IL TRIBUNALE
   Ha pronunziato la seguente ordinanza a scioglimento  della  riserva
 formulata  all'udienza del 7 giugno 1996 nel procedimento camerale n.
 72/1996 avente  ad  oggetto  l'istanza  di  ricusazione  del  giudice
 dell'udienza preliminare del tribunale di Vallo della Lucania.
   Premesso  che  in  data  6  maggio  1996 Schiavo Alberto depositava
 dichiarazione di ricusazione nei confronti del dott. Gaetano  Sgroia,
 Giudice   dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Vallo  della
 Lucania, motivata dal fatto che nel medesimo procedimento  penale  lo
 stesso  magistrato,  quale Giudice per le indagini preliminari, aveva
 emesso  nei  suoi  confronti  ordinanza  applicativa   della   misura
 cautelare   degli   arresti   domiciliari,   eccependo,  insubordine,
 l'illegittimita' costituzionale dell'art.  34 n. 2 c.p.p. nella parte
 in cui  non  prevede  l'incompatibilita'  a  partecipare  all'udienza
 preliminare  del  Giudice  per  le  indagini preliminari che abbia in
 precedenza applicato una misura  cautelare  personale  nel  confronti
 dell'imputato;
   Ritenuta   l'ammissibilita'   dell'istanza   in   quanto   proposta
 dall'imputato nei termini e con le  forme  dell'art.  38  c.p.p.  (la
 dichiarazione  di ricusazione e' stata presentata dallo Schiavo prima
 dell'udienza preliminare fissata per l'8 maggio 1996);
                             O s s e r v a
   La  dedotta  incompatibilita' non e' sancita dalla legge e, poiche'
 le  ipotesi  previste  dall'art.  34  c.p.p.  sono  tassative  e  non
 suscettibili  di  interpretazione estensiva ed analogica, l'eccezione
 e' palesemente infondata.
   La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34  n.  2
 c.p.p.    e',  invece,  rilevante  e non manifestamente infondata. E'
 rilevante ai fini della decisione del procedimento di ricusazione  in
 corso  in  quanto e' stato dedotto un profilo di incompatibilita' del
 giudice per le indagini preliminari (dagli atti risulta la situazione
 rappresentata nella dichiarazione di ricusazione).
   Quanto  alla  non   manifesta   infondatezza,   va   premesso   che
 l'incompatibilita'  determinata  da atti compiuti nel procedimento va
 circoscritta ai casi di duplicita' di giudizio  di  merito  da  parte
 dello  stesso  giudice  ovvero ai casi in cui lo stesso giudice abbia
 effettuato una valutazione dei fatti non formale, ma di contenuto.
   I provvedimenti sulla liberta' personale  presuppongono  sempre  un
 giudizio prognostico di segno positivo sulla responsabilita' anche se
 basato  su  indizi  e  non  ancora  su prove. Secondo il piu' recente
 indirizzo costituzionale, le pronunce cautelari personali  comportano
 una  valutazione  sul merito dell'accusa in quanto "devono indurre il
 giudice a ritenere  l'esistenza  di  una  ragionevole  e  consistente
 probabilita'  di  colpevolezza  e quindi di condanna dell'imputato e,
 addirittura, di condanna ad una pena superiore a quella che  consente
 la concessione della sospensione condizionale della pena".
   Sulla  base di tale principio, la Corte costituzionale e' pervenuta
 alla dichiarazione  di  incostituzionalita'  dell'articolo  34  n.  2
 c.p.p.   nella parte in cui non prevedeva che non potesse partecipare
 al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che
 avesse  applicato  una  misura  cautelare  personale  nei   confronti
 dell'imputato.    Ha, poi, esteso la pronunzia di incostituzionalita'
 anche all'ipotesi del binomio Tribunale del  riesame  -  Giudice  del
 dibattimento.
   Orbene,  questa Corte non ignora che la questione in esame e' stata
 gia' disattesa dalla  Corte  costituzionale  sulla  premessa  che  la
 valutazione  conclusiva  dell'udienza  preliminare  non  integra  una
 decisione di merito. Ritiene, tuttavia, che la questione debba essere
 rimessa alla Corte costituzionale in quanto il  quadro  normativo  e'
 stato completamente modificato dalla legge n. 105/1993.
   La  predetta  norma,  modificando  l'art. 425 c.p.p., ha ampliato i
 poteri decisori del Giudice dell'udienza preliminare rendendoli tanto
 penetranti nel merito dell'accusa da poter essere assimilati a quelli
 attribuiti al giudice del dibattimento. Il g.u.p. non  si  deve  piu'
 limitare  ad  un  mero  controllo di legittimita' e correttezza delle
 fonti di prova; e' tenuto  a  valutare  la  ricorrenza  di  cause  di
 proscioglimento con una completa valutazione di merito degli elementi
 probatori.    La  situazione  sembra  analoga ad altre gia' esaminate
 dalla corte costituzionale e, pertanto, l'art. 34 n. 2 c.p.p.  appare
 in  contrasto  con  gli  articoli 3, 24 e 25 della Costituzione nella
 parte in cui non prevede detto caso di incompatibilita'.
   Come e' stato  gia'  rilevato,  la  diversita'  di  trattamento  e'
 ravvisabile  nei  confronti  di  coimputato  dello  stesso  reato nel
 medesimo procedimento, non raggiunto da misure  cautelari  personali,
 rispetto  al  quale  la  decisione  del  g.u.p.  sara'  frutto  di un
 approccio valutativo non pregiudicato.
   La  lesione  del  diritto  di  difesa  e' conseguenza del possibile
 condizionamento che puo' inquinare il convincimento del  giudice  per
 la ridotta valenza che assumono le argomentazioni difensive di fronte
 alla naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso.
   L'identita'   soggettiva   tra   il   g.i.p.,   che   ha   disposto
 l'applicazione di  una  misura  cautelare  personale,  ed  il  g.u.p.
 chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio, e' idonea a
 determinare  (o  fare  paventare)  un  pregiudizio  atto  a minare la
 garanzia costituzionale di imparzialita' del giudice.