Ricorso della regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona
 del  presidente  della  Giunta  regionale  pro-tempore  prof.  Sergio
 Cecotti, rappresentata e difesa, come da delega in calce al  presente
 atto  ed  in  virtu' della delibera della Giunta regionale 7 novembre
 1996  n.  5057,  dall'avv.  Renato  Fusco,  avvocato  della  regione,
 eleggendo  demicilio presso l'ufficio di rappresentanza della regione
 stessa, sito in Roma, piazza Colonna n. 335, contro il Presidente del
 Consiglio dei Ministri in carica,  rappresentato  e  difeso  ex  lege
 dall'Avvocatura   generale   dello   Stato  per  la  dichirazione  di
 illegittimita' costituzionale del  d.-l.  23  ottobre  1996  n.  552,
 recante  "Interventi  urgenti  nei settori agricoli e fermo biologico
 della pesca per il 1996" quanto agli artt.  2  e  3,  concernenti  il
 regime comunitario di produzione lattiera, per violazione degli artt.
 3  e  77 della Costituzione, nonche' degli artt. 4 n. 2, 8 e 44 dello
 statuto di autonomia (approvato con legge costituzionale  31  gennaio
 1963 n. 1) nonche' del principio della leale collaborazione.
                               In Fatto
   A.  - La regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' stata costituita
 con legge costituzionale 31  gennaio  1996  n.  1  approvativa  dello
 statuto speciale.
   Con  l'art.  4  di  detta  legge  costituzionale  ad  essa e' stata
 attribuita competenza legislativa primaria ed esclusiva  in  numerose
 materie, tra le quali figura pure l'agricoltura e la zootecnica (art.
 4 n.  2).
   Correlativamente   il  successivo  art.  8  ha  ad  essa  demandato
 l'esercizio delle funzioni  amministrative  nella  materie  assegnate
 alla rispettiva competenza legislativa.
   Pure rileva nel presente giudizio l'art. 44 dello statuto medesimo,
 il  quale  espressamente  stabilisce  che "Il presidente della Giunta
 regionale interviene alle  sedute  del  Consiglio  dei  Ministri  per
 essere   sentito,  quando  sono  trattate  questioni  che  riguardino
 particolarmente la regione".
   Anche si evidenzia che per  la  materia  dell'agricoltura  e  della
 zootecnica   sono  state  trasferite  le  attribuzioni  degli  organi
 centrali  e  periferici  dello  Stato  con  le  norme  di  attuazione
 statutarie  di  cui all'art. 65 Stat., contenute nel d.P.R. 26 agosto
 1965,  n.  1116,  nel  d.P.R. 25 novembre 1975 n. 902 e nel d.P.R. 15
 gennaio 1987 n.  469.
   B. - E' noto che la disciplina del regime delle c.d. quote latte e'
 stata definita organicamente con la legge 26 novembre 1992  n.    486
 (dopo  un annoso conflitto con l'allora esistente Comunita' economica
 europea ed in attuazione del regolamento CEE n. 804/1968 e  seguenti)
 allo  scopo di contenere la produzione lattiera eccedente nel mercato
 europeo e per conseguire il rispetto della quota nazionale assegnata.
   Con l'art. 2 comma 1 di detta legge veniva  attribuito  all'Azienda
 di   Stato   per  gli  interventi  nel  mercato  agricolo  (AIMA)  la
 pubblicazione di "bollettini" indicanti gli elenchi dei produttori  e
 dei   quantitativi   ad   essi   spettanti  su  base  provinciale  da
 trasmettersi alle Regioni.
   Nel successivo comma  2  dello  stesso  art.  2  per  i  produttori
 aderenti  alle  associazioni  UNALAT  e  AZOOLAT si prevedeva che "le
 quote per le consegne e le  vendite  sono  articolate  in  due  parti
 distinte":    di  cui  la quota A rapportata alla produzione lattiera
 commercializzata nel periodo 1988 e 1989;  e  la  quota  B  calcolata
 nella maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Il  comma  3  determinava  invece  la  quota  per  i produttori non
 aderenti ad alcuna associazione.
   In considerazione del fatto che il surrichiamato regolamento CEE n.
 804/1968 imponeva una periodica riderminazione delle quote  nazionali
 di produzione lattiera di spettanza, con il comma 7 dello stesso art.
 2 si affidava alla regione il compito di svolgere periodici controlli
 sull'entita' della produzione commercializzata dai singoli
  produttori,  con l'onere di segnalare all'AIMA eventuali diminuzioni
 accertate al fine dell'aggiornamento del  bollettino.
   Infine   il   comma   8   demandava   al   decreto   del   Ministro
 dell'agricoltura e foreste, previo parere della Conferenza permanente
 per  i  rapporti  tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di
 Trento e Bolzano e sentite le organizzazioni  professionali  agricole
 maggiormente rappresentative e a livello nazionale, la fissazione dei
 criteri generali di riduzione della produzione stessa nel caso che le
 quote  nazionali  stabilite in sede comunitaria risultassero superate
 dalla quantita' attribuita in via provvisoria ai produttori.
   In attuazione di tale legge veniva emanato  il  d.-l.  23  dicembre
 1994  n.  727  poi  convertito  nella  legge  24  febbraio 1995 n. 46
 riguardante appunto "Norme per l'avvio degli  interventi  programmati
 in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera nella quota
 comunitaria".
   In  esecuzione  pure del sopravvenuto regolamento CEE n. 3950/1992,
 all'art.  2  si  stabiliva   "   ...di   procedere   alla   riduzione
 prioritariamente  della  quota  A non in produzione e successivamente
 della quota B assegnata ai produttori" in  base  a  taluni  parametri
 quantitativi;  ed escludendo comunque da detta riduzione i produttori
 operanti in zone  montane  ed  in  quelle  svantaggiate  (o  ad  esse
 equiparate), nonche' nelle isole.
   Con l'art. 2-bis si ammetteva l'autocertificazione della produzione
 nei rapporti tra venditori ed acquirenti.
   Nei due citati atti legislativi veniva omessa pero' ogni previsione
 di  consultazione  delle  regioni  che  pure  era  sta  espressamente
 stabilita nella legge n. 468/1992.
