LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 4768/1995 presentato il 16 giugno 1995 (avverso: car. esattoriale num. art. 94000607006/a registro - tasse automobilistiche) da: Alasonatti Arrigo, cur. fall. SAT S.n.c., residente in Torino in corso Traiano, 24/6, contro l'Ufficio del registro di Torino bollo demanio. La Commissione, sciogliendo la riserva sul ricorso presentato da Alasonatti Arrigo, nella sua qualita' di curatore del fallimento Aeromeccanica SAT S.n.c. di Basso e Trucchiero, avverso la cartella esattoriale n. 6042260 notificata il 17 ottobre 1995, attinente al mancato pagamento di tasse automobilistiche, osserva quanto segue. Preliminarmente, questa commissione, che e' convinta della illegittimita' costituzionale della norma dell'art. 5 della legge 28 febbraio 1983 n. 53 (legge di conversione con modificazioni del d.-l. 953 del 1982), si pone il problema della propria giurisdizione in materia di tasse automobilistiche. Cio' perche' tale tributo non e' menzionato nella legge istitutiva delle commissioni tributarie n. 336 del 1972 e si e' sempre ritenuto che qualunque contestazione attinente a tale tributo andrebbe proposta all'intendente di finanza (oggi direzione provinciale) e solo alla fine della procedura amministrativa cosi' instaurata, potrebbe farsi ricorso al giudice ordinario (v. ris. min. del 6 febbraio 1993 n. 15/443144). Senonche', ad avviso di questa Commissione la menzionata legge n. 53 del 1983 ha radicalmente mutato il fondamento e la natura del tributo, onde il problema della competenza sulle controversie in materia non puo' trovare soluzione col mero richiamo alla precedente normativa sulle tasse automobilistiche, ma va impostato ex novo in relazione alle mutazioni intervenute. Ed invero, l'art. 5 sopra menzionato ha trasformato il tributo da "tassa di circolazione", dovuta per la messa in circolazione, appunto, del veicolo (tanto che la tassa non era dovuta se il veicolo non veniva posto in circolazione), a vera e propria imposta diretta sulla proprieta' del veicolo, come desumibile dalle annotazioni sul relativo registro. L'art. 5 e', in proposito, estremamente chiaro ed esplicito: "a decorrere dal 1 gennaio 1983 i veicoli e gli autoscafi sono soggetti alle tasse stabilite ......, per effetto della loro iscrizione nei rispettivi pubblici registri". E ancora: "l'obbligo di corrispondere il tributo cessa con la cancellazione dei veicoli e degli autoscafi dai predetti registri". E' di tutta evidenza, dunque, che la legge n. 53/1983 ha mutato lo stesso fondamento o titolo del tributo: non piu' la circolazione stradale o nautica, ma la titolarita' del mezzo quale risultante dai pubblici registri; non piu', dunque, "tassa" per i servizi relativi alla circolazione stradale o nautica, ma "imposta diretta" su un determinato bene mobile facente parte del patrimonio di un determinato soggetto. Tanto e' vero che non giova al titolare sostenere e dimostrare che il veicolo non venne utilizzato; gli giova solo la cancellazione di quella titolarita', ossia la uscita di quel bene dal suo patrimonio. Se e' cosi' - ma non puo' che essere cosi' a meno di non stravolgere il significato delle stesse parole - oggetto di eventuali controversie e' una imposta diretta di carattere patrimoniale, introdotta col cit. art. 5, legge n. 53/1983 in sostituzione di quella che era la tassa di circolazione. Sicche' e' automatica la conseguenza che in merito a tali controversie pone il proplema dell'organo competente, apparendo privo di senso richiamare le norme previgenti. Orbene, a parere di questa commissione la controversia oggetto del ricorso appartiene alla propria giurisdizione, malgrado che la legge del 1972, per ovvie ragioni temporali non ne faccia menzione. Si tratta, infatti, di una tipica controversia tributaria come lucidamente delineata da Cass. sez. un. 3 ottobre 1991, n. 10328: "Spetta al giudice tributario e non al giudice ordinario la cognizione di ogni controversia promossa dal contribuente che contesti il diritto dell'amministrazione alla percezione del tributo". Non ignora questa commissione che la Corte costituzionale (sent. 164 del 2 aprile 1993) non ha riconosciuto la giurisdizione delle commissioni tributarie, dichiarando inammissibile una questione di costituzionalita' in materia di tasse automobilistiche. Nondimeno questa commissione ritiene opportuno riproporre tale questione in modo che la Corte abbia la possibilita' di riesaminare la questione della competenza (rectius: giurisdizione) in materia di tasse automobilistiche alla luce delle profonde modifiche introdotte con la legge del 1983. Cio' premesso e ritenuta la propria giurisdizione nella detta materia, questa commissione ritiene doveroso sollevare d'ufficio questione di costituzionalita' del cit. art. 5, legge n. 53 del 1983, con riferimento all'art. 3 in relazione all'art. 53 della Costituzione. E' convinzione di questa Commissione, infatti, che la normativa innovativa dell'art. 5 si' pone in netto contrasto col principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e col principio che ogni pretesa tributaria non possa prescindere dalla capacita' contributiva, con particolare riferimento ad un tributo che colpisca un determinato bene patrimoniale. Tali aspetti di incostituzionalita' discendono dal fatto che, pur mutando radicalmente la natura del tributo (da "tassa" di circolazione a "imposta diretta" su un bene di cui si e' proprietari), la legge innovativa ha tuttavia mantenuto fermo il criterio di determinazione dell'ammontare del tributo. Questo, com'e' noto consiste nel riferimento ai cavalli fiscali (c.d. cilindrata) attribuiti al veicolo e indicati nella carta di circolaziome. Tale criterio, che rispondeva adeguatamente al precedente tipo di tributo, che consisteva in una tassa per i servizi connessi alla circolazione, per cui era giusto che pagasse di piu' il veicolo di cilindrata maggiore, oggi non ha piu' alcun senso e non solo si rivela cervellotico ma anche e soprattutto ingiusto. Ed invero, se si tratta, come e' pacifico di imposta diretta su un determitato bene, la determinazione dell'ammontare di tributo non puo' che fare riferimento all'effettivo valore del bene: si pensi che la stessa imposta, sulla base dei vigenti criteri, e' dovuta, ad esempio, da colui che e' titolare di un'autovettura di cilindrata "2000" appena acquistata nuova di fabbrica, di valore certamente superiore ai trenta milioni, e da colui che e' titolare di un'autovettura di uguale cilindrata di una quindicina di anni, di valore commerciale assai vicino allo zero. Quanto tutto cio' sia coerente con la logica e la giustizia ognun vede. Probabilmente, non era visibile dagli uomini politici che fecero quella reformatio in peius, intenti soltanto a reperire sempre nuove risorse, con mezzi e' scopi oggi purtroppo ben noti. La questione peraltro e' rilevante, in quanto nel caso di specie il ricorso potrebbe essere respinto per difetto di documentazione.