ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  sull'ammissibilita'  dei  conflitti di attribuzione tra
 poteri dello Stato sollevati con due  ricorsi  promossi  da  Pannella
 Giacinto,  detto  Marco,  Bernardini  Rita,  Cicciomessere  Roberto -
 promotori del referendum in materia  di  finanziamento  pubblico  dei
 partiti   ammesso  con  la  sentenza  n.  30  del  1993  della  Corte
 costituzionale - nei confronti del Senato della  Repubblica  e  della
 Camera  dei  deputati, a seguito della delibera del 20 dicembre 1996,
 della Commissione in sede deliberante del  Senato  della  Repubblica,
 con  cui  e'  stata  definitivamente  approvata  la proposta di legge
 recante:  "Norme  per   la   regolamentazione   della   contribuzione
 volontaria  ai  movimenti  o  partiti  politici"  e nei confronti del
 Presidente della  Repubblica,  del  Senato  della  Repubblica  e  del
 Presidente  del  Senato,  della  Camera dei deputati e del Presidente
 della Camera, a seguito: a) della delibera della Camera dei  deputati
 del  20 dicembre 1996, di approvazione della legge recante "Norme per
 la regolamentazione della contribuzione  volontaria  ai  movimenti  o
 partiti  politici",  b)  del messaggio di trasmissione, in pari data,
 del Presidente della  Camera  al  Presidente  del  Senato,  c)  della
 delibera  del  Senato  della  Repubblica  del  20  dicembre  1996, di
 approvazione,  nello  stesso  testo,  della  legge  predetta,  d) del
 messaggio di trasmissione, in data 21 dicembre 1996,  del  Presidente
 del   Senato   al   Presidente  della  Repubblica,  e)  dell'atto  di
 promulgazione della  stessa  legge  da  parte  del  Presidente  della
 Repubblica,  ai  sensi dell'art. 73 della Costituzione, del 3 gennaio
 1997, f) della legge recante "Norme  per  la  regolamentazione  della
 contribuzione  volontaria  ai movimenti o partiti politici" in toto e
 in particolare degli artt. 1, 2, 3, 4,  8  e  10;  depositati  il  21
 dicembre  1996  e  l'8  gennaio  1997  ed iscritti ai nn. 67 e 68 del
 registro ammissibilita' dei conflitti;
   Udito nella camera di consiglio  del  9  gennaio  1997  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Ritenuto  che i soggetti, i quali avevano a suo tempo rappresentato
 il  comitato  promotore  del  referendum  abrogativo  in  materia  di
 finanziamento  pubblico  dei  partiti,  svoltosi  il 18 aprile 1993 e
 conclusosi con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 130  del  5
 giugno  1993)  del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 173, hanno sollevato, con
 ricorso depositato il 21 dicembre 1996, conflitto di attribuzione nei
 confronti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in
 relazione alla delibera del 20 dicembre 1996 con cui la 1 Commissione
 permanente  del  Senato,  in  sede  deliberante,  ha  definitivamente
 approvato la proposta di legge recante "Norme per la regolamentazione
 della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici";
     che  -  secondo  i  ricorrenti  - al comitato promotore spetta il
 potere di agire al fine di  assicurare  il  rispetto  della  volonta'
 manifestata  dalla  frazione  del  Corpo  elettorale promotrice della
 consultazione,  della  quale  questa  Corte  ha  in  piu'   occasioni
 affermato l'assimilabilita' ad un potere dello Stato;
     che,  infatti,  dalla  natura  del  referendum,  quale atto fonte
 dell'ordinamento, deriverebbe il principio,  secondo  cui  il  potere
 legislativo   popolare,   non   solo   elimina   dall'ordinamento  la
 disposizione oggetto del referendum, ma anche impedisce al Parlamento
 di disciplinare la materia in  senso  contrario  a  quanto  risultato
 dalla  consultazione  popolare,  e  che da tale vincolo discenderebbe
 appunto la potesta' dei promotori di  attivare  sempre  il  controllo
 della Corte sui provvedimenti legislativi successivi al referendum;
     che sotto il profilo oggettivo la delibera impugnata sarebbe gia'
 lesiva  della  sfera  di  attribuzioni  dei  promotori,  anche se, in
 assenza della firma del Capo dello Stato, non e' ancora  ultimata  la
 fase del controllo;
     che  il  contenuto dell'atto impugnato, configurando una sorta di
 reintroduzione  del  finanziamento   pubblico   nella   forma   della
 destinazione  di  una percentuale del gettito fiscale, si porrebbe in