   Il  decreto-legge  n. 727/1994 e la legge di conversione n. 46/1995
 venivano impugnati dinanzi a codesta ecc.ma Corte  costituzionale  da
 parte della regione Veneto e della regione Lombardia, che tra l'altro
 eccepivano  la  esclusione  della  previa consultazione regionale per
 l'adozione degli atti riguardanti la riduzione  della  produzione  al
 fine del conseguimento della quota nazionale assegnata.
   Con   la   sentenza   28  dicembre  1995  n.  520  si  accoglievano
 parzialmente i proposti ricorsi ed in particolare  si  dichiarava  la
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 2 comma 1 della legge stessa
 nella parte in  cui  non  erasi  previsto  il  parere  delle  Regioni
 direttamente  interessate  al  procedimento  di riduzione delle quote
 assegnate ai  produttori  di  latte:  motivandosi  espressamente  che
 risultava  fondata  la  censura  di  violazione degli artt. 117 e 118
 della  Costituzione  (che  attribuiscono   alle   regioni   ordinarie
 competenze legislative ed amministrative in materia di agricoltura) e
 del   principio  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni
 medesime.
   C. - Con d.-l. 15 marzo 1996 n. 124 intitolato "Regime  comunitario
 di  produzione  lattiera"  il  Governo  e' nuovamente intervenuto con
 decretazione d'urgenza per disciplinare la materia.
   Con l'art. 1:
     si e' demandato nuovamente all'AIMA la pubblicazione di "appositi
 bollettini di aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari  di
 quota   e   dei   quantitativi  ad  essi  spettanti  nel  periodo  di
 applicazione del regime comunitario delle quote latte 1995-1996";
     si e' attribuito il valore di " ...accertamento definitivo  delle
 posizioni individuali" dei dati derivanti da tali bollettini;
     si  e'  previsto  un  ricorso  in  opposizione  all'AIMA medesima
 avverso le determinazioni dei bollettini, da proporre "...  entro  il
 termine   perentorio   di  quindici  giorni  alla  pubblicazione  dei
 bollettini da parte della regione", attribuendo  altresi'  valore  di
 silenzio-rigetto  alla  mancata  decisione esplicita dell'AIMA stessa
 entro i successivi trenta giorni.
   Con l'art. 2 si introduceva un ulteriore art. 5-bis dopo l'art.   5
 della  legge  n.  468/1992,  stabilendosi criteri di compensazione "a
 partire dagli adempimenti concernenti il periodo 1995-1996" a  favore
 dei produttori sia della quota A che della quota B, nonche' di quelli
 operanti  nelle  zone di montagna e delle zone svantaggiate.  Si pone
 nel massimo  rilievo  come  anche  in  questo  decreto-legge  si  era
 completamente omesso di prevedere il parere delle regioni interessate
 alla  determinazione riduttiva delle quote latte, in evidente spregio
 della gia' citata sentenza n. 520/1995 di codesta ecc.ma Corte.
   Pure va rappresentato come, in applicazione di tale  decreto-legge,
 la  regione Friuli-Venezia Giulia aveva fornito all'AIMA puntualmente
 i dati per la formazione dei bollettini di aggiornamento; ma  non  ha
 provveduto poi alla pubblicazione dei bollettini stessi (ai sensi del
 succitato  art.  1 del decreto-legge n. 124/1996) trasmessi dall'AIMA
 stessa alla regione medesima  per  la  pubblicazione  in  quanto  gli
 uffici  regionali  competenti  verificavano  in  detti bollettini una
 notevolissima serie di errori dei dati di assegnazione  delle  quote.
 Sebbene   detti   errori  risultassero  evidentissimi,  ripetutamente
 segnalati  e  documentalmente  comprovati  dalla  regione   all'AIMA,
 quest'ultima  si  rifiutava  di  provvedere alla rettificazione prima
 della pubblicazione regionale. Di talche' la regione era costretta  a
 non  pubblicare  il  bollettino  sussistendo un legittimo impedimento
 rappresentato dalla gia' rilevata diffusa erroneita' dei dati in esso
 contenuti: rappresentando un tanto nella articolata comunicazione dd.
 13  maggio   1996   del   presidente   della   Giunta   regionale   e
 dell'Assessorato regionale all'agricoltura diretta al Ministero delle
 agricole e al direttore dell'AIMA.
   D.  -  In presenza di tale situazione di grave e colpevole mancanza
 di  leale  collaborazione  tra  gli  organi   statali   e   regionali
 interveniva  l'ulteriore  d.-l.  16  maggio  1996  n. 260 (ugualmente
 riguardante il "Regime comunitario di produzione  lattiera")  con  il
 quale  si  e'  praticamente  reiterato  il d.-l. 15 marzo 1996 n. 124
 prima  della  scadenza  per  mancata  conversione.     Detto   ultimo
 decreto-legge  si  appalesava  sostanzialmente indetico al precedente
 decreto-legge n. 124/1996, differenziandosene solo  per  una  diversa
 articolazione  (in  tre  articoli e in piu' commi) delle disposizioni
 gia' presenti nel  decreto-legge  reiterato.    Il  decreto-legge  n.
 260/1996  veniva  impugnato dalla ricorrente regione avanti a codesta
 ecc.ma Corte (ove risulta pendente sub r.g.  n. 25/1996).  E. - Detto
 decreto veniva successivamente sostituito dal decreto-legge 8  luglio
 1996  n. 353 recante "Interventi urgenti nei settori agricoli e fermo
 biologico della pesca per  il  1996".    Detto  ultimo  decreto-legge
 prevedeva  all'art.  2  la  preventiva  acquisiz    ione da parte del
 Ministro delle risorse agricole, alimentari e  forestali  del  parere
 del  "Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali"
 ai fini della pubblicazione degli appositi bollettini dell'AIMA entro
 il 31 marzo 1996.  Inoltre, in particolare si prevedeva:
     il  versamento  entro  il  30   settembre   1996   del   prelievo
 supplementare dovuto sulla base di appositi elenchi redatti dall'AIMA
 a  seguito  della compensazione nazionale, con riferimento al periodo
 1995-1996;
     il programma di volontario  abbandono  totale  o  parziale  della
 produzione lattiera redatto dall'AIMA;
     la  riassegnazione  delle  quote,  assicurando  l'attribuzione di
 almeno il 50% alla regione di  provenienza,  dettando  i  criteri  di
 priorita';
     per l'anno 1995 il differimento del termine al 31 dicembre per la
 cessione della quota latte.  Con l'ennesimo successivo d.-l. 8 agosto
 1996  n.  440, venivano emanate norme concernenti il "Differimento di
 termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi
 in campo  economico  e  sociale".    All'art.  11  rubricato  "Regime
 comunitario  di  produzione lattiera" si stabiliva principalmente - e
 con  effetto   retroattivo   -   che   dal   periodo   1995-1996   di
 regolamentazione  della  produzione lattiera cessa l'applicazione dei
 commi 5, 6, 7, 8 e 9  dell'art.  5  della  legge  n.    468/1992,  in
 concreto annullando la procedura di compensazione in ambito regionale
 effettuata dalle Associazioni di produttori.  A seguito di tale nuove
 regime  normativo  i  produttori  della regione Friuli-Venezia Giulia
 sono incorsi in pagamenti per la compensazione di importo complessivo
 superiore a  8  miliardi  e  200  milioni,  contro  gli  822  milioni
 calcolati  con  la  compensazione  in  ambito  regionale a livello di
 Associazione di produttori.  Veniva quindi emanato l'ulteriore  d.-l.
