IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva ed esaminati gli atti,
                             O s s e r v a
   Nel  presente procedimento di espropriazione presso terzi il comune
 di  Pozzuoli, debitore esecutato, deduce la non pignorabilita'  delle
 somme   aggredite dalla creditrice procedente, e cio' in virtu' della
 delibera di g.m.  di quantificazione degli importi  di  cui  all'art.
 113  decreto  legislativo  n.    77/1995, come modificato dal decreto
 legislativo n. 336/1996.
   Al  fine  di  un  corretto  inquadramento  della  questione,  giova
 ricordare  che    il  citato art. 113, comma 2, prevede che "non sono
 soggette ad esecuzione  forzata, a pena di nullita' rilevabile  anche
 d'ufficio  dal  giudice, le somme di  competenza degli enti locali di
 cui all'art.  1, comma 2, destinate a:
     a) pagamento delle retribuzioni al  personale  dipendente  e  dei
 conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
     b)  pagamento  delle  rate  di mutui e di prestiti obbligazionari
 scadenti nel semestre in corso;
     c) espletamento dei servizi locali indispensabili".
   Nel comma 3 e' poi stabilito che per l'operativita' dei limiti
  all'esecuzione  forzata  di  cui  al  comma  2  occorre che l'organo
 esecutivo, con deliberazione da adottarsi ogni semestre e  notificata
 al  tesoriere,  quantifichi  preventivamente  gli importi delle somme
 destinate alle suddette finalita'.
   Tanto premesso, va precisato che  nella  fattispecie  in  esame  la
 normativa  de  qua  potrebbe,  in  concreto  trovare applicazione, in
 quanto l'ente esecutato ha prodotto copia delle delibere di  g.m.  di
 quantificazione  degli  importi  in esame, aventi efficacia temporale
 tale da "coprire" il periodo che va dalla notificazione dell'atto  ex
 art.  543 c.p.c.   sino al perfezionamento del pignoramento, avvenuto
 con la dichiarazione positiva resa dal terzo tesoriere.
   La  piu'  volte  richiamata  disciplina,  tuttavia,  si   pone   in
 contrasto,  sotto  vari  profili,  con  alcuni  fondamentali precetti
 costituzionali, palesando delle violazioni che occorre  compiutamente
 esaminare.
   1. - Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, ex
 art. 3, comma primo, della Costituzione.
   La Corte costituzionale, con sentenza n. 285 del 29 giugno 1995, ha
 dichiarato la incostituzionalita' dell'art. 1, comma 5, decreto-legge
 n. 9/1993, convertito in legge n. 67/1995, nella parte in cui, per la
 sottrazione  ad  esecuzione forzata delle somme destinate ai fini ivi
 indicati, non prevede  che la U.s.l. (oggi A.s.l.), con  delibera  da
 adottarsi  ogni  trimestre,  quantifichi  preventivamente gli importi
 delle somme a tali fini destinate e,  dall'adozione  della  delibera,
 non siano emessi - a titoli diversi da quelli  vincolati - mandati di
 pagamento  se  non  seguendo l'ordine cronologico delle fatture cosi'
 come pervenute per il pagamento o,  se  non  e'  prescritta  fattura,
 dalla data di deliberazione di impegno da parte dell'ente.
    La   Corte   e'  giunta  a  tale  pronuncia  di  accoglimento  sul
 presupposto che:
     a) l'art. 1, comma  5,  del  decreto-legge  n.  9/1993  prevedeva
 un'efficacia   esterna,   con   opponibilita'   ai  terzi,  creditori
 procedenti,  dei  vincoli  di  cui     ai  bilanci   ed   agli   atti
 amministrativi,  in  tema  di UU.SS.LL, innovando   "nell'ordinamento
 introducendo un regime privilegiato" per detti enti;
     b) tale disposizione violava  i  principi  di  uguaglianza  e  di
 ragionevolezza,   soprattutto  in  esito  alla  comparazione  con  la
 disciplina parallela dettata dall'art. 11, decreto-legge  n.  8/1993,
 convertito  in  legge  n.  68/1993, in tema di esecuzione forzata nei
 confronti degli enti locali.
