IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede, osserva.
   Si  deve  porre preliminarmente la questione, che viene rilevata di
 ufficio in assenza di specifiche deduzioni in proposito ad  opera  di
 parte  convenuta, dell'ammissibilita' della questione di legittimita'
 costituzionale nel corso di un procedimento cautelare. Come e'  noto,
 la  Corte  costituzionale,  nella  sua  precedente giurisprudenza, da
 ultimo ribadita con la sentenza del 22 dicembre 1989,  n.  579  aveva
 ritenuto  che  il  problema  di  costituzionalita'  di  una norma non
 potesse essere sollevato dal giudice nel  corso  di  un  procedimento
 cautelare:   tuttavia, con una piu' recente decisione la stessa Corte
 costituzionale ha ritenuto  possibile  tale  rimessione.  Contestando
 l'eccezione   di  inammissibilita'  sostenuta  dalla  Presidenza  del
 Consiglio dei Ministri, in quanto la sospensione degli atti impugnati
 avrebbe comportato l'avvenuto esercizio del potere cautelare da parte
 del  giudice  remittente,  la Corte costituzionale ha rilevato che la
 sospensione degli atti in via  provvisoria  e  temporanea  fino  alla
 ripresa  del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalita'
 non determina per la sua natura meramente tecnica, l'esaurimento  del
 potere  cautelare  del  giudice  stesso,  con  la  conseguenza che la
 proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale  puo'  ritenrsi
 fornita del requisito della rilevanza.  (Corte cost. 12 ottobre 1990,
 n. 444, in Foro It. 1991, I, 721 e segg.).
   Tanto  premesso,  osserva  il  giudicante,  passando  all'esame nel
 merito della  questione,  che  il  problema  che  forma  oggetto  del
 presente  giudizio  riguarda la disciplina del rapporto convenzionale
 tra i medici generalisti e le aziende  sanitarie  locali  (ex  Unita'
 sanitarie   locali),   che  queste  ultime  vorrebbero  risolvere  in
 occasione del compimento del settantesimo anno di eta' da  parte  del
 sanitario.  Prima  di  procedere  all'esame  della  portata  e  delle
 implicazioni di carattere costituzionale dell'art.  2, comma 4, della
 legge 28 dicembre 1995, n. 549, appare opportuno ricordare, sia  pure
 brevemente, quali siano state le normative precedenti, invocate dalle
 UU.SS.LL.,  nonche'  le  caratteristiche  del  servizio  prestato dal
 medico di medicina generale e dai pediatri. Questi ultimi  esercitano
 il  servizio  di assistenza sanitaria con mezzi e studi professionali
 propri, sottoposti  soltanto  a  controlli  da  parte  delle  Aziende
 sanitarie  locali, che provvedono ad erogare i compensi relativi alle
 prestazioni effettuate nonche' a fornire  i  timbri  e  i  ricettari.
 L'evoluzione  legislativa  in subiecta materia deve prendere le mosse
 dalle legge  istitutiva  del  Servizio  sanitario  nazionale  del  23
 dicembre  1978,  n.  833. In detta legge, il rapporto tra i medici di
 base ed i pediatri da un lato e le UU.SS.LL., dall'altro,  era  stato
 concepito  come  uno  di natura libero-professionista: il diritto del
 cittadino di effettuare  la  scelta  del  medico,  sia  pure  con  le
 limitazioni  previste in ordine al numero (massimale) degli assistiti
 era garantito dall'art.  19 della legge citata. Nella sua  successiva
 evoluzione, la legislazione sanitaria, coerentemente con la scelta di
 operare  una  contrazione  dei  compiti  dello  Stato  in  materia di
 assistenza sanitaria, al duplice fine  di  ottenere  un  contenimento
 della spesa pubblica ed una piu' razionale organizzazione del sistema
 sanitario,  ha  accentuato  sia  l'aspetto  libero-professionale  del
 rapporto tra medico e servizio sanitario nazionale, sia il diritto di
 scelta da parte dell'assistito.   In particolare, si  deve  ricordare
 che   le  linee  fondamentali  della  nuova  disiciplina  sono  state
 introdotte dalle legge 30 dicembre  1991,  n.  412,  dalla  legge  23
 ottobre  1992,  n. 421 e dal d.-l. 7 dicembre 1993, n. 517, che hanno
 inciso sulla regolamentazione dei rapporti convenzionali  del  S.S.N.
