IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli atti relativi al proc. n. 1780/96 g.i.p. O s s e r v a Con provvedimento del 6 novembre 1996, il questore della provincia di Siena, ex art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, modificato dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45, ordinava ai minori S. S. e N. M. il divieto nei loro confronti "di accesso ai luoghi ove si svolgono le competizioni sportive - di calcio e basket - con partecipazione di squadre della provincia di Siena sia in incontri casalinghi che in trasferta, per la durata di un anno". Imponeva altresi' ai minori "l'obbligo di presentazione negli uffici della questura, in concomitanza con l'inizio delle competizioni medesime". Il questore, in data 9 novembre 1996, trasmetteva i provvedimenti al procuratore della Repubblica per i minoreni per "attivare la procedura di convalida dell'obbligo imposto", ai minori, di presentarsi presso la questura, "in concomitanza dell'inizio delle gare". Il p.m. l'11 novembre 1996 trasmetteva gli atti al giudice delle indagini preliminari per la convalida del provvedimento del questore. All'odierna udienza si e' giunti previa comunicazione agli interessati, al p.m. e, previa sua nomina, al difensore di ufficio (si e' presentato per il S. il difensore di fiducia). Questo giudice, sentiti p.m. e difesa, ritiene che la normativa in esame susciti dubbi di incostituzionalita' non manifestamente infondati. Con l'art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, il legislatore aveva attribuito all'autorita' di pubblica sicurezza il potere di "ordinare il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche", ad una particolare categoria di persone, ben individuate dalla norma. Con l'art. 1 del d.-l. 22 dicembre 1944, n. 717, convertito dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45, si e' voluto garantire l'osservanza, da parte dei soggetti destinatari, dell'ordine di divieto, dando la possibilita' all'autorita' di pubblica sicurezza di aggiungere al divieto di accesso, la prescrizione di comparire personalmente nell'ufficio o comando di polizia, in orario compreso nel periodo di tempo in cui si svolgono le competizioni per le quali opera il divieto di accesso. Proprio le perplessita' sorte in sede di discussione parlamentare circa la attribuzione al questore della potesta' di imporre misura limitativa della liberta' personale, portarono alla subordinazione dell'efficacia della misura disposta dal questore, al provvedimento di convalida da parte dell'autorita' giudiziaria. Con la sentenza n. 143/1996 la Corte costituzionale ha dichiarao l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge in esame, nella parte in cui prevedeva che la convalida del provvedimento adottato dal questore nei confronti del minore di eta' ai sensi del secondo comma dello stesso articolo spettasse al giudice delle indagini preliminari presso la pretura anziche' al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni competente per territorio. La Corte in sentenza ha argomentato precisando che "come risulta dai lavori preparatori, il legislatore ha inteso introdurre la possibilita' di imporre una ''vera e propria'' misura cautelare nei confronti di persone, per le quali sia gia' stato disposto, ai sensi del primo comma dello stesso articolo un divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di talune manifestazioni sportive". "La procedura prescelta dal legislatore per disciplinare le modalita' di convalida del provvedimento in questione ricalca" cosi' dice la Corte "quella prevista dall'art. 390 c.p.p. sia per quanto concerne gli organi interessati, sia in riferimento ai termini entro i quali deve addivenirsi alla richiesta ed alla convalida, sia in relazione agli effetti del mancato rispetto di tali limiti temporali (inefficacia della misura)". Il provvedimento del questore emesso nei confronti di un minore, dice la Corte, deve rientrare nell'ambito di quella giustizia minorile caratterizzata "dalla prevalente esigenza rieducativa, nonche' dalla necessita' di valutazioni, da parte dello stesso giudice, fondate su prognosi individualizzate in funzione del recupero del minore deviante", da "garanzie specifiche riferite all'iter processuale" e dalla "possibilita' di avvalersi dei servizi minorili allo scopo di approfondire la conoscenza della personalita' e delle condizioni di vita del minore". La Corte concludeva il suo dire riconoscendo la competenza del giudice minorile, in ordine alla convalida, "dal momento che l'imposizione di una misura restrittiva della liberta' personale, come quella prevista dalla norma "in esame", non puo' non presupporre una valutazione adeguata da parte del giudice della personalita' del minore, nonche' dell'utilita' ai fini educativi della stessa misura, anche in relazione alle modalita' della sua applicazione". Tutto l'iter del discorso su riportato non puo' non evidenziare il contrasto dell'attuale espressione normativa, con principi fondamentali della Costituzione, ricordati dalla stessa sentenza della Corte costituzionale n. 143/1996. Violazione dell'art. 3 e dell'art. 24 della Costituzione. Bastano poche parole in realta', che il dubbio di legittimita' costituzionale, in ordine a tale aspetto, e' stato subito espresso dai lettori della norma, mantenendo la qualifica del provvedimento emesso dal questore, quale misura di prevenzione, per evidenziare la disparita' di trattamento rispetto a coloro nei cui confronti l'iter procedurale in sede di applicazione di misura limitativa della liberta' personale, prevede comunque garanzia del contraddittorio e della difesa, tanto piu' oggi, alla luce dell'espressione della su ricordata sentenza della Corte costituzionale che ha qualificato il provvedimento del questore come vera e propria misura cautelare. Ne' in verita' la violazione delle garanzie del contraddittorio e della difesa viene meno per la attribuzione alla autorita' giudiziaria della titolarita' del provvedimento di convalida. Se, infatti, e' stato detto che "l'assoluto silenzio serbato