IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli artt. 391 e 549 del c.p.p.; rilevato che l'arresto e' stato compiuto nelle condizioni previste dalla legge solo per quanto concerne l'art. 7-septies d.-l. 19 marzo 1996 n. 132, comma 4, stante che non sussiste l'ipotesi di cui ai commi 1 e 2 stesso articolo; Convalida l'arresto operato; Rilevato che in ordine al disposto degli artt. 7 e seguenti sino all'art. 7-septies decreto-legge n. 132/1996 si pone dubbio non manifestamente infondato di legittimita' costituzionale alla luce degli artt. 25 e 77 Cost. O s s e r v a Il principio di riserva di legge in materia penale (art. 25 della Costituzione) possiede, quale primo e fondamentale significato, quello secondo cui le scelte di politica criminale sono monopolio esclusivo del Parlamento mentre l'ammissibilita' di nuove norme di diritto penale introdotte attraverso decreti legislativi o decreti-legge e' connessa alla circostanza che sia comunque assicurato l'intervento del Parlamento in posizone sovraordinata; ora quale organo delegante ora quale organo cui e' rimesso il potere di conferire stabilita' e durevolezza attraverso la legge di conversione a disposizioni normative precarie, soggette a decadenza in caso di inutile decorso del termine di sessanta giorni dettato dall'art. 77 della Costituzione ed emanate dal Governo in casi straordinari di necessita' ed urgenza tali da non consentire la normale legiferazione in via ordinaria del Parlamento. Deve inoltre osservarsi come recentemente la Corte costituzionale (sentenza n. 29/1995) abbia rivendicato a se' il potere di valutare l'esistenza di presupposti di necessita' ed urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione per l'emanazione di decreti-legge da parte dell'esecutivo, affermando che "... la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' ed urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilita' applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione ...". Rispetto ora al d.-l. 18 novembre 1996 (che oltretutto costituisce terza reiterazione di un decreto-legge, il 18 novembre 1995 n. 489, che non trovera' certamente conversione in questa fase di scioglimento delle Camere e che si presenta quale ulteriore esempio di normazione surrettizia al di fuori completamente dello schema normativo segnato dalla Costituzione) puo' osservarsi come nel preambolo venga "ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di adeguare in termini piu' razionali la normativa in tema di immigrazione nel territorio dello Stato da parte di cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea al fine di renderne piu' efficace l'operativita'": non manifestamente infondata risulta pertanto la questione relativa alla effettiva sussistenza dei requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza rispetto alla mera esigenza di razionalizzazione di normativa gia' da tempo esistente (in particolare la legge n. 39/1990) in relazione ad un fenomeno sociale come quello della immigrazione extracomunitaria che, anche nei suoi aspetti per cosi' dire patologici appare ormai stabilmente presente nella fisionomia del nostro Stato ed in relazione al quale non appaiono essersi realizzate in tempi recenti modifiche o evoluzioni di portata talmente straordinaria da richiedere un intervento legislativo immediato nelle forme e con gli effetti di cui all'art. 77 della Costituzione soprattutto in relazione all'introduzione di quelle norme aventi immediata rilevanza penale - sono tra l'altro previste diverse nuove fattispecie delittuose quale in particolare quella per cui e' stato oggi valutato la legittimita' dell'arresto del Seljimi - per le quali quindi, in eventuale assenza di effettive circostanze straordinarie, la decretazione di urgenza appare incompatibile con l'elevatezza dei valori in gioco, anche in relazione al rischio di formulazioni prive di quei caratteri di chiarezza ed assoluta determinatezza sottesi al principio di riserva di legge in materia penale consacrato dall'art. 25 della Costituzione. Peraltro si rileva che l'introduzione di un reato, quale quello contestato all'arrestato, di trattenimento nel territorio dello Stato successivamente ad un provvedimento di espulsione emesso in epoca in cui la violazione del provvedimento di espulsione - rectius: la sua inosservanza - veniva sanzionato unicamente con l'esecuzione coattiva mentre oggi e' sanzionato penalmente, determina una violazione del principio secondo cui un fatto e' punibile allorche' la fattispecie che lo prevede sia entrata in vigore prima della sua realizzazione: viceversa nel caso di specie, non avendo fatto alcuna distinzione in ordine alla relazione temporale tra commissione del fatto e tempo della notifica del provvedimento di espulsione, si sanziona penalmente anche chi, raggiunto da provvedimento di espulsione prima dell'entrata in vigore del decreto che ne sanziona penalmente l'inosservanza, aveva eventualmente previsto unicamente il rischio di una esecuzione coattiva nei suoi riguardi anziche', quello della commissione di un delitto. Il che' pone sicuramente un problema di non manifesta infondatezza rispetto alla possibile violazione dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione.