IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1131 del 1994 proposto da Abbioui Abderrahim, rappresentato e difeso dall'avv. Filiberto Abbate, domiciliato elettivamente in Latina presso la cancelleria del T.A.R.; contro la prefettura di Frosinone, in persona del prefetto pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato con domicilio ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento del decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso nei confronti del ricorrente della prefettura di Frosinone il 7 maggio 1994 n. 11/94; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista l'ordinanza collegiale 29 luglio 1994 n. 610 con la quale e' stata respinta la domanda incidentale di sospensione del decreto impugnato; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno - prefetto di Frosinone - questore di Frosinone; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 3 novembre 1995 il presidente dott. Antonio Camozzi; Udito l'avvocato dello Stato A. Elefante per l'Amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Dagli atti di ufficio della prefettura di Frosinone risulta che il sig. Abbioui Abderrahim, cittadino del Regno del Marocco, entrato in Italia il 16 luglio 1990 munito di valido passaporto, non ha mai regolarizzato la sua posizione di soggiorno sul territorio nazionale. Per questo motivo detta autorita' ne ha decretato l'espulsione ai sensi dell'art. 7, comma 2, della legge n. 39 del 28 febbraio 1990. L'atto, del 7 maggio 1994 notificato il giorno stesso, e' stato impugnato dall'interessato con ricorso in questa sede notificato il 29 giugno a mani dell'incaricato della ricezione negli uffici della prefettura di Frosinone e depositato nella segreteria della sezione il 30 giugno 1994. Sono state esposte le seguenti censure: 1. - Incostituzionalita'. La norma di cui all'art. 7, comma 2, della legge n. 39/1990, in base alla quale il provvedimento e' stato emesso, e' incostituzionale in relazione agli artt. 3, 25, 27, 35 e 97 della Costituzione laddove all'Amministrazione non e' concessa alcuna valutazione di opportunita' in relazione al caso concreto configurandosi l'espulsione come atto dovuto per la semplice violazione delle disposizioni sull'ingresso e soggiorno in Italia degli stranieri extracomunitari. 2. - Violazione di legge ed eccesso di potere per difettosa istruttoria. Il prefetto non ha considerato come il ricorrente fosse in possesso di requisiti di per se' idonei a consentirne la permanenza in Italia, quali l'essere entrato non clandestinamente, l'aver conseguito una stabile situazione di sostentamento e l'essersi messo in regola con le disposizioni annninistrative e sanitarie. La domanda incidentale di sospensione dell'atto impugnato e' stata respinta con ordinanza collegiale 29 luglio 1994, n. 610. L'Amministrazione intimata si e' costituita in giudizio il 19 agosto 1995 senza depositare scritti difensivi. All'udienza del 3 novembre 1995, presente la difesa erariale che si e' rimessa a giustizia, la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o La nullita' della notificazione del ricorso, eseguita nella sede reale dell'Amministrazione intimata in violazione dell'art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 come modificato dalla legge 25 marzo 1958, n. 260, nonche' dell'art. 10, terzo comma, della legge 3 aprile 1979, n. 103, e' stata sanata in seguito alla costituzione in giudizio della stessa Amministrazione avvenuta il 19 agosto 1995 - art. 156, comma 3 c.p.c. -. Pertanto il gravame dovra' essere esaminato nel merito. Col primo motivo, ammessa l'ipotesi che la legge non offra alternative alla espulsione dello straniero in soggiorno irregolare, viene sollevata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, secondo comma, citato, per violazione degli artt. 3, 25, 27, 35 e 97 della Costituzione. La questione appare al collegio non manifestamente infondata, limitatamente al parametro dell'art. 3, e per considerazioni diverse da quelle prospettate. Ben vero, la norma costituzionale de qua si occupa ex professo dell'uguaglianza fra cittadini, e deve tenersi per certo che i padri fondatori a costoro, e solo ad essi, intendessero apprestare le garanzie, con assunzione di compiti, per la realizzazione in concreto del diritto; ben consapevoli della impossibilita' di darsi carico di simile obbiettivo nei confronti di tutti gli uomini. Ed infatti la Repubblica garantisce e riconosce all'uomo i diritti inviolabili - art. 2 - non tutti i diritti del cittadino; mentre la condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali - art. 10, secondo comma - ammettendosi quindi apenis verbis la disuguaglianza fra cittadini e stranieri: a ben vedere anzi, siffatta disuguaglianza e' connaturata ai concetti di Stato, territorio, nazione, patria, che implicano la distinzione, e la correlativa diversita' di stato giuridico, dei soggetti appartenenti ad una determinata comunita' rispetto agli estranei al corpo sociale. Tuttavia, nella interpretazione della suprema magistratura la norma dell'art. 3 e' stata dilatata al punto da ricomprendervi in genere il controllo di logicita' e ragionevolezza della legge. Su questa premessa il collegio ritiene di concedere ingresso al controllo di costituzionalita', sotto il profilo della ragionevolezza, per una legge che non discrimina le situazioni, negando protezione e tutela fino ai soggetti piu' deboli e ai casi umani piu' disperati. Con l'ulteriore precisazione, in contrasto con la prospettazione di parte, che appare peraltro del tutto giustificato affidare all'Amministrazione solo un potere vincolato pur nelle dovute articolazioni, ma con esclusione di scelte discrezionali in materia di riserva assoluta di legge. La questione e' rilevante perche' la sua risoluzione ha diretta incidenza sull'esito del ricorso. La rilevanza della questione permane anche nel vigore del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489 in Gazzetta Ufficiale n. 270 in pari data, o di norme successive di sostituzione o modifica del testo originario dell'art. 7, secondo 2, in discussione, atteso che la legittimita' del decreto prefettizio di espulsione sara' giudicata con riferimento alla legge del tempo in cui venne emanato, nel significato che sara' ad essa attribuito dall'interpretazione della Corte. Per le ragioni che precedono, va disposta la sospensione del giudizio con la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la decisione della sollevata questione pregiudiziale di costituzionalita' dell'art. 7, comma 2, del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39, siccome rilevante e non manifestamente infondata, col carico alla segreteria degli adempimenti di competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.