 6  settembre  1996  n.  463  recante  "Interventi urgenti nei settori
 agricoli e fermo biologico della pesca per il 1996", riproduttivo del
 precedente decreto-legge n. 353/1996  e  anch'esso  impugnato,  dalla
 ricorrente  regione  avanti  a  codesta  ecc.ma  Corte  (ove  risulta
 pendente sub 2.g. n. 40/1996).  F. - Per completezza di illustrazione
 si rende noto che, considerata  la  mancanza  assoluta  di  attivita'
 collaborativa  da  parte  degli  organi statali, in data 20 settembre
 1996 la ricorrente regione pubblicava l'avviso che i bollettini  AIMA
 contenenti   l'elenco   dei  produttori  di  latte  vaccino  e  delle
 corrispondenti quote latte di fine campagna 1995/1996  erano  esposti
 all'Albo  degli  ispettori  provinciali  dell'agricoltura di ciascuna
 provincia;  e  cio'  al  fine  di  permettere  agli  interessati   la
 proposizione del ricorso all'AIMA entro quindici giorni dalla data di
 pubblicazione  dell'avviso medesimo.   G. - Ultimo recente intervento
 del Governo sulla materia de qua maldestramente  governata  nel  modo
 sin   qui  descritto  -  con  atti  legislativi  provvisori,  assunti
 esclusivamente  a  livello  centrale,   in   assenza   di   qualsiasi
 concordamento  con  le  autonomie regionali e puntualmente oggetto di
 ripetute impugnazioni di fronte a codesta ecc.ma Corte - e' stata  la
 contemporanea  pubblicazione  del  d.-l.  23  ottobre  1996,  n. 542,
 recante "Differimento di termini previsti da disposizione legislative
 in materia di interventi in campo economico e sociale"; e  del  d.-l.
 23  ottobre  1996,  n.  552,  recante "Interventi urgenti nei settori
 agricoli e fermo biologico della pesca per il 1996".  Il primo citato
 decreto-legge n.  542/1996  ha  puntualmente  reiterato  le  suddette
 disposizioni  del precedente decreto-legge n. 440/1996, ed e' oggetto
 anch'esso di impugnazione avanti a  codesta  ecc.ma  Corte  da  parte
 della  ricorrente regione.  Il secondo - oggetto del presente ricorso
 - reitera  puntualmente  le  disposizioni  del  pure  gia'  impugnato
 decreto-legge  n.  463/1996.    Per quel che interessa nella presente
 impugnazione si fa rilevare che con l'art. 2 di detto  decreto-legge,
 dedicato al "Regime di produzione lattiera":
     al  comma  1,  si  riproduce  la  disposizione  dell'art.  2  del
 precedente decreto-legge n. 463/1996, prevedendo quindi la preventiva
 acquisizione  da  parte  del  Ministero   delle   risorse   agricole,
 alimentari  e  forestali  del  parere  del "Comitato permanente delle
 politiche agrolimentari e forestali", sui criteri  per  la  riduzione
 delle quote individuali previste dall'art. 2, comma 1, della legge n.
 46/1995   ai  fini  della  pubblicazione  degli  appositi  bollettini
 dell'AIMA "entro il 31 marzo 1996"(|). Tali "appositi  bollettini  di
 aggiornamento  degli  elenchi  dei produttori titolari di quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti nel periodo di applicazione del regime
 comunitario  delle  quote   latte   1995-1996"   costituiscono   "...
 accertamento   definitivo   delle  posizioni  individuali"  dei  dati
 derivanti da tali bollettini";
     al comma  2  si  stabilisce  l'abrogazione  dell'art.  2-bis  del
 decreto-legge  n.  727/1994 (convertito con modificazioni nella legge
 n. 46/1995) in luogo della sospensione dell'efficacia delle  medesime
 precedentemente  prevista,  venendo  cosi' esclusa la possibilita' di
 autocertificazione delle produzioni;
     al comma 3 si e' rinnovativamente  prevista  la  possibilita'  di
 proporre  il  "ricorso  in  opposizione" all'AIMA medesima avverso la
 determinazione dei bollettini, analogamente a  quanto  gia'  disposto
 dai precedenti decreti-legge nn. 124, 269 e 353 del 1996.
   Il successivo art. 3 (concernente "Modifiche alla legge 26 novembre
 1992, n. 468, e altre disposizioni"):
     al  comma  1  sostituisce  il comma 12 dell'art. 5 della legge n.
 468/1992, stabilendo l'applicazione della compensazione nazionale  da
 parte dell'AIMA, la quale puo' avvalersi della collaborazione di enti
 pubblici  od organismi privati e definendo altresi' nuovi criteri per
 l'effettuazione della medesima;
     al comma 2 stabilisce i termini per la compensazione nazionale ed
 istituisce il monitoraggio del latte commercializzato;
     al comma 3 detta norme transitorie per la compensazione nazionale
 per la campagna 1995/1996;
     ai commi 4 e 5 riproduce quanto gia' previsto  dal  decreto-legge
 n. 463/1996 relativamente al programma volontario di abbandono totale
 o  parziale  della  produzione  lattiera  e alla riassegnazione delle
 quote.
