IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n.  4780/1991,  passata  in  decisione alla udienza collegiale del 20
 febbraio 1996, avente ad oggetto: risarcimento danni  da  occupazione
 illegittima,  e  vertente  tra  D'Amore Luigi, rappresentato e difeso
 dall'avvocato Antonio Lamberti, e con lui  elettivamente  domiciliato
 in Santa Maria Capua Vetere, via L. De Michele, presso lo  studio del
 dott. proc. Eliseo Laurenza, in virtu' di mandato a margine dell'atto
 di citazione, attore, e il comune di Trentola Ducenta, in persona del
 sindaco pro-tempore, convenuto-contumace.
                              Conclusioni
   All'udienza  del  4  maggio  1993  il  procuratore  dell'attore  ha
 concluso per la condanna del convenuto comune al pagamento, a  titolo
 di  risarcimento  danni,  di  indennita' e di ogni altro, di tutte le
 somme dovute per l'occupazione dell'area  in  oggetto  e  conseguente
 perdita della stessa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, con
 vittoria di spese di lite e sentenza clausolata.
                           Premesso in fatto
   Con  atto  di  citazione  ritualmente notificato il 28 maggio 1991.
 D'Amore Luigi.
   Premesso: di essere proprietario di un suolo in  Trentola  Ducenta,
 in  catasto alla partita n. 1344, f. 3, p.lla n. 365 della superficie
 di ha 1.02.90: che con decreto del sindaco  di  Trentola  Ducenta  n.
 4217  del 5 settembre 1986 e giusta delibera della g.m. n. 370 del 28
 ottobre 1981 e delibera consiliare n. 34 del 30  luglio  1986  veniva
 disposta  l'occupazione  temporanea  in via d'urgenza di mq. 1980 del
 predetto  fondo:  che  alla  presa  di  possesso  faceva  seguito  la
 realizzazione delle opere; che nonostante la realizzazione dei lavori
 ed  il  decorso  del  biennio  previsto  per l'occupazione, l'istante
 ancora non aveva ricevuto alcun indennizzo per la perdita del suolo e
 per l'occupazione abusiva; che esso attore, pertanto,  aveva  diritto
 alla  restituzione  del  suolo  illegittimamente occupato, ovvero, in
 caso  di  sua  irreversibile  destinazione  ad  opera  pubblica,   al
 risarcimento  dei  danni  derivanti  dalla  perdita  del  diritto  di
 proprieta', mediante il pagamento di una somma  pari  al  valore  del
 suolo  nonche'  alla  diminuzione  di  valore della parte residua del
 fondo, oltre al pagamento dell'indennita' per l'occupazione legittima
 ed il  risarcimento  per  l'occupazione  abusiva,  il  tutto  con  la
 rivalutazione monetaria per diminuito potere di acquisto della moneta
 ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, c.c.
   Citava  il  comune di Trentola Ducenta per sentir cosi' provvedere:
 dichiarare l'illegittimita' e, quindi, l'abusivita'  dell'occupazione
 del  fondo  di  proprieta'  dell'attore;  condannare  il  comune alla
 restituzione del fondo tutto ed al risarcimento dei danni subiti;  in
 caso  di  irreversibile destinazione del fondo a finalita' pubbliche,
 condannare il comune a risarcire all'istante tutti i danni subiti per
 l'occupazione e l'irreparabile perdita del fondo  di  sua  proprieta'
 nonche'  per  la  diminuzione  di valore delle parti residue mediante
 versamento delle somme che saranno determinate in corso di  giudizio,
 previo  esperimento  di  c.t.u.; condannare il comune al pagamento di
 quanto dovuto a titolo di  indennizzo  per  l'occupazione  legittima,
 nonche'  al  pagamento  su tutte le somme di interessi compensativi e
 composti  dalla  data  dell'occupazione  abusiva  fino  all'effettivo
 soddisfo, oltre svalutazione; condannare il comune al pagamento delle
 spese  di  lite  con  attribuzione: munire la sentenza di clausola di
 provvisoria esecuzione.
   Instauratosi  il  contraddittorio,  non  si costituiva il comune di
 Trentola Ducenta.
   Espletata  c.t.u.,  dopo  breve   trattazione   la   causa,   sulle
 conclusioni  in  epigrafe trascritte, veniva rimessa al Collegio che,
 all'udienza del 20 febbraio 1996, se ne riservava la decisione.
