IL PRETORE-GIUDICE TUTELARE
   Letta  l'istanza  in  data  9  ottobre 1996, con cui Di Paolantonio
 Giuseppina, premesso di essere genitrice  naturale  della  minore  S.
 V.,  ha chiesto l'autorizzazione al rinnovo del passaporto, allegando
 il consenso del  proprio  convivente,  Simone  Donato,  padre,  della
 minore   predetta,   giusta   dichiarazione   sottoscritta  in  calce
 all'istanza;
   Vista la documentazione prodotta ed, in particolare, il certificato
 di stato di famiglia del 1 ottobre 1996,  rilasciato  dal  comune  di
 Bari, dal quale si evince la convivenza fra i genitori naturali della
 minore;    assunte   informazioni   dall'interessata,   personalmente
 ascoltata; osserva quanto segue.
   1. - La questione di legittimita' costituzionale.
   La legge 21 novembre 1967, n. 1185, recante "norme sui  passaporti"
 prevede   all'art.   3  che  "non  possono  ottenere  il  passaporto:
 ("omissis) b) i genitori che,  avendo  prole  minore,  non  ottengano
 l'autorizzazione   del  giudice  tutelare;  l'autorizzazione  non  e'
 necessaria quando il richiedente abbia l'assenso dell'altro  genitore
 legittimo  da  cui  non  sia  legalmente  separato  e  che dimori nel
 territorio della Repubblica".
   La norma sembra doversi  leggere  nel  senso  che  l'esonero  dalla
 preventiva   autorizzazione   tutelare,  al  fine  di  conseguire  il
 passaporto,  e'  previsto  esclusivamente  nel  caso   del   genitore
 legittimo  di  un minore che abbia l'assenso dell'altro genitore, non
 legalmente separato e dimorante  nel  territorio  italiano;  in  ogni
 altro  caso,  compreso quello del genitore naturale di un minore, pur
 munito dell'assenso dell'altro genitore, convivente e  dimorante  nel
 territorio  dello  Stato  (come  e'  nella  fattispecie), occorre che
 l'interessato  richieda  ed  ottenga  l'autorizzazione  del   giudice
 tutelare.
   Inoltre,  non  vi  e'  spazio  ne' per l'interpretazione estensiva,
 atteso il preciso significato giuridico  dell'espressione  usata  dal
 legislatore ("genitore legittimo"), ne' per quella analogica, poiche'
 la  disciplina  legislativa  de  qua  e'  chiaramente  impostata  sul
 rapporto regola-eccezione fra la prima parte della disposizione ("non
 possono ottenere il passaporto: ...  i  genitori  che,  avendo  prole
 minore,  non  ottengano  l'autorizzazione del giudice tutelare") e la
 seconda ("l'autorizzazione non e' necessaria  quando  il  richiedente
 abbia   l'assenso  dell'altro  genitore  legittimo  da  cui  non  sia
 legalmente separato e che dimori nel territorio  della  Repubblica"),
 la quale, percio', non si sottrae al divieto di cui all'art. 14 disp.
 prel.  cod. civ.
   Alla suddetta interpretazione "necessaria" non sembrano poi opporsi
 orientamenti  giurisprudenziali  in contrasto. Sul punto, invero, non
 constano pronunce della Corte  di  legittimita';  mentre,  gli  unici
 precedenti  editi  della  giurisprudenza  di  merito,  rinvenuti  dal
 giudicante, concernono le  questioni,  oggettivamente  diverse  dalla
 presente,   o   del  valore  dell'assenso  di  un  genitore  naturale
 all'iscrizione  del  figlio  sul  passaporto   dell'altro   genitore,
 inquadrabile  percio' nella lettera a) dell'art. 3 legge n. 1185/1967
 (Pret. Sestri P., 12 ottobre 1985, ric. Busacchi), o della necessita'
 dell'autorizzazione  tutelare  per   la   richiesta   di   passaporto
 presentata da un genitore di un minore legalmente separato dall'altro
 genitore,  ancorche'  consenziente  (Trib.   min. Perugia, 10 gennaio
 1995).