                              In Diritto
   Le surriportate disposizioni degli artt. 2 e 3 del d.-l. 23 ottobre
 1996, n. 552 risultano costituzionalmente illegittime per i seguenti
                              M o t i v i
   1. - Violazione degli artt. 4, 8 e 44 St. (legge costituzionale  31
 gennaio  1963 n. 1), nonche' del principio della leale collaborazione
 tra Stato e regione, irragionevolezza della norma censurata.
   1.1. - Si e' gia' sopra illustrato come la  ricorrente  regione  e'
 attributaria  di  competenza  primaria  esclusiva  -  legislativa  ed
 amministrativa - in  materia  di  agricoltura  e  zootenia  ai  sensi
 dell'art.  4 n. 2 dell'art. 8 della legge costituzionale n. 1/1963; e
 come altresi' vi sia obbligo per il Governo di invitare e  consultare
 il  presidente  della Giunta regionale nelle sedute del Consiglio dei
 Ministri nelle quali si trattino questioni interessanti  comunque  la
 regione  Friuli-Venezia  Giulia  nell'osservanza  dell'art.  44 dello
 statuto medesimo.   E' ben nota l'affermazione  costante  di  codesta
 suprema  Corte secondo cui per l'attuazione di tale particolare forma
 di  collaborazione  e'  necessario  che  le  questioni  trattate  dal
 Consiglio  dei  Ministri comportino il coinvolgimento di un interesse
 differenziato   delle   regioni   alle   quali   e'   statutariamente
 riconosciuto  il diritto di partecipare alle sedute dello stesso.  Ma
 anche sotto tale profilo non vi dovrebbe essere di dubbio alcuno  che
 il  richiesto  interesse  differenziato  della regione Friuli-Venezia
 Giulia  sussisteva  con  riferimento  all'emanato  decreto-legge   n.
 552/1996.  Detto decreto riguardava, senza alcuna incertezza, anche e
 specificata    mente  la  ricorrente  regione: sia per la gia' citata
 attribuita competenza primaria ed esclusiva in materia di agricoltura
 e  zootecnia;  sia  per  la   partecipazione   regionale   anche   al
 procedimento   di  rientro  nella  produzione  lattiera  nella  quota
 nazionale gia' prevista espressamente nella legge n. 46/1995; sia per
 le  particolari  gravi  conseguenze  economico-sociali  delle  scelte
 statali  in  un  settore  produttivo regionale.   Conseguentemente il
 mancato invito del presidente della Giunta regionale alla seduta  del
 Consiglio dei Ministri nella quale e' stato adottato il decreto-legge
 n.  552/1996  e  la  mancanta consultazione in proposito determina la
 irrimediabile illegittimita' costituzionale del  decreto  legislativo
 medesimo.
   1.2.  -  Oltre  che  per la - specifica - mancata consultazione del
 presidente della Giunta regionale, l'adottato  decreto-legge  risulta
 piu'  in  generale  illegittimo  perche'  assunto in violazione tanto
 delle competenze costituzionalmente assegnate alla  regione  autonoma
 del  Friuli-Venezia  Giulia nelle suddette materie dell'agricoltura e
 della  zootecnia;  quanto  del  principio di leale collaborazione tra
 Stato e regione espressamente sancito con la gia' richiamata sentenza
 n. 520/1996 di codesta ecc.ma Corte  con  riferimento  al  precedente
 decreto-legge  n. 727/1994 (ed alla legge di conversione n. 46/1995):
 emanata quest'ultima con riguardo quindi alla medesima materia  della
 riduzione  delle quote latte e gli atti legislativi che costituiscono
 presupposto giuridico del decreto-legge  n.  552/1996  oggetto  della
 presente impugnazione.
   1.2.1.  -  In particolare la violazione di detto principio di leale
 collaborazione veniva sanzionato puntualmente  in  tale  apprezzabile
 decisione,   ritenendosi   fondata  l'allora  proposta  eccezione  di
 incostituzionalita' "... in relazione alla mancata  previsione  nella
 norma   impugnata   di   qualsivoglia  partecipazione  regionale  nel
 procedimento di riduzione delle quote individuali: e  invero  ove  si
 considerano  i  contenuti  della  disciplina  in  esame,  che investe
 interventi  sulla  dimensione  produttiva  di  aziende  comprese  nel
 settore agricolo (v. sentenza n. 304 del 1987) la completa esclusione
 delle regioni dal procedimento in questione non puo' trovare adeguata
 giustificazione  ne'  in  relazione  all'urgenza con cui si e' dovuto
 provvedere ai fini del rientro nella quota nazionale ne' in relazione
 alla presenza, connessa a tale rientro, di un interesse nazionale  al
 rispetto  di  impegni assunti in sede comunitaria. Non senza, d'altro
 canto, considerare che la procedura dia' adottata dall'art. 2,  comma
 7,  della  legge  n.  468  del  1992 aveva affidato direttamente alle
 regioni la riduzione delle quote assegnate,  ove  le  stesse  fossero
 risultate maggiori della produzione effettiva".  Ed ancora di seguito
 si  puntualizzava che "... rispetto alla fattispec  ie regolata dalla
 norma  in  esame...  la  presenza  regionale  andava  in  ogni   caso
 salvaguardata  quanto  meno  nella forma della richiesta di parere. E
 questo tanto piu' ove si consideri che le ipotesi di sottrazione alla
 procedura di riduzione contemplate nei commi 1 e 2-bis dell'art.    2
 sono  tali  da  involgere almeno in prevalenza, valutazioni spettanti
 alla  sfera  dei  poteri  regionali".    Pur  essendo  stato  sancito
 autorevolmente  con  tale sentenza additiva l'obbligo di garantire la
 partecipazione regionale nel procedimento di  riduzione  delle  quote
 latte,  con  depracabile  ostinazione  il  Governo  ha disatteso tale
 statuizione procedendo indebitamente all'emanazione  dei  numerosi  e
 reiterati  decreti-legge  senza  alcuna - seria e concreta - forma di
 collaborazione  e  coordinamento  con  le  regioni  attributarie   di
 specifiche  potesta'  in materia; omettendo completamente di attivare
 ogni intesa o consultazione collaborativa  pur  ritenuta  doverosa  e
 necessaria anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la citata
 sentenza n. 520/1995.
   1.2.4. - L'inserimento poi solo nel gia' impugnato decreto-legge n.
