IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di 1) Bertoni Giovanni, nato a Finale Emilia il 13 agosto 1938 e residente a Ferrara, via Ricciarelli 6; 2) Cagnoni Antonio, nato a Ferrara il 5 luglio 1942 e residente a Copparo, via 1 Maggio 127; 3) Cagnoni Massimo, nato a Copparo il 9 maggio 1946 ivi residente in via Montegrappa 19; 4) Cagnoni Marco, nato a Copparo il 28 marzo 1962 ivi residente in via Fiorini 107; 5) Motta Galliano, nato a Poggio Renatico il 24 febbraio 1937, residente a Ferrara, viale Volano 65; 6) Munegato Sergio, nato a Lusia (Rovigo) l'8 ottobre 1954, residente a Lendinara, via Bersaglieri 12/4, imputati: tutti: a) del reato di cui agli artt. 110 cp e 25 comma 1 d.P.R. 915/1982 perche', in concorso tra loro, agendo il primo nella sua qualita' di amministratore delegato della S.p.a. Berco di Copparo, il secondo, il terzo e il quarto nella loro qualita' di soci della s.n.c. Cagnoni, il quinto nella veste di titolare della ditta individuale Delta-car 1 e il sesto nella qualita' di autotrasportatore, effettuavano, essendo tutti sprovvisti della prescritta autorizzazione amministrativa di cui all'art. 6 lett. d) del d.P.R. citato, lo smaltimento di rifiuti speciali (rottami di ferro) prodotti dalla S.p.a. Berco che ne affidava il trasporto, con destinazione alle Acciaierie Ferriere del Tanaro di Lesegno di Cuneo, alla s.n.c. Cagnoni, che a sua volta, incaricava del detto trasporto la Delta-Car 1 che lo eseguiva a mezzo del veicolo tg. RA-344301 e FE-009191 condotto dal Munerato; Motta Galliano, inoltre: b) del reato di cui all'art. 46 legge 298/1974 perche', nelle circostanze di cui alla precedente lett. a), disponeva l'esecuzione di un trasporto per conto terzi con il veicolo sopra indicato, senza essere in possesso dell'autorizzazione prescritta dall'art. 26 legge citata. Reati commessi in Copparo ed accertati in Cherasco (Cuneo) il 24 marzo 1992. Osserva Il pretore ha sollevato questione di legittimita' costituzionale in ordine alla ipotesi di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' del d.-l. 8 gennaio 1996 n. 8, nell'intero suo testo, per violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Osserva il pretore che la richiesta e' fondata e ritiene, pertanto, di dover dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 8 gennaio 1996 n. 8, nell'intero suo testo. A tale proposito, si rileva quanto segue: nella fattispecie concreta e' applicabile il d.-l. 8 gennaio 1996 n. 8 "Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in materia di smaltimento dei rifiuti", pubblicato della Gazzetta Ufficiale n. 6 del 9 gennaio 1996. Esso reitera, nella sostanza, numerosi precedenti decreti-legge non convertiti, l'ultimo dei quali e' il d.-l. 8 novembre 1995 n. 463. L'art. 25 cpv. della Costituzione fissa, tra gli altri, il principio della riserva di legge in materia penale. E' implicito in tale principio il fatto che tutte le scelte di politica criminale siano monopolio esclusivo del parlamento, cio' in quanto la rappresentativita' del medesimo si impone quale garanzia contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti, un centro dialettico della maggioranza e delle minoranze e le decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli critici. L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte attraverso decreti legislativi o decreti legge e' connessa alla circostanza che, in entrambi i casi, si realizzi e sia assicurato l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata. Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso la delegazione, la prerogativa della iniziativa e delle fondamentali scelte politiche, con controllo della Corte costituzionale anche sulla conformita' di tali atti normativi ai criteri della delegazione. I decreti legge sono, invece, provvedimenti provvisori, destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77 ultimo comma Cost., ad essere convertiti in legge o a perdere efficacia ex tunc. In materia penale cio' significa che ai reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto legge non convertito, si applica la normativa precedente, in quanto un decreto-legge non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio. La Corte costituzionale, con sentenza 19 febbraio 1985 n. 51, ha, infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto comma dell'art. 2 del c.p., nella parte in cui rendeva applicabili alle ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata conversione di un decreto-legge recante norme piu' favorevoli) le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale questione rileva poiche' il decreto-legge in oggetto potrebbe non essere convertito. Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso al decreto legge in materia penale oltre che talora inopportuno in relazione alla complessita' e alla delicatezza delle questioni trattate, presenta dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre, essendo in una posizione precaria, puo' far venir meno le garanzie della certezza del diritto. Si osserva che, nella materia in questione, invece, i decreti legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza dei requisiti della "necessita' ed urgenza". Ora se puo' essere opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono venuti meno ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria. Inoltre, con la continua ed ininterrotta reiterazione di vari decreti legge mai convertiti si e' realizzata, di fatto, la sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza e dispone in materia penale, con l'inammissibile assunzione da parte dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di valutazione degli interessi che, in materia penale, e' di esclusiva competenza dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare. Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti legge in materia penale, ha, come nella specie, la conseguenza di sottrarre al Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77 ultimo comma Cost. "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti". E' evidente che, se la reiterazione dei decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si potranno determinare effetti definitivi quale il giudicato, non modificabili in sede giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva dalla disparita' di trattamento che potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche, ma commesse e/o giudicate sotto la vigenza di un diverso decreto legge, vengono diversamente giudicate. Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non puo' essere definito, allo stato e vigenti i principi del decreto-legge n. 8/1996 in esame, in modo indipendente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.