ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 73, commi 4  e
 5, ultima parte, e 14, lettera b), numeri 1 e 2, del d.P.R. 9 ottobre
 1990,  n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
 stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,    cura    e
 riabilitazione  dei relativi stati di tossicodipendenza) promossi con
 n. 2 ordinanze emesse il 18 ottobre 1995 e il  10  gennaio  1996  dal
 giudice  per  le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma nei
 procedimenti  penali  a  carico  di  Pannella  Giacinto  ed  altri  e
 Buccolini Cesare ed altra, iscritte ai nn. 878 del registro ordinanze
 1995  e  168  del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica nn. 52, prima  serie  speciale,  dell'anno
 1995 e 10, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti  gli  atti di costituzione di Pannella Giacinto ed altri e di
 Pezzuto Vittorio nonche' gli atti di intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 9 luglio 1996 il giudice relatore
 Renato Granata;
   Uditi gli avvocati Franco Coppi, Adelmo Manna e Beniamino  Caravita
 di  Toritto  per  Pannella  Giacinto  ed altri, Beniamino Caravita di
 Toritto per Pezzuto Vittorio e l'avvocato dello Stato Paolo di Tarzia
 di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso del procedimento penale di convalida dell'arresto di
 Pannella Giacinto, detto Marco, ed altri per il reato di  cessione  a
 terzi di sostanze stupefacenti di cui alle tab. II e IV dell'art.  14
 del  d.P.R.  9  ottobre  1990,  n.  309,  il  giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale di Roma ha sollevato  (con  ordinanza
 del      18  ottobre  1995)  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 73, commi 4  e  5,  ultima  parte,  e  14,
 lettera  b),  numeri  1 e 2, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo
 unico delle leggi in materia di  disciplina  degli    stupefacenti  e
 sostanze  psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
 stati di tossicodipendenza) con riferimento agli artt.  3,  13  e  25
 della Costituzione. In particolare il giudice rimettente si duole del
 fatto  che  dette  norme  includano,  ai fini della prevista sanzione
 penale, i derivati della canapa indiana tra le sostanze  stupefacenti
 e   psicotrope   con  riferimento  alle  condotte  di  lieve  entita'
 riconducibili al quinto comma dell'art. 73 cit.
   Premette il giudice a quo che a seguito del referendum  abrogativo,
 il cui esito e' stato sancito dal d.P.R. 5 giu-gno 1993, n. 171, sono
 state depenalizzate le condotte di detenzione, acquisto, importazione
 di  qualsiasi  sostanza stupefacente per uso personale, mentre rimane
 sanzionata penalmente, tra l'altro, la condotta di cessione  gratuita
 di  cosiddette  droghe  leggere  in  modica quantita' che costituisce
 un'attivita'  "logicamente  e   necessariamente   propedeutica   alla
 detenzione per uso personale".
   E'  pero'  contraddittorio  -  ritiene il remittente - continuare a
 sanzionare tale attivita', mentre la detenzione per uso personale  e'
 stata  depenalizzata.  Ed in particolare le disposizioni censurate si
 rivelano arbitrarie ed irragionevoli perche' - violando il  principio
 di  offensivita' - sanzionano penalmente comportamenti, diversi dalla
 detenzione, relativi a stupefacenti la cui nocivita' e'  paragonabile
 (o  addirittura  inferiore) a quella di sostanze non vietate (ed anzi
 talora  commercializzate  dallo  Stato),  ancorche'   dichiaratamente
 nocive,  quali  il  tabacco,  l'alcool  e gli psicofarmaci, dai quali
 derivano dipendenza ed assuefazione (come riconosciuto  espressamente
 dal  legislatore  nell'art. 2, lettere a), c) e g), del d.P.R. n. 309
 del  1990).  Si  determina  in  tal  modo  anche  una  disparita'  di
 trattamento  che  non trova giustificazione nella tutela della salute
 (e dunque nella nocivita' delle sostanze), ne' in ragioni  di  ordine
 pubblico.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   L'Avvocatura  richiama  in  particolare  i principi affermati nella
 sentenza n. 360 del 1995, in cui questa Corte ha puntualizzato che la
 detenzione, l'acquisto e l'importazione di sostanze stupefacenti  per
 uso  personale  si  presentano come condotte in stretto collegamento,
 immediato  e   diretto,   con   l'uso   stesso;   collegamento   che,
 naturalmente,  si  riferisce  all'uso personale del medesimo soggetto
 che detiene.  Il che rende non irragionevole  un  atteggiamento  meno
 rigoroso  del legislatore nei confronti di chi, ponendo in essere una
 condotta direttamente antecedente al consumo,  ha  gia'  operato  una
 scelta  che  l'ordinamento  non intende piu' contrastare nella rigida
 forma della sanzione penale. Invece -  ritiene  l'Avvocatura  -  puo'
 dirsi che nella condotta di chi cede droghe leggere manca quel "nesso
 di immediatezza" con l'uso personale richiesto nella citata pronuncia
 di  questa  Corte,  e cio' e' sufficiente a giustificare un possibile
 atteggiamento di maggior rigore nella previsione della norma  penale,
 rientrando  nella discrezionalita' del legislatore anche la scelta di
 non agevolare comportamenti  propedeutici  all'approvvigionamento  di
 sostanze stupefacenti per uso personale.