   L'art. 11 citato, oggi abrogato, conteneva una disciplina analoga a
 quella di cui al vigente art. 113, decreto  legislativo  n.  77/1995,
 come  modificato  dal  decreto  legislativo  n. 336/1996, stabilendo,
 tuttavia, quale condizione  ulteriore  per  l'impignorabilita'  delle
 somme  di  pertinenza  degli enti locali, la mancata emissione, dalla
 data della delibera di "quantificazione", di mandati di  pagamento  a
 titoli   diversi  da  quelli  vincolati,  se  non  seguendo  l'ordine
 cronologico delle fatture o degli impegni di spesa. In altri termini,
 l'art.  113 cit. non riproduce piu' la suddetta ulteriore condizione,
 nonostante,  per  cio'  che  concerne  l'esecuzione  in  danno  dalle
 UU.SS.LL.  (oggi  AA.SS.LL),  continui ad operare la norma ex art. 1,
 comma 5, decreto-legge n. 9/1993; convertito  in  legge  n.  63/1993,
 quale  risultante  dalla  menzionata  sentenza "additiva" della Corte
 costituzionale.
   Ne  deriva  che il creditore che abbia proceduto al pignoramento di
 somme di pertinenza di  un  ente  locale  viene  a  trovarsi  in  una
 posizione  deteriore rispetto al creditore di una A.S.L. Infatti, nel
 primo caso l'ente esecutato  potra',  ai  fini  dell'impignorabilita'
 delle   somme  aggredite,  limitarsi  a    produrre  la  delibera  di
 "quantificazione", mentre nel secondo caso sara' tenuto a dimostrare,
 altresi', che non siano stati emessi  mandati  di  pagamento  se  non
 seguendo l'ordine cronologico.
   L'evidente disparita' di trattamento fra i creditori di enti locali
 e  quelli di AA.SS.LL. non trova alcuna giustificazione, come gia' ha
 avuto modo  di  precisare  la  Corte  costituzionale  con  la  citata
 sentenza  n. 285 del 29 giugno 1995 ("... le due posizioni giuridiche
 messe a confronto sono praticamente analoghe, tanto piu'  che  alcuni
 dei servizi locali indispensabili, considerati dal decreto-legge n. 8
 del  1993,  incidono, al pari dei servizi sanitari, nell'ambito della
 tutela della salute, quali  i  servizi  connessi  alla  distribuzione
 dell'acqua  potabile,  i  servizi  di  fognatura  e di depurazione, i
 servizi di nettezza urbana").
   2. - Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, ex
 art. 3, comma primo, della Costituzione.
   L'art. 113 cit., pevede che le somme destinate al  pagamento  degli
 stipendi,  delle  rate  di  mutui  ed  all'espletamento  dei  servizi
 indispensabili non sono soggette ad esecuzione  forzata,  a  pena  di
 nullita'  "rilevabile  anche d'ufficio dal giudice". La rilevabilita'
 d'ufficio di siffatta nullita', ad opera, in particolare,  del  G.E.,
 pone  il creditore di un ente locale in  posizione deteriore rispetto
 al creditore di una  A.S.L.,  e  cio'  non  soltanto  per  l'evidente
 considerazione   di   poter   vedere  frustrata  la  propria  pretesa
 esecutiva,  nonostante  la  mancanza  di  opposizione  da  parte  del
 debitore,   ma  anche  per  le  profonde  implicazione  di  carattere
 processuale che puo' comportare la dichiarazione di nullita', ex art.
 113 cit., da parte del G.E., e che saranno esaminate infra.
   Quanto alla mancanza di giustificazione fra  le  due  categorie  di
 creditori, e' sufficiente far riferimento a quanto esposto sub 1).
   3.  -  Violazione  del  diritto di difesa, consacrato dall'art. 24,
 comma secondo, della Costituzione.
   Occorre   sul   punto   premettere   che   la   fattispecie   della
 "impignorabilita'",  o  non  assoggettabilita' ad esecuzione forzata,
 delle somme ex art.   113 cit.  presenta  caratteristiche  del  tutto
 peculiari rispetto ad altre ipotesi di impignorabilita', pur previste
 nel nostro sistema giuridico. In particolare, trattasi di fattispecie
 complessa   che   si   perfeziona  mediante  l'adozione  di  un  atto
 amministrativo - la delibera di "quantificazione" - che si  atteggia,
 sostanzialmente, ad atto di autotutela della p.a. (autotutela intesa,
 ovviamente,  in  senso  piu'  ampio rispetto al tradizionale fenomeno
 estrinsecantesi attraverso l'annullamento o la revoca ex  officio  da
 parte  dell'amministrazione)  ed  idoneo, al contempo, a risolvere un
 conflitto fra creditori in executivis dell'ente, da  un  lato,  ed  i
 dipendenti  dello  stesso  ed i creditori per servizi indispensabili,
 dall'altro.  Cio'  posto,  il  creditore   che   intenda   contestare
 l'impignorabilita'  delle  somme aggredite e' tenuto, a ben vedere, a
 dedurre, nonche' dimostrare, l'illegittimita' della  delibera,  nella
 prospettiva di un'eventuale disapplicazione della stessa.
