Ricorso della regione Lazio, in persona del presidente della Giunta regionale, dott. Pietro Badaloni, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 25, presso lo studio del prof. avv. Luciano Ventura, che la rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con l'avv. Giuseppe La Cute, in forza di mandato a margine del presente atto sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 28 dicembre 1996, in relazione agli art. l17 e 118 ed all'art. 77 della Costituzione (questione promossa ai sensi dell'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, previa deliberazione della Giunta regionale del Lazio n. 135 del 21 gennaio 1997). Premessa Per una piena comprensione dei motivi e dei limiti del presente ricorso e' necessario premettere che con d.-l. 26 luglio 1994, n. 468 il Governo adotto', ai sensi dell'art. 77 della Costituzione, "misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata". Detto decreto venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 1994 e perse efficacia sin dall'inizio, non essendo stato convertito in legge dalle Camere nei sessanta giorni seguenti. Successivamente il governo, ritenuta ancora "la straordinaria necessita' ed urgenza", emano' il d.-l. 27 settembre 1994, n. 551, recante lo stesso titolo. In tale decreto erano contenute non soltanto norme che presentavano lo stesso testo di quelle del decreto-legge n. 468 del 1994, ma anche alcune disposizioni di diverso contenuto. In particolare l'art. 5, recante "Norme in materia di pianificazione urbanistica", comprendeva assieme ai commi 1, 2 e 4 (che integravano o modificavano l'art. 39 della legge 8 giugno 1990, n. 142) il comma 3 che, nella parte che ci interessa, fissava in materia di pianificazione urbanistica il principio espresso dal seguente testo: "3. L'approvazione degli strumenti urbanistici da parte della regione e, ove prevista, della provincia o di altro ente locale, avviene entro centottanta giorni dalla data di trasmissione, da parte dell'ente che lo ha adottato, dello stesso strumento urbanistico corredato della necessaria documentazione; decorso infruttuosamente il termine, che puo' essere interrotto una sola volta per motivate ragioni, i piani si intendono approvati". Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 1994, anche il decreto-legge n. 551 del 1994 perse efficacia sin dall'inizio, non essendo stato convertito in legge dalle Camere entro il 26 ottobre 1994. Lo stesso testo del comma 3 dell'art. 5 del decreto-legge n. 551 del 1994 era pero' ricomparso come comma 3 dell'art. 4 di altro decreto-legge approvato dal Governo, avente lo stesso oggetto, cioe' del d.-l. 25 novembre 1994, n. 649. Iniziava cosi' una sequenza che per due anni ha visto succedersi la emanazione e la pubblicazione di un decreto-legge che aveva lo stesso oggetto di altro precedente - al quale peraltro non si richiamava in alcun modo - e la sua perdita di efficacia, sin dall'inizio, per la mancata approvazione da parte delle Camere. Tutti i tredici decreti che si sono succeduti ad iniziare dal decreto-legge n. 551 del 1994 comprendevano una norma corrispondente a quella che abbiamo trascritto sopra. In particolare, elenchiamo qui di seguito gli estremi di ogni decreto e della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ed il luogo dove e' collocata la disposizione che ci interessa: d.-l. 27 settembre 1994, n. 551; Gazzetta Ufficiale 27 settembre 1994, n. 226; collocazione art. 5, comma 3; d.-l. 25 novembre 1994, n. 649; Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1994, n. 277; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 26 gennaio 1995, n. 24; Gazzetta Ufficiale 26 gennaio 1995, n. 21; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 27 marzo 1995, n. 88; Gazzetta Ufficiale 28 marzo 1995, n. 73; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 26 maggio 1995, n. 193; Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1995, n. 122; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 26 luglio 1995, n. 310; Gazzetta Ufficiale 27 luglio 1995, n. 174; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 20 settembre 1995, n. 400; Gazzetta Ufficiale 26 settembre 1995, n. 225; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 25 novembre 1995, n. 498; Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1995, n. 276; collocazione art. 4, comma 3; d.-l. 24 gennaio 1996, n. 30; Gazzetta Ufficiale 25 gennaio 1995, n. 20; collocazione art. 5, comma 3; d.-l. 25 marzo 1996, n. 154; Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1996, n. 72; collocazione art. 5, comma 3; d.