ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161 (Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), promossi con due ordinanze emesse il 27 settembre 1995 e il 15 maggio 1996 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, nei giudizi di responsabilita' promossi dal procuratore regionale nei confronti di Russello Vincenzo ed altri e di Caldara Vincenzo ed altri, rispettivamente iscritte ai nn. 191 e 905 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 10 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il giudice relatore Riccardo Chieppa; Ritenuto che, con due ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, emesse rispettivamente in data 27 settembre 1995 (r.o. n. 191 del 1996) e in data 15 maggio 1996 (r.o. n. 905 del 1996), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161 (Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) nella parte in cui non consente, nei giudizi di responsabilita' amministrativa, che le parti possano comparire alla pubblica udienza anche a mezzo di professionisti non abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori; che, ad avviso del collegio rimettente, tale norma si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai giudizi pensionistici innanzi alla stessa Corte dei conti, per i quali non opera la riserva a favore degli avvocati c.d. cassazionisti; nonche' con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione (tale dovendosi intendere il parametro costituzionale invocato anche nella ordinanza r.o. n. 905 del 1996 - pur recante nel dispositivo il piu' generale richiamo all'art. 24 della Costituzione - in considerazione della specificazione contenuta nella parte motiva della stessa ordinanza) per l'ingiustificato maggior onere che la disposizione in questione comporterebbe per le parti private nei giudizi non pensionistici, costringendole ad avvalersi della prestazione di avvocati c.d. cassazionisti; che in entrambi giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilita' o la manifesta infondatezza della questione; Considerato che i giudizi, in quanto concernono questioni identiche, vanno riuniti e congiuntamente decisi; che questa Corte, con sentenza n. 173 del 1996, ha gia' dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 161 del 1953, allora sollevata in riferimento al solo art. 24, secondo comma, della Costituzione; che, non essendo stati dedotti argomenti nuovi o diversi da quelli gia' esaminati, la questione ora proposta in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, deve essere dichiarata manifestamente infondata; che, alla stregua delle affermazioni contenute nella citata sentenza n. 173 del 1996, e', altresi', da escludere il sospetto di vulnus all'art. 3 della Costituzione: la Corte ha, infatti, in quella pronuncia sottolineato che la esigenza di avvalersi, per i giudizi di responsabilita' amministrativa, di un avvocato abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori trova fondamento nella peculiarita' della trattazione ivi svolta, e nella particolare preparazione ed esperienza all'uopo necessaria; che, pertanto, anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.