IL PRETORE
   Ha pronunciato e dato lettura nel pubblico dibattimento la seguente
 ordinanza.
   L'8  ottobre  1996 i carabinieri della stazione di Rignano Flaminio
 traevano in arresto Savastre Niculai,  nato a Corod il 21 agosto 1964
 colto in concorso con  altri  nella  flagranza  del  reato  di  furto
 aggravato  e  nel  termine  di  legge  era presentato, in tale stato,
 dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio
 a norma dell'art. 566 c.p.p.
   Il  pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 9 ottobre 1996
 e disponeva l'applicazione della custodia cautelare in carcere.
   Instauratosi il giudizio, il pretore rileva che sussistono  profili
 di  incostituzionalita'  come di seguito evidenziati: sul merito come
 e' noto la Corte costituzionale, dopo le  ultime  pronunce  del  1995
 (vedi   la   n.   149   e   la   n.   432)   ha   rivisto   i  limiti
 dell'incompatibilita'   pervenendo   all'affermazione   secondo   cui
 anticipa  il giudizio (tale da creare pregiudizio) una valutazione di
 contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la convalida e il contestuale giudizio al quale accede ogni
 altro provvedimento cautelare;  aggiungendovi  che  "il  giudice  del
 dibattimento,  al  quale  e'  presentato  l'imputato  per il giudizio
 direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
 dell'arresto,  sulla  esistenza dei presupposti che gli consentono di
 procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
 incidentalmente  misure  cautelari,  attratte nella competenza per la
 cognizione del merito.
   Non   puo'    dunque    essere    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene al riguardo, ritiene il remittente che proprio in  relazione
 alle  superiori  argomentazioni  adottate  dalla Corte, si imponga la
 rivalutazione di aspetti di incostituzionalita' afferenti al  momento
 di  formazione  della  prova  per  la  decisione di merito e al tema,
 dunque,  della  corretta  utilizzazione  degli  elementi   di   prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e'  il  giudice  di merito solo incidentalmente chiamato a
 veificare la sussistenza dei presupposti per la valida  instaurazione
 del  relativo  processo  e  posto  che, tale fase si snoda attraverso
 l'acquisizione di elementi di valutazione influenti sulla  formazione
 del  convinci-mento  del  giudice,  e' indubbio che l'acquisizione di
 tali elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle  forme  e  con  le
 garanzie  fatte proprie dalle regole vigenti per la fase del giudizio
 in modo che ne resti salvaguardata la loro  pacifica  utilizzabilita'
 in   senso  formale  e  conseguentemente  non  intaccato  il  profilo
 dell'imparzialita'  (altrimenti   riposante   solo   sulla   generica
 affermazione  che  comunque  si  e'  di fronte al giudice del merito)
 nonche' i connessi profili del  contraddittorio  e  della  iniziativa
 delle   parti   nella  acquisizione  e  formazione  della  prova.  In
 particolare cio' concerne i  qualificanti  momenti  della  cosiddetta
 relazione  orale  dell'ufficiale  o agente di p.g. procedente e della
 dichiarazione dell'arrestato che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene
 "sentito" ai fini della convalida.
   Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale  fase
 incidentale  e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale e
 l'esame dell'imputato, a salvaguardare la loro compatibilita'  con  i
 parametri  costituzionali  rappresentati dallo art. 3 (sottospecie di
 parita'  di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.   24
 (sottospecie  di  garanzie  difensive),  dagli  artt.  3  e 24, comma
 secondo, 25 e 27, comma secondo (sottospecie di interconnessione  tra
 i  richiamati  profili  con  quello della indipendenza del giudice di
 merito e, dunque, nella prospettiva funzionale  dell'esercizio  della
 giurisdizione   con   riferimento  al  momento  acquisitivo  di  dati
 contenutistici e di  merito  dell'imputazione,  influenti  come  tali
 sulla   formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)  a
 salvaguardare, come detto, la  loro  compatibilita'  con  i  suddetti
 parametri  di  costituzionalita'  si  impone  il rispetto delle forme
 previste per gli atti a  contenuto  congenere  nel  dibattimento,  in
 funzione  anticipatoria  (cosi'  come avviene per i casi di incidente
 probatorio) cosi' da risultare salvaguardato  anche  l'aspetto  della
 loro  diretta  utilizzabilita'  ai  fini  di  giudizio  di merito. In
 conclusione si  ritiene  pertanto  ravvisabile  l'incostituzionalita'
 dell'art. 566 laddove non prescrive che la relazione dell'ufficiale o
 agente  p.g.    procedente  nonche'  le  dichiarazioni  dell'imputato
 vengano assunte con rispetto  e  con  le  forme  dettate  nella  fase
 dibattimentale  per  la testimonianza e per l'esame dell'imputato con
 conseguente invalidita' della stessa norma e dell'art. 138 disp. att.
 al c.p.p. in relazione all'art.  431  c.p.p.  laddove  non  prescrive
 l'inserimento  degli  atti  suddetti  da  acquisire  nelle forme come
 dianzi individuate nel fascicolo per il dibattimento.
   E' indubbia la rilevanza della prospettata questione  nel  presente
 giudizio,  che si trova proprio nella fase dibattimentale conseguente
 alla  convalida  con  diretta   influenza,   dove   trovano   diretta
 applicazione le norme censurate.
   Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 86.