   Comunque   la  cessione  di  droghe  leggere  puo'  ragionevolmente
 ritenersi "pericolosa" in quanto, agevolando l'offerta delle sostanze
 stupefacenti, aumenta di converso la domanda e quindi il  consumo  di
 droga,  con gravissimo danno della salute pubblica, della sicurezza e
 dell'ordine  pubblico;  sicche'  e'  logico  e  razionale  che a tali
 condotte sia riservato un trattamento normativo piu' severo  rispetto
 alle condotte finalizzate all'uso personale.
   L'Avvocatura  ricorda  infine  che  il disposto dell'art. 3, quarto
 comma, lettera c) della convenzione di Vienna del  1988  preclude  la
 liberalizzazione del commercio delle droghe, anche leggere, in quanto
 consente  l'irrogazione di sanzioni di natura amministrativa soltanto
 per le fattispecie di minore entita'.
   3. - Si sono costituite le parti private concludendo, anche con due
 successive   memorie,   per   la   fondatezza   delle   censure    di
 incostituzionalita' formulate dal giudice remittente.
   Dopo la vicenda referendaria, che ha condotto alla depenalizzazione
 della  detenzione  di sostanze stupefacenti per uso personale, l'art.
 73  cit.  -  sostiene  la  difesa   -   ormai   ingloba   fattispecie
 incriminatrici  di contenuto non piu' compatibile con quelle relative
 alla detenzione per uso personale. Infatti,  oltre  a  prevedere  una
 serie  di  condotte  latamente  riconducibili  all'acquisizione delle
 sostanze per scopi di traffico commerciale, individua anche  condotte
 fra  le  quali e' da ricomprendere la cessione a titolo gratuito (per
 evidente  scopo  dimostrativo)  di  piccoli  quantitativi  di  droghe
 leggere,  condotta  questa  del  tutto  estranea  alla  finalita'  di
 spaccio. La scelta punitiva del legislatore  conserva  la  necessaria
 coerenza  e  razionalita'  soltanto  fino  a che ricevono il medesimo
 trattamento ipotesi (descritte dall'art.  73) affini allo spaccio  al
 fine  di  lucro;  invece  tale ragionevolezza viene meno quando nella
 stessa disciplina si ricomprendono condotte le quali, pur comportando
 una  diffusione  dell'uso  degli  stupefacenti,  sono  funzionalmente
 collegate a quell'uso personale reso penalmente lecito dall'art. 75.
   La  difesa poi, con riferimento alla disciplina degli stupefacenti,
 ritiene identificabili due tipi normativi: il consumatore (da curare)
 e lo spacciatore (da punire). Pero' questa  distinzione  tra  le  due
 tipologie  di autore tenute presenti dal legislatore nel disegnare il
 complessivo quadro normativo non e' coerente  con  la  inclusione  di
 taluni comportamenti nella fattispecie incriminatrice di cui all'art.
 73.  Infatti  il  comma  primo  di  tale  disposizione, nel reprimere
 svariati comportamenti con esclusione delle ipotesi di  cui  all'art.
 75,  rende  manifesto l'intento del legislatore di sanzionare solo il
 traffico  illecito  delle  sostanze  stupefacenti,   eliminando   nel
 contempo   la   punibilita'  del  consumo  e  delle  azioni  ad  esso
 finalizzate. E invece  la  norma,  nell'includere  genericamente  una
 moltitudine  di comportamenti, ha esteso eccessivamente il suo raggio
 di applicazione, sconfinando in zone disciplinate dall'art. 75.
