IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4167/1994, proposto da Gizzi Orlando, Censori Irene, Nicastro Ambra, Seneci Maria Teresa, Lanzillotti Giuseppe, Franceschi Anna Pia, Ivano Luciano, Alfarano Giovanni, Anderini Ferdinando, Giomi Loriana, Gindre Emanuela, Di Meo Antonio, Curti Pino, Amasino Antonio, Calaresu Antonio, Nicolucci Antonio, Segala Massimo, D'Amico Antonio, Parienza Orietta, Agostinelli Pietro, Tuzi Flavio, Angileri Giovan Battista, Rappoccio Salvatore, Accivile Giampaolo, Corso Salvatore, Grieco Alessandro, Pennimpede Francesco, Barnaba Danilo, Fabrizi Laura, Lo Monaco Cristina, Cristofaro Linda, Di Gregorio Domenico Nigro, Bisozzi Aldo, Felici Vittorio, Barone Stefania, Meloni Battistina, Napoletano Ermelinda, Natalini Cristina, La Rosa Giuseppe, Cardillo Nicola, Spinelli Giovanni, Savarese Roberto, Magnifico Alessandro, Mauti Fabrizio, Zippi Antonio, Sfarra Concetta, Santesarti Paola, Carlesi Giuseppe, Pumo Rosa Nina, Torretta Patrizia, Di Leone Nicola, Consoli Antonio, Rotondi Angelo, Pace Rosaria, Millesi Salvatore, Araceli Alberto, Borrelli Andrea, Trani Salvatore, Accettura Natale, Coppola Fulvio, Simonelli Giulio, Campanella Roberto, Lombardi Giuseppe, Bisceglie Pietro, Santacroce Margherita, Monaco Maria Concetta, Buffo Giovanni, Meuti Giovanni, Palmeri Antonino, Marino Luciana, Tenace Luciano, Rossi Rosella, De Fusco Clotilde, Di Luca Carlo, Ortolan Mario, Lattanzio Filomena, Pitzalis Gian Luigi, Pescuma Luigi, Mura Giuseppe, Argenziano Antimo, De Meo Giuseppe, Canalini Nazzareno, Longo Rossana, Gangone Clotilde, Gallante Nicola e Guglielmini Luciano, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo D'Antona ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in Roma, via Nemorense, 18; contro il Ministero dell'interno, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso la medesima domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'accertamento del diritto dei ricorrenti ad un inquadramento economico corrispondente alle funzioni loro attribuite, con ogni conseguenza, nonche', in via subordinata, per la questione di legittimita' costituzionale della legge 6 marzo 1992, n. 216, per contrasto con gli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione dell'interno; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 20 giugno 1996, il cons. Eugenio Mele; Uditi, altresi, l'avv.to A. Andreoni (con delega avvocato D'Antona) per le parti ricorrenti e l'avv. dello Stato Giannuzzi per l'amministrazione resistente. Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti, tutti ispettori della Polizia di Stato, premesso che originariamente gli stessi erano collocati in posizione funzionale ed economica superiore ai sovrintendenti della stessa Polizia di Stato e che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991, e' stata emanata la legge n. 216 del 1992, che ha attribuito ai sovrintendenti gli stessi livelli retributivi degli ispettori, addirittura con la possibilita' di una valutazione dell'anzianita' complessiva piu' vantaggiosa, lamentano tale illegittima equiparazione, sulla base dei seguenti motivi di ricorso: 1) Violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione per essersi attribuita una stessa retribuzione a soggetti svolgenti compiti diversi; 2) Questione di legittimita' costituzionale del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 6 marzo 1992, n. 216, nella parte in cui non dispone il miglioramento economico degli ispettori nella medesima proporzione preesistente con i sovrintendenti. L'Amministrazione dell'interno si costituisce in giudizio e resiste al ricorso, chiedendone la reiezione. All'udienza del 20 giugno 1996, la causa e' discussa. Successivamente, la stessa e' spedita in decisione. D i r i t t o La questione posta dai ricorrenti e' di carattere puramente economico e non e' incisa dal successivo decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197, con il quale una parte dei sovrintendenti e' stata inquadrata nella qualifica degli ispettori della Polizia di Stato, e cio' perche' fino a quando tale inquadramento non e' avvenuto, le funzioni dei sovrintendenti medesimi, nell'ambito dell'attivita' di polizia, sono state organizzatoriamente inferiori a quelle degli ispettori. La questione medesima e' incentrata fondamentalmente sulla denuncia della illegittimita' costituzionale del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della carta costituzionale. Il collegio ritiene che la questione medesima sia rilevante nel giudizio sottoposto alla sua cognizione e rivesta anche i caratteri della non manifesta infondatezza. Per quanto concerne la rilevanza nel giudizio in corso della sollevata questione di legittimita' costituzionale, essa si appalesa evidente sol che si consideri il petitum dei ricorrenti (ristabilire un rapporto economico proporzionalmente corretto fra le due qualifiche di ispettore e di sovrintendente) e la causa petendi formulata, consistente nella violazione dei principi costituzionali che vogliono che, a parita' di funzioni, corrisponda parita' di retribuzione. E' fuor di dubbio che, senza la declaratoria di incostituzionalita' della norma denunciata, questo giudice, non potendo disapplicare la legge, non ha elementi per apprezzare concretamente le ragioni dei ricorrenti e per emanare un provvedimento giurisdizionale satisfattivo delle loro ragioni. Con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione proposta, essa puo' essere riferita contemporaneamente sia all'art. 3 che all'art. 36 della Costituzione, essendo evidente, soprattutto nella specie, che la seconda norma e' una mera specificazione della prima. La norma impugnata (esattamente l'art. 3 del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito, sul punto, senza modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216) trae la sua scaturigine da una sentenza della Corte costituzionale (la n. 277 del 1991), la quale, pronunciandosi sulla mancata espressa equiparazione tra gli ispettori della Polizia di Stato e i sottufficiali dei carabinieri, aveva annullato la tabella allegata alla legge n. 121 del 1981, relativamente a tale mancanza di equiparazione. Senonche', il legislatore dell'urgenza, prima, e il legislatore attributario del relativo potere, poi, invece di riformulare la tabella inserendovi la mancata corrispondenza, interpretando liberamente la sentenza n. 277 del 1991 della Corte costituzionale, hanno semplicemente attribuito ai sottufficiali dei carabinieri lo stipendio (tramite il richiamo del livello) degli ispettori, operando altresi' una ulteriore parificazione con le altre categorie di pari livello (fra cui i sovrintendenti della Polizia di Stato). Si e' determinato, cosi', un fatto meccanico, assolutamente privo di ragioni, per cui soggetti inseriti nell'ordinamento della Polizia di Stato - in posizione sottordinata rispetto agli ispettori, i sovrintendenti - e ai quali restavano confidate le stesse incombenze previste dal precedente ordinamento (inferiori a quelle degli ispettori), venivano retribuiti con gli stessi stipendi di soggetti gerarchicamente e funzionalmente sovraordinati. La violazione dell'art. 3 della carta costituzionale e, soprattutto, dell'art. 36 della stessa carta costituzionale non puo' essere piu' evidente, in quanto, fin tanto che i sovrintendenti sono rimasti sovrintendenti non potevano percepire uno stipendio uguale (da un punto di vista tabellare) a quello di soggetti che erano chiamati a svolgere funzioni superiori. Il collegio ritiene, pertanto, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale come sopra individuata e, conseguentemente, decide di investire della questione la Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso.