini preliminari,   ex art. 294 del
 codice di procedura penale, non e' pienamente equiparabile  a  quello
 dell'arrestato   al   quale   procede  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari medesimo in sede di udienza  di  convalida  ex  art.  391
 dello   stesso   codice  quando  il  pubblico  ministero  non  chieda
 l'adozione di misure cautelari.  Infatti, mentre il primo persegue lo
 scopo - come enuncia espressamente il terzo comma dell'art.  294  del
 codice  di procedura penale - di valutare se permangono le condizioni
 di applicabilita' e le esigenze  cautelari  previste  dai  precedenti
 artt.  273,  274  e 275, invece l'interrogatorio dell'arrestato, come
 tale, persegue la diversa finalita' di verificare  se  sussistano,  o
 meno,  le  (del  tutto diverse) condizioni che legittimano l'arresto.
 Come questa Corte (ord. n.267 del 1996) ha gia'  affermato,  infatti,
 la  convalida  dell'arresto,  pur  implicando  una  valutazione sulla
 riferibilita' del reato all'indagato, non comporta la formulazione di
 un giudizio di merito, neppure prognostico, sulla  sua  colpevolezza,
 essendo  volta  a  verificare  la  legittimita'  o meno dell'arresto;
 sicche'  tale  ipotesi  non  e'  assimilabile  -  come  nella  citata
 decisione e' stato ritenuto, seppure al diverso fine del rispetto del
 principio  dell'imparzialita'  del  giudice  -  a quella della misura
 restrittiva della liberta' personale  adottata  dal  giudice  per  le
 indagini preliminari.
   4.4.  -  La segnalata diversita' e' poi accentuata dalla previsione
 per il  solo  interrogatorio  di  cui  all'art.  294  del  codice  di
 procedura penale di un meccanismo acceleratorio (introdotto dal comma
 1-ter  dello  stesso  articolo)  alla  stregua  del quale il pubblico
 ministero puo' chiedere che l'interrogatorio della persona sottoposta
 a misura cautelare avvenga entro il termine di 48 ore; il che vale in
 qualche misura a bilanciare la contestuale introduzione del  divieto,
 sancito  dalla disposizione censurata, a procedere all'interrogatorio
 prima  del  giudice  per  le  indagini  preliminari.  Nessun  analogo
 strumento  acceleratorio - la cui eventuale introduzione non potrebbe
 che essere riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  -  e'
 invece   previsto  con  riguardo  all'interrogatorio  dell'arrestato,
 sicche',  ove   analogo   divieto   fosse   esteso   anche   a   tale
 interrogatorio,  come  richiesto dal giudice rimettente, risulterebbe
 del tutto frustrata l'esigenza del pubblico ministero di procedere in
 tempi brevi al compimento di tale atto, laddove nel caso  di  arresto
 in  flagranza  le  esigenze  investigative  del  pubblico  ministero,
 normalmente,  si  presentano  connotate  proprio  da  particolare   e
 pressante urgenza e da necessita' di assoluta immediatezza.
   Ne'  a  sostegno  del  giudizio  di  equivalenza potrebbe utilmente
 richiamarsi  la  potesta'  attribuita  agli  ufficiali   di   polizia
 giudiziaria dall'art.  350, comma 5, del codice di procedura penale -
 pure  richiamato dal giudice rimettente - di "assumere dalla persona"
 indagata  "notizie  e  indicazioni  utili  ai  fini  della  immediata
 prosecuzione  delle  indagini"  in  quanto  tale facolta' puo' essere
 esercitata soltanto "sul luogo o nella  immediatezza  del  fatto",  e
 comunque non dal pubblico ministero.
   4.5.  -  Rimane  -  come  hanno rilevato il giudice rimettente e la
 difesa privata - l'esonero (previsto dal comma 1  dell'art.  294  del
 codice  di  procedura penale) del giudice per le indagini preliminari
 dall'obbligo di procedere all'interrogatorio della persona sottoposta
 a  misura  cautelare  ove  vi  abbia  gia'   provveduto   nel   corso
 dell'udienza  di  convalida dell'arresto; ma tale prescrizione - alla
 quale e'  essenzialmente  sottesa  un'esigenza  di  speditezza  e  di
 economia  processuale - non e' di per se' idonea a sminuire i plurimi
 elementi di differenziazione sopra esposti.