   La difesa argomenta ancora che la normativa in tema di cessione  di
 sostanze  stupefacenti  del  tipo  cannabis  e  suoi derivati rivela,
 d'altro canto, i caratteri della irrazionalita' e della arbitrarieta'
 anche alla luce del  principio  di  "offensivita'  necessaria"  della
 norma  penale.  Infatti  i  derivati della cannabis indica posseggono
 un'azione psicotropa pari a quella di altre  sostanze,  lecite  e  di
 larghissimo uso quali psicofarmaci, caffeina, alcool, nicotina; ma, a
 differenza di tali sostanze, non producono i danni alla salute che in
 maniera  inconfutabile  sono  determinati  dall'uso di queste ultime.
 Pertanto, la inclusione dell'hashish  e  marijuana  tra  le  sostanze
 illecite,  avuto  riguardo  ai  parametri  di offensivita' desumibili
 dalla  affermata  liceita' delle altre sostanze psicotrope, determina
 la  punibilita'  di  condotte  prive  di  offensivita'   e   comporta
 un'ingiustificata disparita' di trattamento.
   4.  -  Nel corso del procedimento penale contro Buccolini Cesare ed
 altri per il reato di cessione a terzi  di sostanze  stupefacenti  di
 cui  alle tab. II e IV dell'art. 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309,
 il giudice per le  indagini preliminari presso il Tribunale  di  Roma
 ha sollevato (con ordinanza del 10 gennaio 1996) questione
  incidentale di legittimita' costituzionale degli artt. 73, commi 4 e
 5,  ultima  parte,  e  14,  lettera b), numeri 1 e 2,   del d.P.R.  9
 ottobre 1990, n.309 in termini identici  a  quelli  della  precedente
 ordinanza sopra indicata.
   5.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 riportandosi  integralmente  all'atto  di  intervento  depositato nel
 giudizio  incidentale  promosso  con  la  precedente   ordinanza   di
 rimessione del medesimo giudice.
                         Considerato in diritto
   1.   -    In  entrambi  i  giudizi  e'  stata  sollevata  questione
 incidentale di legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento  agli
 artt.  3,  13  e  25  della  Costituzione - degli artt. 14, lett. b),
 numeri 1 e 2, e 73, commi 4 e 5, del d.P.R.  9  ottobre  1990,  n.309
 (Testo  unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
 e sostanze
  psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
 tossicodipendenza),  nella  parte  in  cui  prevedono  come  condotta
 sanzionata   penalmente   anche   la  cessione  gratuita  di  modesti
 quantitativi di "droghe  leggere"  (quali  i  derivati  della  canapa
 indiana)  per uso personale del cessionario. Si sospetta da parte del
 giudice remittente la violazione del principio di ragionevolezza e di
 eguaglianza in quanto  -  una  volta  depenalizzate  le  condotte  di
 detenzione, acquisto, importazione di qualsiasi sostanza stupefacente
 per  uso personale - sarebbe illogico mantenere penalmente sanzionata
 la suddetta condotta di  cessione  gratuita  di  droghe  leggere  che
 costituisce  un'attivita' "logicamente e necessariamente propedeutica
 alla  detenzione  per  uso  personale".  Parimenti  il  principio  di
 ragionevolezza  e quello di eguaglianza sarebbero violati perche' non
 e'  prevista  come  reato  la  cessione  di  sostanze  egualmente  (o
 addirittura   piu')   nocive,   quali  il  tabacco,  l'alcool  e  gli
 psicofarmaci. Infine sarebbe violato  il  principio  di  offensivita'
 perche'  non  e'  posta in pericolo la salute degli assuntori di tali
 sostanze stupefacenti (droghe  leggere),  ne'  e'  leso  o  posto  in
 pericolo l'ordine pubblico.
   2. - I due giudizi vanno riuniti per identita' dell'oggetto.
   3. - Le questioni non sono fondate.
   Il  citato  art.  73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 (disposizione
 censurata unitamente al precedente art. 14)  contemplava,  nella  sua
 formulazione    originaria    prima    della   parziale   abrogazione
 referendaria, un tipico reato a condotta  plurima  prevedendosi  come
 delitto  il  fatto  di  chi  senza l'autorizzazione coltiva, produce,
 fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in  vendita,  cede  o
 riceve,   a  qualsiasi  titolo,  distribuisce,  commercia,  acquista,
 trasporta,  esporta,  importa,  procura  ad  altri,  invia,  passa  o
 spedisce  in  transito,  consegna  per  qualunque  scopo  o  comunque
 illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli articoli 75
 e 76, sostanze stupefacenti o psicotrope.  Al successivo quinto comma
 era (ed e') poi delineata un'ipotesi attenuata, prevedendosi una pena
 ridotta  quando,  per  il  mezzo,  per  le modalita' o le circostanze
 dell'azione ovvero per la qualita'  e  quantita'  delle  sostanze,  i
 fatti sono di lieve entita'.