   In  senso  confermativo  e',  piuttosto,  la  prassi  degli  uffici
 dell'amministrazione  statale competenti in materia, che, in casi del
 genere (istanza del genitore naturale di prole  minore),  subordinano
 senz'altro    il    rilascio    del    passaporto   alla   produzione
 dell'autorizzazione tutelare.
   Orbene, l'art. 3, lettera b), legge n. 1185 del 1967,  nella  parte
 in  cui non prevede che l'autorizzazione del giudice tutelare non sia
 necessaria (neppure) quando  il  richiedente  il  passaporto,  avendo
 prole minore, abbia l'assenso dell'altro genitore naturale convivente
 e  dimorante  nel territorio della Repubblica, induce il giudicante a
 sollevare d'ufficio (la legittimazione del giudice a quo in  sede  di
 volontaria  giurisdizione,  gia' evincibile dal dettato dell'art.  23
 della legge n.  87/1953,  giusta  l'ampio  riferimento  al  "giudizio
 dinanzi ad una autorita' giurisdizionale", e' costantemente affermata
 dalla  giurisprudenza  costituzionale  sin dalla sentenza 12 dicembre
 1957  n.  129)  la  questione  di  legittimita'   costituzionale   in
 riferimento agli artt. 3, 16 e 30 della Costituzione.
   2. - La rilevanza.
   La  risoluzione  della quaestio legitimitatis appena prospettata si
 presenta  necessariamente  pregiudiziale  rispetto   alla   decisione
 sull'istanza  di  autorizzazione in oggetto, nel senso che ad essa e'
 collegata la sussistenza o meno del potere del  giudice  tutelare  di
 pronunziarsi  e,  quindi, la possibilita' di definirla al di fuori di
 ogni sindacato sui suoi presupposti, giuridici e di fatto.
   Come detto, secondo l'unica interpretazione possibile della  norma,
 l'intervento  autorizzatorio  del  giudice tutelare e' ineludibile in
 fattispecie  di  richiesta  del  passaporto  da  parte  del  genitore
 naturale  di  minori,  ancorche'  l'altro genitore, convivente, abbia
 espresso il suo assenso.
   Tale intervento postula l'esercizio di tutti i poteri, istruttori e
 valutativi,  volti  alla  decisione  sulla  domanda;  poteri  che, in
 mancanza di tipizzazione  normativa  delle  condizioni  per  ottenere
 l'autorizzazione,  non  vengono meno neppure in presenza dell'assenso
 dell'altro genitore: sicche'  il  genitore  naturale  di  un  minore,
 interessato  al  rilascio  del passaporto, deve in ogni caso esporre,
 per cosi' dire, il proprio diritto di  uscire  dal  territorio  della
 Repubblica,  garantito dalla Costituzione, al rischio di una negativa
 valutazione del giudice tutelare.
   Nell'ipotesi  di   accoglimento   della   questione   l'interessata
 potrebbe,  invece, conseguire il passaporto in virtu' dei presupposti
 allegati (convivenza con l'altro  genitore  naturale  ed  assenso  di
 quest'ultimo)  senza  alcuna  intromissione  del giudice tutelare, al
 quale non spetterebbe piu' di valutare il  "merito"  dell'istanza,  e
 quindi  di  accoglierla o di rigettarla, ma solo di dichiarare il non
 luogo a provvedere.
   3. - La non manifesta infondatezza.
   L'illegittimita' dell'art. 3, lettera b) legge 21 novembre 1967  n.
 1185,  nella  parte (seconda) in cui non estende al genitore naturale
 di prole minore, che abbia l'assenso dell'altro genitore,  convivente
 e  dimorante  nel  territorio nazionale, l'esclusione dall'obbligo di
 preventiva  autorizzazione  tutelare   per   il   conseguimento   del
 passaporto, si coglie sotto diversi profili.
