IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha proncuniato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2629/90 proposto dal Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori), in persona del legale rappr.te pro-tempore avv. Roberto Canestrelli, che agisce anche in proprio; dell'Associazione utenti servizi bancari e assicurativi, in persona del legale rappr.te prof. Giovanni Mazzetti, che opera anche in proprio; dell'I.I.C.A. (Istituto internazionale per il consumo e l'ambiente), in persona del legale rappr.te pro-tempore avv. Giuseppe Lo Mastro, ricorrente anche in proprio, tutti elett.te dom.ti in Roma, viale delle Milizie n. 9, presso lo studio degli avv. Carlo Rienzi e Roberto Canestrelli, che li difendono unitamente all'avv. Giuseppe Lo Mastro, limitatamente a se' medesimo. contro la giunta del Comitato interministeriale prezzi; il CIP (Comitato interministeriale prezzi); il Ministro dell'industria, commercio ed artigianato, in persona dei rispettivi legali rappr.ti pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato; e nei confronti dell'A.N.I.A. (Associazione nazionale imprese di assicurazione) rappr.ta e difesa dall'avv. Alessandro Pace, elett.te dom.ta presso il suo studio in Roma, piazza delle Muse n. 8 e della New Hampshire Insurance Company, non costituitasi in giudizio; per l'annullamento della deliberazione della giunta del CIP n. 14 del 26 aprile 1990, che ha determinato le tariffe dei prezzi per l'assicurazione della responsabilita' civile dei veicoli a motore e dei natanti da applicarsi dal 1 maggio 1990 al 30 aprile 1991; del d.m. 10 marzo 1990, con il quale sono stati stabiliti gli importi complessivi dei caricamenti sui prezzi dell'assicurazione della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti per il periodo 19 maggio 1990-30 aprile 1991; del d.m. 14 gennaio 1989, con cui e' stata nominata la commissione consultiva nonche' il parere reso da questa ultima sulla richiesta di aumenti; dell'atto di proposta del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato; e, infine, di qualsiasi atto presupposto, connesso o conseguenziale, anteriore o successivo. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Avvocatura dello Stato; Visti i motivi aggiunti notificati il 24 gennaio 1991 il 6 febbraio 1991; Viste la sentenza parziale di questa sezione n. 805 del 24 maggio 1991 e l'ordinanza n. 804/1991 di pari data; Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 315 del 29 giugno-8 luglio 1992; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza del 9 giugno 1993 la relazione del cons. Giuseppe Minicone e uditi gli avv.ti Rienzi e Lo Mastro e l'avv. dello Stato Giannuzzi. Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato il 27, 28 giugno nonche' il 9 luglio 1990 sono stati impugnati i provvedimenti meglio specificati in epigrafe, relativi alla modifica delle tariffe dei premi da applicare ai contratti di assicurazione della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, a decorrere dal 1 maggio 1990 e fino al 30 aprile 1991. Gli istanti, nella veste dei titolari di contratti R.C. auto ovvero nella qualita' di associazioni asseritamente portatrici, per statuto, di interesse alla tutela dell'utente e alla determinazione del giusto prezzo, sostengono che le tariffe assicurative avrebbero subito un sensibile ed ingiustificato aumento, derivante sia dalla elevazione del premio puro in ragione del 2,4 per cento, sia dal maggiore contributo al Fondo sanitario nazionale (6,5 per cento, in luogo del 4 per cento), sia dalla quota di caricamento applicata dalle compagnie assicurative nella percentuale massima stabilita dal decreto ministeriale 10 marzo 1990, sia, infine, soprattutto, dalle modifiche apportate al funzionamento del bonus-malus le cui "classi di merito" sono state elevate da 11 a 18. Tutto cio' in contraddizione con la notevole riduzione dei sinistri e del numero delle vittime e dei feriti, determinata dai provvedimenti che, negli ultimi anni, hanno elevato notevolmente gli standards di sicurezza stradale. Avverso il provvedimento impugnato, i ricorrenti hanno mosso, con l'atto introduttivo, le seguenti censure di illegittimita': 1. - Violazione artt. 11, 5 cpv. legge 24 dicembre 1969, n. 990, come modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39: violazione art. 1 d.lgs. 23 aprile 1946, n. 363; viol. art. 3, d.lgs. 15 settembre 1947, n. 896; viol. art. 97 della Costituzione; eccesso di potere. La Commissione ex art. 11 legge n. 990/1969 avrebbe espresso il proprio parere - previsto obbligatoriamente dalla legge - in assenza di alcuni suoi membri e di una tempestiva e regolare convocazione. Inoltre la Giunta del CIP ed il CIP in sede di ratifica non sarebbero stati composti dai membri previsti per legge, ne' gli stessi sarebbero stati regolarmente convocati con invio di ordine del giorno. 