   Dal  novero  delle condotte contemplate dall'art. 73, il successivo
 art. 75 ne estrapola tre - l'importazione, l'acquisto e la detenzione
 - per riferirle ad una finalita' specifica dell'agente, che e' quella
 di farne uso personale; per queste condotte la disciplina  precedente
 alla  abrogazione  referendaria,  ispirata  ad  un maggior rigore nel
 contrastare la diffusione della tossicodipendenza  e  dell'assunzione
 di  sostanze  stupefacenti,  operava  una distinzione, utilizzando un
 criterio quantitativo  (quello  della  dose  media  giornaliera)  per
 tracciare  un  confine  tra l'illecito perseguito penalmente e quello
 sanzionato solo in via amministrativa.
   Per effetto dell'esito  referendario  e'  caduta  tale  limitazione
 quantitativa (il criterio della dose media giornaliera) e con essa la
 distinzione  suddetta,  sicche' le tre condotte contemplate dall'art.
 75,  ove  finalizzate  all'uso  personale,  sono  state   interamente
 attratte  nell'area  dell'illecito  amministrativo divenendo estranee
 all'area del penalmente rilevante; in tal modo e' risultata anche  in
 parte  modificata la stessa strategia di (confermato) contrasto della
 diffusione della droga nel senso che e' stata  isolata  la  posizione
 del   tossicodipendente  (e  anche  del  tossicofilo)  rendendo  tale
 soggetto  destinatario  soltanto   di   sanzioni   amministrative   -
 significative  peraltro  del  perdurante  disvalore  attribuito  alla
 attivita' di assunzione di sostanze stupefacenti - ma  non  anche  di
 sanzione  penale.  Cio'  pero'  non sulla base soggettiva dell'autore
 della condotta, quasi si trattasse di una immunita' personale, bensi'
 sulla  base  oggettiva  della  condotta  stessa  (quale   specificata
 nell'art.  75 nelle tre ipotesi suddette) e dell'elemento teleologico
 (della destinazione della droga ad uso personale). In tal modo - come
 questa Corte ha gia' puntualizzato (sentenza n.360  del  1995)  -  ne
 risulta  tracciata  una  "cintura  protettiva"  del consumo, volta ad
 evitare il rischio che l'assunzione di  sostanze  stupefacenti  possa
 indirettamente risultare di fatto assoggettata a sanzione penale.  In
 quest'area   di   rispetto   ricadono  "comportamenti  immediatamente
 precedenti  essendo  di  norma  la  detenzione  (spesso   l'acquisto,
 talvolta l'importazione) l'antecedente ultimo dell'assunzione"; ed e'
 l'elemento   teleologico   della  destinazione  della  droga  all'uso
 personale ad assicurare (secondo l'id quod  plerumque  accidit)  tale
 nesso  di immediatezza.   Ove invece non ricorra l'elemento oggettivo
 (di una delle tre condotte tipizzate  nell'art.  75  cit.)  o  quello
 teleologico  (appena  ricordato)  si  ricade  nell'area dell'illecito
 penale. Cio' anche nell'ipotesi di una condotta, quale  quella  della
 coltivazione  di  piante da cui si possono estrarre i principi attivi
 di sostanze stupefacenti al fine di fare uso personale delle  stesse,
 che  si  approssima  notevolmente  a tale "cintura protettiva", ma ne
 rimane  pur  sempre  all'esterno  mancando  la  puntuale  e  rigorosa
 identificazione  di uno dei due requisiti prescritti: condotta questa
 la cui perdurante rilevanza penale e' stata ritenuta proprio per tale
 ragione non illegittima da questa Corte nella citata  sentenza  n.360
 del 1995.