                          Ritenuto in diritto
   1. - Osserva innanzitutto il Collegio che la  proposta  domanda  di
 risarcimento  danni  per  effetto  della  radicale trasformazione del
 fondo con l'irreversibile sua destinazione al fine della  costruzione
 dell'opera  pubblica  (cfr. ex multis Cass. S.U. 12546/1992), implica
 che alla fattispecie  dedotta  in  giudizio  debba  essere  applicato
 l'art.   5-bis, comma 6, del decreto-legge n. 333/1992 convertito con
 modificazioni  nella  legge  n.  359/1992,    cosi'  come  modificato
 dall'art.   1,   comma   65,  della  legge  n.  549/1995  "Misure  di
 razionalizzazione della finanza pubblica".
   Il comma 1 dell'art. 5-bis dispone  che:  "Fino  all'emanazione  di
 un'organica  disciplina  per tutte le espropriazioni preordinate alla
 realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello Stato,
 delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici
 o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate
 alla realizzazione di  opere  o  interventi  dichiarati  di  pubblica
 utilita',  l'indennita'  di espropriazione per le aree edificabili e'
 determinata a norma dell'art. 13, terzo comma, della legge 15 gennaio
 1885, n.    2892,  sostituendo  in  ogni  caso  ai  fitti  coacervati
 dell'ultimo  decennio  il  reddito  dominicale rivalutato di cui agli
 artt. 24 e seguenti  del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi,
 approvato  con  decreto  d.P.R.  22  dicembre 1986, n. 917. L'importo
 cosi' determinato e' ridotto del 40 per cento".
   Il comma 6 cosi' disponeva: "Le disposizioni  di  cui  al  presente
 articolo    in   materia   di   determinazione   dell'indennita'   di
 espropriazione  non  si  applicano  ai  procedimenti  per   i   quali
 l'indennita'  predetta sia stata accettata dalle parti o sia divenuta
 non  impugnabile  o  sia  stata  definita  con  sentenza  passata  in
 giudicato  alla  data di entrata in vigore della legge di conversione
 del presente decreto".
   L'art. 1, comma 65, che ha  sostituito  integralmente  tale  ultimo
 comma, testualmente sancisce che: "Le disposizioni di cui al presente
 articolo  si  applicano  in tutti i casi in cui non sono stati ancora
 determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo eo
 del risarcimento del danno, alla data  di  conversione  del  presente
 decreto".
   Tale   modifica   legislativa  ha  avuto  l'effetto  di  comportare
 l'applicazione dell'art.  5-bis,  comma  1,  anche  ai  casi  di  cd.
 "accessione   invertita"   cosi'   come  chiaramente  evincibile:  a)
 dall'operato abbinamento disgiuntivo e  congiuntivo  contenuto  nella
 norma;  b)  dall'impossibilita' logica di riferire i predetti criteri
 al risarcimento danni dal occupazione temporanea  illegittima,  unico
 altro risarcimento ipotizzabile nella cd. accessione invertita.
   Che,   poi,   tale  norma  debba  trovare  applicazione  quale  ius
 superveniens  nella  fattispecie  in   esame,   non   e'   seriamente
 contestabile  sol  che  si  consideri  che in seguito all'occupazione
 illegittima dell'immobile del D'Amore non ancora e' stato determinato
 l'importo del risarcimento danni, con la conseguenza che  non  si  e'
 potuto formare il giudicato in ordine al quantum allo stesso dovuto.
   2.  -  Tanto  premesso,  osserva  il  Collegio  che la questione di
 legittimita' costituzionale (rilevabile anche d'ufficio per  attenere
 ad  una delle componenti del giudizio, la questione di diritto) della
 predetta norma in relazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione  non
 e' manifestamente infondata.