-l. 25 maggio 1996, n. 285; Gazzetta Ufficiale 25 maggio 1996, n. 121; collocazione art. 5, comma 3; d.-l. 22 luglio 1996, n. 388; Gazzetta Ufficiale 24 luglio 1996, n. 172; collocazione art. 5, comma 3; d.-l. 24 settembre 1996, n. 495; Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1996, n. 224; collocazione art. 5, comma 3. Alla data del 23 novembre 1996 anche il d.-l. 24 settembre 1996, n. 495 ha perso efficacia sin dall'inizio, non essendo stato convertito in legge dalle Camere. Successivamente, su parte della materia che era stata oggetto dei reiterati interventi legislativi d'urgenza dei quali si e' detto, sono intervenute le disposizioni contenute nei commi da 37 a 60 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", ed in nessuno di tali commi e' contenuta una norma che preveda che il silenzio-assenso possa sostituire i provvedimenti formali che la regione ha il potere-dovere di adottare, valutando i piani di urbanizzazione e le relative varianti. A chiusura della vicenda, le Camere hanno inoltre esercitato il potere previsto dall'ultima parte del comma 3 dell'art. 77 della Costituzione e con il comma 61 dello stesso art. 2 hanno disposto che "Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti" sulla base di 14 decreti-legge specificamente indicati, tra i quali i 13 piu' recenti contengono la norma relativa al silenzio-assenso della quale abbiamo detto sinora. In relazione appunto a tale norma, la Giunta regionale del Lazio ha constatato che una applicazione massimizzante del comma 61 comporterebbe di fatto, anche se per un periodo circoscritto, una improvvisa ed imprevedibile ablazione di poteri che gli art. 117 e 118 della Costituzione attribuiscono alle regioni e che nessun intervento legislativo delle Camere ha messo in discussione. Per questo la regione Lazio promuove la questione di legittimita' costituzionale che costituisce l'oggetto del presente ricorso: questione che risulta esattamente delimitata e che comunque appare rilevante soltanto ove si ritenga che dal comma 61 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 possano discendere effetti che ad avviso dell'Amministrazione ricorrente dovrebbero essere esclusi da una corretta applicazione dell'art. 77 della Costituzione. Come gia' accennato, la questione di legittimita' costituzionale sollevata con il presente ricorso sorge soltanto qualora si accerti che la disposizione che si ritiene viziata spiega effetti che la regione Lazio ritiene incompatibili sia con l'art. 77 che con gli art. 117 e 118 della Costituzione. Il problema si pone nei termini che seguono. I decreti-legge ai quali fa riferimento l'art. 2, comma 61, della legge n. 662 del 1996 contenevano tutti, tra le "Norme in materia di pianificazione urbanistica", quella in base alla quale il silenzio della regione protattosi per oltre centoottanta giorni, avrebbe dovuto spiegare gli stessi effetti di un atto formale di approvazione dello strumento urbanistico proposto. Nessuno di questi decreti e' stato convertito in legge dalle Camere, con la conseguenza che i centoottanta giorni necessari per la formazione del silenzio-assenso non sono mai decorsi. Dopo appena sessanta giorni dalla sua pubblicazione (cioe' dopo appena un terzo del periodo previsto) il decreto che aveva esteso anche alla materia urbanistica l'istituto del silenzio-assenso aveva infatti perso efficacia, sin dall'inizio. A questo punto acquista rilievo anche la circostanza che nel testo dei decreti-legge successivi a quello n. 551 del 1994 non e' contenuta alcuna disposizione che faccia riferimento - in qualsiasi modo ed a qualsiasi effetto - alla sequenza di provedimenti recanti lo stesso testo che si sono succeduti per quasi un biennio. Periodi di centoottanta giorni vi sono quindi stati, ma essi sono decorsi mentre restavano in vigore, sessanta giorni per sessanta giorni, decreti-legge diversi, che le Camere non hanno convertito in legge, con il crollo di qualsiasi situazione in itinere, verificatosi puntualmente proprio ogni sessanta giorni. E' questa la situazione nella quale occorre chiedersi se l'art. 2, comma 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 spieghi effetti tali da incidere sui poteri delle regioni, togliendo loro la possibilita' di decidere sugli strumenti urbanistici adottati dagli enti proponenti e se questo possa avvenire in tutti i casi in cui siano trascorsi centottanta giorni tra il 27 settembre 1994 (data di pubblicazione del decreto-legge n. 551 del 1994) ed il 23 novembre 1996 (data in cui ha perso efficacia il decreto-legge n. 495 del 1996). La regione Lazio ritiene che la risposta debba