 463/1996  e  pure  nell'ultimo  reiterato  n. 552/1996 (oggetto dalla
 presente impugnazione) della previsione della preventiva acquisizione
 da parte del Ministro delle risorse agricole, alimentari e  forestali
 del  parere  del "Comitato permanente delle politiche agroalimetari e
 forestali" sui criteri  per  la  riduzione  delle  quote  individuali
 previsti  dall'art.  2  comma 1 della legge n. 46/1995, ai fini della
 pubblicazione degli appositi bollettini dell'AIMA non puo'  risultare
 sanante  dell'inosservanza  del  principio  di  cui trattasi, dovendo
 essere richiesto ed ottenuto il parere della Conferenza Stato-Regioni
 (e non certo di un comitato ministeriale|).
   1.2.5.  -  I  principi  sanciti nella sentenza n. 520/1995 e quelli
 della  leale  collaborazione  appaiono  palesamente  elusi  essendosi
 acquisito  il  parere  del Comitato solo in via successiva dopo cioe'
 che gia' erasi pubblicati i bollettini| Tenuto infatti conto  che  il
 richiesto  parere  fa espresso riferimento a pubblicazione effettuata
 (o che dovevasi effettuare) entro il 31 marzo 1996  (e  quindi  oltre
 sette   mesi   prima   rispetto  al  decreto  legislativo  da  ultimo
 adottato|).  Tale  irrazionale  previsione   dal   punto   di   vista
 sostanziale  costituisce  una ulteriore conferma della violazione del
 medesimo principio di leale collaborazione, oltre che  inequivocabile
 conferma  dell'assoluta mancanza dei presupposti costituzionali della
 necessita' ed urgenza richiesti per l'emanazione di decreti-legge.
   2.  -  Violazione  dell'art.  77  della  Costituzione   anche   con
 riferimento  agli  artt.  4 n. 2, 8 e 44 St. (legge costituzionale 31
 gennaio 1963, n. 1) nonche' del principio della leale  collaborazione
 tra Stato e Regioni.
   2.1.  -  E'  evidente  che  l'impugnato decreto-legge - come pure i
 decreti  precedenti  non  convertiti  -   ha   come   unica   ragione
 giustificativa   quella  di  mantenere  la  vigenza  di  disposizione
 legislativa che il Governo  non  e'  stato  e  non  e'  in  grado  di
 sottoporre  al  dibattivo  parlamentare.   Infatti la giustificazione
 motivazionale espressa  in  epigrafe  al  decreto  appare  del  tutto
 generica   ed   apodittica.  Ma  maggiormente  rileva  il  fatto  che
 l'impugnato  decreto  riproduce  fedelmente   le   disposizioni   del
 precedente decreto-legge n. 463/1996 e che nessuno delle disposizioni
 contenute negli eccepiti artt. 2 e 3, risulta in qualche modo diretta
 a  far  fronte  a  nuove  situazioni  di  fatto  che appaiono di tale
 "straodinaria necessita' ed urgenza"  da  richiedere  l'utilizzo  del
 decreto-legge  e  non  l'attivazione  dell'ordinario  procedimento di
 approvazione e promulgazione di una legge ordinaria.  All'evidenza la
 materia  regolata  dall'impugnata  disposizione  risulta  essere   in
 sintesi la pubblicazione di "bollettini di aggiornamento" riguardanti
 gli  elenchi  dei  produttori  ed i quantitativi delle quote latte ed
 essi  spettanti,  nonche'   le   modalita'   di   svolgimento   della
 compensazione    nazionale.        Non    sussiste    quindi   alcuna
 improcrastinabile  urgenza  ed  indifferibilit    a'  di   una   tale
 regolazione   che   possa  giustificare  l'eccezionale  ricorso  alla
 decretazione  d'urgenza.    La  violazione  dell'art.  77  da   parte
 dell'impugnato  decreto-legge  risulta  poi  dallo  stesso  carattere
 reiterativo dei precedenti decreti-legge nn. 124, 260, 353 e 463  del
 1996.    Orbene,  codesta  ecc.ma  Corte  con  la recente sentenza n.
 360/1996 ha efficacemente affermato che il  decreto-legge  iterato  o
 reiterato  e'  violativo  del  precetto  costituzionale  "... perche'
 altera   la   natura   provvisoria   della   decretazione   d'urgenza
 procrastinando,  di  fatto,  il  termine  invalicabile previsto dalla
 Costituzione per la conversione in legge; perche'  toglie  valore  al
 carattere   "straordinario"   dei   requisiti   della   necessita'  e
 dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare  e
 prolungare  nel  tempo  il richiamo ai motivi gia' posti a fondamento
 del  primo  decreto;  perche'  attenua  la  sansione  della   perdita
 retroattiva  di  efficacia  del  decreto  non  covertito,  venendo il
 ricorso  ripetuto  alla  reiterazione  a  suscitare  nell'ordinamento
 un'aspettativa  circa  la  possibilita'  di  consolidare  gli effetti
 determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale
 della  disciplina reiterata".  Inoltre la prassi diffusa e prolungata
 della reiterazione incide negli equilibri istituzionali, "alterando i
 caratteri della  stessa  forma  di  governo  e  l'attribuzione  della
 funzione  legislativa  ordinaria al Parlamento".  Viene poi intaccata
 la stessa certezza del diritto nei rapporti tra i diversi oggetti per
 l'impossibilita' di prevedere sia la durata  nel  tempo  delle  norme
 reiterate  che l'esito finale del processo di conversione.  Ancora la
 citata sentenza n. 360/1996 statuisce che "il divieto di iterazione e
 di  reiterazione,  implicito  nel  disegno  costituzionale,  esclude,
 quindi,  che  il  Governo  in  caso  di  mancata  conversione  di  un
 decreto-legge, possa riprodurre, con un nuovo decreto,  il  contenuto
 normativo dell'intero testo o di singole disposizioni del decreto non
 convertito,  ove il nuovo decreto non risulti fondato su autonomi (e,
 pur sempre, straordinari) motivi di  necessita'  ed  urgenza,  motivi
 che,  in  ogni caso, non potranno essere ricondotti al solo fatto del
 ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto.
