ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 438 del  codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1996
 dalla  Corte d'appello di Trieste nel procedimento penale a carico di
 Vitiello Raffaele, iscritta al n. 330 del registro ordinanze  1996  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 16, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di consiglio dell'11 dicembre 1996 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Ritenuto che la Corte d'appello di Trieste,  con  ordinanza  del  6
 febbraio  1996, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 438 del codice di  procedura  penale  nella  parte  in  cui
 subordina al consenso del pubblico ministero l'esperibilita' del rito
 abbreviato  richiesto dall'imputato, in riferimento agli artt. 3, 24,
 25, 27 e 101 della Costituzione;
     che, recependo un'eccezione formulata dalla difesa dell'imputato,
 il giudice a quo deduce che  la  scelta  del  pubblico  ministero  di
 indirizzare  le  indagini  in  maniera  piu'  o  meno approfondita e'
 suscettibile  di  determinare  l'accoglimento  o  il  rigetto   della
 richiesta dell'imputato di essere ammesso al giudizio abbreviato;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che, sul rilievo del difetto di motivazione dell'ordinanza di
 rimessione, ha richiesto una declaratoria di  inammissibilita'  della
 questione sollevata;
   Considerato  che  nell'ordinanza  di rinvio il giudice a quo non ha
 descritto la concreta fattispecie sottoposta al suo giudizio  ne'  ha
 fornito  alcuna  motivazione  in ordine alle ragioni che lo portano a
 dubitare della legittimita' costituzionale  della  norma  denunciata,
 limitandosi   a  enunciare  le  disposizioni  costituzionali  che  si
 assumono violate;
     che tale lacuna argomentativa impedisce di valutare la  rilevanza
 e  i  termini  e  profili  della  questione  sollevata, tanto piu' in
 ragione della incerta individuazione  dell'obiettivo  della  censura,
 fra  il  consenso  del  pubblico  ministero allo svolgimento del rito
 alternativo - nel  dispositivo  -  e  il  presupposto,  collegato  al
 precedente  ma  distinto  da questo, della definibilita' del giudizio
 allo stato degli  atti  (in  dipendenza  del  materiale  di  indagine
 raccolto   dall'accusa)   -   nella  motivazione  ,  ond'e'  che,  in
 accoglimento del rilievo formulato dall'Avvocatura  dello  Stato,  la
 questione    sollevata    deve   essere   dichiarata   manifestamente
 inammissibile, per  difetto  di  motivazione  dell'ordinanza  che  la
 propone  (tra  molte,  ordinanza n. 229 del 1996; sentenza n.  79 del
 1996);
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.