   Invero, sotto il profilo dell'art. 3 Cost. per effetto dell'entrata
 in  vigore del comma 6 dell'art. 5-bis del decreto-legge n. 333/1992,
 convertito con modificazioni nella  legge  n.  359/1992,  cosi'  come
 modificato  dall'art.  1,  comma  65,  legge  n.  549/1995 si viene a
 creare:
     1) un'ingiustificata discriminazione, rispetto ad altre categorie
 di soggetti passivi di atti illeciti, dei  titolari  dei  diritti  di
 proprieta'  immobiliare  illegittimamente  acquisiti dalla p.a., o da
 chi per essa si sia avvalso dell'istituto dell'accessione  invertita,
 posto che nei loro confronti non opererebbe piu' il principio secondo
 cui chi subisce una decurtazione del proprio patrimonio ha diritto ad
 essere   integralmente   reintegrato  carico  dell'autore  del  fatto
 illecito, soggetto privato o pubblico che sia (art. 2043 c.c.);
     2) una ingiusta disparita'  di  trattamento,  rispetto  ad  altre
 categorie  di  soggetti attivi di atti illeciti, in favore della p.a.
 che acquistando il diritto di proprieta' spettante al privato viene a
 sovrastare gli altri soggetti illegittimamente differenziandosene non
 nell'esercizio   di   potesta'   dalla   legge    attribuitele,    ma
 nell'esercizio  di un potere di fatto che rientra sotto la disciplina
 del diritto comune.
   Sotto il profilo dell'art 42 Cost. per l'ingiustificata, al di  la'
 di  una  non  meglio specificata volonta' di contenimento della spesa
 pubblica,   equiparazione   degli    effetti    patrimoniali    delle
 espropriazioni svoltesi nel rispetto delle regole ad esse preordinate
 e di quelle ablazioni verificatesi al di fuori da ogni schema legale.
   Invero,  l'operata  assimilazione delle due fattispecie finisce con
 il vanificare il principio di  legalita',  sul  quale  e'  imperniato
 l'intero  sistema  ordinamentale  amministrativo,  di cui all'art. 42
 Cost. - col prevedere che la proprieta' privata puo' essere nei  casi
 preveduti  dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di
 interesse generale - costituisce applicazione.
   Delle due l'una. Il legislatore alternativamente o  ha  inteso  dar
 vita ad una nuova fattispecie legale di "espropriazione di fatto" che
 si  affianca a quella rituale, quale via alternativa e sommaria al di
 fuori di ogni  garanzia  formale,  ai  fini  dell'acquisizione  della
 proprieta'  dei  fondi  per  la  realizzazione  di  opere di pubblico
 interesse, ma cio' in dispregio del principio di legalita' che impone
 che la p.a. eserciti le potesta' che  le  sono  proprie  nelle  forme
 procedimentali    necessarie   ai   fini   del   buon   andamento   e
 dell'imparzialita', o ha inteso sollecitare la  p.a.  a  seguire  una
 strada, quella "dell'espropriazione di fatto illecita" piu' economica
 e piu' veloce rispetto a quella legale, ma cio' in violazione sia del
 principio  di  legalita'  sia  di quello di uguaglianza tra privati e
 p.a., che deve necessariamente operare allorquando la p.a. agisca  al
 di fuori dello schema legislativamente previsto.
   3.  - Conclusivamente si vuole sottoporre alla Corte costituzionale
 questo duplice esame:
     1) se sia costituzionalmente legittimo l'art. 5-bis decreto-legge
 n. 333/1992 convertito con modificazioni  nella  legge  n.  359/1992,
 cosi'  come  riformulato  a seguito della modifica disposta dall'art.
 1, comma 65, legge n. 549/1995, in relazione all'art. 3  Cost.  sotto
 il  profilo  sia  dell'attribuzione    ai  soggetti danneggiati dalle
 illegittime  occupazioni  acquisitive  di  un  ristoro   patrimoniale
 decurtato  rispetto  a quello spettante in base al principio generale
 del neminem laedere, sia dell'attribuzione alla p.a. di una posizione
 ingiustificatamente  differente  rispetto  a   quella   dei   privati
 allorquando questa operi in base alle norme di diritto comune;
     2)  se  l'art.  5-bis  decreto-legge  n.  333/1992 convertito con
 modificazioni nella legge  n.  359/1992,  cosi'  come  riformulato  a
 seguito  della  modifica  disposta  dall'art.  1,  comma 65, legge n.
 549/1995, abbia introdotto,  sia  pure  larvatamente,  una  forma  di
 espropriazione del tutto svincolata dalle garanzie procedimentali, e,
 quindi,  in  violazione del principio di legalita' e conseguentemente
 dell'art. 42, terzo comma, Cost..
   Il processo va, pertanto, sospeso ai sensi dell'art.  23  legge  n.
 87/1957, e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio
 di sua competenza ai sensi degli artt. 134 e segg. Cost..