IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente sentenza sul ricorso n. 15146/94 r.g.
 proposto da Aschero  Donatella,  Orsini  Marina,  Maistrello  Marina,
 Carta  Luisa,    Rubini  Maria  Teresa, Dello Preite Annaleila, Bossi
 Roberta, Zuccolini Maria Margherita, Drago  Enrica,  Aicardi  Marina,
 Scarzella  Alessandra,  Latella  Angela,  Galli  Alessandra,  Vignale
 Lucia,  Meloni  Maria  Gavina,  Casanova  Cinzia,   Oronzo   Silvana,
 rappresentate  e  difese dagli avvocati Giovanni Crisostomo Sciacca e
 Maria Grazia Lanero ed elettivamente domiciliate in Roma,  presso  il
 primo,  alla  via  G.B.  Vico  n.  29 contro il Ministero di grazia e
 giustizia, in  persona  del  Ministro  pro-tempore,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato presso i cui uffici e'
 domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'accertamento del
 diritto ad ottenere la corresponsione della  speciale  indennita'  di
 cui  all'art.  3  della  legge  n.  27/1981  per i periodi di assenza
 obbligatoria previsti dagli artt. 4 e 5 della legge n.  1204  del  30
 dicembre  1971,  anche  nel  caso  di  adozione di un bambino di eta'
 inferiore ad anni sei;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimato Ministero;
    Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito alla pubblica udienza del 13 marzo 1996, relatore  il  cons.
 Guido  Romano,  l'avv.  Sciacca  per  la  parte  ricorrente;  nessuno
 comparso per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso notificato il 25 ottobre 1994 e depositato il giorno  4
 novembre  successivo,  le  ricorrenti,  tutte  magistrati ordinari in
 servizio presso vari uffici giudiziari  del  distretto  di  Corte  di
 appello di Genova affermano che per i periodi di assenza obbligatoria
 per  maternita', goduti a far tempo dalle singole date di ingresso in
 carriera, non e' stata loro corrisposta l'indennita' speciale di  cui
 all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
   Le ricorrenti Aschero, Carta, Oronzo, Rubuni, Scarzella e Zuccolini
 affermano  che  non  hanno  goduto  della predetta indennita' neppure
 nell'ulteriore periodo di astensione obbligatoria previsto  dall'art.
 5 della legge n. 27/1981.
   Inoltre, le ricorrenti Aicardi, Casanova e Meloni affermano di aver
 usufruito   di   analoghe  astensioni  dall'impiego  in  correlazione
 all'adozione di bambini minori di anni sei.
   Precisano che alle specifiche richieste  presentate  da  alcune  di
 esse  il  Ministero ha risposto che l'art. 3  della legge n. 27/1981,
 nell'istituire  una  speciale  indennita'  a  favore  dei  magistrati
 ordinari, ne ha espressamente escluso la corresponsione per i periodi
 di  assenza  obbligatoria  e  facoltativa  previsti dagli artt. 4 e 7
 della  legge n. 1204/1971.
   Contestano la legittimita' di tale avviso  e  la  costituzionalita'
 della  norma  che tale avviso ha consentito di esprimere, deducendo i
 seguenti motivi di diritto:
   1. - Violazione degli artt. 3 e 37 della Costituzione.
   Sostengono le ricorrenti  che  la  norma  censurata  violerebbe  il
 principio   di   parita'  uomo-donna,  visto  alla  luce  del  valore
 costituzionale collegato alla maternita', in quanto  escluderebbe  il
 magistrato-donna   dalla   percezione  dell'indennita'  in  questione
 "...sol perche' la sua struttura biologica e  la  norma  positiva  le
 impongono,  con  la  procreazione  della prole, un fermo di carattere
 fisico e la indennita' materna ed il generale  interesse  sociale  le
 impongono, altrettanto, l'allevamento della prole neonata, il che non
 accade al magistrato di sesso maschile, che con la procreazione della
 prole  e  con  la  propria  identita' paterna non subisce alcun fermo
 biologico e non ha compiti - nei confronti del neonato -  addirittura
 protetti da norme di rango costituzionale...".
   In  tal modo, proseguono le ricorrenti, il legislatore ordinario ha
 violato il principio di uguaglianza ed il principio protettivo  della
 maternita',  perche',  "...ha  omesso  di  valutare,  da  un lato, la
 particolare struttura biologica della donna, penalizzandola  cosi'  a
 ragione  dal proprio sesso e, dall'altro, non ha considerato che tale
 diversita' biologica e', in relazione alla maternita' - che nel  caso
 in esame non e' solo condizione di donna che ha partorito ma funzione
 di  carattere  relazionale  ed  affettivo  in  funzione del neonato -
 valore costituzionalmente garantito...".
   2. - Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Sostengono le ricorrenti che - tenuto  conto  che  l'indennita'  in
 questione,  in  un primo tempo riservata ai soli magistrati, e' stata
 estesa al personale di segreteria e cancelleria, mantenendo  immutate
 natura  e modalita' di corresponsione e tenuto conto che il contratto
 di   lavoro   del   comparto   Ministeri   ha   consentito,   secondo
 l'interpretazione   concordata   dal   Ministero  resistente  con  il
 Ministero del tesoro, IGOP, consente l'erogazione di detta indennita'
 anche nell'ipotesi di cui agli artt. 4 e 5 della legge n. 1204/1971 -
 sussisterebbe "...un'inammissibile disparita' di  trattamento  ed  un
 trattamento  iniquo  in  danno  e  nei  confronti  del  personale  di
 magistratura che urta con i principi garantiti dagli  artt.  3  e  97
 della Costituzione...".
   Sostengono,  altresi',  che,  alla  luce di quanto prevede l'art. 6
 della legge n.  903  del  9  dicembre  1977  -  che  ha  esteso  alle
 lavoratrici  che  abbiano  adottato  bambini o li abbiano ottenuti in
 affidamento preadottivo alcuni istituti in precedenza riservati  alla
 sola  madre  naturale,  tra  i quali l'astensione obbligatoria di cui
 all'art. 4  della  legge  n.  1204/1971  durante  i  primi  tre  mesi
 dall'effettivo  ingresso  del bambino in famiglia e purche' non abbia
 eta' superiore a sei anni - le stesse censure di  incostituzionalita'
 debbano  valere  anche  in  relazione  a tale fattispecie, vissuta da
 alcune delle ricorrenti.
   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha    prodotto    memoria
 nell'interesse    del    Ministero    intimato   argomentando   circa
 l'infondatezza delle proposte questioni,  alla  luce  della  sentenza
 della Corte costituzionale n.  238 del 3-8 maggio 1990.
   All'udienza del ricorso e' stato introitato per la decisione.
                             D i r i t t o