   Orbene,  far  valere l'illegittimita' di tale atto, al di la' delle
 ipotesi di violazioni rilevabili documentalmente (ad es.,  difetto  o
 vizio  dei  pareri obbligatori ex legge n. 142/1990), puo' comportare
 la necessita' di un'attivita'  istruttoria,  diretta  in  ipotesi  ad
 acquisire  elementi  circa  l'inserimento  in delibera di crediti per
 servizi locali indispensabili che, in realta', tali  non  siano  (nel
 presente procedimento esecutivo, una delle deduzioni della creditrice
 procedente  e'  proprio nel senso di contestare, sotto  tale aspetto,
 la legittimita' delle delibere agli atti).
   In relazione a tali  esigenze,  la  rilevabilita'  d'ufficio  della
 nullita'  in  questione  finisce  inevitabilmente  per  comprimere il
 diritto di difesa del creditore procedente, in quanto:
     a) ancor prima dell'eventuale intervento ufficioso del  g.e.,  il
 creditore, viene ad essere onerato di provare la pignorabilita' delle
 somme  di    pertinenza  dell'ente  esecutato,  e  cio' senza che nel
 procedimento esecutivo sia configurabile un'attivita' istruttoria  e,
 ancor  piu' a monte, senza che sia individuabile un momento cognitivo
 in senso proprio; e' innegabile, invero, che i  caratteri  intrinseci
 della  funzione  giurisdizionale  esecutiva  non  consentirebbero una
 valutazione esauriente in merito ai profili sopra  considerati,  pena
 lo sconfinamento in un'attivita' cognitiva, da parte del g.e.;
     b)  in caso di dichiarazione di nullita' dell'esecuzione ad opera
 del g.e., il creditore ha l'onere di instaurare  un  procedimento  di
 cognizione,   proponendo  opposizione  ex  art.  617  c.p.c.  avverso
 l'ordinanza dichiarativa di detta nullita';
     c) sempre in caso di dichiarazione di nullita' da parte del g.e.,
 il creditore  viene  privato  di  un  grado  di  giurisdizione  sulla
 questione  della  pignorabilita'  o  meno  delle  somme di pertinenza
 dell'esecutato,  non  essendo  appellabile  la  sentenza  pronunciata
 all'esito del processo di opposizione agli atti esecutivi;
     d)  a ben vedere, il creditore procedente potrebbe essere privato
 o meno di un  grado  di  giurisdizione,  in  punto  di  questione  di
 pignorabilita'  delle  somme, a seconda del comportamento processuale
 dell'esecutato;  infatti,  sulla   questione   in   oggetto   sarebbe
 configurabile  il  doppio  grado  di  giurisdizione  soltanto  ove il
 debitore proponesse opposizione all'esecuzione per  impignorabilita',
 invece di limitarsi a sollecitare il potere ufficioso del g.e.;
     e) deve, infine, sottolinearsi che la compressione del diritto di
 difesa   del   creditore,   come  sopra  delineata,  assume  maggiore
 consistenza  ove  si  consideri  che,  in  ogni   caso,   l'eventuale
 pignoramento  di somme risultate, poi, impignorabili, non puo' essere
 in alcun modo riconducibile al comportamento del  creditore  medesimo
 (e'  appena  il  caso  di  osservare  che non e' possibile per questi
 conoscere ex ante la  assoggettabilita'  o  meno  ad  esecuzione  dei
 crediti pignorandi).
   Le  considerazioni  sopra  esposte pongono in luce la non manifesta
 infondatezza  della  questione  di   costituzionalita',   cosi   come
 prospettata,  la  quale  risulta,  altresi,  rilevante,  non  essendo
 possibile provvedere sulle istanze delle parti  senza  la  preventiva
 risoluzione della stessa.