dalla normativa, quanto alle garanzie difensive, induce a ritenere tacitamente richiamate le disposizioni processuali che regolano il procedimento di convalida delle misure adottate dalla polizia giudiziaria, cosi' da garantire una fase che assicuri la partecipazione delle parti in contraddittorio alla decisione del giudice sulla prescrizione imposta dal questore", e nella sentenza n, 143/1996 della Corte costituzionale si dice che la procedura "ricalca" quella prevista dall'art. 390 c.p.p., e' da dire che risulta prassi consolidata l'effettuazione di convalide basate meramente sulle acquisizioni scritte, senza alcuna garanzia di difesa, senza il contraddittorio previsto dall'art. 391 c.p.p. a cui sarebbe stato opportuno facesse riferimento il legislatore. L'assoluto silenzio del legislatore in ordine alle modalita' procedurali non garantiscono il contraddittorio e la difesa, che non possono essere lasciati alla sensibilita' del singolo giudice per le indagini preliminari, ma devono essere formalmente garantiti. Tanto piu' evidente risulta la disparita' di trattamento per il minore destinatario del provvedimento del questore, ove si pensi alle misure amministrative previste dagli artt. 25 e 27 r.d.-l. 20 luglio 1934, n. 1404, modificato dalla legge 27 maggio 1935, n. 835 e segg. che possono essere disposte dal tribunale per i minorenni "in camera di consiglio, con l'intervento del minore, dell'esercente la potesta' o la tutela, sentito il p.m., ed e' consentita l'assistenza del difensore". Il contrasto con i principi delle norme costituzionali su ricordate appare evidente. Violazione dell'art. 31, secondo comma, della Costituzione. L'art. 6, comma 3, della legge in esame prescrive che il giudice per le indagini preliminari convalidi, su richiesta del p.m., il provvedimento del questore, entro quarantotto ore dalla richiesta del p.m. La Corte costituzionale con la sentenza n. 143/1996 ha affermato che il giudice (minorile) delle indagini preliminari deve potersi avvalere dei servizi minorili allo scopo di approfondire la conoscenza della personalita' e delle condizioni di vita del minore. E' del tutto evidente che i termini fissati dal legislatore nell'art. 6, comma 3, non permettono la raccolta di quegli elementi che soli, ha ribadito la Corte costituzionale, permettono il realizzarsi di quella giustizia minorile che trova principio informatore nell'art. 31 della Costituzione. Ne' a cio' puo' obiettarsi che e' lo stesso termine di tempo previsto per la applicazione di misura cautelare (e per definire la piu' idonea ed adeguata per non "interrompere i processi educativi in atto", per dirla con l'art. 19 d.P.R. n. 448/1988). Sia la custodia cautelare, che il collocamento in comunita', che la permanenza a casa, che le prescrizioni (che sono la misura piu' vicina a quella in discussione ex art. 6 legge 13 dicembre 1989, n. 401, e successive modificazioni) vengono applicate acquisite relazioni di servizio sociale: l'attivarsi degli operatori del C.P.A. in immediato rapportarsi con i servizi ministeriali e territoriali permette la immediata conoscenza di quei dati della personalita' e socio-familiari del minore, che portano a definire la misura piu' idonea e proporzionata, quando e se una misura e' da applicare. I tempi ristretti (quarantotto ore) dalla ricezione della richiesta del p.m. non permettono di dar mandato al servizio di zona od al servizio ministeriale, di avviare una minima conoscenza, che permetta al servizio quella raccolta di dati sulla personalita' del minore, che, trasmessi al giudice, permette di qualificare poi, nell'agire del giudice delle indagini preliminiari in sede di convalida, fedelta' ai principi dell'art. 31 della Costituzione. Non e' tutelato il diritto del minore a che il giudice abbia conoscenza dei dati personali e socio-familiari che permettono, per dirla ancora con la Corte costituzionale "valutazione della personalita' del minore, della utilita' ai fini educativi della stessa, anche in relazione alle modalita' della sua applicazione". Ma, di piu', tale valutazione, ritenuta dalla Corte necessaria, "per raggiungere la finalita' di protezione indicata dall'art. 31, secondo comma, della Costituzione", ove compiuta, sarebbe fine a se stessa, avendo il giudice per le indagini preliminari soltanto la possibilita' di convalidare o non convalidare il provvedimento cosi' come emesso dal questore, senza in alcun modo poter incidere, in base alla accertata personalita' del minore, in base alla sua situazione socio-familiare, alle esigenze educative, sul suo contenuto e sulle modalita' della sua applicazione. Ed altresi' lesivo della finalita' di protezione dei giovani e dei minori indicata dall'art. 31, secondo comma, della Costituzione, e' l'ottavo comma dell'art. 6 legge 13 dicembre 1989, la' dove attribuisce esclusivamente al questore la possibilita' di autorizzare il giovane destinatario del provvedimento di prescrizioni, per gravi e comprovate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo di privata dimora o altro diverso luogo nel quale sia reperibile durante lo svolgimento di specifiche manifestazioni agonistiche. Se infatti la Corte costituzionale ha ribadito che per osservare il principio costituzionale espresso nell'art. 31, secondo comma, della Costituzione, i provvedimenti restrittivi comunque della liberta' personale dei minori non possono che essere di esclusiva competenza del giudice minorile, non puo' tale competenza non essere propria del giudice minorile, anche la' dove e' da adeguare la misura alla realta' ed all'evolversi della personalita', all'evolversi, ed al modificarsi delle esigenze educative. Cio' proprio perche' il giudice minorile, come dice la Corte costituzionale, "ha la possibilita' di avvalersi dei servizi minorili", e certo di questi non si avvale il questore, o comunque tale autorita' ex lege non e' legittimata a dare valutazione in ordine a personalita' spesso cosi' complesse quali quelle degli adolescenti, per cui lo stesso legislatore ha ritenuto necessaria la creazione di un giudice specializzato.