   3.1.  -  La  norma  viola  il principio fondamentale di uguaglianza
 perche'  e'  fonte  di  un'evidente  disparita'  di  trattamento  tra
 genitori  legittimi e genitori naturali di prole minore che intendano
 ottenere per se' il passaporto, sottoponendo in ogni caso i  secondi,
 a  differenza dei prirni, all'obbligo della preventiva autorizzazione
 tutelare.
   La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente affermato che  la
 garanzia  dell'art.  3  della  Costituzione  e'  violata  dalla legge
 quando, a fronte di situazioni  omogenee,  si  abbia  una  disciplina
 giuridica  differenziata che determini discriminazioni ingiustificate
 (sentenza 25 giugno 1981, n. 111) ovvero il trattamento difforme  non
 risponda  a  fondate  ragioni di differenziazione (sentenza 26 luglio
 1979, n. 85) o non si basi su presupposti logici obiettivi,  i  quali
 razionalmente ne giustifichino l'adozione (sentenza 16 febbraio 1963,
 n. 7).
   Il vizio denunciato ben si evince dal raffronto concreto fra le due
 situazioni discriminate.
   In  entrambe  vi  e'  un  genitore  di  prole  minore  che  intende
 conseguire per se' il passaporto ed ha l'assenso espresso  dell'altro
 genitore.
   In  entrambe  la convivenza e' dimostrabile (e, nella prassi, viene
 dimostrata) su identica base documentale, e  cioe'  in  virtu'  della
 certificazione  anagrafica  (stato  di  famiglia)  che  tanto  per  i
 genitori legittimi, quanto per quelli naturali attesta detto stato di
 fatto.
   Nell'una, pero', il minore e' legato  al  genitore  che  chiede  il
 passaporto  da un rapporto di filiazione legittima, nell'altra, da un
 rapporto di filiazione naturale.
   V'e' da stabilire se tale elemento di differenziazione  (che  altro
 non  e'  se  non  la  qualificazione  giuridica  di  un identico dato
 fattuale, ossia di un rapporto  di  natura)  giustifichi  il  diverso
 trattamento legislativo.
   Tale  valutazione  va fatta, anzitutto, alla luce della ratio legis
 che consente di verificare la coerenza  logica  interna  della  norma
 ovvero  la  sua  non  contraddittorieta',  e costituisce, percio', il
 primo stadio del sindacato sull'arbitrarieta' della legge.
   L'autorizzazione del giudice tutelare e' finalizzata ad evitare che
 il genitore, espatriando, si sottragga ai  propri  obblighi  verso  i
 figli minori.
   Il  controllo  tutelare  si  sostanzia  dunque  in  un  giudizio di
 affidabilita' del genitore, che, per essere  rispondente  alla  ratio
 legis,  deve essere costruito con riferimento non all'altro genitore,
 ma ai figli minori:  con  la  conseguenza  che  e'  illogico  che  il
 controllo  sia  o  meno  obbligatorio  a  seconda  del tipo di legame
 (giuridico o di fatto) instaurato fra i genitori,  dovendo  viceversa
 rilevare  la  situazione  di  fatto  (convivenza  dell'intero  nucleo
 familiare) o il rapporto esistente  fra  il  genitore  che  si  vuole
 munire  del passaporto e la sua prole minore; rapporto che nel nostro
 ordinamento - a differenza della convivenza more uxorio - ha sempre e
 comunque una qualificazione ed una disciplina  giuridica  proprie,  a
 prescmdere  dal  fatto  che  esso  si inserisca o meno in un contesto
 familiare fondato sul matrimonio civile.