2. - Viol. art. 23-bis commi 1 e 2 d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973; viol. art. 3 d.lgs. 15 settembre 1947, n. 896; viol. art. 11, quinto cpv. legge 24 dicembre 1969, n. 990, nel testo risultante dalle modifiche e aggiunte apportate dall'art. 1 d.-l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito con modificazione, nella legge 26 febbraio 1997, n, 39; viol. art. 97 della Costituzione e principi generali; incompetenza; eccesso di potere per assenza di motivazione; difetto di presupposti e sviamento. La giunta del CIP avrebbe deliberato l'aumento delle tariffe, riservato per legge al Comitato interministeriale prezzi, in assenza del requisito della urgenza, inconfigurabile nella procedura de qua, attesi i tempi e i modi che ne regolano lo svolgimento. In ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe gravemente viziato perche' non sono state consultate le associazioni che tutelano gli interessi degli utenti, tra le quali il Codacons, mentre e' stata consultata la Commissione ministeriale ex art. 11 legge n. 990/1969, illegittimamente composta, in quanto il d.m. 14 gennaio 1989, di nomina di tale Commissione vi avrebbe inserito i soli produttori interessati e non gli utenti, costretti a fruire, per legge, del servizio assicurativo. 3. - Viol. art. 11. 2 e 7 cpv., legge n. 990/1969 nel testo modificato dalla legge n. 39/1977; viol. art. 21 d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973; eccesso di potere per assenza dei presupposti, travisamento dei fatti e sviamento. In contrasto con le disposizioni in epigrafe - che correlano il calcolo dei premi puri al numero dei sinistri avvenuti in ciascuno degli esercizi presi in esame - le tariffe sarebbero state aumentate in assenza dell'incremento di detto numero ed attraverso una tecnica di calcolo dei sinistri irregolare, in quanto fondata sul numero totale dei moduli CID (convenzione indennizzo diretto) inoltrati dagli assicurati, superiore a quello degli incidenti effettivi. 4. - Viol. legge n. 990/69, artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 1321 c.c., art. 1339 c.c. e principi generali; eccesso di potere. Le clausole autoritative che, per legge si inseriscono in un contratto, la cui stipula e' obbligatoria per il proprietario di un autoveicolo, non potrebbero avere carattere di retroattivita'. Sarebbe, quindi, illegittima l'applicazione della modifica delle classi di merito del bonus-malus ai titolari di contratti in essere alla data della deliberazione del CIP, avendo questi un diritto quesito a conservare la progressione delle classi (in senso favorevole o sfavorevole) in vista delle quali il contratto era stato stipulato. 5. - Questione subordinata di costituzionalita' dell'art. 11. 5 cpv. legge 24 dicembre 1969, n. 990, nel testo modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, in relazione all'art. 23 della Costituzione. Poiche' le tariffe della R.C. auto rientrano tra le prestazioni imposte, soggette alla riserva di legge ex art. 23 della Costituzione, la loro determinazione, in via amminstrativa, non potrebbero sottrarsi a precise garanzie, individuate dalla Corte costituzionale, in relazione ai provvedimenti del Comitato interministeriale prezzi, nella partecipazione al procedimento della Commissione centrale prezzi, in quanto organo formato oltre che da tecnici, anche dai rappresentanti delle categorie interessate. Viceversa, nel procedimento di determinazione delle tariffe delle quali si discute, la Commissione centrale prezzi e' sostituita da una Commissione ministeriale, la cui composizione, determinata dalla legge, non offrirebbe alcuna delle garanzie ritenute fondamentali dalla Corte costituzionale, in