IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Ha emesso la seguente ordinanza  esaminati  gli  atti  della  causa
 civile  iscritta  al  r.g.  n.  2537/1994  e  vertente tra la Fe.fra.
 S.r.l.,   in   persona   del   legale   rappresentante   pro-tempore,
 rappresentata e difesa dagli avv.ti Marzio Dallari e Giuseppe Orlando
 (parte  attrice),  e  il  comune  di Budrio (Bologna), in persona del
 sindaco  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Giancarlo
 Mengoli (parte convenuta), in  riserva  nell'udienza  del  26  giugno
 1996.
                           Rilevato in fatto
   Con  atto  di  citazione ritualmente notificato in data 11 febbraio
 1994, la societa' Fe.fra. conveniva in giudizio il comune di  Budrio,
 esponendo che:
     il convenuto, in esecuzione del decreto di espropriazione n.  300
 deliberato  in  data 14 settembre 1993 dal commissario straordinario,
 prendeva possesso di un lotto di terreno  edificabile  di  proprieta'
 della  societa'  attrice realizzandovi un parco pubblico con relativo
 parcheggio;
     il provvedimento di  esproprio  veniva  emanato  in  forza  della
 dichiarazione  di  pubblica  utilita' n. 194, deliberata da Consiglio
 comunale in data 22 luglio 1987  e  successivamente  impugnata  dalla
 societa' Fe.fra.  avanti il T.A.R. dell'Emilia-Romagna;
     il menzionato decreto di espropriazione doveva considerarsi nullo
 poiche'  disposto  dal  comune  convenuto  in assenza del presupposto
 essenziale  della  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  dell'opera,
 essendo  quest'ultima  divenuta inefficace a causa del mancato inizio
 delle opere nel triennio successivo all'approvazione del progetto, ai
 sensi dell'art. 1 comma terzo della legge 3 gennaio 1978 n. 1;
     il  comune   di   Budrio,   avendo   nel   frattempo   realizzato
 irreversibilmente le opere pubbliche de quibus nel suddetto immobile,
 ne  acquistava la proprieta', giacche' si erano integrati gli estremi
 della c.d.  accessione invertita a favore della p.a. espropriante,  a
 causa dell'intangibilita' delle opere pubbliche in oggetto.
   Tutto  cio'  premesso,  la  societa' attrice chiedeva al tribunale,
 previa disapplicazione del decreto di espropriazione, la condanna del
 comune di Budrio al risarcimento dei danni patiti per l'irreversibile
 privazione e perdita  del  proprio  lotto  di  terreno,  mediante  la
 corresponsione  di una somma pari al valore di mercato che l'immobile
 aveva al momento dell'assunto  spossessamento  illecito,  oltre  alla
 rivalutazione monetaria e agli interessi.
   La   parte   convenuta,   nel   costituirsi  -  oltre  ad  eccepire
 preliminarmente la carenza di  giurisdizione  del  giudice  ordinario
 adito  -  sosteneva  che  il  ritardo con cui il comune era pervenuto
 all'espropriazione  del  terreno  della  societa'  attrice,  era   da
 imputarsi  al  contenzioso  promosso  dalla  Fe.fra. S.r.l. avanti il
 T.A.R.  dell'Emilia-Romagna  avverso  la  dichiarazione  di  pubblica
 utilita'. Il convenuto precisava altresi' che il termine triennale di
 cui  al  citato art. 1, comma terzo, della legge n. 1/1978, era stato
 legittimamente prorogato con provvedimento commissariale  n.  197  in
 data  20  luglio 1993; con questo medesimo provvedimento il comune di
 Budrio  aveva  inoltre  determinato   l'indennita'   provvisoria   di
 espropriazione,  che  veniva  fissata  -  in osservanza dei parametri
 indicati all'art.  5-bis  della  legge  8  agosto  1992  n.  359,  di
 conversione del d.-l. 11 luglio 1992 n. 333 - in L. 45.384.000. Tanto
 premesso,  la  parte  convenuta  chiedeva  la reiezione della domanda
 dell'attrice.
   In corso di causa  veniva  disposta  ed  espletata  una  consulenza
 tecnica per accertare gli aspetti tecnici della controversia.
   Con  memoria  istruttoria depositata all'udienza del 19 marzo 1996,
 la difesa del comune di Budrio convenuto invocava un  supplemento  di
 consulenza  tecnica, in quanto era entrata in vigore medio tempore la
 legge 28 dicembre 1995 n.  549,  la  quale,  all'art.  1,  comma  65,
 stabilisce  che  i parametri per la determinazione dell'indennita' di
 espropriazione di cui all'art. 5-bis della legge n. 359/1992, debbano
 applicarsi anche "in tutti i  casi  in  cui  non  sono  stati  ancora
 determinati  in  via  definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo
 e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in vigore  della
 legge di conversione del presente decreto".