 Se e' vero, infatti, che in caso di mancata  conversione  il  Governo
 non  risulta spogliato del potere di intervenire nella stessa materia
 con lo strumento della decretazione d'urgenza, e' anche vero che,  in
 questo caso, l'intervento governativo - per poter rispettare i limiti
 della straordinarieta' e della provvisorieta' segnati dall'art.  77 -
 non  potra'  porsi  in  un rapporto di continuita' sostanziale con il
 decreto non  convertito  (come  accade  con  l'iterazione  e  con  la
 reiterazione)  ma  dovra',  in ogni caso, risultare caratterizzato da
 contenuti normativi sostanzialmente  diversi  ovvero  da  presupposti
 giustificativi  nuovi  di natura "straordinaria".   Alla luce di tali
 chiarissimi    quanto  condivisibili  principi  non  puo'   dubitarsi
 dell'illegittimita'  costituzionale  degli  impugnati artt. 2 e 3 del
 decreto-legge n. 552/1996: dal momento che essi hanno  formalmente  e
 sostanzialmente  riprodotto,  in  assenza  di  nuovi  e  sopravvenuti
 presupposti straordinari  di  necessita'  ed  urgenza,  il  contenuto
 normativo  degli  artt. 2 e 3 del precedente e abrogato decreto-legge
 n. 463/1996|
   2.2. - Va pure precisato  che  la  violazione  dell'art.  77  della
 Costituzione va denunciata con diretto riferimento alla lesione delle
 competenze  legislative primarie della regione nel settore agricolo e
 zootecnico:   essendo ammissibile la  proposizione  di  tale  censura
 anche   da   parte   regionale   quando  essa  incide  sulle  proprie
 attribuzioni (sentenza n.  29/1995)  e  risulti  di  palese  evidenza
 (sentenza  n.  165/1995).    E  sotto tale aspetto deve eccepirsi che
 l'affermata  sussistenza  di   una   apodittica   ed   ingiustificata
 "straordinaria  necessita'  ed  urgenza"  (come  pure enunciato nella
 parte  premessa  dell'impugnato   decreto-legge)   rende   di   fatto
 incompatibile  e  inattuabile la partecipazione regionale alle scelte
 legislative che con  l'impugnato  decreto-legge  sono  state  assunte
 nella  delicata  materia  della  riduzione delle quote latte.  In tal
 modo surrettiziamente si violano le competenze regionali in  materia;
 e    quelle   nel   settore   dell'agricoltura   e   della   zotecnia
 specificatamente assegnate  alla  competenza  primaria  ed  esclusiva
 della ricorrente regione.
   2.3.   -   Si   ritiene  ammissibile  tale  illustrato  profilo  di
 incostituzionalita' in relazione ai principi giurisdizionali posti da
 codesta ecc.ma Corte, secondo i quali  nei  giudizi  di  legittimita'
 costituzionale  in  via  principale  l'interesse  a  ricorrere  delle
 regioni e' qualificato esclusivamente dalla finalita' di ripristinare
 l'integrita'   delle  competenze  costituzionalmente  garantite  alle
 medesime ricorrenti.   Pertanto  le  regioni  in  tale  sede  possono
 legittimamente  far  valere  presunte  violazioni  concernenti  norme
 costituzionali regolanti l'esercizio di un potere governativo -  come
 appunto  le  norme che abilitano il Governo ad adottare decreti-legge
 soltanto in presenza di situazioni di necessita' ed urgenza  -  nella
 misura  in  cui le stesse comportano di per se' lesione diretta delle
 sfere di  competenza  costituzionalmente  attribuite  alle  autonomie
 regionali  (cfr. sentenze nn. 314/1990, 544/1989, 1044 e 302 del 1988
 e 29/1995).  Risulta palese che il Governo ha emanato  le  contestate
 disposizioni  eludendo  il  dibattito parlamentare. Quindi la lesione
 delle competenze regionali deriva  direttamente  dall'utilizzo  della
 decretazione  d'urgenza alla quale e' stato fatto ricorso, in assenza
 assoluta peraltro dei presupposti costituzionali per essa  stabiliti.
 E  cio' - pure ripetesi - in aperto dispregio delle chiare e puntuali
 statuizioni esplicitate da codesta ecc.ma Corte  con  la  piu'  volte
 citata sentenza n. 520/1995.
   3. - Violazione dell'art. 3 della Costituzione per irragionevolezza
 delle  disposizioni  degli artt. 2 e 3 del decreto-legge n. 463/1996,
 in riferimento agli artt. 4, 8 St. (legge costituzionale  31  gennaio
 1963, n. 1).
   3.1.   -  Illogico  ed  irragionevole  risulta  l'art.  2  comma  2
 dell'impugnato decreto-legge, il quale stabilisce che  "entro  il  31
 marzo  1996"  l'AIMA  pubblica  appositi  bollettini di aggiornamento
 degli elenchi dei produttori e dei quantitativi ad essi spettanti nel
 periodo di applicazione del  regime  comunitario  delle  quote  lette
 1995-1996.      Innanzitutto  detta  disposizione  appare  del  tutto
 incongrua per il fatto che in data 23 ottobre  1996  si  dispone  che
 venga pubblicato un bollettino "entro il 31 marzo 1996": e quindi con
 riferimento ad una data gia' da tempo trascorsa.  E' ben evidente che
 tale  incongruenza deriva dalla operata reiterazion  e dei precedenti
 decreti-legge non convertiti (peraltro neppure richiamati):  ma  cio'
 non  toglie  che  appare  manifestamente  irragionevole,  chiaramente
 inapplicabile  e  veramente   incomprensibile   per   gli   operatori
 interessati  che  un  atto  legislativo  imponga  la fissazione di un
 termine  gia'  scaduto  per   l'effettuazione   di   un   adempimento
 amministrativo.   Secondariamente la evidente irragionevolezza deriva
 dalla circostanza che con la richiamata norma  del  decreto-legge  n.
 552/1996 si impone la pubblicazione di un bollettino di aggiornamento
 (avente  carattere  definitorio  e  costitutivo  dei rapporti e delle
 indicazioni quantitative in esso contenute) per la campagna  lattiera
 1995-1996,  quando  la  campagna  stessa e' gia' conclusa| Infatti il
 regolamento CEE n. 80/1968 (oggetto di applicazione con la  legge  n.
 468/1992)  stabilisce  che  la  campagna  di  produzione del latte e'
 compresa tra  il  1  aprile  e  il  31  marzo  dell'anno  successivo.