 con  i  medici  di  medicina  generale. In particolare, si deve tener
 presente che l'art. 8  del  d.lgs.  30  novembre  1992,  n.  502,  ha
 previsto  che  il  rapporto  tra  il  S.S.N.  ed i medici di medicina
 generale ed i pediatri e' disciplinato  da  apposite  convenzioni  di
 durata  triennale,  conforme  agli Accordi collettivi nazionali e che
 devono tener conto dei seguenti principi:
     1) la scelta del medico e' liberamente effettuata dall'assistito,
 con l'unico limite fissato dal massimale assegnato ad ogni sanitario:
 essa ha validita' annuale  e  si  intende  tacitamente  rinnovata  in
 assenza di disdetta;
      2)  viene disciplinata la possibilita' di revoca della scelta da
 parte dell'assistito nel corso dell'anno nonche'  la  ricusazione  di
 questo  ultimo  ad  opera  del  medico, ove sussistono eccezionali ed
 accertati motivi di incompatibilita';
     3) si prevedono le modalita' per concordare i livelli di spesa;
     4) si ipotizza che l'accertato pagamento da parte  dell'assistito
 di  somme  non  dovute  determini  il  venir meno del rapporto con il
 S.S.N.;
     5) si concordano con le 00.SS. i  compiti  e  le  prestazioni  da
 effettuare;
     6) si definisce la struttura del compenso spettante al medico;
     7)  si  regola  l'accesso  alle  funzioni  di  medico di medicina
 generale;
     8) si prevede la cessazione  degli  istituti  normativi  previsti
 riconducibili  direttamente o indirettamente ad un rapporto di lavoro
 dipendente.
   L'art. 1 del decreto-legge citato prevede,  al  comma  3,  che  gli
 ordini  ed i Collegi professionali sono obbligati a valutare sotto il
 profilo deontologico i comportamenti degli iscritti all'albo  che  si
 siano resi inadempienti agli obblighi delle convenzioni.
   L'art.  48  della legge 23 dicembre 1978, n. 833 demandava, infine,
 agli Accordi  collettivi  nazionali,  l'uniformita'  del  trattamento
 economico  e  normativo  dei  medici  legati  al  S.S.N.  da rapporto
 convenzionale,  disponendo  la  disciplina  dello  stesso  attraverso
 accordi  collettivi  aventi durata triennale: in particolare, fissava
 in 13 punti gli aspetti del rapporto che doveveno essere regolati. In
 particolare, gli Accordi collettivi dovevano prevedere:
     1) le istituzioni ed i criteri di formazione degli elenchi  unici
 di  medici di medicina generale, la disciplina delle incompatibilita'
 e delle limitazioni al rapporto convenzionale;
     2) le forme di controllo sulla attivita' dei medici convenzionati
 nonche' le ipotesi di infrazione da parte dei medici  degli  obblighi
 derivanti  dalle  convenzioni,  le  conseguenti sanzioni, compresa la
 risoluzione del rapporto;
     3) le modalita'  per  assicurare  l'aggiornamento  professionale,
 nonche'  la  continuita'  dell'assistenza  anche in caso di assenza o
 impedimento  del  medico  tenuto  alla  prestazione  e   cosi'   via.
 Nell'ambito  delle  materie  devolute agli Accordi collettivi non era
 previsto l'apposizione di un limite di eta' massimo  per  il  medico.
 Tuttavia con il d.P.R.  n. 314/1990 era stato previsto tale limite di
 eta'  a settanta anni, il che aveva provocato l'insorgere di un vasto
 ed articolato contenzioso avente ad oggetto la legittimita'  di  tale
 previsione.  Nella giurisprudenza di questa pretura, confermata anche
 dal tribunale di Bari, la previsione contenuta nel d.P.R. n. 314/1990
 era stata ritenuta illegittima per eccesso di potere in quanto l'atto
 amministrativo generale (che come tale, non avendo forza di legge non
 era stato possibile sottoporre all'esame della  Corte  ostituzionale)
 aveva  introdotto  in limite non previsto nell'art. 48 della legge n.
 833/1978.