quanto ne sarebbe esclusa non solo ogni rappresentanza degli interessi degli utenti, ma anche la partecipazione dei diversi Ministeri preposti all'attuazione delle finalita' dello Stato. Con atto depositato il 20 settembre 1990, si e' costituita l'Avvocatura dello Stato, nell'interesse e per conto dell'Amministrazione intimata. Con ordinanza presidenziale n. 299 del 12 ottobre 1990 sono stati disposti incombenti istruttori, cui l'Amministrazione ha ottemperato con un primo deposito documentale in data 26 novembre 1990, all'esito del quale, i ricorrenti, in data 24 gennaio 1991 hanno notificato i seguenti motivi aggiunti: 1) La Commissione ex art. 11 legge n. 990/1969 avrebbe adottato il proprio parere senza alcuna votazione, rendendo impossibile l'accertamento se, all'adozione dello stesso, abbia partecipato il rappresentante dell'Automobile Club d'Italia, presente alla seduta dell'11 aprile 1990. 2) Sarebbe del tutto arbitraria e fonte di disparita' di trattamento l'audizione, da parte della Commissione stessa, di un rappresentante dell'A.C.I., con esclusione di altre Associazioni di tutela degli interessi dei consumatori, fra le quali la ricorrente. 3) La Commissione avrebbe operato, nella seduta del 27 marzo 1990, in assenza di due membri, per i quali non si sarebbe proceduto alla verifica dell'avvenuta regolare convocazione. Per nessuna delle sedute, inoltre, risulterebbero la regolarita' e la tempestivita' delle convocazioni 4) Il tempo impiegato dalla Commissione, nelle diverse sedute, sarebbe stato del tutto insufficiente rispetto all'entita' dei dati da esaminare, con palese sintomo di insufficienza di istruttoria nell'adozione del parere. Successivamente, poi, al deposito di ulteriore documentazione da parte dell'Avvocatura dello Stato, in data 1 febbraio 1991, i ricorrenti hanno notificato ancora motivi aggiunti, in data 6 febbraio 1991, con i quali hanno ulteriormente dedotto: 1) Risulterebbero confermate l'irregolarita' e l'intempestivita' delle convocazioni della Commissione ex art. 11 legge n. 990/1969, non potendosi attribuire efficacia probatoria ai fax esibiti, in copia, dall'Amministrazione. 2) Le sedute sia del CIP che della giunta del CIP non si sarebbero svolte regolarmente, in quanto: a) i Ministri competenti sarebbero stati, per entrambi gli organi, quasi del tutto assenti ed illegittimamente sostituiti dai Sottosegretari, per i quali non sono state esibite le deleghe; b) alla seduta del CIP non sarebbero stati presenti il Ministro delle finanze ed il Ministro per i lavori pubblici; c) il provvedimento di ratifica del CIP sarebbe stato adottato senza alcuna motivazione ed in assenza di discussione; d) la riunione di ratifica del CIP sarebbe durata per un tempo del tutto incongruo rispetto ai provvedimenti di ratifica; e) nessuna motivazione sull'urgenza si ricaverebbe dal verbale della seduta della giunta del CIP e nessuna motivazione si ricaverebbe sul merito del provvedimento adottato, essendosi recepito passivamente il parere della Commissione ex art. 11 legge n. 990/1969; f) illegittimamente avrebbe partecipato ai lavori della Giunta del CIP il prof. Filippi, giacche' la partecipazione degli esperti sarebbe prevista solo alle sedute del Comitato interministeriale prezzi; g) la seduta della Giunta del CIP sarebbe durata per un tempo insufficiente ad una approfondita istruttoria; h) la relazione del prof. Filippi alla Giunta sarebbe stata del tutto lacunosa sul funzionamento del bonus-malus; i) non sarebbe stata analizzata la discrepanza tra gli indici evolutivi sulla frequenza dei sinistri offerti dal Comitato consortile e quelli emergenti dagli studi ISTAT. L'Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 1 febbraio 1991 e il 5 aprile 1991, ha eccepito, in via preliminare, l'inammissibilita' del ricorso per carenza, nelle associazioni ricorrenti, di legittimazione attiva, non essendo le stessi titolari di alcun interesse protetto. Ad identiche conclusioni dovrebbe pervenirsi anche nei confronti dei rappresentanti legali di dette associazioni, i quali non hanno provato di essere titolari di un interesse protetto. Nel merito, il patrocinio erariale ha confutato le doglianze dei ricorrenti, sia in relazione ai motivi contenuti nell'atto introduttivo sia ai motivi