IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza nella causa civile r.g. n.
 1235/1995, promossa da De Iuliis Marino e Sappa Lorenza nei confronti
 di Pepe' Concetta e con l'intervento di Montanaro Luciano  e  Sarotto
 Vera.
                          Osservato in fatto
   Con  citazione notificata in data 28 ottobre 1995, De Iuliis Marino
 e Sappa Lorenza evocavano in giudizio  Pepe'  Concetta  per  sentirla
 condannare  alla  riduzione in pristino dello stato dei luoghi, oltre
 al risarcimento del danno, in relazione  all'abusiva  occupazione  da
 parte  della convenuta del vano sottotetto dell'edificio condominiale
 in  cui  gli  esponenti  erano  proprietari  di  unita'  immobiliari,
 asserendo la natura di proprieta' condominiale dello stesso.
   Si  costituiva  la  convenuta  nel  termine  di legge, chiedendo il
 rigetto delle avverse pretese ed in via riconvenzionale  la  condanna
 degli  attori  al  risarcimento  del  danno  subito  per  effetto  di
 infiltrazioni  provenienti  dall'alloggio  dei  medesimi,  le   quali
 avrebbero danneggiato la sua sottostante proprieta' immobiliare.
   All'udienza  di prima comparizione, il giudice istruttore ordinava,
 ex  art. 107 c.p.c., la chiamata in giudizio dei proprietari del vano
 sottotetto in questione, fissando  l'udienza  di  trattazione  al  17
 aprile 1996.
   Con  comparsa  depositata  in cancelleria in data 12 aprile 1996 si
 costituivano in causa i terzi chiamati, Montanaro Luciano  e  Sarotto
 Vera,  da  un  lato  ribadendo  le  conclusioni  prese dagli attori e
 dall'altro chiedendo la condanna della convenuta  alla  rimozione  di
 alcune opere eseguite dalla medesima che danneggiavano lo sfogo della
 loro canna fumaria.
   Nella   stessa   udienza   il   giudice   istruttore  si  riservava
 l'emanazione dell'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale.
                          Ritenuto in diritto
   L'art. 271 c.p.c, come  sostituito  dall'art.  30  della  legge  n.
 353/1990,  in  vigore  dal 30 aprile 1995, stabilisce che al terzo si
 applicano, con riferimento all'udienza per la  quale  e'  citato,  le
 disposizioni  degli  artt. 166 e 167, comma 1. Il mancato richiamo al
 secondo comma dell'art. 167 c.p.c. comporta una  notevole  discrasia,
 causando  incertezza  sull'applicazione  al terzo chiamato del regime
 delle decadenze (almeno di quelle  residuate  dopo  la  controriforma
 della  originaria novella processuale) imposte dal comma 2, dell'art.
 167 c.p.c.
   Nell'odierna formulazione normativa, il terzo,  anche  se  chiamato
 jussu  iudicis  ha  l'onere di costituirsi entro i venti giorni dalla
 data  dell'udienza  fissata   dall'istruttore,   essendo   parificato
 pienamente   ad  una  parte  convenuta  (c.d.  convenuto  in  seconda
 battuta),  depositando la comparsa di risposta, unitamente alla copia
 della citazione a lui notificata, la procura ed i  documenti  offerti
 in comunicazione.
   Deve,  altresi',  proporre le sue difese, indicare i mezzi di prova
 ed i documenti offerti in comunicazione e formulare le conclusioni.
   Riguardo alla facolta' di  proporre  domande  riconvenzionali,  nei
 confronti  sia  dell'attore,  sia  del  convenuto, in quanto esistano
 posizioni di contrasto tra il terzo ed  uno  o  l'altro  delle  parti
 originarie  del  giudizio,  la  formulazione  dell'art.  271  c.p.c.,
 interpretata in senso letterale, non gli  precluderebbe  la  relativa
 facolta'  anche  se  la costituzione in causa del terzo avvenga fuori
 del termine dei venti giorni o addirittura in udienza, sfruttando  la
 possibilita'    offerta    dall'art.    171    c.p.c.   In   realta',
 un'interpretazione meramente letterale  della  norma  di  riferimento
 urta  contro  lo spirito della novella al codice di procedura civile;
 infatti non appare comprensibile la ragione per cui al terzo chiamato
 non  si  possano  applicare  le  decadenze  relative   alle   domande
 riconvenzionali, fissate ex art.  167 e 180 c.p.c per il convenuto.
   Si  profila,  forse per un'involontaria svista del legislatore, una
 disparita' di trattamento processuale, di per se' ingiustificata, tra
 il terzo chiamato ed il convenuto, rilevante sotto il  profilo  della
 violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   Ne'  si  puo'  applicare in via di interpretazione estensiva l'art.
 167 comma 2 c.p.c., in quanto  e'  noto  che  i  termini  a  pena  di
 decadenza  sono  espressamente fissati solo dalla legge o dal giudice
 che sia autorizzato a fissarli (v. arg. ex art. 152 c.p.c.).
   Ne consegue l'illegittimita' costituzionale dell'art.  271  c.p.c.,
 in relazione all'art. 167 comma 2 c.p.c., nella parte in cui consente
 al  terzo  chiamato,  anche  per  ordine  del  giudice,  di  proporre
 validamente domande riconvenzionali nei  confronti  delle  originarie
 parti  del giudizio al di fuori del termine di venti giorni, previsto
 per la sua costituzione in cancelleria.