LA CORTE D'APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  per  risarcimento
 danni  proposta  da Di Francia Andrea nei confronti di Ministro delle
 poste e delle telecomunicazioni, in persona del Ministro pro-tempore,
 all'udienza collegiale del 9 luglio 1996; nella causa civile in grado
 di appello iscritta a ruolo in data 15 settembre 1994  al  n.  362/94
 r.g.  promossa  con  atto di citazione notificato in data 8 settembre
 1994 da Di Francia avv. Andrea, che sta in giudizio personalmente, ex
 art. 86 c.p.c., domiciliato presso il suo studio in Trento, piazza C.
 Battisti  13,  attore  appellante,  contro  l'Ente  Poste   Italiane,
 subentrato  ex lege a tutti i rapporti attivi e passivi della cessata
 Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, in persona del
 legale   rappresentante   pro-tempore    rappresentato    e    difeso
 dall'avvocatura  dello Stato di Trento, nei cui uffici in Largo Porta
 Nuova n. 9 e' pure, per legge domiciliato; convenuto/appellato.
   Oggetto:  azione  di  risarcimento  danni.  Appello  avverso   alla
 sentenza  del  tribunale  di  Trento  n. 668/94 di data 3 marzo 1994.
 Causa ritenuta in decisione all'udienza collegiale del 9 luglio 1996.
   L'avv.  Di  Francia  ha  chiesto  nei confronti del Ministero delle
 poste e delle telecomunicazioni il  risarcimento  del  danno  per  il
 mancato  recapito  di  un  plico  postale  da esso inviato a mezzo di
 lettera raccomandata al Ministero  dell'universita  e  della  ricerca
 scientifica,   e   contenenti  due  distinte  domande,  con  relativi
 documenti, per la partecipazione ad un concorso a posti di professore
 universitario di ruolo.
   Il danno consisterebbe nella perdita della concreta possibilita' di
 conseguire  il  risultato  utile,  dimostrato  dalla  produzione   di
 numerosi titoli scientifici.
   Il  Ministero delle poste si e' costituito, a mezzo dell'avvocatura
 distrettuale, eccependo la limitazione di  responsabilita',  prevista
 dal  codice  postale  (d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, artt. 6, 28, 48 e
 93) ad una somma pari a dieci volte la tassa  di  raccomandazione,  e
 giustificando   tale   limitazione   con   l'esigenza   di  garantire
 all'Amministrazione     la      piu'      ampia      discrezionalita'
 nell'organizzazione del pubblico servizio.
   Ha   dedotto   inoltre   il   Ministero   che   la   giurisprudenza
 costituzionale   invocata   dalla   controparte   a    sostegno    di
 argomentazioni  contrarie  al permanere della suddetta limitazione di
 responsabilita' (sentenza n. 303 del 1988 e n. 74 del 1992)  riguarda
 ipotesi diverse da quelle in esame.
   In  particolare  la  prima  di tali sentenze concerne il caso della
 perdita di vaglia cambiari inviati dalla Banca d'Italia  a  mezzo  di
 raccomandazione  postale,  non  avendo  per  legge  la suddetta Banca
 facolta' di scegliere altre forme di spedizione (laddove il bando  di
 concorso cui avrebbe dovuto partecipare l'avv. Di Francia considerava
 non obbligatoria, ma solo facoltativa, la spedizione delle domande di
 partecipazione a mezzo di plico postale raccomandato).
   La seconda sentenza riguarda invece l'ipotesi di sottrazione dolosa
 della  corrispondenza  da parte di un dipendente dell'Amministrazione
 postale (laddove nel caso di specie non risulta affatto  provato  che
 il mancato recapito fosse da ascriversi ad un siffatto illecito).
   Il tribunale di Trento, aderendo alle tesi del ministero convenuto,
 ha respinto la domanda dell'attore.
   In  sede di appello innanzi a questa Corte, si ripropone l'identica
 tematica, con le stesse richieste, ed eccezioni,  gia'  formulate  in
 primo grado.
   Ritiene  questa  Corte,  d'ufficio,  di  riproporre la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R.
  29 marzo 1973 n. 156, considerata rilevante ai fini del decidere.
   Le sentenze della Corte sopra menzionate  riguardano,  in  effetti,
 ipotesi distinte da quella di cui trattasi.
   In   particolare   la   sentenza   n.  303/1988  afferma  la  piena
 responsabilita' dell'Amministrazione postale solo per danni cagionati
 alla Banca d'Italia, e non per quelli provocati  a  qualsiasi  utente
 privato,   nei   cui   riguardi  vigono  tuttora  le  limitazioni  di
 responsabilita' di cui si e' detto.
   Ora si osserva che se la succitata decisione non poteva  esorbitare
 dai  limiti  dell'esame  segnati  del  petitum  delle parti, cio' non
 toglie che essa contiene l'enunciazione di principi  cosi  rilevanti,
 da  imporsi  anche al di fuori dei limiti di cui sopra: si' da essere
 ripresi e riproposti, da questa  Corte  remittente,  a  fondamento  e
 giustificazione   della   prospettata   esigenza  di  una  definitiva
 cancellazione,   nei   confronti   della  generalita'  degli  utenti,
 dell'ingiustificato privilegio (immunita' da responsabilita') di  cui
 tuttora  gode l'Amministrazione postale per il mancato recapito della
 corrispondenza (nella specie: raccomandata).
   Si richiama al riguardo, nella citata sentenza, l'affermazione  che
 il  suindicato  privilegio  costituisce  retaggio  storico,  "la  cui
 conservazione  non  ha  alcuna  giustificazione      nell'ordinamento
 attuale,  dove il servizio postale non puo' esser piu' considerato un
 bene patrimoniale dell'erario, e  si  configura  invece,  secondo  il
 criterio  organizzativo  impartito  dall'art.  43 della Costituzione,
 come impresa gestita dallo Stato in regime di  monopolio,  ossia  una
 forma di partecipazione dello Stato all'attivita' economica".
   Ora  non  si vede perche' mai tale principio, enunciato dalla Corte
 costituzionale unitamente ad altri, peculiari ai casi  sottoposti  al
 suo  esame, non debba di per se solo, essere considerato necessario e
 sufficiente  ad  eliminare,   dalla   legislazione,   l'anacronistico
 privilegio  sopra  denunciato,  comportante irrazionale disparita' di
 trattamento nei confronti degli utenti dei servizi al  pubblico  rif.
 art.  43  della  Costituzione)  data l'ingiustificata affermazione di
 detta irresponsabilita' dell'Amministrazione postale (rif. artt. 3  e
 28  della Costituzione).  Cio' tanto piu', in quanto appare essere in
 atto  una  tendenza  all'accentuazione  del  carattere   privatistico
 imprenditoriale dei servizi de quibus.