ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 6, del
 d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della
 finanza pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  8
 agosto  1992, n. 359, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 20 aprile
 1994 dalla Commissione  tributaria  di  primo  grado  di  Torino  sui
 ricorsi  proposti  da  GESAP  s.p.a. e da Gestioni esattoriali s.p.a.
 contro l'Intendenza di finanza di Torino, rispettivamente iscritte ai
 nn.   422 e 542  del  registro  ordinanze  1996  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  20  e  25,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 16 ottobre 1996 il giudice
 relatore Massimo Vari;
   Ritenuto che la Commissione tributaria di primo  grado  di  Torino,
 con  due  ordinanze  del 20 aprile 1994 - emesse nel corso di giudizi
 promossi rispettivamente da GESAP s.p.a. e  da  Gestioni  esattoriali
 s.p.a.,  concessionarie  del  servizio  di riscossione dei tributi di
 Torino,  contro  l'Intendenza  di  finanza,  per  l'impugnativa   del
 silenziorifiuto   formatosi  sull'istanza  di  rimborso  dell'imposta
 straordinaria del 6 per mille sui depositi bancari  e  postali  -  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 53 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,  comma  6,  del
 d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della
 finanza  pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 8
 agosto 1992, n. 359;
     che, secondo  il  rimettente,  la  disposizione  si  porrebbe  in
 contrasto  con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della
 Costituzione, in quanto dispone un prelievo sul risparmio bancario  e
 postale   che   colpisce   manifestazioni   di   ricchezza  fra  loro
 "diversissime", senza  tenere  conto  delle  differenti  causali  dei
 depositi  e  senza  considerare che, nel caso di specie, si tratta di
 tributi riscossi per conto  dello  Stato  e  non  di  risparmi  delle
 societa' ricorrenti;
     che  sarebbe  violato,  altresi',  l'art.  53 della Costituzione,
 trattandosi di prelievo non solo arbitrario, ma addirittura privo  di
 presupposto,  in  quanto  le  somme depositate sui conti correnti sui
 quali esso e' stato effettuato sono indice  rivelatore  di  ricchezza
 non del soggetto tassato (l'ente di riscossione), bensi' dello Stato,
 per cui conto l'ente di riscossione ha ricevuto i tributi versati dai
 contribuenti;
     che,  a tal proposito, secondo il rimettente, occorre considerare
 che l'ente concessionario risponde, dall'entrata in vigore del d.P.R.
 28 gennaio 1988, n. 43, del non riscosso per riscosso, e pertanto "ha
 gia' anticipato allo Stato le somme depositate dai  contribuenti  sui
 conti correnti dell'Ente di riscossione";
     che,  nel  primo  giudizio,  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  l'eccezione  sollevata  venga  dichiarata non
 fondata, dal momento che la questione e' stata gia'  esaminata  dalla
 Corte  nella  sentenza  n.  143  del  1995,  con  la  quale  e' stata
 considerata non influente la qualita'  soggettiva  del  titolare  del
 conto  e  la  natura del rapporto sottostante, giacche' l'imposizione
 colpisce oggettivamente il conto;
   Considerato che, secondo quanto gia' affermato  dalla  Corte  nella
 sentenza  n. 143 del 1995 e successivamente ribadito (sentenza n.  73
 del  1996),  l'imposta  in  questione  colpisce  il  bene  indice  di
 ricchezza    nella    sua   oggettivita'   e   che,   pertanto,   non
 irragionevolmente la legge la pone a carico di colui che  ne  risulta
 il detentore, indipendentemente da eventuali rapporti sottostanti con
 altri   soggetti,  nell'ambito  dei  quali  trovera'  definizione  il
 problema della ritenuta subita dal titolare del conto;
     che a tale principio non si sottraggono i rapporti intercorrenti,
 in materia di riscossione esattoriale, fra  il  concessionario  e  lo
 Stato,   tanto   che   l'amministrazione   finanziaria   ritiene  non
 assoggettabili alla ritenuta del 6 per mille le somme che affluiscono
 sui conti correnti postali, disciplinati dagli artt. 7,  comma  4,  e
 36,  comma  2,  del  d.P.R.  n.  43  del  1988, vale a dire su quelli
 destinati a recepire le riscossioni dei tributi  derivanti  dai  c.d.
 versamenti diretti e da quelli acquisiti mediante i ruoli;
     che  non si giustifica neppure il dubbio sollevato dal rimettente
 relativamente  al  diverso  caso  degli  importi   che,   a   seguito
 dell'adempimento   dell'obbligo  del  "non  riscosso  per  riscosso",
 affluiscono su conti bancari a ripristino delle somme che sono  state
 anticipate   dal   concessionario   con   mezzi  suoi  propri  e  che
 costituiscono, percio', ricchezza propria di quest'ultimo;
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.