ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 181, primo
 comma, del codice di procedura civile, come  novellato  dall'art.  4,
 comma  1-bis,  della  legge  20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione in
 legge, con modificazioni, del d.-l. 18 ottobre 1995, n.  432  recante
 interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria
 della  legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo)
 e 309 del codice di  procedura  civile,  promossi  con  le  ordinanze
 emesse l'11 gennaio 1996 (n. 2 ordinanze) dal tribunale di Milano, il
 23  gennaio  1996  dal  pretore  di  Monza,  l'11  gennaio 1996 (n. 2
 ordinanze) dal tribunale di Milano, il 18 maggio, il 14 maggio, 1l 13
 maggio, il 18 maggio ed il  14  maggio  1996  dal  pretore  di  Monza
 rispettivamente  iscritte  ai  nn. 431, 446, 453, 455, 603, 738, 739,
 740, 741 e  742  del  registro  ordinanze  1996  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale della Repubblica nn. 20, 21, 27 e 34, prima serie
 speciale, dell'anno 1996;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di consiglio dell'11 dicembre 1996 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Ritenuto che il tribunale  di  Milano,  con  quattro  ordinanze  di
 identico  contenuto  emesse  nell'ambito  di altrettanti procedimenti
 civili, ha sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento  all'art.  97  della  Costituzione,  dell'art. 181, primo
 comma, del codice di procedura  civile,  nel  testo  novellato  dalla
 legge 20 dicembre 1995, n. 534:
     che il giudice a quo, dopo aver brevemente ricostruito l'iter che
 ha  portato  alla  graduale entrata in vigore della legge 26 novembre
 1990, n. 353, di riforma del processo civile, osserva che l'art.  181
 cod. proc. civ., per effetto del richiamo contenuto  nell'art.    309
 cod.   proc.  civ.,  si  applica  non  solo  alla  prima  udienza  di
 comparizione  davanti  al  giudice  istruttore,  bensi'  anche   alle
 successive udienze, ivi comprese quelle davanti al collegio;
     che  la  norma  impugnata, dopo essere stata modificata dall'art.
 16 della legge n. 353 del 1990, e'  stata  nuovamente  ritoccata,  in
 sede  di  conversione  del  d.-l.  18  ottobre  1995,  n. 432, con la
 sostanziale reintroduzione della  versione  precedentemente  vigente,
 sicche'  attualmente  la  cancellazione  della  causa  dal ruolo puo'
 avvenire solo ad una successiva udienza fissata  dal  giudice,  della
 quale il cancelliere deve dare comunicazione alle parti costituite;
     che  il  ripristino  del sistema della cancellazione a seguito di
 una  doppia  udienza  confliggerebbe  sotto  molti  profili  con   il
 parametro  di  cui  all'art.  97  della  Costituzione,  da  ritenersi
 applicabile anche all'attivita' di amministrazione  della  giustizia,
 poiche'  l'immediata  cancellazione della causa dal ruolo, in caso di
 mancata comparizione di tutte le parti, determinava notevoli risparmi
 di energie lavorative ed una maggiore concentrazione del processo;
     che con sei ordinanze di contenuto fra loro assai simile anche il
 pretore di Monza  ha  sollevato  analoga  questione  di  legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24, primo
 comma,  e  97  della  Costituzione, dell'art. 309 cod. proc. civ. nel
 testo risultante dal rinvio contenuto  nell'art.  181,  primo  comma,
 cod.  proc.  civ.,  come  modificato dalla legge 20 dicembre 1995, n.
 534;
     che nelle ordinanze di rimessione il pretore,  oltre  a  dubitare
 della   legittimita'   costituzionale   della   norma   impugnata  in
 riferimento  all'art.  97  della  Costituzione,  con   argomentazioni
 concettualmente  analoghe  a  quelle  svolte dal tribunale di Milano,
 rileva  che  la medesima si porrebbe in contrasto anche con gli artt.
 3, secondo comma, e 24, primo comma, della Costituzione,  perche'  il
 dilazionamento   dei  tempi  del  processo,  rimesso  al  sostanziale
 arbitrio dei difensori, determinerebbe una lesione  dell'effettivita'
 della  tutela  giurisdizionale,  comportando  anche la sottrazione di
 risorse finanziarie  che  potrebbero  essere  utilmente  destinate  a
 migliorare la funzionalita' del servizio giustizia;
     che  nei giudizi davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni
 sollevate vengano dichiarate inammissibili o, comunque, infondate;
   Considerato  che  i  giudizi,  concernendo  questioni  di  identico
 contenuto, vanno riuniti per essere decisi contestualmente;
     che,  con  riferimento  alla  denunciata  violazione dell'art. 97
 Costituzione, questa Corte ha piu' volte affermato  (v.,  da  ultimo,
 sentenza  n. 84 del 1996 e sentenza n. 313 del 1995) che il principio
 del   buon   andamento   della   pubblica   amministrazione   attiene
 esclusivamente  alle  leggi  concernenti  l'ordinamento  degli uffici
 giudiziari, con esclusione della  funzione  giurisdizionale  nel  suo
 complesso;
     che  le censure poste in relazione agli artt. 3, secondo comma, e
 24, primo comma, della Costituzione,  si  risolvono  nel  prospettare
 alla  Corte  l'opportunita'  di  una diversa disciplina del processo,
 finalizzata al miglior funzionamento della giustizia civile, con cio'
 ponendo un problema di politica legislativa (v. ordinanza n.  114 del
 1984);
     che,  secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  il
 legislatore,  nel  regolare  il  funzionamento  del processo, dispone
 della piu' ampia discrezionalita', sicche'  le  scelte  concretamente
 compiute  sono  sindacabili soltanto ove manifestamente irragionevoli
 (v. sentenza n. 65 del 1996 e sentenza n. 295 del 1995);
     che   i    lamentati    inconvenienti    di    fatto    derivanti
 dall'applicazione di norme non possono costituire unico fondamento di
 questioni di legittimita' costituzionale;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.