   Pertanto, e' solo alla stregua del confronto fra le discipline  dei
 due  tipi  di  rapporti  di filiazione in considerazione, legittima e
 naturale, che puo' e deve  verificarsi  la  non  arbitrarieta'  della
 legge  (ma  di  tale confronto si dira' tra breve, integrando esso il
 secondo e piu' approfondito stadio del  sindacato  sull'arbitrarieta'
 della  legge,  vale a dire quello della ragionevolezza rispetto ad un
 tertium comparationis). Quel che di  certo  rileva  sul  piano  della
 verifica della razionalita' della norma e' che:
     a)  il  genitore  di  un  figlio  minore  legittimo  e'  trattato
 diversamente dal genitore di un figlio minore naturale, a  parta'  di
 presupposto  oggettivo  (assenso  dell'altro  genitore,  convivente e
 dimorante nel territorio dello Stato);
     b) il differente  trattamento  non  trova  giustificazione  nella
 logica  interna  della  norma, in quanto l'elemento differenziale non
 risulta in se' significativo rispetto alla finalita'  perseguita  dal
 legislatore,  potendosi  l'opposta  conclusione sostenere soltanto in
 base all'assunto, tutt'altro che plausibile - sia giuridicamente, sia
 socialmente, secondo cui un genitore naturale, che abbia un  rapporto
 familiare  di convivenza con l'altro genitore e con il proprio figlio
 minore, e', in quanto tale, meno affidabile verso la sua prole di  un
 genitore legittimo.
   Invero, il motivo che ha condotto il legislatore ad esonerare dalla
 preventiva  autorizzazione  tutelare  la  richiesta di passaporto del
 genitore legittimo di un minore sta nella funzione di  controllo  che
 l'altro  genitore  legittimo  e'  in  grado di svolgere, non certo in
 quanto legato al suo partner dal vincolo  matrimoniale,  ma  solo  in
 quanto convivente con lui e con il (comune) figlio, e cioe' calato in
 una realta' familiare che gli consente la verifica diretta, immediata
 e   costante   della  qualita'  del  rapporto  genitoriale  e  quindi
 dell'affidabilita'   del   primo   nell'osservanza   degli    impegni
 conseguenti,  anche  in  caso  di  uso  del passaporto per uscire dal
 territorio dello Stato.
   Il   discorso   puo  replicarsi,  conservando  eguale  coerenza  di
 conclusioni, per il genitore naturale  del  minore  che  richieda  il
 passaporto con l'assenso dell'altro genitore convivente.
   Quella  stessa  funzione  di  controllo, invece, non e' in grado di
 esercitare il genitore legittimo separato o divorziato, il quale, per
 definizione, si trova in una situazione materiale impediente:  donde,
 la necessita' di un controllo, per cosi' dire, in supplenza da  parte
 del giudice tutelare.
   Sennonche',  il  dato normativo in esame sconfessa, nella parte che
 qui interessa, il ragionamento appena svolto: infatti, il trattamento
 del genitore  naturale  ai  fini  de  quibus  viene  illogicamente  e
 contraddittoriamente  parificato  a  quello  del  genitore separato o
 divorziato (entrambi cioe'  devono  richiedere  l'autorizzazione  del
 giudice  tutelare)  e non a quello del genitore legittimo convivente,
 sebbene, rispetto all'idoneita' allo svolgimento  della  funzione  di
 controllo,  che il legislatore assegna a quest'ultimo in virtu' della
 convivenza, non  si  riescano  a  cogliere,  sul  piano  comparativo,
 sostanziali elementi di sfavore per il genitore naturale.
   3.2.  -  L'illegittu'nita'  costituzionale  dell'art. 3, lettera b)
 cit. per violazione dell'art. 3 della Costituzione  in  relazione  al
 criterio della ragionevolezza si presenta in varie forme.