   Con  successivo  foglio  di deduzioni depositato all'udienza del 26
 giugno 1996, la  difesa  della  societa'  Fe.fra.  attrice  sollevava
 l'eccezione  di  incostituzionalita'  del  suddetto art. 1, comma 65,
 della legge n. 549/1995, poiche' essa norma - sostituendo il comma  6
 dell'art.    5-bis  della  legge n. 359/1992 - aveva esteso pure alla
 liquidazione del risarcimento dei danni la disciplina dettata in tema
 di indennita' di esproprio, nonostante la radicale diversita' dei due
 istituti.   Con cio'  -  a  giudizio  della  societa'  attrice  -  si
 appalesava  la violazione di varie norme costituzionali, identificate
 negli artt. 3, 24, 28, 97 e  113  Cost.,  per  cui,  ove  il  giudice
 istruttore   ritenesse  applicabile  tale  norma  innovativa  per  lo
 scioglimento della riserva  istruttoria,  gli  atti  dovevano  essere
 senz'altro  rimessi  alla  Corte  costituzionale  per  l'esame  della
 relativa questione.
                          Rilevato in diritto
   La questione di incostituzionalita' sollevata  dalla  difesa  della
 Fe.fra. S.r.l. appare rilevante e non manifestamente infondata.
   L'art. 5-bis della legge n. 359/1992, di conversione del precedente
 decreto-legge   n.   333/1992.,   recante   "Misure  urgenti  per  il
 risanamento della finanza pubblica", stabilisce, "fino all'emanazione
 di un'organica disciplina per  tutte  le  espropriazioni  preordinate
 alla  realizzazione  di opere o interventi da parte o per conto dello
 Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli  altri  enti
 pubblici" (comma 1, art. cit.), i criteri da osservarsi ai fini della
 determinazione   dell'indennita'   di   espropriazione  per  pubblica
 utilita', criteri  rimasti  poi  sostanzialmente  definitivi  per  la
 mancata   emanazione   dell'auspicata  disciplina  organica  di  tale
 delicata materia.
   La recente legge n. 549/1995, recante "Misure di  razionalizzazione
 della   finanza  pubblica",  disponendo  all'art.  1,  comma  65,  la
 sostituzione del comma 6 del  suddetto  art.  5-bis,  estende  ora  i
 criteri per la determinazione dell'indennita' di esproprio anche alla
 liquidazione  del risarcimento del danno; cio', peraltro, "in tutti i
 casi" e, quindi, anche nel  caso  della  c.d.  accessione  invertita,
 ossia  nell'ipotesi  in cui l'acquisizione della proprieta', a favore
 della p.a. procedente, del bene oggetto  dell'espropriazione  sia  la
 conseguenza  - benche' in presenza di un'occupazione sine titulo e in
 virtu'  di  un  provvedimento  ablatorio  illegittimo  -   dell'ormai
 irreversibile realizzazione di quelle opere di pubblico interesse che
 avevano  necessitato  ab  origine l'avvio, da parte della p.a., della
 procedura espropriativa.
   La questione e' senz'altro rilevante nel presente giudizio ai  fini
 dello  scioglimento della riserva istruttoria di cui in epigrafe, sia
 nel caso di accoglimento  della  richiesta  -  proposta  dalla  parte
 convenuta  - di supplemento della consulenza tecnica, sia nel caso di
 rigetto   della   medesima.   Nel  primo  caso,  perche'  l'eventuale
 accoglimento   della   richiesta   istruttoria   determinerebbe    la
 formulazione   al   consulente   tecnico  di  ulteriori  quesiti  sul
 presupposto dell'applicazione della nuova normativa di  cui  all'art.
 1,  comma  65,  legge n. 549/1995, che si ritiene costituzional-mente
 illegittima. Nel  secondo  caso,  perche'  il  rigetto  stesso  della
 richiesta  istruttoria  di  cui  alla  memoria difensiva del 19 marzo
 1996,  dovrebbe  motivarsi  sull'assunto  dell'inapplicabilita'  alla
 fattispecie   della   suddetta  normativa,  pur  nell'impossibilita',
 tuttavia, di fondare tale giudizio su alcun riferimento positivo  che
 non  sia  l'auspicabile  provvedimento di censura dell'articolo della
 citata legge da parte del Collegio costituzionale.
   L'art. 1, comma 65, della  legge  n.  549/1995  appare  decisamente
 incostituzionale  principalmente  sotto  il  profilo del principio di
 eguaglianza dei cittadini di fronte  alla  legge  ex  art.  3,  comma
 secondo,  Cost.,  giacche' assoggetta irragionevolmente alla medesima
 disciplina giuridica  due  situazioni  radicalmente  differenti.  Una
 cosa, infatti, e' l'indennita' di esproprio, prevista dagli artt. 42,
 comma terzo, Cost. e 834, comma primo, cod. civ., che e' disciplinata
 da   leggi  speciali  di  evidente  natura  pubblicistica  e  che  e'
 senz'altro dovuta al proprietario allorche' sia  destinatario  di  un
 legittimo  provvedimento  ablativo del proprio dominio da parte della
 p.a.  per  ragioni  di  pubblico  interesse.  Altro,  invece,  e'  il
 risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., che e' altresi' dovuto
 qualora  il  medesimo  proprietario subisca la privazione del proprio
 bene a causa di una condotta illegittima da parte della p.a.  che  si
 concretizza  nell'occupazione  sine titulo del detto bene e nella sua
 definitiva  acquisizione  in  capo  alla  stessa  p.a.,   a   seguito
 dell'irreversibilita'  e  dell'intangibilita'  delle  opere pubbliche
 gia' realizzate.
