IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato, all'udienza in camera di consiglio del 28 settembre 1996, la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Di Giovanni Mario, nato a Napoli il 14 febbraio 1972; imputato del reato di "ingiuria aggravata, percosse aggravate e minaccia grave aggravata"; Premesso: che questo tribunale militare all'udienza del 24 novembre 1995 ha emesso ordinanza con la quale disponeva la trasmissione degli atti al tribunale militare di La Spezia quale tribunale vinciniore ex art. 43, n. 2, c.p.p., stante l'incompatibilita' del presidente e l'impossibilita' di comporre il collegio con altro giudice appartenente allo stesso ufficio; che con ordinanza 18 gennaio 1996 il tribunale militare di La Spezia, dopo aver premesso alcune scontate osservazioni in merito alla legittimita' costituzionale degli istituti dell'applicazione e della supplenza disciplinati dalle leggi di ordinamento giudiziario, ha sollevato conflitto concludendo nel senso che la competenza per il processo in questione sarebbe spettata ad altro tribunale militare; che la suprema Corte di cassazione, con sentenza 29 marzo 1996, ha affermato: "La decisione del tribunale militare di Torino appariva, allora, viziata nelle sue stesse premesse e priva di idoneo supporto normativo, poiche' all'astensione di uno dei suoi componenti ben si sarebbe potuto ovviare con l'applicazione di altro giudice, assicurando, nel contempo, la naturale competenza degli altri due membri. All'obiezione, pure proponibile, che, cioe', e' la stessa legge processuale (art. 43 c.p.p.) a disciplinare il caso della sostituzione del giudice astenuto o ricusato (in prima istanza ricorso al criterio di sostituirlo con altro magistrato dello stesso ufficio; in seconda istanza il criterio di rimettere il procedimento ad altro giudice competente per materia) si poteva agevolmente controdedurre che il detto meccanismo peraltro congegnato nell'ambito e a favore dei sistema processuale ordinario e, pertanto, non adeguato al sistema processuale militare che presuppone un territorio di giurisdizione di ciascun tribunale militare esteso a varie province ma anche a regioni diverse, non esclude alternativamente l'utilizzo degli istituti della supplenza o dell'applicazione in caso di "mancanza" o di "impedimento" del giudice (situazioni, queste, certamente comprensive di guelle conseguenti all'astensione o alla ricusazione accettate). Cio' premesso ed argomentato, il detto tribunale resisteva all'attribuzione di competenza effettuata dal tribunale militare di Torino, sollevava conflitto e disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte per la soluzione. Il conflitto va risolto nel senso indicato dal denunciante tribunale militare di La Spezia le cui argomentazioni, che sopra si sono riportate sono pienamente condivise e fare proprie da questa Corte. Deve, pertanto, essere dichiarata la competenza del tribunale militare di Torino (originariamente competente per territorio) il quale ovviera' all'astensione di uno dei suoi componenti mediante l'applicazione di altro giudice, in servizio presso altra sede giudiziaria militare". O s s e r v a La soluzione adottata dalla Corte di cassazione appare, all'evidenza, viziata da grave errore in quanto ha confuso la disciplina prevista per i casi di assenza o impedimento di magistrati (per i quali le leggi di ordinamento giudiziario prevedono il ricorso agli istituti della supplenza e dell'applicazione) con quella, applicabile nel caso di specie, contenuta nell'art. 43, n. 2 c.p.p. (magistrato presente ma incompatibile, impossibilita' di formare il Collegio con altro magistrato dello stesso ufficio e conseguente rimessione a tribunale viciniore). Tuttavia ora, per effetto della sentenza della suprema Corte, risulterebbe vietata al giudice militare ogni discussione sulla competenza, per il combinato disposto degli artt. 25 e 627 c.p. D'altro canto non e' possibile operare attraverso il meccanismo della correzione dell'errore materiale in quanto la Cassazione ha piu' volte ribadito che l'errore materiale, per essere suscettibile di correzione, non deve essere effetto del processo volitivo del giudice ma deve unicamente consistere in una mancanza di corrispondenza fra il contenuto della decisione e la sua formale estrinsecazione, evidentemente non verificatasi nel caso de quo. La soluzione imposta dalla Corte cassazione di applicare altro magistrato esterno al posto di quello incompatibile, in violazione di espressa norma di legge contraria (e attribuiva di competenza a tribunale viciniore) e' lesiva del