   3.2.1.   -   Le  garanzie  e,  piu'  in  generale,  lo  status  del
 minore-figlio legittimo e del minore-figlio naturale (riconosciuto  o
 dichiarato:    anche se questa seconda ipotesi pare incompatibile con
 la supposta situazione di convivenza, rilevante ai fini in esame)  in
 rapporto  al  genitore sono parificati dalla legge, stante, peraltro,
 l'espressa tutela costituzionale di cui all'art. 30, commi 1 e 3.
   Infatti, ai sensi dell'art. 261 c.c., il genitore che riconosce  il
 proprio figlio naturale assume verso di lui tutti i diritti e tutti i
 doveri che egli ha nei confronti del figlio legittimo (stesso effetto
 deriva  dalla  dichiarazione giudiziale della paternita' o maternita'
 naturale ex art. 277 c.c.).
   Inoltre, i genitori naturali, se conviventi (e -  si  ripete  -  e'
 questa l'unica ipotesi che legittima il dubbio di costituzionalita'),
 sono  congiuntamente titolari della potesta' nei confronti del figlio
 minore al pari dei  genitori  legittimi  e,  soprattutto,  esercitano
 detta  potesta'  esattamente  nello  stesso modo di questi ultimi, ai
 sensi dell'art. 317-bis, comma  2,  c.c.,  che  espressamente  rinvia
 all'art. 316 c.c.
   Il punto appare di importanza decisiva.
   Il  rilascio  del  passaporto  ad  un  genitore,  incidendo in modo
 rilevante, almeno in potenza, sugli interessi del figlio  minore,  in
 quanto  vi  e'  il rischio che ne derivi pregiudizio per l'osservanza
 degli obblighi tipici del primo verso il secondo -  in  tale  ottica,
 come  s'e'  visto,  il  legislatore  ha scritto l'art. 3, lettera b),
 legge  n.  1185/1967  -  assume  i  connotati  della  "questione   di
 particolare   importanza"   relativa   all'esercizio  della  potesta'
 genitoriale.
   Il codice civile rimette la soluzione di tal  genere  di  questioni
 alla  libera  determinazione  di  entrambi  i  genitori, in quanto in
 accordo, e, solo in caso contrasto, al tribunale per i minorenni:  la
 disciplina vale cosi' per i genitori legittimi (art. 316), come per i
 genitori  naturali  conviventi  (combinato  disposto  artt. 317-bis e
 316).
   Ne  discende  che  l'accordo, manifestato dall'assenso espresso del
 genitore non richiedente il passaporto, coerentemente con il  dettato
 codicistico  teste'  enunciato,  ragionevolmente  esonera il genitore
 legittimo, convivente e dimorante  nel  territorio  nazionale,  dalla
 richiesta  di autorizzazione del giudice tutelare; irragionevolmente,
 invece, vi assoggetta  il  genitore  naturale;  ancorche'  confortato
 dall'assenso   dell'altro   genitore   convivente   e  dimorante  nel
 territorio nazionale: con la conseguenza  ulteriore  che,  in  ordine
 allo  specifico tema in questione, vengono disconosciuti il contenuto
 e gli effetti dell'esercizio concorde  della  potesta'  dei  genitori
 naturali.
   In  definitiva,  l'esame  della  normativa  codicistica consente di
 affermare che il contenuto, l'estensione e le modalita' di  esercizio
 del  complesso  dei diritti e doveri verso i figli minori sono eguali
 per i  genitori  naturali  conviventi  e  per  i  genitori  legittimi
 conviventi.
   Eguali,  correlativamente,  sono  le  garanzie,  civili  e  penali,
 previste dalla legge, essendo certamente applicabili  ad  entrambi  i
 tipi  di rapporto le norme sanzionatrici dell'inadempimento di quegli
 obblighi in virtu' della parificazione della loro fonte.
   Se cosi' e', e' facile dedurre che l'elemento differenziatore delle
 due situazioni a confronto (genitore legittimo o genitore naturale di
 minori, che chiede il passaporto con l'assenso  dell'altro  genitore,
 convivente   e  dimorante  nella  Repubblica)  ha  un  valore  ed  un
 significato esclusivamente nominali  e  non  puo'  quindi  costituire
 presupposto logico obiettivo che giustifichi la norma differenziata.