   La radicale diversita' di questi  due  istituti  giuridici  mal  si
 concilia  con  la  previsione  che  ad  entrambi  possa applicarsi un
 medesimo regime normativo, secondo la voluntas legis - che si  assume
 costituzionalmente  viziata  -  dell'art.  1,  comma 65, della citata
 legge n. 549/1995.    L'irragionevolezza  di  un  siffatto  artificio
 giuridico   e'   ribadito,   oltretutto,   non  solo  dalla  pacifica
 considerazione che l'indennita' di esproprio ha natura di  debito  di
 valuta (giurisprudenza costante della Corte di cassazione), mentre il
 risarcimento  del danno e' un debito di valore, ma anche dal corretto
 insegnamento degli stessi giudici costituzionali: nelle  sentenze  n.
 442 del 2-16 dicembre 1993 e n. 188 del 23 maggio 1995 la Corte aveva
 gia'  avuto  occasione  di affermare chiaramente l'incompatibilita' e
 l'intrinseca   diversita'   dei    suddetti    istituti    giuridici,
 stigmatizzando come costituzionalmente illegittima un'eventuale norma
 che   avesse   parificato   tali   distinte   situazioni   attraverso
 l'applicazione  di  un'identica  disciplina  normativa,   palesemente
 offensiva del principio di eguaglianza.
   La    difesa    della   societa'   attrice   denuncia   giustamente
 l'incostituzionalita' della norma in oggetto anche secondo il profilo
 ex art. 3 comma primo, Cost.; precisamente, si fa  rilevare  come  il
 cittadino  nei cui confronti si sia realizzata l'accessione invertita
 del proprio bene, non ne possa convenire la  cessione  volontaria  ai
 sensi  dell'art.  5-bis,  comma  2,  della  legge n. 359/1992 (con la
 riduzione  del  40%  dell'importo  di  cui  al  comma 1), mentre tale
 facolta' sarebbe consentita soltanto a colui che avesse invece subito
 la regolare procedura espropriativa.
   L'art. 1, comma  65,  della  legge  n.  549/95  appare  inoltre  in
 contrasto  con  gli  artt.  24,  comma  primo,  e  113, commi primo e
 secondo, Cost., dal momento  che  esso  finisce  con  il  violare  il
 diritto   del  cittadino  al  corretto  procedimento  amministrativo.
 Difatti, l'indiscriminata e irragionevole estensione dei criteri  per
 la   determinazione   dell'indennita'   di   esproprio   anche   alla
 liquidazione   del   risarcimento   del   danno   per   l'occupazione
 acquisitiva, penalizza fortemente il cittadino sotto il profilo della
 difesa  contro  gli  atti  illegittimi  della p.a. Tale norma finisce
 sostanzialmente con l'abrogare il requisito  della  dichiarazione  di
 pubblica  utilita'  ex  art. 42, comma terzo, Cost. del bene soggetto
 alla procedura  espropriativa,  con  la  conseguente  inutilita'  dei
 termini previsti dalla legge per l'efficacia di detta dichiarazione e
 per  la  durata  dell'occupazione d'urgenza e della realizzazione dei
 lavori.
   L'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 appare altresi'  urtare
 con  il  disposto  di  cui  agli artt. 28 e 97, comma primo, Cost. Il
 piano  di  sostanziale  identita'  su  cui  il  legislatore   colloca
 l'istituto dell'indennita' di esproprio e quello del risarcimento del
 danno  si  traduce  in  pratica  in  un deprecabile incentivo e in un
 discutibile avallo a una distorta prassi che rischia di  favorire  il
 ricorso   frequente   e   sistematico   della   p.a.  all'occupazione
 acquisitiva    in    luogo    della    procedura    secundum    legem
 dell'espropriazione.  Tutto  cio',  fra  l'altro, con la certezza, da
 parte della p.a., di potere "impunemente" violare l'obbligo del  buon
 andamento e dell'imparzialita' dell'azione amministrativa ex art. 97,
 comma  primo,  Cost.  e  - cosa quanto mai piu' grave - di non dovere
 rispondere civilmente ex artt. 28 Cost. e 2043  cod.  civ.    (bensi'
 nelle forme ben piu' "convenienti" previste dall'impugnata norma) per
 il   danno   ingiustamente   causato  ai  cittadini  che  si  trovino
 illegittimamente espropriati dei propri beni.