aggiunti, concludendo per il rigetto del ricorso. Anche i ricorrenti hanno prodotto memorie con le quali, nel ribadire, in relazione agli statuti depositati, la legittimazione delle Associazioni istanti, hanno riaffermato ed ulteriormente sviluppato le proprie ragioni di doglianza avverso gli atti impugnati, alla luce, anche, della documentazione esibita dall'Amministrazione. Chiamato il ricorso alla pubblica udienza del 17 aprile 1991, questa Sezione, con sentenza parziale n. 805 del 24 maggio 1991, ha dichiarato infondati taluni motivi (logicamente prioritari) concernenti la regolarita' della formazione della volonta' collegiale del Comitato interministeriale prezzi. Ha proceduto, quindi, all'esame delle censure rivolte contro gli atti del procedimento posti a base della determinazione finale del CIP (e segnatamente contro il d.m. 14 gennaio 1989 di nomina dei componenti della Commissione ministeriale, incaricata ex art. 11 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 di esprime il parere obbligatorio sulla determinazione delle tariffe assicurative di cui trattasi) e, nell'affermare che il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato si era attenuto alle indicazioni della norma sopracitata circa la composizione della Commissione stessa, ha, ritenuto rilevante, ai fini della decisione degli ulteriori motivi di gravame, e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma stessa, in relazione all'art. 23 della Costituzione. Con ordinanza n. 804 del 24 maggio 1991 ha, quindi, sospeso il giudizio rimettendo detta questione alla Corte costituzionale. Quest'ultima, con sentenza n. 315 del 29 giugno-8 luglio 1992, ha dichiarato inammissibile la question anzidetta sul rilievo che la stessa era stata sollevata da questo tribunale dopo la decisione nel merito della causa, avendo questo Tribunale medesimo, col respingere la censura rivolta contro il d.m. 14 gennaio 1989, esaurito la propria cognizione e non essendovi quindi piu' i presupposti della incidentalita' del giudizio sulla legittimita' costituzionale della legge. In data 21 marzo 1992 si e' costituita l'A.N.I.A. - Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, chiedendo il rigetto del gravame. Con istanza depositata il 30 novembre 1992 la difesa dei ricorrenti ha chiesto la fissazione della udienza di trattazione del ricorso, ai fini della definizione degli ulteriori mezzi di gravame, presentando, il 29 maggio 1993, una memoria riepilogativa. Anche l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una memoria finale. Alla pubblica udienza del 9 giugno 1993 il ricorso e' stato assegnato al Collegio per la decisione. D i r i t t o 1. - Con ricorso notificato il 27-28 giugno 1990 e depositato il 25 luglio 1990, le Associazioni e gli altri soggetti privati indicati in epigrafe, hanno impugnato la deliberazione della giunta del Comitato interministeriale prezzi n. 14 del 26 aprile 1990 (ratificata con deliberazione del CIP del 22 maggio 1990) con la quale sono state determinate le tariffe dei prezzi per l'assicurazione della responsabilita' civile dei veicoli a motore e dei natanti, per il periodo 1 maggio 1990-30 aprile 1991. 2. - I ricorrenti, nel dolersi di tale deliberazione, che, secondo il loro assunto, avrebbe comportato aumenti ingiustificati delle tariffe precedentemente in vigore, hanno mosso numerosissime censure a tutti gli atti del procedimento, appuntando, tra l'altro, le proprie doglianze sugli atti istruttori che erano stati alla base dell'impugnata determinazione e, segnatamente, sul parere reso dalla Commissione ministeriale prevista dall'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nel testo modificato dalla legge 28 febbraio 1977, n. 39, di conversione del d.-l. 23 dicembre 1976 n. 857. Di tale parere, obbligatorio nel procedimento di cui si discute, essi hanno assunto la invalidita' in quanto reso da un organo illegittimamente composto, per non avere il Ministero competente inserito, tra i componenti della Commissione, in violazione dell'art. 11 sopracitato, rappresentanti degli interessi delle categorie degli utenti dei servizi assicurativi, direttamente incisi dalla determinazione delle tariffe dei premi adottate dal CIP. In subordine, ove tale rappresentanza non sia stata prevista da detta norma, hanno eccepito l'illegittimita' costituzionale di quest'ultima per contrasto con l'art. 23 della Costituzione. 