   A ben guardare, anzi, l'ingiustificata disparita' di trattamento e'
 trilaterale, nel senso che essa irragionevolmente discrimina:
     a)  il genitore naturale che intende acquisire il passaporto, che
 e' costretto a ricorrere al  giudice  tutelare,  pur  versando  nella
 stessa  situazione  oggettiva  in  cui  il  genitore  legittimo ne e'
 esonerato;
     b) l'altro genitore naturale,  convivente,  il  cui  assenso  non
 serve  a  rendere autodeterminata ed autodeterminante - come nel caso
 del genitore legittimo - la concorde decisione circa una questione di
 particolare  importanza,  involgente   l'esercizio   della   potesta'
 genitoriale, e ad escludere l'ingerenza del giudice tutelare;
     c)  il minore-figlio naturale, nella misura in cui presuppone che
 quest'ultimo, pur avendo a presidio del proprio status  un  complesso
 di  garanzie  legislative  verso  il  genitore,  esattamente uguali a
 quelle apprestate per il figlio legittimo,  abbisogni,  comunque,  di
 una maggiore protezione ovvero del controllo esterno giurisdizionale,
 in  quanto  collocato  in  una  posizione  svantaggiata a causa della
 minore affidabilita', per  cosi'  dire,  costituzionale  del  proprio
 genitore  convivente,  ancorche'  il rapporto fra i due si svolga, de
 iure et de facto,  su  un  piano  di  sostanziale  parita'  oggettiva
 rispetto al corrispondente rapporto figlio-genitore legittimo.
   Pare  in verita', che, sotto il profilo appena riguardato, la norma
 sindacata soffra del tempo in cui  e'  stata  emanata,  essendo  essa
 anteriore  alla  riforma  del  diritto di famiglia ex lege n. 151 del
 1975, alla quale si devono le parificazioni sopra dette.
   Cio'  non  di  meno,  il  prospettato   vizio   di   illegittimita'
 costituzionale persiste, appartenendo alla giurisprudenza del giudice
 delle  leggi  il principio secondo cui la ragionevolezza di una norma
 va valutata anche con riferimento alle disposizioni emanate  dopo  la
 sua entrata in vigore (sentenza 23 aprile 1965, n. 33).
   3.2.2.  -  Pare  il  caso  di  rimarcare  che  la delibazione della
 presente quaestio  legitimitatis,  cosi'  come  prospettata,  non  si
 presta a subire, per cosi' dire, la negativa influenza della discussa
 problematica  circa  la rilevanza giuridica della famiglia di fatto o
 della convivenza  more  uxorio  e  circa  le  disparita'  ravvisabili
 nell'ordinamento  rispetto  alla  famiglia  legittima, spesso portate
 alla cognizione della Corte.
   Non e'  ignoto  al  remittente  l'orientamento,  anche  di  recente
 riaffermato  (sentenza  18  gennaio  1996,  n.  8),  che  esclude  la
 possibilita' di omologare, sotto il profilo giuridico-costituzionale,
 la  convivenza  di  fatto  al  coniugio,  in   considerazione   della
 diversita' dei connotati sostanziali dei due tipi di rapporto.
   Il  luogo  non  e'  adatto  per  riproporre  funditus i termini del
 problema.  Cio' che, tuttavia, non puo'  trascurarsi  di  mettere  in
 evidenza, agli stretti fini del presente provvedimento, e' che, nella
 specie,  si  tratta  di giudicare della diversita' di trattamento non
 dei conviventi more uxorio, in quanto tali, rispetto ai coniugi, ne',
 piu' in generale, della minor  protezione  della  famiglia  di  fatto
 rispetto   alla   famiglia   legittima,  bensi'  dell'irrazionale  ed
 irragionevole disparita' di talune situazioni specifiche  (lo  status
 di  figlio  naturale,  il  rapporto  di  paternita'  o  di maternita'
 naturale, la potesta' genitoriale verso il figlio naturale) che,  pur
 inquadrabili,  sotto  il  profilo  ordinamentale,  nell'ambito  della
 famiglia  di  fatto,  presentano   peculiarita'   proprie   notevoli,
 soprattutto  per  quanto  attiene all'autonoma disciplina dei singoli
 rapporti intersoggettivi che ad esse fanno capo.