essere negativa. Il silenzio sugli strumenti urbanistici, infatti, non puo' aver avuto alcun effetto, non essendo decorso il termine di centoottanta giorni che ciascuno dei decreti-legge ha previsto. Daltronde, dal testo dell'art. 2, comma 61, non si deduce in alcun modo che le Camere abbiano voluto fare salvi "effetti giuridici" che non possono essersi prodotti, ove il sistema posto in essere dall'art. 77 della Costituzione trovi puntuale applicazione. Se tutto questo e' esatto, la questione di legittimita' costituzionale promossa dalla regione Lazio risultera' inammissibile per la carenza del presupposto in base al quale essa e' stata sollevata, e la pronunzia interpretativa della Corte costituira' un punto di riferimento ineludibile per le amministrazioni, i privati ed i giudici. Se invece la Corte riterra' che gli effetti della convalida, "in blocco", di tutti i quattordici decreti-legge che hanno tenuto il campo per oltre due anni siano del tutto diversi (e che quindi sia ipotizzabile il perfezionamento del silenzio-assenso, ove nell'arco di quei due anni siano comunque decorsi i centoottanta giorni previsti dalla norma ripetutamente emanata in via di urgenza, anche se contenuta in decreti-legge diversi) allora la regione Lazio chiede che la eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, della legge n. 662 del 1996 venga accolta per i seguenti Motivi 1. - Contrasto con l'art. 77 della Costituzione. Il secondo periodo del terzo comma dell'art. 77 della Costituzione conferisce alle Camere il potere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Tale norma appare strettamente correlata alle disposizioni contenute nei commi precedenti dello stesso articolo, che sottolineano in vario modo la urgenza dell'intervento delle Camere e lo strettissimo limite temporale (sessanta giorni) entro il quale i decreti-legge possono spiegare i loro effetti senza essere convertiti. Una legge che non soltanto convalidasse "gli atti e i provvedimenti adottati" (il cui perfezionamento e' istantaneo) sulla base di una pluralita' di decreti-legge di identico contenuto, ma facesse anche salvi "gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti" a seguito della complessiva vigenza degli stessi decreti-legge, considerati come un tutto unitario, per un periodo di tempo di gran lunga superiore ai sessanta giorni, non sarebbe compatibile, a nostro avviso, con il sistema posto in essere dall'art. 77 della Costituzione. E' questa la situazione che si determinerebbe se effetti di tale ampiezza venissero riconosciuti alla norma che viene investita dalla questione di legittimita' costituzionale promossa con il presente ricorso. In tal caso la regione Lazio chiede alla Corte di voler dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per i motivi e nei limiti sopra specificati. 2. - Contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione - Violazione del principio di leale cooperazione. Qualora le tesi sinora esposte fossero respinte, verrebbe dato atto che una norma come quella contenuta nelle disposizioni che abbiamo minuziosamente elencato nella "premessa" e' stata fatta rivivee dall'art. 2, comma 61, della legge n. 662 del 1996 e puo' spiegare, retroattivamente, i suoi effetti per oltre un biennio. Se cosi' fosse la regione Lazio chiede che tale comma venga dichiarato incostituzionale per contrasto con gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione. L'art. 117 prevede infatti l'urbanistica tra le materie per le quali la regione ha potesta' legislativa ripartita, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. L'art. 118 attribuisce alle regioni le funzioni amministrative per le materie elencate nell'art. 117. Una norma tassativa come quella contenuta nel terzo comma dell'art. 5 (o dell'art. 4) dei diversi decreti che si sono succeduti, incide indebitamente sull'autonomo esercizio, in materia urbanistica, di poteri garantiti da entrambe le norme costituzionali e dallo stesso art. 115, della Costituzione. In questo quadro, particolarmente grave appare la circostanza che se uno dei decreti ai quali fa riferimento il comma 61 fosse stato tempestivamente convertito dalle Camere, le regioni avrebbero avuto almeno centoventi giorni di tempo (180 - 60) per assumere le loro determinazioni tenendo conto del contenuto definitivo di una legge dello Stato. La convalida retroattiva, ed in blocco, del pregresso decorso del tempo rende invece impossibile tutto questo, di modo che, ad avviso della regione Lazio, anche il principio di "leale cooperazione", piu' volte affermato dalla Corte, subisce una evidente lesione.