LA CORTE DI ASSISE
   Esaminate  le istanze presentate nell'interesse di Sacco Francesco,
 Greco Emanuele e Mirabella  Vincenzo,  imputati  nel  proc.  pen.  n.
 3/1996  r.g.  contro  Dominante  Carmelo + 102, con cui si chiede, in
 corso di giudizio, la revoca della misura della custodia cautelare in
 carcere per la insussistenza dei gravi indizi di reita' in ordine  ai
 delitti   di  associazione  a  delinquere  di  stampo  mafioso  e  di
 detenzione e porto illegale di armi;
   Premesso che la Corte costituzionale con ripetute decisioni (v.  da
 ultimo C. cost.  17  ottobre  1996)  ha  sempre  piu'  asseverato  il
 principio  della incompatibilita' alla funzione del giudizio da parte
 dei giudici che nel  corso  del  medesimo  o  di  altro  procedimento
 abbiano  manifestato  per  qualsiasi  causa  il proprio convincimento
 sulla sussistenza degli indizi di  reita'  a  carico  degli  imputati
 (g.i.p.  che  ha  adottato  la  misura  cautelare  personale rispetto
 all'organo giudicante del merito, componente del collegio del riesame
 o  dell'appello  in  relazione  a misure cautelari personali rispetto
 alla funzione del giudizio, giudice  del  merito  quando  abbia  gia'
 esercitato  la  funzione  del  giudizio  nei confronti di imputato di
 procedimento connesso);
   Preso atto che la Corte costituzionale con sentenza  del  15  marzo
 1996  ha  statuito la illegittimita' costituzionale degli artt. 309 e
 310 c.p.p. "nella parte in cui non prevedono -  secondo  la  costante
 interpretazione della giurisprudenza - la possibilita' di valutare la
 sussistenza  dei  gravi  indizi  di colpevolezza dopo l'emissione del
 decreto che dispone il giudizio";
   Ritenuto  che  le  suindicate  richieste  di  revoca  della  misura
 cautelare  della  custodia  cautelare  in carcere avanzate alla Corte
 comportano l'esame del quadro accusatorio  e  la  sua  valutazione  a
 favore  o  a carico degli imputati (il che avverrebbe anche ove fosse
 il p.m.  a richiedere l'adozione di provvedimenti cautelari personali
 in corso di giudizio) sulla scorta  dei  medesimi  atti  di  indagine
 compiuti  dal  p.m.  e  valutati  dal g.i.p. dal momento che l'organo
 giudicante non potra' disporre di elementi di valutazione se non alla
 fine  del  dibattimento,  non  essendo   suscettibili   di   autonomo
 apprezzamento  le  singole  prove acquisite nel corso dell'istruzione
 dibattimentale;
     che  diversamente  opinando  la  valutazione   in   ordine   alla
 sussistenza  degli  indizi giustificanti i provvedimenti de libertade
 subirebbe le sorti alternative  ed  incerte  dell'esito  di  ciascuna
 fonte  di  prova  e comunque mancherebbe ogni elemento di valutazione
 nel periodo compreso tra l'arrivo del fascicolo per  il  dibattimento
 all'organo   giudicante   e  il  concreto  inizio  dell'attivita'  di
 istruzione dibattimentale;
     che da cio' discende la necessita'  che  il  supporto  valutativo
 dell'organo  giudicante  investito  di  una richiesta di revoca della
 misura cautelare personale (specie nel caso di asserita insussistenza
 dei gravi indizi di reita') d'altro non possa essere  costituito  che
 dagli  atti  del  p.m.  sul  quale concretamente incombe l'obbligo di
 trasmetterli (in tal  senso  e'  il  consolidato  orientamento  della
 Suprema Corte, v. tra le altre Cass. 30 giugno 1993, Delli Gatti) sia
 pure  al  limitato scopo di consentire di decidere sulla questione de
 libertade sollevata volta per volta dall'imputato o dalla sua  difesa
 (essendo      dette      questioni     giuridicamente     reiterabili
 continuativamente);
     che in concreto siffatto sistema comporta due gravi conseguenze:
      1) l'organo giudicante e' costretto a prendere in considerazione
 ed esprimere il proprio  convincimento  sulla  base  di  tutte  e  di
 ciascuna delle risultanze a carico dell'imputato acquisite dal p.m.;
      2)  la  serenita', obiettivita' e imparzialita' del giudizio che
 alla conclusione del dibattimento l'organo giudicante e' chiamato  ad
 esprimere  senza  pregiudizi  e  condizionamenti  vengono compromesse
 dalla sia pur inconsapevole preoccupazione del  giudice  di  rimanere
 coerente con quanto in precedenza deciso.
   Su   tali   presupposti  questa  Corte  dubita  della  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  279  c.p.p.  laddove   non   prevede   che
 l'attribuzione  della  competenza  "sull'applicazione  e sulla revoca
 delle misure" durante la fase  del  giudizio  sia  attribuita  ad  un
 organo  diverso  da quello investito del giudizio e cio' in contrasto
 con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, sicche'  e'  necessaria  una
 pronuncia in merito da parte della Corte costituzionale.
   L'incidentalita'   della   questione  costituzionale  non  comporta
 l'esigenza di sospendere il  dibattimento  che  deve  pertanto  avere
 regolare  corso,  ma  soltanto  l'impossibilita'  di  decidere  sulle
 istanze proposte e sulle altre eventuali di analogo contenuto.