LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 925 del ruolo generale affari diversi dell'anno 1995 e vertente tra Predieri Alberto, elettivamente domiciliato in Roma, via Alessandria n. 130, presso lo studio dell'avv. Fabio Lorenzoni, che lo rappresenta e difende giusta procura in atti, ricorrente, e la Banca d'Italia, elettivamente domiciliata in Roma, via Nazionale n. 91, presso la consulenza legale, rappresentanza e difesa dagli avv.ti Marcello Condemi e Stafania Ceci, giusta procura in atti, resistente, nonche' il Ministero del Tesoro, resistente, contumace. R i l e v a t o Con ricorso notificato alla Banca d'Italia il 5 ottobre 1995 e depositato questa Corte il 18 ottobre 1995, Predieri Alberto, gia' consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio di Firenze S.p.a., proponeva reclamo ai sensi dell'art. 145, comma 4, d.lgs. n. 385/1993 (gia' art. 34 d.lgs. n. 481/1992) avverso il decreto del Ministero del tesoro n. 530407 del 3 ottobre 1994, con il quale gli era stata inflitta la sanzione pecuniaria di lire 5 milioni per la infrazione cosi' descritta: in violazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 481/1992, ora art. 51 del decreto legislativo n. 385/1993, erano state effettuate errate segnalazioni alla Banca d'Italia concernenti le posizioni ad andamento anomalo. Cio' non aveva consentito alla Banca d'Italia di disporre di una compiuta informativa sullo stato degli impieghi aziendali. Costituitasi la Banca d'Italia chiedeva il rigetto del reclamo con la vittoria delle spese. O s s e r v a Pregiudizialmente, la Banca d'Italia ha eccepito la nullita' del ricorso introduttivo in quanto non notificato al Ministro del tesoro. Osserva la Corte che la normativa in materia prevede soltanto la notifica alla Banca d'Italia e non al Ministro del tesoro; in particolare, la norma speciale prevede un centro di imputazione unico composto dal Ministero del tesoro e dalla Banca d'Italia, per cui la notifica a quest'ultima vale anche come notifica all'altra Amministrazione. Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente solleva eccezione di costituzionalita' e denucia la violazione dell'art. 76 Costituzione e dei principi in tema di delegazione amministrativa, deducendo che la norma sulle sanzioni dell'art. 145, comma 4, testo unico n. 385/1993, che innova in parte la precedente normazione, sarebbe stata emanata senza che esistessero i presupposti per l'innovazione, e cio' in quanto tale norma non ha alcun riferimento con l'art. 25, comma 1, della legge n. 142/1992 (legge comunitaria), sulla cui base e stato emanato il decreto legislativo n. 385/1993. A parere della Corte, l'eccezione non e' manifestamente infondata. Il decreto legislativo n. 385 del 1993 e' stato emanato a norma dell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992 n. 142, concernente l'attuazione della direttiva n. 89/646/CEE del Consiglio del 15 dicembre 1989, cosiddetta "legge comunitaria", la quale prevedeva una delega precisa e limitata: il citato art. 25 prevedeva, infatti, che il Governo era delegato ad emanare un testo unico delle disposizioni adottate ai sensi del comma 1, coordinato con le altre disposizioni vigenti nella stessa materia, apportandovi le modifiche necessarie a tal fine. Anche il primo comma era preciso, limitandosi all'attuazione della direttiva CEE 89/646, la quale doveva avvenire sulla base dei principi di seguito riassunti: a) riserva agli enti creditizi dell'attivita' di raccolta; b) vigilanza sugli enti creditizi di altri Stati della CE; c) modalita' di prestazione di servizi di enti come sopra indicati; d) modalita' per pubblicita' e regole tributarie per gli enti come sopra indicati; e) ogni altra disposizione necessaria per adeguare alla direttiva 89/646 la disciplina vigente per gli enti creditizi autorizzati in Italia. E' agevole rilevare che la norma sulle sanzioni dell'art. 145 non ha alcun riferimento con l'art. 25, comma 1, della legge n. 142/1992 ed e' stata emanata al di fuori di ogni delega. In sintesi: a) vi era una delega per emanare un testo unico; b) il testo unico doveva riferirsi alle disposizioni che avrebbero dovuto essere adottate a norma dell'art. 25 legge n. 142/1992 e quindi ad essa posteriori; c) queste disposizioni dovevano essere assunte secondo principi determinati nel predetto primo comma e riguardanti enti creditizi di stati membri della CEE. Malgrado l'esistenza di una precisa delega, viene invece emanato un testo unico, che, al fuori delle previsioni di detta delega, innova la precedente normativa sulle sanzioni amministrative relative ad illeciti di amministratori di banche italiane: si estendono, infatti, le sanzioni anche a comportamenti in precedenza non previsti si vedano il terzo e quarto comma dell'art. 144; si innalza l'importo delle pene da infliggere; si amplia l'ambito dei soggetti sanzionabile mediante l'adozione di un criterio di imputazione della responsabilita' basato sulla funzione svolta e non sulla qualifica ricoperta; infine, a testimonianza della novita' della disciplina introdotta, viene eliminato nella fase amministrativa l'intervento del CICR. A parere della Corte, appare evidente che la norma dell'art. 145 presenta profili di incostituzionalita', in quanto emanata al fuori della precisa delega sopraindicata, la quale non faceva alcun riferimento, neanche indiretto, alla materia delle sanzioni; ne' puo' rivivere la precedente disciplina di analogo contenuto perche' essa e' stata esplicitamente abrogata dall'art. 161 del decreto legislativo n. 385/1993. Considerato che la questione propspettata appare rilevante per il giudizio in corso, che non puo' essere definito indipendentemente dalla sua decisione, vanno rimessi gli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di sua competenza.