3. - Con sentenza parziale n. 805 del 24 maggio 1991, questa Sezione, riordinando secondo una sequenza logica di pregiudizialita' i diversi mezzi di gravame, ne ha respinto un gruppo concernente la regolarita' della formazione della volonta' dell'Autorita' deliberante. Nel prendere in esame, quindi, secondo l'ordine logico anzidetto, le doglianze rivolte dai ricorrenti contro la legittimita' della composizione della Commissione deputata, ex art. 11 della legge n. 990/1969, ad esprimere il parere obbligatorio da sottoporre al CIP in sede di determinazione finale delle tariffe dei prezzi assicurativi, questa Sezione medesima ha rilevato come tale composizione fosse fissata dalla norma citata e come, quindi, il Ministero dell'industria, nell'emettere il d.m. 14 gennaio 1989 (anch'esso impugnato) non poteva determinarvi nel senso, preteso dagli istanti di includervi anche i rappresentanti delle categorie degli utenti. Su tale presupposto, ha, quindi ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione incidentale di legittimita' costituzionale del menzionato art. 11 della legge n, 990/1969, provvedendo, con ordinanza n. 804 del 24 maggio 1991, a sospendere il giudizio ed a rimettere la questione stessa all'Organo competente. 4. - La Corte costituzionale, con sentenza n. 315 del 29 giugno-8 luglio 1992, ha, tuttavia, dichiarato inammissibile la questione de qua, affermando: che questo tribunale aveva emanato l'ordinanza di remissione dopo aver pronunciato la sentenza parziale con la quale aveva respinto la censura rivolta contro il d.m. 14 giugno 1989, riconoscendo che il Ministero dell'industria, commercio ed artigianato si era correttamente attenuto alla legge nel comporre la Commissione ministeriale prevista dall'art. 11, sesto comma, della legge n. 990/1969; che con tale decisione questo tribunale medesimo aveva definito quello che era l'unico oggetto del giudizio, esaurendo di conseguenza la propria cognizione, cosi' che l'ammettere la questione sollevata dopo la decisione del merito della causa si sarebbe posto in contraddizione evidente col carattere incidentale del giudizio sulla legittimita' costituzionale delle leggi. 5. - Questo Collegio, nel prendere atto della pronuncia della Corte costituzionale sopra menzionata, non puo', tuttavia, sottrarsi alla necessaria considerazione che, alla stregua della articolazione dei numerosi mezzi di censura proposti dai ricorrenti con l'atto introduttivo e con i motivi aggiunti, il presupposto dal quale ha preso le mosse il giudice delle leggi, nel dichiarare l'inammissibilita' della questione sollevata da questo tribunale (l'essere venuto meno, cioe', il carattere incidentale della questione stessa per avere il giudice a quo esaurito la propria cognizione, definendo quello che era l'unico oggetto del giudizio) appare non coincidente con la realta' processuale del giudizio in esame. 5.1. - Al riguardo, questo tribunale deve doverosamente chiarire - anche al fine di offrire alla Corte costituzionale ogni utile elemento di valutazione - che, con la sentenza parziale cui si e' fatto cenno, non ha definito il merito della causa, ma ha deciso solo alcuni dei motivi dedotti (concernenti, come si e' esposto in fatto, vari momenti del contestato procedimento), soffermandosi sull'impugnato d.m. 14 gennaio 1989, adottato ai sensi dell'art. 11 della legge n. 990/1969, esclusivamente per confutare la tesi dei ricorrenti, secondo la quale detta norma avrebbe imposto una composizione della Commissione differente da quella fissata dal Ministero dell'industria. 5.2. - Sulla diversa censura concernente la legittimita' della composizione di detta Commissione, cosi' come stabilita dal piu' volte citato art. 11, questo tribunale non si e' invece pronunciato: come pure non si e' pronunciato sulla ulteriori censure, procedenti logicamente dalla risoluzione di detta questione, che a loro volta, investono aspetti formali e sostanziali del parere emesso dall'organo collegiale ed i conseguenti riflessi della illegittimita' di quest'ultimo sul provvedimento del CIP di fissazione delle tariffe dell'assicurazione R.C. auto per il periodo 1990-1991. 