IL TRIBUNALE MILITARE
   Ha pronunciato, all'udienza in camera di consiglio del 28 settembre
 1996, la seguente ordinanza nel  procedimento  penale  a  carico  di:
 Perroni  Alfredo,  nato  a  Lomas  De Zamora (Argentina) il 20 giugno
 1964; imputato del reato di "mancanza alla chiamata aggravata".
   Premesso:
     che questo tribunale militare all'udienza del 24 novembre 1995 ha
 emesso ordinanza con la quale disponeva la trasmissione degli atti al
 tribunale  militare di La Spezia quale tribunale vincitore ex art. 43
 n.  2,   c.p.p.,   stante   l'incompatibilita'   del   presidente   e
 l'impossibilita'   di   comporre   il   Collegio  con  altro  giudice
 appartenente allo stesso ufficio;
     che con ordinanza 18 gennaio 1996 il  tribunale  militare  di  La
 Spezia,  dopo  aver  premesso  alcune scontate osservazioni in merito
 alla legittimita' costituzionale degli istituti  dell'applicazione  e
 della    supplenza    disciplinati   dalle   leggi   di   ordinamento
 giuridiziario, ha sollevato conflitto concludendo nel  senso  che  la
 competenza  per  il  processo  in questione sarebbe spettata ad altro
 tribunale militare;
     che la suprema Corte di cassazione, con sentenza 29  marzo  1996,
 ha  affermato:  ;"La  decisione  del  tribunale  militare  di  Torino
 appariva, allora, viziata nelle sue stesse premesse e priva di idoneo
 supporto normativo, poiche' all'estensione di uno dei suoi componenti
 ben si sarebbe potuto ovviare con l'applicazione  di  altro  giudice,
 assicurando,  nel  contempo,  la  naturale competenza degli altri due
 membri. All'obiezione, pure proponibile, che,  cioe',  e'  la  stessa
 legge  processuale  (art.    43  c.p.p.) a disciplinare il caso della
 sostituzione del  giudice  astenuto  o  ricusato  (in  prima  istanza
 ricorso  al criterio di sostituirlo con altro magistrato dello stesso
 ufficio; in seconda istanza il criterio di rimettere il  procedimento
 ad   altro  giudice  competente  per  materia)  si  poteva  agevolare
 controdedurre che il detto meccanismo peraltro congegnato nell'ambito
 e a  favore  del  sistema  processuale  ordinario  e,  pertanto,  non
 adeguato   al   sistema   processuale   militare  che  presuppone  un
 terrritorio di giurisdizione di ciascun tribunale militare  esteso  a
 varie    provincie    ma   anche   regioni   diverse,   non   esclude
 alternativamente  l'utilizzo  degli  istituti   della   supplenza   o
 dell'applicazione  in  caso  di  "mancanza"  o  di  "impedimento" del
 giudice  (situazioni,  queste,  certamente  comprensive   di   quelle
 conseguenti   all'astensione  o  alla  ricusazione  accettate).  Cio'
 premesso   ed   argomentato,    il    detto    tribunale    resisteva
 all'attribuzione  di  competenza effettuata dal tribunale militare di
 Torino, sollevava conflitto e disponeva la trasmissione degli atti  a
 questa Corte per la soluzione.
   Il   conflitto  va  risolto  nel  senso  indicato  dal  denunciante
 tribunale militare di La Spezia le cui argomentazioni  che  sopra  si
 sono  riportate  sono  pienamente condivise e fatte proprie da questa
 Corte. Deve, pertanto, essere dichiarata la competenza del  tribunale
 militare  di  Torino  (originariamente  competente per territorio) il
 quale ovviera' all'astensione di uno  dei  suoi  componenti  mediante
 l'applicazione  di  altro  giudice,  in  servizio  presso  altra sede
 giudiziaria militare".
                                Osserva
   La  soluzione  adottata   dalla   Corte   di   cassazione   appare,
 all'evidenza,  viziata  da  grave  errore  in  quanto  ha  confuso la
 disciplina prevista per i casi di assenza o impedimento di magistrati
 (per i quali le leggi di ordinamento giudiziario prevedono il ricorso
 agli  istituti  della  supplenza  e  dell'applicazione)  con  quella,
 applicabile  nel  caso di specie, contenuta nell'art. 43, n. 2 c.p.p.
 (magistrato presente ma incompatibile, impossibilita' di  formare  il
 Collegio  con  altro  magistrato  dello  stesso ufficio e conseguente
 rimessione a tribunale vincitore).
   Tuttavia ora, per  effetto  della  sentenza  della  suprema  Corte,
 risulterebbe  vietata  al  giudice  militare  ogni  discussione sulla
 competenza, per il combinato disposto degli artt. 25 e 627 c.p.p.
   D'altro canto non e' possibile  operare  attraverso  il  meccanismo
 della  correzione  dell'errore  materiale  in quanto la cassazione ha
 piu' volte ribadito che l'errore materiale, per  essere  suscettibile
 di  correzione,  non  deve  essere  effetto del processo volitivo del
 giudice  ma  deve  unicamente   consistere   in   una   mancanza   di
 corrispondenza  fra  il  contenuto  della  decisione e la sua formale
 estrinsecazione, evidentemente non verificatasi nel caso de quo.
   La soluzione imposta dalla Corte di cassazione di  applicare  altro
 magistrato esterno al posto di quello incompatibile, in violazione di
 espressa  norma  di  legge  contraria  (e  attribuiva di competenza a
 tribunale  vincitore)  e'  lesiva  del  principio  costituzionale  di
 precostituzione del giudice.