   Tanto premesso, si deve  sottolineare  che  la  situazione  attuale
 appare  modificata  con  l'introduzione  dell'art.  2, comma 4, della
 legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ha previsto l'introduzione di  un
 limite  di  eta' per i sanitari. Tuttavia tale modifica non appare al
 giudicante,   di  per  se',  risolutiva  in  quanto  l'attivita'  del
 legislatore e' pur sempre  soggetta,  in  un  sistema  costituzionale
 rigido  come  quello  della  Repubblica  italiana  ad un controllo di
 legittimita' costituzionale. Si deve sottolineare,  in  primo  luogo,
 che  la  stessa  legge n. 549/1995 prevede all'art. 2, settimo comma,
 che si conferma agli assistiti la facolta'  di  libera  scelta  delle
 strutture  sanitarie  e dei professionisti a norma degli artt. 8 e 14
 del  decreto  legislativo  n.  502/1992  e  successive  modifiche  ed
 integrazioni.  E'  bene  sottolineare  che  la liberta' di scelta del
 medico non viene piu' concepita come  dall'art.  19  della  legge  n.
 833/1978  "nei  limiti  oggettivi della organizzazione dei SS.SS." ma
 come finalita' stessa della legge,  insieme  a  quella  di  garantire
 migliore  assistenza  al  cittadino  che  viene perseguita attraverso
 l'incentivazione al contenimento dei consumi sanitari, attraverso  la
 valorizzazione  del volontariato, l'acquisizione da parte di soggetti
 singoli e consortili delle prestazioni, ecc.. I principi fissati  dal
 decreto  legislativo  n. 502/1992, cui devono uniformarsi gli Accordi
 collettivi disciplinanti le convenzioni  con  i  medici  di  medicina
 generale,  riguardano  in  definitiva la libera scelta del medico, la
 possibilita' di  revoca  da  parte  dell'assistito  anche  nel  corso
 dell'anno  e  la ricusazione della scelta da parte del medico nonche'
 le modalita' di accesso alle funzioni di medico di medicina generale.
 Vengono, in tal modo, accentuati i contenuti libero-professionali del
 rapporto tra assistito e medico e di sottolinea la facolta' di scelta
 da parte di questo ultimo: non vengono piu' previsti, ad esempio, tra
 i principi guida nella regolamentazione collettiva i controlli  sulla
 attivita'  dei  medici  convenzionali,  le  forme  dell'aggiornamento
 professionale, le ipotesi di infrazione,  mentre  i  controlli  e  le
 sanzioni  sull'attivita'  del  medico  convenzionato vengono devoluti
 alla competenza degli Ordini e Consigli Professionali e  non  piu'  a
 commissioni paritetiche di disciplina. Sul piano della disciplina del
 rapporto  l'art.  4,  comma  7,della  legge  30 dicembre 1991, n. 412
 prevede che il S.S.N. puo' intraprendere un  unico  rapporto  con  il
 medico e che lo stesso sia incompatibile con qualsiasi altro rapporto
 di   lavoro   dipendente   pubblico   o  privato:  le  situazioni  di
 incompatibilita' devono cessare entro un anno. Si deve  sottolineare,
 infine,  al  fine di arrivare al cuore del problema, che la normativa
 di cui si dubita la legittimita' costituzionale  appare  influenzata,
 cosi' come era avvenuta per i precedenti Accordi collettivi (peraltro
 disapplicati) dall'onda emotiva determinata dalla crisi occupazionale
 che  investe  i medici di giovane eta' e che ha spinto il legislatore
 ad introdurre un limite di eta'  per  il  mantenimento  dei  rapporti
 convenzionali.  Si  deve  sottolineare,  a  tal  proposito,  che  non
 soltanto detta nuova  normativa  non  appare  idoena  a  risolvere  i
 problemi  occupazionali  dei  giovani medici ma che, nel prevedere un
 rigido limite legale all'esercizio delle attivita' di medico di base,
 non previste dalla legge n. 833/1978, appare del tutto incoerente con
 il precedente sviluppo legislativo, con la deregulation in atto,  con
 la  evoluzione  del  sistema sempre piu' flessibili di organizzazione
 sanitaria e soprattutto con i principi sopra indicati,  vale  a  dire
 con   il  carattere  libero-professionale  dell'attivita'  e  con  il
 principio della libera scelta del  medico  da  parte  del  cittadino,
 principi  gia'  posti  dalla legge istitutiva del Servizio, sanitario
 nazionale,  modificati  ed  accentuati nel nuovo sistema. Anche se si
 deve tener conto che questa incoerenza non puo' essere considerata di
 per se' stessa indice di incostituzionalita', in quanto non  sussiste
 un  principio  costituzionale di coerenza nell'evoluzione del sistema
 legislativo e  che  pur  nell'ambito  di  una  tendenza,  piu'  volte
 affermata   dalla  legislazione,  e'  possibile  introdurre  deroghe,
 modifiche  e  norme  nuove  che  esprimano  tendenze  contrastanti  o
 semplicemente  diverse  rispetto  alle  precedenti, secondo scelte di
 politica   ligislativa   non   sindacabili   neppure   dalla    Corte
 costituzionale.