   5. - Ne' la assimilabilita',  carente,  come  si  e'  visto,  sotto
 molteplici  profili,  tra le due menzionate coppie di interrogatorio,
 puo' essere predicata,  per  altro  verso,  sotto  l'aspetto  di  una
 pretesa  identita'  sostanziale  in  ragione  del dato fattuale della
 privazione dello status libertatis, atteso che questo elemento  della
 fattispecie  si  presenta,  al  di  la'  del  suggestivo accostamento
 operato dal giudice rimettente, anch'esso in realta' diverso nell'una
 e nell'altra evenienza.
   5.1. - Infatti tale privazione nella  ipotesi  dell'arresto  e'  in
 ogni  caso  limitata  al  breve  periodo  di  tempo  (96 ore) sancito
 dall'art.  13, terzo comma, della Costituzione ed - in conformita' ad
 esso - dalla disciplina dei termini per  la  convalida  dell'arresto;
 invece  la  (soltanto  analoga) privazione per la persona in stato di
 custodia cautelare puo' avere un'estensione temporale ben piu' ampia,
 ancorche' nei limiti di durata massima di tale misura. Quindi diversa
 e'  la  situazione  dell'indagato  in  stato  di  arresto,   la   cui
 prospettiva  di  riacquistare  la  liberta'  e'  - a differenza della
 persona in custodia cautelare - certa nell'an e nel quando.
   5.2. - Ancora sotto il profilo sostanziale, puo' poi  ulteriormente
 considerarsi che nel caso di arresto la eventuale ammissione da parte
 dell'indagato  dei  fatti contestatigli e' priva di diretta incidenza
 sullo status libertatis, il quale - durante il  limitato  periodo  di
 vigenza della misura - dipende invece dalla legittimita' dell'arresto
 stesso  ed  e'  destinato ad essere comunque recuperato all'esito del
 giudizio di convalida ove  non  vengano  disposte  misure  coercitive
 (art. 391, comma 6, del codice di procedura penale). D'altra parte la
 rilevanza  dell'ammissione  di responsabilita', come evenienza idonea
 ad evitare  che  il  pubblico  ministero  chieda  l'adozione  di  una
 siffatta  misura,  non e' diversa da quella ipotizzabile nei riguardi
 dell'indagato libero che - interrogato dal pubblico ministero -  puo'
 temere  l'iniziativa  cautelare di quest'ultimo. Vero e' che nel caso
 dell'arresto si ha (ex art. 121 disp. att. del  codice  di  procedura
 penale)  la  liberazione  dell'arrestato ove il pubblico ministero si
 astenga dal richiedere l'applicazione della  custodia  cautelare;  ma
 cio'   rappresenta   solo   una   possibile   conseguenza   indiretta
 dell'ammissione di responsabilita'.   Nel caso, invece,  di  custodia
 cautelare  in atto, l'ammissione dei fatti contestati e' direttamente
 idonea  ad  incidere  sul  presupposto  di  fatto  che  legittima  la
 privazione  dello  status libertatis, perche' potrebbe far venir meno
 l'esigenza probatoria che in ipotesi sia stata posta a fondamento del
 provvedimento restrittivo della liberta'.
   6.  -  Mette  conto  infine  rilevare   -   a   complemento   delle
 argomentazioni finora svolte - che il legislatore del 1995, mentre si
 e'  mosso nella direzione di limitare i poteri del pubblico ministero
 con riferimento alla situazione della  persona  sottoposta  a  misura
 cautelare  personale  introducendo il divieto in esame, ha viceversa,
 con riferimento alla posizione dell'arrestato, ampliato altri  poteri
 accentuando  la  funzione  di  garanzia svolta dal pubblico ministero
 prima dell'udienza di convalida dell'arresto; ha infatti assegnato al
 pubblico ministero anche il potere di disporre  che  l'arrestato  sia
 custodito  in  uno  dei luoghi indicati nel comma 1 dell'art. 284 del
 codice di  procedura  penale  (art.  386,  comma  5,  del  codice  di
 procedura  penale,  come  emendato  dall'art. 20 della legge 8 agosto
 1995, n.332,  cit.);  indirettamente  cosi'  palesando  che  l'omessa
 estensione    del   divieto   in   esame   anche   all'interrogatorio
 dell'arrestato non e' da imputarsi al fatto che la novella non  abbia
 preso in considerazione la posizione di quest'ultimo e le esigenze di
 garanzia  connesse  alla privazione del suo stato di liberta', bensi'
 e'  dipesa  da  una  consapevole  scelta  dal  legislatore   compiuta
 nell'esercizio non irragionevole della sua discrezionalita'.