principio costituzionale di precostituzione del giudice. Ne consegue che l'eventuale sentenza emessa dal tribuna militare di Torino con applicazione di giudice esterno sarebbe viziata. E' gia' stata sollevata, sul punto, eccezione di legittimita' costituzionale, volta a lamentare la mancanza di un mezzo straordinario di impugnazione concernente simili decisioni della Corte di cassazione. L'eccezione e' stata peraltro ritenuta inammissibile dalla Corte costituzionale con sent. 26 giugno-5 luglio 1995, n. 294. Il giudice delle leggi, dopo aver osservato che il principio della irrevocabilita' e incensurabilita' delle decisioni della Corte di cassazione risulta "pienamente conforme alla funzione di giudice ultimo della legittimita' affidata alla medesima Corte di cassazione dall'art. 111 della Costituzione" ha osservato che la richiesta di una pronuncia additiva formulata in materia dall'organo remittente - tendente all'introduzione nel sistema processuale di un mezzo straordinario di impugnazione che consentisse di ovviare alle consegnenze di presunti errori contenuti nelle pronunce della Cassazione attributive della competenza - appariva palesemente inammissibile "comportando l'introduzione di innovazioni che, per la loro ampiezza e per la pluralita' di soluzioni e modalita' attuative, non possono che discendere da scelte riservate al legislatore, nell'esercizio della sua sfera di discrezionalita' nell'opera di conformazione del processo". Questo Tribunale ritiene, invece, di dover sollevare eccezione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 25 e 627 c.p.p. sotto altro profilo. Infatti l'art. 25 c.p.p., nel dichiarare vincolante la decisione della Corte di cassazione in materia di competenza, esclude solo l'ipotesi di fatti nuovi che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della competenza. E' evidente che, nel caso di specie, non ci troviamo in presenza di "fatti nuovi" bensi' dell'omessa applicazione di una norma di legge e di conseguente possibile violazione del principio del giudice precostituito per legge. Unica soluzione possibile appare pertanto quella di investire la Corte costituzionale perche' esamini la legittimita' costituzionale dell'art. 25 c.p.p. nella parte in cui non prevede che le decisioni della Corte di cassazione non siano vincolanti anche nell'ipotesi di violazione o disapplicazione, da parte della Corte di cassazione stessa, di norme di legge regolanti la competenza e i criteri di costituzione del giudice. Cio' in quanto l'attuale disciplina dell'art. 25 c.p.p., non essendo comprensivo delle sopraelencate ipotesi, appare lesiva del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione nonche' del principio di precostituzione per legge del giudice, ex art. 25 Cost. La decisione sopracitata della Corte di cassazione crea un ulteriore problema di legittimita' costituzionale nel momento stesso in cui disapplica nel rito militare, l'art. 43 n. 2 c.p.p. Infatti anche se non motiva in alcun modo, nella sentenza la S.C., riepilogando le argomentazioni del t.m. di La Spezia, prende in esame l'art. 43 n. 2 c.p.m.p. ed, equiparando l'ipotesi dell'"incompatibilita'" del giudice con quella dell'"impedimento" dello stesso, conclude affermando l'inapplicabilita', nel rito militare; della speciale disciplina contenuta nello stesso art. 43, a favore di quella prevista nelle norme di ordinamento giudiziario per le ipotesi di assenza o impedimento del giudice. Una tale interpretazione comporta, di fatto, una disapplicazione, nel solo rito militare (nel quale per il principio di complementarita' stabilito dall'art. 261 c.p.m.p., tutte le norme del c.p.p. sono applicabili salva espressa deroga, nel caso di specie inesistente) della norma contenuta nel c.p.p. che individua il giudice naturale per le ipotesi di incompatibilita' del giudice territorialmente competente e di impossibilita' di costituire il collegio con altri giudici appartenenti allo stesso ufficio. Ma se, in base al diritto vivente cosi' creato dalla Corte di cassazione, l'art. 43 c.p.p. deve ritenersi inapplicabile al rito militare, tale esclusione ritiene questo Tribunale palesemente lesiva del principio costituzionale di uguaglianza e di ragionevolezza ex art. 3 Cost., non essendo all'apparenza sorretta da alcun motivo ricollegabile alla specialita' della giurisdizione militare. Il Tribunale, pertanto, solleva di ufficio le predette questioni ritenendole non manifestamente infondate e rilevanti essendo la soluzione delle stesse funzionalmente collegata alla determinazione del giudice naturale competente a decidere.