   Nel  caso  di specie, peraltro, ad avviso del giudicante la lesione
 di  alcuni  principi  costituzionali  appare  evidente.   Una   volta
 qualificato  il  rapporto  insorto  tra  il  S.S.N.  e il medico come
 rapporto libero-professionale, non sembra possa  mettersi  in  dubbio
 che  l'introduzione  legislativa  di  un  limite  di  eta'  crea  una
 ingiustificata disparita' di trattamento con altri soggetti esercenti
 la professione libera, violando il  principio  di  uguaglianza  senza
 alcuna  razionale  giustificazione:  in generale, infatti, non e' mai
 previsto un limite di eta'  nei  rapporti  convenzionali  di  diritto
 privato ovvero per l'esercizio di una libera professione.
   Alla  violazione dell'art. 3 della Costituzione, si aggiunge quindi
 quella dell'art. 33, quinto comma,  della  stessa  Costituzione,  che
 pone come unico limite all'esercizio della attivita' professionale il
 superamento dell'esame di  abilitazione.
   Il  limite  di eta' e' di regola imposto dalla legge per i rapporti
 di lavoro dipendente sia pubblico che privato, anche se in  proposito
 si  deve sottolineare  che l'art. 16 del decreto-legge n. 503/1992 ha
 previsto, anche in questa ipotesi, la possibilita' per  i  dipendenti
 civili  dello  Stato e degli enti pubblici non economici di permanere
 in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre  i  limiti  di
 eta' per il collocamento a riposo per essi previsto; analogamente
  la  legge  24  aprile  1993,  n.  125 ha esteso tale possibilita' ai
 magistrati, che possono rimanere in servizio fino a settantadue anni.
 Vi e', quindi, da un lato la tendenza ad ampliare le possibilita'  di
 lavoro   degli   anziani,   anche  se  lavoratori  dipendenti  mentre
 dall'altra si introducono rigide preclusioni in tema  di  lavoro  del
 medico  di  base, che e' parte di una convenzione privatistica con il
 S.S.N. e che esercita il proprio lavoro con strutture personali ed e'
 stato liberamente scelto e non  revocato  dal  cittadino  utente  del
 servizio.
   In  definitiva,  si introduce una limitazione nell'esercizio di una
 libera professione, sia pure esercitata a mezzo  di  una  convenzione
 con  la  struttura  pubblica,  che non esiste per nessun altro libero
 professionista e per nessun altro tipo di convenzione.
   In proposito, si deve ricordare che la liberta' di esercizio  delle
 libere  professioni intellettuali, come del resto tutte le liberta' o
 diritti costituzionalmente garantiti, puo' esplicarsi entro  l'ambito
 di  tutela  di  altre  liberta'  e  diritti  secondo  il  criterio di
 contemperamento  di  interessi  piu'  volte  affermate  dalla   Corte
 costituzionale.
   In  tale  ambito, assumono primaria rilevanza situazioni soggettive
 riconducibili al valore della persona umana.
   E'  quindi,  ovvio,  che  la professione sanitaria trovi dei limiti
 nella esigenza di tutela del diritto alla salute dei cittadini utenti
 del servizio (art. 32 della Costituzione). Ma se i limiti di 70  anni
 puo'  essere  spiegato  razionalmente  con  l'esigenza di tutelare la
 salute dei cittadini, non si capisce perche'  la  legge  non  preveda
 "l'identico  limite  per  l'esercizio  della  professione  di  medico
 specialista ambulatoriale convenzionato.
   La norma  in  esame  incide,  pertanto,  sul  diritto  alla  salute
 garantito  ai cittadini, i quali si vedono privati del proprio medico
 di fiducia dopo anni di  assistenza, sulla base di  un  criterio  che
 non appare sorretto da alcuna razionale giustificazione.
    La  norma  in  esame  appare  inoltre, in contrasto con il diritto
 riconosciuto dall'art. 4 della Costituzione che garantisce a tutti  i
 cittadini'  la possibilita' di svolgere le proprie attivita': orbene,
 privare il medico di base della possibilita' di lavoro  per  il  solo
 fatto  del raggiungimento di una determinata eta', significa negargli
 la  possibilita'  di  lavoro  e   di   affermazione   della   propria
 personalita'.
   Sulla  base  delle  suesposte  considerazioni,  si provvede come da
 dispositivo.