   Ne  consegue che l'eventuale sentenza emessa dal tribunale militare
 di Torino con applicazione di giudice esterno sarebbe viziata.
   E' gia' stata  sollevata,  sul  punto,  eccezione  di  legittimita'
 costituzionale,   volta   a   lamentare   la  mancanza  di  un  mezzo
 straordinario di  impugnazione  concernente  simili  decisioni  della
 Corte   di   cassazione.   L'eccezione  e'  stata  peraltro  ritenuta
 inammissibile dalla Corte costituzionale con sent. 26 giugno-5 luglio
 1995, n. 294. Il giudice delle leggi,  dopo  aver  osservato  che  il
 principio  della  irrevocabilita'  e incensurabilita' delle decisioni
 della Corte di cassazione risulta "pienamente conforme alla  funzione
 di  giudice ultimo della legittimita' affidata alla medesima Corte di
 cassazione dell'art. 111 della  Costituzione"  ha  osservato  che  la
 richiesta  di una pronuncia additiva formulata in materia dall'organo
 remittente - tendente all'introduzione nel sistema processuale di  un
 mezzo  straordinario  di impugnazione che consentisse di ovviare alle
 conseguenze  di  presunti  errori  contenuti  nelle  pronunce   della
 Cassazione   attributive  dalla  competenza  -  appariva  palesemente
 inammissibile "comportando l'introduzione di innovazioni che, per  la
 loro ampiezza e per la pluralita' di soluzioni e modalita' attuative,
 non  possono  che  discendere  da  scelte  riservate  al legislatore,
 nell'esercizio della sua  sfera  di  discrezionalita'  nell'opera  di
 conformazione del processo".
   Questo  tribunale ritiene, invece, di dovoer sollevare eccezione di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt.  25  e
 627 c.p.p. sotto altro profilo.
   Infatti  l'art.  25  c.p.p., nel dichiarare vincolante la decisione
 della Corte di cassazione in  materia  di  competenza,  esclude  solo
 l'ipotesi  di  "fatti  nuovi  che  comportino una diversa definizione
 giuridica da cui derivi la modificazione della competenza".
   E' evidente che, nel caso di specie, non ci troviamo in presenza di
 "fatti nuovi" bensi' dell'omessa applicazione di una norma di legge e
 di  conseguente  possibile  violazione  del  principio  del   giudice
 precostituito per legge.
   Unica  soluzione  possibile  appare pertanto quella di investire la
 Corte costituzionale perche' esamini la  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  25  c.p.p. nella parte in cui non prevede che le decisioni
 della Corte di cassazione non siano vincolanti anche nell'ipotesi  di
 violazione  o  disapplicazione,  da  parte  della Corte di cassazione
 stessa, di norme di legge regolanti la  competenza  e  i  criteri  di
 costituzione del giudice.
   Cio'  in  quanto  l'attuale  disciplina  dell'art.  25  c.p.p., non
 essendo comprensivo delle sopraelencate ipotesi,  appare  lesiva  del
 principio  di  ragionevolezza  ex  art.  3  Costituzione  nonche' del
 principio di  precostituzione  per  legge  del  giudice  ex  art.  25
 Costituzione.
   La  decisione  sopracitata  dalla  Corte  di  cassazione  crea  una
 ulteriore problema di legittimita' costituzionale nel momento  stesso
 in cui disapplica, nel rito militare, l'art. 43 n. 2 c.p.p.
   Infatti  anche se non motiva in alcun modo, nella sentenza la S.C.,
 riepilogando le argomentazioni del tribunale militare di  La  Spezia,
 prende  in  esame  l'art.  43  n. 2 c.p.m.p. ed, equiprando l'ipotesi
 dell'"incompatibilita'" del  giudice  con  quella  dell'"impedimento"
 dello   stesso,  conclude  affermando  l'inapplicabilita',  nel  rito
 militare, della speciale disciplina contenuta nello stesso art. 43, a
 favore di quella prevista nelle norme  di  ordinamento  giuridiziario
 per le ipotesi di assenza o impedimento del giudice.
   Una  tale  interpretazione comporta, di fatto, una disapplicazione,
 nel  solo  rito   militare   (nel   quale   per   il   principio   di
 complementarita' stabilito dall'art. 261 c.p.m.p., tutte le norme del
 c.p.p.  sono  applicabili  salva  espressa deroga, nel caso di specie
 inesistente) della  norma  contenuta  nel  c.p.p.  che  individua  il
 giudice  naturale  per  le  ipotesi  di  incompatibilita' del giudice
 territorialmente competente e  di  impossibilita'  di  costituire  il
 collegio con altri giudici appartenenti allo stesso ufficio.
   Ma  se,  in  base  al  diritto  vivente cosi' creato dalla Corte di
 cassazione, l'art. 43 c.p.p. deve  ritenersi  inapplicabile  al  rito
 militare, tale esclusione ritiene questo tribunale palesemente lesiva
 del  principio  costituzionale  di uguaglianza e di ragionevolezza ex
 art. 3 Costituzione, non  essendo  all'apparenza  sorretta  da  alcun
 motivo ricollegabile alla specialita' della giurisdizione militare.
   Il  tribunale,  pertanto,  solleva di ufficio le predette questioni
 rittenendole non manifestamente  infondate  e  rilevanti  essendo  la
 soluzione  delle  stesse funzionalmente collegata alla determinazione
 del giudice naturale competente a decidere.