 Conseguentemente  non  solo  l'impugnato decreto-legge impone il gia'
 scaduto  termine  del  31  marzo  1996;  ma  incongruamente  viene  a
 disciplinare  dal 23 ottobre 1996 - e quindi in via irragionevolmente
 retroattiva la campagna annuale gia' conclusa allo  stesso  31  marzo
 1996.    Il  sistema  previsto dal regolamento n. 804/1968 e seguenti
 dalla legge n. 468/1992 non a caso prevedevano la  pubblicazione  dei
 bollettini  entro il 31 gennaio di ciascun anno per la determinazione
 degli  elenchi  aggiornati  dei produttori e dei quantitativi ad essi
 spettanti nel periodo decorrente dal  1  aprile  successivo.  Dovendo
 ovviamente  svolgersi la funzione programmatoria in via preventiva; e
 solo  in  via  successiva  il  controllo  sull'attivita'   produttiva
 lattiera.    L'avvenuta  fissazione  del  termine  del  31 marzo 1996
 all'art. 2 comma  1  dell'impugnato  decreto-legge  sconvolge  quindi
 principio  di  corretta  programmazione  della campagna di produzione
 lattiera; risultando altresi' contraria alle prescrizioni comunitarie
 in materia.  Tutto cio' non puo' che costituire ulteriore  violazione
 delle attribuz  ioni regionali, risultando una disciplina legislativa
 retroattiva inconciliabile con qualsivoglia forma di collaborazione e
 comunque  violativa  dei  corretti  rapporti Stato/Regioni: in quanto
 sancisce ulteriormente  la  sottrazione  alle  Regioni  di  qualunque
 facolta' di programmazione delle produzione lattiera.
   3.3.  - Il sistema dei ricorsi da parte dei produttori dissenzienti
 rispetto ai dati riportati nel pubblicato bollettino,  stabilito  poi
 dall'art.  2  comma  3 dello stesso decreto-legge n. 552/1996, appare
 irrazionale ed irragionevole sotto molteplici profili.   Tralasciando
 ogni  considerazione  critica  sia  sulla  opportunita'  di prevedere
 l'ormai desueto "ricorso in opposizione" per la  contestazione  delle
 risultanze  dei pubblicati bollettini, sia sulla estrema brevita' dei
 termini per la proposizione dei ricorsi  stessi,  va  fatto  rilevare
 pero' come risulti contrario ai consolidati e pacifici principi della
 giurisprudenza  non  ammettere  l'impugnatibilita'  immediata  di  un
 provvedimento amministrativo; ma  subordinare  la  esperibilita'  del
 ricorso  al  giudice  amministrativo  alla  preventiva  e  necessaria
 proposizione dell'indicato rimedio oppositivo.   L'imposizione di  un
 preventivo ricorso amministrativo risulta ancora piu' illogica ove si
 consideri  che  lo  stesso  comma  3  prevede  poi la possibilita' di
 formazione  del  silenzio-rigetto   a   fronte   delle   impugnazioni
 presentate  dei  produttori  interessati.    Risultando materialmente
 impossibile per l'AIMA fornire una decisione sui migliaia di  ricorsi
 che  gia'  sono  stati  presentati o preannunciati con riferimento ai
 pubblicati e pubblicandi bollettini (dei quali e' stata  rilevata  da
 piu'  parti  la  estesa erroneita'), la previsione del rigetto tacito
 degli stessi per decorrenza del termine fissato si  risolvera'  nella
 necessita'   di   una   ulteriore  impugnazione  giurisdizionale  nel
 successivo termine di sessanta giorni: con la  conseguenza  di  grave
 pregiudizio   alla   gia'   precaria   funzionalita'   dei  tribunali
 amministrativi regionali, di un oneroso esborso monetario  per  oneri
 legali  da  parte  dei  numerosi produttori ricorrenti (il piu' delle
 volte di gran lunga superiore rispetto all'interesse che  si  intende
 far valere); ed infine di un prolungamento sine die della definizione
 delle  quote  latte  effettivamente  spettante  a  ciascun produttore
 (contrastando tale inevitabile ritardo con la conclamata  urgenza  di
 detta   definizione).      Il   sistema   di  impugnazione  delineato
 dell'impugnato   decreto-legge   risulta   palesamente   irrazionale,
 macchinoso,  ingiustificato;  e'  fatto apposta per non garantire ne'
 una certezza di diritto per i destinatari della emanata normativa ne'
 per conseguire quegli obiettivi di razionalizzazione delle quote  per
 il  quale  il  decreto-legge  n.  463/1996  e' stato adottato facendo
 riferimento proprio alla "straordinaria necessita' ed  urgenza".    I
 suddenunciati   profili  di  irrazionalita'  determinano  una  sicura
 lesione della  competenza  istituzionale  della  regione  ricorrente,
 nella  materia  agricolo-zootecnica:  giacche'  essa, gia' esclusa da
 ogni attivita' di  intervento  collaborativo  o  partecipativo  sulla
 delicata   materia   delle   riduzioni   delle   quote,   si  ritrova
 nell'impossibilita' di svolgere le proprie attribuzioni nel  comparto
 della politica agraria alterato da un ampio contenzioso.