   4.  -  Della incriminazione penale di un'altra condotta - anch'essa
 esterna all'area di quelle depenalizzate - le ordinanze di rimessione
 domandano ora  il  controllo  di  costituzionalita':  esattamente  la
 condotta  che  i  giudici  remittenti  individuano  in  quella  della
 cessione gratuita di modesti quantitativi di droghe leggere  per  uso
 personale  del  cessionario.    Precisazione  questa,  circa l'esatto
 oggetto della questione proposta, che appare  indispensabile  perche'
 la  condotta  di  cui  il  giudice  remittente  invoca in sostanza la
 depenalizzazione a mezzo di pronuncia  di  questa  Corte  e'  affatto
 distinta  e  diversa  da altre fattispecie evocate dalla difesa, che,
 proprio perche' del tutto peculiari, sono estranee a quella  devoluta
 allo  scrutinio  della  Corte,  nella  quale  non  rilevano  elementi
 tipizzanti, oggettivi o soggettivi, ulteriori rispetto a quelli sopra
 precisati.
   5. - Cosi' definito il thema decidendum va innanzi  tutto  rilevata
 la  non  fondatezza  del  profilo di censura, secondo cui non sarebbe
 piu' giustificata la perdurante rilevanza penale della condotta  come
 sopra  specificata  (cessione  gratuita  di  modesti  quantitativi di
 droghe leggere per uso personale del cessionario) una  volta  che  e'
 stata  depenalizzata, a seguito del referendum, la detenzione per uso
 personale, alla quale la cessione  e'  necessariamente  propedeutica.
 Infatti  il  trattamento  differenziato  tra cessione e detenzione (o
 acquisto  o  importazione),  anche  quando  qualificate  l'una  dalla
 destinazione finale della sostanza stupefacente all'uso personale del
 cessionario  e  l'altra  a quello del detentore, non e' irragionevole
 perche' - come gia' osservato evidenziandosi  le  ragioni  che  hanno
 indotto   a  ritenere  parimenti  non  irragionevole  il  trattamento
 differenziato  tra  coltivazione   e   detenzione   (o   acquisto   o
 importazione)  pur  quando  qualificate  entrambe  dalla destinazione
 all'uso personale dell'agente (sentenza n. 360 del 1995) -  non  c'e'
 immediatezza  tra  la  condotta  del  cedente e la destinazione della
 sostanza all'uso  personale  del  cessionario,  immediatezza  che  e'
 invece  sottesa  alle  ragioni  della  depenalizzazione,  giacche' il
 rapporto fra cessione ed uso personale e' mediato  dalla  condotta  -
 anzi,   di   piu':  dalla  mera  intenzione  -  di  un  soggetto  (il
 cessionario)  diverso  dall'autore  (il   cedente)   della   condotta
 penalmente sanzionata. Le ragioni della depenalizzazione referendaria
 attengono  integralmente  alla  persona dell'assuntore, e le condotte
 prossime, con  nesso  di  immediatezza,  al  consumo  in  tanto  sono
 attratte  nell'area  della  depenalizzazione  in  quanto si e' voluto
 evitare ogni rischio  di  indiretta  criminalizzazione  del  consumo.
 Queste  ragioni  vengono,  invece,  radicalmente  meno  quando  dalla
 persona dell'assuntore si passa a considerare altri soggetti diversi,
 onde si giustifica l'atteggiamento di rigore, serbato dal legislatore
 nell'esercizio  della  sua  discrezionalita',  diretto  a   reprimere
 qualsiasi  ipotesi  di  cessione,  anche  se  gratuita  e  di  modica
 quantita' (v. altresi' infra), qualunque sia il fine  perseguito  dal
 cedente. E come non e' dubbio che il contrasto della diffusione della
 droga costituisca un legittimo obiettivo di politica criminale, cosi'
 anche  non  e'  incoerente,  ed e' quindi parimenti legittimo, che il
 legislatore  intenda  ostacolare  in  ogni  caso  la  fase  terminale
 costituita  dalla  distribuzione  al  minuto, che e' quella connotata
 appunto dalla finalizzazione della  cessione  all'uso  personale  del
 cessionario.    Anche e soprattutto perche', se non ci fosse cessione
 al  consumatore,  il  mercato  della  droga  non avrebbe ragione, ne'
 possibilita' di esistere.
   Nessun elemento di irragionevolezza contiene quindi  il  perdurante
 mantenimento  della  cessione  in  questione nell'area del penalmente
 illecito.
   6.  -  Anche,  poi,  quanto   all'elemento   della   modestia   dei
 quantitativi  ceduti  ed  alla  gratuita' della cessione non emergono
 elementi di per se' idonei a rendere irragionevole  l'incriminazione.
