IL PRETORE Ritenuto che, la sig.ra Valsecchi ha eseguito opere abusive in zona soggetta a vincolo paesaggistico, che per tale motivo e' pendente il presente procedimento penale per la violazione degli artt. 20, lettera c), della legge n. 47/1985 e 1-sexies della legge n. 431/1985, che ai sensi dell'art. 39 della legge n. 724/1994 la stessa ha presentato domanda di condono previa autorizzazione paesaggistica e che il sindaco di Follonica ha negato detta autorizzazione paesaggistica e contro detto diniego e' stato proposto ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Toscana; Considerato che, l'ottavo comma dell'art. 39 della legge n. 724/1994 subordina l'estinzione del reato di cui all'art. 1-sexies della legge n. 431/1985 al rilascio della concessione edilizia previa autorizzazione paesaggistica e che il c.p.p. all'art. 3 non consente la sospensione del processo se non per questioni di status e comunque non per la pendenza di un giudizio civile od amministrativo; Rilevato che il giudice penale dunque non puo': 1) ne' sospendere; 2) ne' disapplicare - in base alla legge sul contenzioso amministrativo del 1865 - l'atto amministrativo anche ove lo ritenga illegittimo in quanto tale disapplicazione comunque non comporterebbe un obbligo per la p.a. di provvedere in senso positivo ne' certo il giudice puo' sostituirsi alla attivita' della p. a., e che nel caso in specie il giudice penale si trova pertanto nelle seguenti alternative: a) puo' istruire il processo ed - in ipotesi - eventualmente condannare l'imputata senza attendere il giudizio amministrativo sul diniego della autorizzazione paesaggistica col rischio dunque di pronunciare una condanna basandosi su di un atto amministrativo illegittimo: in pratica la condanna o l'assoluzione vengono fatti dipendere dall'arbitrio di un organo amministrativo. Generalizzando la questione si puo' anche valutare il caso in cui la p.a. semplicemente non si determini: la condanna dipenderebbe dalla semplice inerzia della p.a.; b) attendere, mediante reiterati rinvii di udienza, l'esito del giudizio amministrativo col rischio (visti i tempi) della prescrizione del reato; Osservato che, la questione e' in re ipsa rilevante, posto che l'esponente e' sottoposta a procedimento penale per la violazione degli artt. 20, lettera c), della legge n. 47/1985 e 1-sexies della legge n. 431/1985 e la medesima ha presentato la domanda di condono previa autorizzazione paesaggistica e che tale autorizzazione e' stata negata, di talche' l'esponente ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Toscana; Ritenuto che la questione e' anche non manifestamente infondata in quanto l'art. 39, comma 8, legge n. 724/1994, che non prevede alcuna ipotesi di sospensione del processo nella ipotesi in cui dalla illegittimita' di un atto amministrativo derivi la estinzione del reato, appare contrastante con l'art. 3 della Costituzione; che esso infatti, appare contrastante con la norma predetta intesa sia come principio di eguaglianza che come principio di ragionevolezza intrinseca delle norme, posto che tale articolo, nella parte in cui non consente la sospensione del processo in una fattispecie come quella attuale, obbliga il giudice ad una decisione di condanna pur in presenza di una eventuale illegittimita' amministrativa (e quindi in assenza di reato ovvero in presenza di un reato estinto); Osservato che dunque, a parita' di situazione, due richiedenti il condono a due amministrazioni diverse l'una con esito positivo, l'altra con esito negativo, ma illegittima, il giudice e' obbligato ad una pronuncia di estinzione del reato in un caso e di condanna nell'altro, violando pertanto il principio di eguaglianza nel suo significato tradizionale e che, pertanto la norma viola l'art. 3 della Costituzione anche nel suo significato di ragionevolezza intrinseca del sistema, posto che la impossibilita' di sospensione del giudizio in pendenza di accertamento sulla legittimita' della fattispecie estintiva del reato appare in tutta evidenza illogica ed irragionevole poiche' obbliga il giudice ad adottare un provvedimento di condanna in violazione del principio del libero convincimento del giudice.