   3.4.  -  Ulteriori  motivi  di  illegittimita'  costituzionale  per
 irragionevolezza vanno denunciati con riferimento  anche  all'art.  3
 dell'impugnato  decreto.    In  generale si rileva che detto articolo
 specifica ulteriormente la decisione - gia' assunta dal  Governo  con
 il   precedente   decreto-legge   n.  440/1990  e  reiterato  con  il
 decreto-legge n. 542/1996 - di annullare con effetto  retroattivo  la
 procedura  di  compensazione  in  ambito  regionale  effettuata dalle
 Associazioni di produttori; stabilendosi che per il periodo 1995-1996
 di regolamentazione della produzione  lattiera  cessa  l'applicazione
 dei  commi  5,  6, 7, 8 e 9 dell'art. 5 della legge n. 468/1992 (tali
 previsioni  peraltro  gia'  sono  state  oggetto  di   eccezione   di
 legittimita'  costituzionale  di  fronte a codesta ecc.ma Corte).  La
 ricorrente regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che  il  conseguente
 ora  impugnato art. 3 del decreto-legge n. 463/1996 risulti anch'esso
 costituzionalmente illegittimo in quanto violativo  delle  competenze
 ad  essa  statutariamente  attribuite  in  materia  di  agricoltura e
 zootecnia,  in  quanto  l'atto  legislativo  statale   contiene   una
 disciplina irrazionale ed emanata in dispregio del principio di leale
 collaborazione.    In  particolare  deve  sottolinearsi che i criteri
 dettati al comma 1 non favoriscono il settore  produttivo  zootecnico
 della  regione.    Innanzitutto  perche'  si prevede alla lett. c) il
 criterio di priorita' a favore  dei  produttori  ubicati  nelle  zone
 svantaggiate;  ma  poiche'  tali  zone non sussistono nell'ambito del
 territorio  regionale,  a  maggior  ragione  appare  irrazionale  una
 previsione  di tal genere volta a privilegiare aree geografiche senza
 effettiva giustificazione  motivazionale  e  senza  che  la  relativa
 previsione  fosse  stata  sottoposta specificatamente al parere della
 ricorrente regione.  Il successivo comma 2 disciplina  unicamente  la
 compensazione nazionale  , la quale invece dovrebbe essere  preceduta
 dalla  compensazione  a  livello  di Associazione di produttori, come
 originariamente previsto dalla legge n. 468/1992; le  cui  previsioni
 sono state illegittimamente rese inefficaci dai decreti-legge nn. 440
 e  542  del 1996.  Il comma 3 stabilisce che limitatamente al periodo
 1995-1996 la compensazione  nazionale  sia  effettuato  entro  il  25
 settembre 1996, con riferimento ai bollettini di aggiornamento di cui
 al  precedente art. 2, comma 1 e tenuto conto dell'esito dei ricorsi.
 Prevede poi che gli  acquirenti  versino  il  prelievo  supplementare
 entro  il  30  settembre  1996 sulla base di appositi elenchi redatti
 dall'AIMA a seguito della seddetta compensazione nazionale. Si tratta
 di una ulteriore norma retroattiva, la quale assume a parametro della
 compensazione nazionale l'emanato bollettino n. 2 AIMA,  notariamente
 affetto  da  tali  errori  da  essere  inutilizzabile  da parte della
 regione, alla quale non e' neppure noto l'esito concreto dei ricorsi.
 Oltre che per  tale  motivo  la  stessa  disposizione  risulta  anche
 assolutamente   irragionevole   per   quanto  riguarda  la  scansione
 temporale degli adempimenti previsti. Prova di cio' e' il fatto che i
 termini in essa previsti non sono stati  rispettati:  in  quanto  gli
 elenchi  predisposti dall'AIMA sono pervenuti alla ricorrente regione
 il 28 settembre e ai singoli primi acquirenti il 1 ottobre  e  giorni
 successivi.    Si  ricorda  come al contrario l'art. 5 della legge n.
 468/1992 prevedev  a che i pirmi acquirenti  versassero  il  prelievo
 supplementare  entro  venti giorni dal ricevimento della raccomandata
 da parte dell'Associazione dei produttori con la quale  era  indicato
 il pagamento da effettuarsi.  Ora invece la previsione dell'impugnato
 comma 3 dell'art. 3 relativa al versamento da effettuarsi entro il 30
 settembre  non  poteva  essere  concretamente rispettata in quanto, a
 causa della brevita' del termine, essa conduce -  come  di  fatto  e'
 avvenuto  -  a  comunicazioni  successive dalla data legislativamente
 prevista.  Tale profilo di irrazionalita' conduce  direttamente  alla
 lesione  delle competenze regionali, in quanto la ricorrente regionle
 si trova nella concreta impossibilita' di  svolgere  le  funzioni  di
 controllo  di  cui  all'art.  6 della legge n. 468/1992.   Inoltre le
 nuove impugnate disposizioni statali non specificano il termine entro
 il quale gli acquirenti devono  comunicare  alla  regione  l'avvenuto
 versamento;  senza contare che in ogni caso - stante l'impossibilita'
 di rispetto del termine - ogni funzione di controllo si appaleserebbe
 comunque iniqua e  irrazionale,  in  quanto  formalmente  le  regioni
 dovrebbero  applicare la sanzione prevista dall'art. 6 della legge n.
 468/1992 per mancato rispetto dei termini,  laddove  gli  stessi  non
 potevano  essere assolutamente rispettati.  In riferimento al comma 4
 si eccepisce poi che il puntuale rispetto delle competenze  regionali
 avrebbe  richiesto  il  mantenimento  della previsione di una riserva
 regionale, la  cui  esclusione  doveva  peraltro  essere  oggetto  di
 puntuale  intesa  con  la  regione  in  considerazione  dei  negativi
 riflessi economici derivanti dall'effettuazione  della  compensazione
 solo   in  sede  nazionale.    Di  fatto  il  nuovo  sistema  conduce
 all'applicazione nei confronti degli allevatori della regione di  una
 multa  di  importo superiore agli otto milioni e duecento milioni. Al
 contrario la compensazione in  sede  di  associazioni  di  produttori
 avrebbe  evidenziato  un prelievo di soli ottocentocinquanta milioni,
 il quale avrebbe consentito di avviare un processo  di  compensazione
 non  traumatico fra le aziende che sono in riduzione dell'attivita' e
 aziende che sono  in  fase  di  sviluppo.    Il  successivo  comma  5
 stabilisce  che  a  seguito  del programma volontari   o di abbandono
 totale o parziale  della produzione lattiera, viene  attribuita  alla
 regione  di  provenienza  almeno  il  50% dei quantitativi oggetto di
 abbandono.  Anche tale previsione e' stata emanata senza tener  conto
 dei  pareri contrari pure espressi dalla maggior parte delle regioni.
 Ed  anche  la  ricorrente  ritiene  che  la  riassegnazione  in  sede
 regionale  solo  di  una percentuale delle quote oggetto di abbandono
 determina  una  impossibilita'  di  espletamento   delle   competenze
 attribuite  ad essa in materia; le quali richiederebbero che tutte le
 quote di abbandono nell'ambito di una Regione siano riassegnate  alla
 medesima.    Infine,  per quanto riguarda il comma 5 dell'articolo 3,
 risulta violativa dell'art.  4  e  8  dello  Statuto,  la  previsione
 autoritativa dei criteri di redistribuzione in ambito regionale delle
 quote  provenienti  dal  programma di abbandono, in quanto i medesimi
 criteri dovrebbero rientrare pienamente  nell'ambito  delle  potesta'
 regionali  e  quindi  dovrebbero  essere  determinati  dalle  regioni
 stesse.