 contraddizione con l'esito referendario,  cosi'  violando  l'art.  75
 della Costituzione;
     che   conclusivamente  essi  hanno  chiesto  a  questa  Corte  di
 dichiarare ammissibile il  conflitto  e  di  accogliere  il  ricorso,
 annullando  conseguentemente la delibera, previa sospensiva di questa
 in via preliminare;
     che con  successivo  ricorso,  depositato  l'8  gennaio  1997,  i
 medesimi  soggetti  hanno  sollevato conflitto altresi' nei confronti
 dei Presidenti  del  Senato  della  Repubblica  e  della  Camera  dei
 deputati  nonche'  delle  rispettive Assemblee e del Presidente della
 Repubblica in relazione, oltre che alla citata delibera ed a  quella,
 in pari data e di analogo contenuto, della Camera dei deputati, anche
 al   messaggio   di  trasmissione  del  Presidente  della  Camera  al
 Presidente del Senato in data  20  dicembre  1996,  al  messaggio  di
 trasmissione del Presidente del Senato al Presidente della Repubblica
 in  data  21  dicembre  1996,  all'atto di promulgazione del suddetto
 testo da parte dello stesso Presidente della  Repubblica  in  data  3
 gennaio 1997, alla legge recante "Norme per la regolamentazione della
 contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici" (pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale n. 5 dell'8 gennaio 1997), con particolare
 riguardo agli artt. 1, 2, 3, 4, 8 e 10;
   Considerato che il secondo ricorso viene a  ricomprendere  nel  suo
 contenuto  anche  il  primo ed e', pertanto, possibile provvedere con
 unica ordinanza;
     che la Corte e' chiamata a  stabilire  in  camera  di  consiglio,
 senza  contraddittorio,  se  ricorrano  i  presupposti  soggettivi ed
 oggettivi di ammissibilita' del conflitto, sintetizzati dall'art.  37
 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87, nell'espressione "materia del
 conflitto";
     che  dunque  va  preliminarmente  verificato   se   sussista   la
 legittimazione  dei  ricorrenti,  quali  rappresentanti  del comitato
 promotore;
     che questa Corte ha piu'  volte  riconosciuto  agli  elettori  in
 numero  non  inferiore  a 500 mila, sottoscrittori della richiesta di
 referendum - dei quali i promotori sono competenti  a  dichiarare  la
 volonta'  in  sede  di conflitto - la titolarita', nell'a'mbito della
 procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente  rilevante
 e   garantita,   in  quanto  essi  attivano  la  sovranita'  popolare
 nell'esercizio dei poteri referendari e concorrono con altri organi e
 poteri al realizzarsi della consultazione popolare (cfr. ordinanze n.
 118 e n. 226 del 1995, n. 1 e n. 2 del 1979, n. 17 del 1978,  nonche'
 sentenze n. 161 del 1995 e n. 69 del 1978);
     che,  tuttavia,  la conseguente assimilazione ad un "potere dello
 Stato" ai fini di cui agli artt. 134 della Costituzione  e  37  della
 legge  11  marzo  1953,  n.  87, non si traduce affatto - come invece
 sottende la prospettazione del  ricorso  -  nella  costituzione  d'un
 organo  di  permanente  controllo,  come  tale in grado d'interferire
 direttamente sulla volonta' del Parlamento a garanzia di un  corretto
 rapporto  tra  i  risultati  del  referendum e gli ulteriori sviluppi
 legislativi, bensi' trova il suo naturale  limite  nella  conclusione
 del procedimento referendario (cfr. ordinanza  27 luglio 1988);
     che,  con  la  proclamazione  dei risultati e l'abrogazione delle
 disposizioni oggetto del referendum,  ex artt. 36 e 37 della legge n.
 352 del 1970, si esaurisce il procedimento rispetto al quale sussiste
 appunto la titolarita' dell'anzidetto potere, sicche',  relativamente
 alle  vicende  ulteriori, non permane la titolarita' medesima in capo
 ai firmatari della richiesta di  referendum,  in  rappresentanza  dei
 quali agiscono nella specie i ricorrenti;
     che,  d'altra  parte,  la  normativa  successivamente emanata dal
 legislatore  e'  pur  sempre  soggetta  all'ordinario  sindacato   di
 legittimita'   costituzionale,   e   quindi   permane   comunque   la
 possibilita' di un controllo di questa Corte in ordine all'osservanza
 - da parte del legislatore stesso - dei limiti  relativi  al  dedotto
 divieto  di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata
 dalla volonta' popolare;
     che  il  conflitto va dunque dichiarato inammissibile per difetto
 di legittimazione  dei  ricorrenti,  restando  assorbito  ogni  altro
 profilo.