   Sovviene,  in  proposito,  l'autorevole   affermazione   dottrinale
 secondo  cui la filiazione naturale e' l'unico istituto attraverso il
 quale l'unione libera  acquista  rilevanza  giusnaturale  nel  nostro
 ordinamento,  in  quanto  con  essa  divengono oggetto di specifica e
 diretta regolazione giuridica la relazione tra l'uomo e la donna  non
 legati  da  vincolo  matrimoniale  nonche'  -  deve aggiungersi - tra
 ciascuno di essi e la prole, fondanti,  in  caso  di  convivenza,  un
 nucleo  familiare  indubbiamente  caratterizzato  da una comunione di
 vita e di interessi, materiali e non,  cui  non  pare  possibile  non
 riconoscere,  quanto  meno  nelle separate articolazioni del rapporto
 plurilaterale, se non unitariamente e nel suo  complesso,  protezione
 costituzionale.
   Non    puo'    negarsi,   del   resto,   che,   se   l'affermazione
 dell'omologabilita' integrale della famiglia di fatto  alla  famiglia
 legittima      e'      tuttora      insostenibile      a      livello
 giuridico-costituzionale, non e' rinunciabile, sulla base di siffatto
 assunto   generale,   il   sindacato   di   costituzionalita'   sulla
 ragionevolezza   di   talune   disparita'   che  interessano  aspetti
 particolari  dell'uno  e  dell'altro  genere  di  rapporto,  i  quali
 presentino  significative  somiglianze  o  eguaglianze,  dal punto di
 vista sostanziale dei contenuti caratterizzanti.
   3.3. - L'assoggettamento obbligatorio  all'autorizzazione  tutelare
 della  richiesta  di passaporto del genitore naturale di prole minore
 che abbia l'assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nello
 Stato, sembra altresi'  porsi  in  contrasto  con  l'art.  16,  comma
 secondo, della Costituzione.
   Tale  norma  sancisce  il  diritto  del  cittadino  di  uscire  dal
 territorio della Repubblica, salvi gli obblighi di legge.
   Non e' dubbia,  dunque,  la  legittimita'  di  limitazioni  che  il
 legislatore   ponga   al   diritto   di  espatrio  costituzionalmente
 garantito. Pare tuttavia necessario, quanto meno  per  l'ossequio  al
 canone  fondamentale  della  ragionevolezza delle scelte legislative,
 che dette limitazioni siano volte  a  garantire  interessi  di  rango
 parimenti  costituzionale  ovvero  che  esse  non  risultino ultronee
 rispetto a quella garanzia.
   Di talche' se il minore vanta un complesso di situazioni giuridiche
 di vantaggio nei confronti del proprio genitore naturale  richiedente
 il passaporto, che l'altro genitore naturale, in quanto convivente e,
 percio',   in   grado   di   esercitare  una  funzione  di  controllo
 sull'affidabilita' del primo, giudica non minacciate, non si apprezza
 la giustificatezza dell'ulteriore limitazione  imposta  dall'art.  3,
 lettera  b),  seconda  parte, legge n. 1185/1967: tanto piu' se la si
 cala nel gia' ampiamente  scandagliato  piano  di  confronto  con  la
 situazione  del  genitore legittimo, che, proprio in virtu' di quella
 funzione di controllo endofamiliare, e' sottratto al placet tutelare.