5.3. - Ne consegue che questo giudice non ha esaurito la propria cognizione sulla materia del contendere, per la cui definizione appare tuttora rilevante la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11, sesto comma, della legge n, 990/1969, essendo, come e' giurisprudenza pacifica, la (in ipotesi) riconosciuta illegittimita' della composizione dell'organo collegiale deputato ad esprimere il parere equiparata al vizio assorbente di incompetenza, suscettibile, da solo, di travolgere l'intero procedimento. 6. - Detta questione e' sollevata dai ricorrenti in relazione all'art. 23 della Costituzione, sul rilievo che rientrando le tariffe in contestazione tra le prestazioni patrimoniali imposte, la loro determinazione, in via amministrativa non potrebbe sottrarsi a precise garanzie, assenti nel procedimento de quo atteso che la composizione della Commissione ministeriale, cosi' come specificata dalla legge, non soddisferebbe quei requisiti minimi riconosciuti essenziali dalla stessa Corte costituzionale in relazione ai provvedimenti del Comitato interministeriale prezzi. 6.1. - Una siffatta questione non appare al Collegio manifestamente infondata, come gia' ritenuto l'ordinanza n. 805/1991. 6.2. - Ed invero, non sembra a questa sezione revocabile in dubbio, in relazione alla disciplina introdotta dalla legge 24 dicembre 1969, n. 990, che le tariffe delle quali si discute abbiano natura di prestazioni patrimoniali imposte. Trattasi, infatti, di tariffe che, una volta approvate dal CIP (art. 11, sesto comma, legge n. 990/1969) sono inserite di diritto nei contratti di assicurazione con decorrenza dalla prima scadenza annuale di premio successiva alla data di pubblicazione del relativo provvedimento e comunque dal trecentosessantacinquesimo giorno successivo alla pubblicazione stessa (art. 11, nono comma, legge cit.). Ora, ove si abbia riguardo alla circostanza che la stipula del contratto di assicurazione per la responsabilita' civile e' obbligatoria, ai sensi dell'art. 1 della piu' volte menzionata legge n. 990/1969, per ogni proprietario di veicolo a motore che intenda far circolare lo stesso su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, appare di tutta evidenza che la liberta' del cittadino di sottrarsi al pagamento del premio assicurativo si riduce, nella specie, alla sola facolta' di rinunciare ad usufruire di un autoveicolo; il che, nell'attuale assetto della vita sociale, si risolve nel sacrificio di interessi non solo assai rilevanti, ma addirittura impingenti nell'esercizio di diritti di ordine costituzionale, quali quello alla liberta' di movimento o, in molti casi, al lavoro, tenuto conto della strumentalita' insostituibile, per molte attivita' produttive, che ha assunto l'uso dell'autoveicolo. L'alternativa, per il cittadino, in altri termini, rimane esclusivamente circoscritta tra la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno ormai essenziale e l'accettazione di condizioni unilateralmente e autoritativamente prefissate, circostanze, queste, gia' ritenute sufficienti dalla Corte costituzionale per la qualifica come prestazioni imposte di altre tariffe (nella specie, quelle telefoniche; cfr. sent. n. 72 del 27 marzo 1969). Con la conseguenza che, anche per la determinazione autoritativa delle tariffe dei premi dell'assicurazione R.C. auto deve considerarsi necessaria la presenza di quelle garanzie che l'art. 23 della Costituzione ha voluto preordinare attraverso la riserva di legge. 6.3. - Ora, per quel che concerne, in particolare, l'individuazione di garanzie sufficienti, la stessa Corte costituzionale, con specifico riferimento alla potesta' autoritativa affidata dalla legge al Comitato interministeriale prezzi, le ha ravvisate (sent. n. 103 del 25 giugno 1957 e sent. n. 72 del 1969 cit.) nella circostanza che la determinazione finale di quest'ultimo, cosi' come disciplinata dal legislatore, deve essere preceduta da una istruttoria da parte di un organo qualificato (la Commisione centrale prezzi), composta, oltre che da tecnici - i quali esercitano la funzione di accertamento dei fattori economici che incidono sui prezzi -, anche da rappresentanti delle categorie interessate, che svolgono una concorrente funzione di tutela degli interessi contrapposti. 