 Come  gia' rilevato, e' proprio e soltanto la cessione al consumatore
 finale, qualunque sia l'entita' del quantitativo di  volta  in  volta
 ceduto, che alimenta e realizza la circolazione della droga ed il suo
 mercato;  quel mercato che il legislatore vuole combattere nel quadro
 di una "efficace strategia di contrasto del narcotraffico", incidendo
 proprio sull'"ultima fase di spaccio" (sentenza n. 333 del 1991).
   Cio' che si vuole impedire e' che la droga giunga  al  consumatore,
 sia  perche'  -  si ripete - senza quest'ultima fase il narcotraffico
 non avrebbe ragione  di  esistere,  sia  perche'  comunque  si  vuole
 contrastare  ogni  ulteriore incremento del consumo di tali sostanze.
 Non senza considerare che la cessione gratuita della droga  puo'  non
 implausibilmente essere valutata come particolarmente pericolosa (per
 il piu' elevato rischio di iniziazione di soggetti che altrimenti non
 verrebbero  in  contatto  con  il mercato clandestino della droga) ed
 insidiosa  (per  il  carattere  piu'  invitante  ed  accattivante  di
 un'offerta  senza  richiesta  di  controprestazione),  sicche' non e'
 irragionevole temere  che  dalla  (invocata)  depenalizzazione  della
 cessione  gratuita in questione conseguirebbe in realta' una maggiore
 diffusione della tossicodipendenza e della tossicofilia con indiretto
 incremento ed incentivo del mercato clandestino,  il  quale  di  tale
 depenalizzazione mirata finirebbe per giovarsi.
   Quindi  la  modica  quantita' ed il carattere oneroso o gratuito di
 tale ultima  cessione  incidono  soltanto  sulla  maggiore  o  minore
 gravita' del reato.
   D'altra   parte,   anche   l'asserito   fallimento  della  politica
 proibizionistica, sul quale particolarmente insiste la  difesa  delle
 parti   private  costituite,  non  puo'  che  formare  oggetto  della
 valutazione  discrezionale  del  legislatore,  cui  appartiene   (nel
 rispetto  dei  vincoli derivanti da accordi internazionali) la scelta
 della piu' o meno rigida  strategia  di  controllo  della  diffusione
 della droga e del contenimento del fenomeno delle tossicodipendenze.
   7.  -  Quanto infine alla assunta non offensivita' (della cessione)
 delle droghe leggere, perche'  non  nocive  o  comunque  meno  nocive
 dell'alcool, valgono le considerazioni gia' svolte da questa Corte da
 ultimo  nella  sentenza  n.  333  del  1991 per escludere che sia non
 giustificata la repressione penale dello spaccio di entrambi  i  tipi
 di   sostanze   psicotrope.     Del  resto  e'  risalente  nel  tempo
 l'affermazione  della   Corte   circa   la   discrezionalita'   della
 valutazione del legislatore in ordine alla nocivita' dei vari tipi di
 droga (sentenza n.170 del 1982), come pure circa la corrispondenza ad
 un preciso obbligo internazionale dell'inibizione e repressione della
 diffusione  anche  delle  droghe  leggere  (sentenza  n. 170 del 1982
 citata; ordinanza n. 386 del 1987).   Obbligo  che  non  puo'  essere
 ritenuto  inoperante  -  come  sembra sostenere la difesa delle parti
 private costituite - rispetto alla ipotesi  della  cessione  per  uso
 personale  del  cessionario sulla base dell'asserita equiparazione di
 tale ipotesi con quella della detenzione per uso personale, dovendosi
 una tale equiparazione escludere per le ragioni gia' indicate.
   Come  anche e' stato dalla Corte gia' ritenuto inconferente al tema
 il richiamo alla nocivita' delle bevande alcooliche (sentenza n.  170
 del 1982 citata), rispetto  alle  quali  la  Corte  stessa  ha  avuto
 occasione  di  sottolineare  la  risalente  differenza di disciplina,
 ispirata "ad una larga tolleranza" (sentenza n.104 del 1982).
   Sotto questo profilo, dunque,  non  e'  carente  del  connotato  in
 astratto dell'offensivita' - salvo apprezzamento da parte del giudice
 ordinario  dell'offensivita'  in concreto (sentenze nn. 133 e 308 del
 1992; n.  333 del 1991) - la condotta relativa  alla  fase  terminale
 del   circuito  del  narcotraffico,  consistente  nella  cessione  al
 consumatore; fase questa che normalmente si realizza proprio mediante
 la  cessione  capillare   di   modesti   quantitativi   di   sostanza
 stupefacente.