6.4. Senonche', nel procedimento di determinazione delle tariffe dei premi assicurativi, cosi' come delineato dall'art. 11 della legge n. 990/1969 e successive modificazioni, la Commissione centrale prezzi, per espressa previsione normativa (sesto comma), e' sostituita da una Commissione ministeriale, la cui differente composizione non sembra al Collegio soddisfare tutte le esigenze di garanzia, sulle quali ha posto l'accento la Corte costituzionale, per concludere circa la legittimita' costituzionale del procedimento di determinazione autoritativa di tariffe aventi natura di prestazioni imposte. 6.5. - Occorre rilevare, in particolare, come la composizione della Commissione ministeriale de qua non consenta alla stessa, a differenza della Commissione centrale prezzi, di avere una visione globale, ai fini della determinazione delle tariffe oggetto di esame, dell'incidenza di queste ultime sui diversi settori che concorrono all'economia nazionale. 6.5.1. - Viene, in evidenza, anzi tutto, la circostanza, che non sembra al Collegio irrilevante, che la Commissione ex art. 11 e' un organo costituito nell'ambito del Ministero dell'industria, commercio e artigianato e per soli fini consultivi di questo ultimo, laddove la Commissione centrale prezzi si radica all'interno dell'organizzazione del CIP. Il che comporta, come conseguenza immediata sul piano strutturale e funzionale, che l'organo stesso non appare idoneo a porsi come sede di confronto di una molteplicita' di fattori economici, essendo in esso prevista lasola rappresentanza istituzionale del Ministero da cui promana e dell'INA, laddove la Commissione centrale prezzi (art. 2 d.lv. lgt. n. 363/1946) e' composta da rappresentanti di tutti i principali dicasteri, ciascuno portatore, ovviamente, di esperienze specifiche, da confrontarsi con quelle che sono, di volta in volta, alla base della determinazione da adottare; il che appare, gia' di per se', indice di una minore garanzia per i destinatari delle tariffe assicurative, rispetto alla determinazione degli altri prezzi che pure fanno capo dal CIP. 6.5.2. - Manca, inoltre, il rappresentante dell'Istituto Centrale di Statistica, ovvero proprio del soggetto istituzionalmente preposto, nel nostro ordinamento, alla rilevazione ed elaborazione di tutti quei dati oggettivi che, comunque, possono agire sulla determinazione dei prezzi e delle tariffe (art. 2 d.lv. lgt. n. 368/1946). 6.5.3. - Mancano, infine, i rappresentanti degli interessi delle categorie contrapposte (cfr. art. 6 d.lv. C.P.S. n. 696/1947). 6.5.4. - In definitiva, la Commissione de qua, pur sostitutiva per legge della Commissione centrale prezzi, si atteggia come un organo sostanzialmente diverso da questa ultima, nel quale la presenza degli "esperti" e' preordinata a fornire solo un supporto tecnico alle deliberazioni del CIP, in materia di tariffe assicurative, venendo a mancare, invece, la garanzia che, nell'esercizio della funzione istruttoria e consultiva, siano anche equamente valutati e contemperati, da un lato, tutti i profili collaterali di incidenza della adottanda deliberazione rispetto ad altri settori economici anch'essi rilevanti, dall'altro, gli interessi delle categorie coinvolte e, segnatamente, di quelle degli utenti del servizio, sui quali, in definitiva, vengono a riverberarsi obbligatoriamente le tariffe cosi' determinate. 6.5.5. - In conclusione, non sembra al Collegio che la composizione della Commissione ministeriale che interviene obbligatoriamente nella fase istruttoria del procedimento di determinazione delle tariffe dei premi assicurativi della R.C. auto, rispetti le garanzie che l'art. 23 della Costituzione ha voluto apprestare per le prestazioni particolari imposte, attraverso la riserva di legge, cosi' come puntualizzate dalla stessa Corte costituzionale con le sentenze sopra citate. 7. - Cio' stante, reputa la Sezione che l'approfondimento e la conseguente soluzione della delineata questione di costituzionalita' dell'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nel testo modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, di conversione del d.-l. 23 dicembre 1976, n. 857, in relazione all'art. 23 della Costituzione, vadano nuovamente rimesse nella competente sede e, nel frattempo, sospende ogni ulteriore pronuncia sul presente giudizio.