IL PRETORE-GIUDICE TUTELARE Letta l'istanza in data 9 ottobre 1996, con cui Di Paolantonio Giuseppina, premesso di essere genitrice naturale della minore S. V., ha chiesto l'autorizzazione al rinnovo del passaporto, allegando il consenso del proprio convivente, Simone Donato, padre, della minore predetta, giusta dichiarazione sottoscritta in calce all'istanza; Vista la documentazione prodotta ed, in particolare, il certificato di stato di famiglia del 1 ottobre 1996, rilasciato dal comune di Bari, dal quale si evince la convivenza fra i genitori naturali della minore; assunte informazioni dall'interessata, personalmente ascoltata; osserva quanto segue. 1. - La questione di legittimita' costituzionale. La legge 21 novembre 1967, n. 1185, recante "norme sui passaporti" prevede all'art. 3 che "non possono ottenere il passaporto: ("omissis) b) i genitori che, avendo prole minore, non ottengano l'autorizzazione del giudice tutelare; l'autorizzazione non e' necessaria quando il richiedente abbia l'assenso dell'altro genitore legittimo da cui non sia legalmente separato e che dimori nel territorio della Repubblica". La norma sembra doversi leggere nel senso che l'esonero dalla preventiva autorizzazione tutelare, al fine di conseguire il passaporto, e' previsto esclusivamente nel caso del genitore legittimo di un minore che abbia l'assenso dell'altro genitore, non legalmente separato e dimorante nel territorio italiano; in ogni altro caso, compreso quello del genitore naturale di un minore, pur munito dell'assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nel territorio dello Stato (come e' nella fattispecie), occorre che l'interessato richieda ed ottenga l'autorizzazione del giudice tutelare. Inoltre, non vi e' spazio ne' per l'interpretazione estensiva, atteso il preciso significato giuridico dell'espressione usata dal legislatore ("genitore legittimo"), ne' per quella analogica, poiche' la disciplina legislativa de qua e' chiaramente impostata sul rapporto regola-eccezione fra la prima parte della disposizione ("non possono ottenere il passaporto: ... i genitori che, avendo prole minore, non ottengano l'autorizzazione del giudice tutelare") e la seconda ("l'autorizzazione non e' necessaria quando il richiedente abbia l'assenso dell'altro genitore legittimo da cui non sia legalmente separato e che dimori nel territorio della Repubblica"), la quale, percio', non si sottrae al divieto di cui all'art. 14 disp. prel. cod. civ. Alla suddetta interpretazione "necessaria" non sembrano poi opporsi orientamenti giurisprudenziali in contrasto. Sul punto, invero, non constano pronunce della Corte di legittimita'; mentre, gli unici precedenti editi della giurisprudenza di merito, rinvenuti dal giudicante, concernono le questioni, oggettivamente diverse dalla presente, o del valore dell'assenso di un genitore naturale all'iscrizione del figlio sul passaporto dell'altro genitore, inquadrabile percio' nella lettera a) dell'art. 3 legge n. 1185/1967 (Pret. Sestri P., 12 ottobre 1985, ric. Busacchi), o della necessita' dell'autorizzazione tutelare per la richiesta di passaporto presentata da un genitore di un minore legalmente separato dall'altro genitore, ancorche' consenziente (Trib. min. Perugia, 10 gennaio 1995). In senso confermativo e', piuttosto, la prassi degli uffici dell'amministrazione statale competenti in materia, che, in casi del genere (istanza del genitore naturale di prole minore), subordinano senz'altro il rilascio del passaporto alla produzione dell'autorizzazione tutelare. Orbene, l'art. 3, lettera b), legge n. 1185 del 1967, nella parte in cui non prevede che l'autorizzazione del giudice tutelare non sia necessaria (neppure) quando il richiedente il passaporto, avendo prole minore, abbia l'assenso dell'altro genitore naturale convivente e dimorante nel territorio della Repubblica, induce il giudicante a sollevare d'ufficio (la legittimazione del giudice a quo in sede di volontaria giurisdizione, gia' evincibile dal dettato dell'art. 23 della legge n. 87/1953, giusta l'ampio riferimento al "giudizio dinanzi ad una autorita' giurisdizionale", e' costantemente affermata dalla giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza 12 dicembre 1957 n. 129) la questione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 16 e 30 della Costituzione. 2. - La rilevanza. La risoluzione della quaestio legitimitatis appena prospettata si presenta necessariamente pregiudiziale rispetto alla decisione sull'istanza di autorizzazione in oggetto, nel senso che ad essa e' collegata la sussistenza o meno del potere del giudice tutelare di pronunziarsi e, quindi, la possibilita' di definirla al di fuori di ogni sindacato sui suoi presupposti, giuridici e di fatto. Come detto, secondo l'unica interpretazione possibile della norma, l'intervento autorizzatorio del giudice tutelare e' ineludibile in fattispecie di richiesta del passaporto da parte del genitore naturale di minori, ancorche' l'altro genitore, convivente, abbia espresso il suo assenso. Tale intervento postula l'esercizio di tutti i poteri, istruttori e valutativi, volti alla decisione sulla domanda; poteri che, in mancanza di tipizzazione normativa delle condizioni per ottenere l'autorizzazione, non vengono meno neppure in presenza dell'assenso dell'altro genitore: sicche' il genitore naturale di un minore, interessato al rilascio del passaporto, deve in ogni caso esporre, per cosi' dire, il proprio diritto di uscire dal territorio della Repubblica, garantito dalla Costituzione, al rischio di una negativa valutazione del giudice tutelare. Nell'ipotesi di accoglimento della questione l'interessata potrebbe, invece, conseguire il passaporto in virtu' dei presupposti allegati (convivenza con l'altro genitore naturale ed assenso di quest'ultimo) senza alcuna intromissione del giudice tutelare, al quale non spetterebbe piu' di valutare il "merito" dell'istanza, e quindi di accoglierla o di rigettarla, ma solo di dichiarare il non luogo a provvedere. 3. - La non manifesta infondatezza. L'illegittimita' dell'art. 3, lettera b) legge 21 novembre 1967 n. 1185, nella parte (seconda) in cui non estende al genitore naturale di prole minore, che abbia l'assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nel territorio nazionale, l'esclusione dall'obbligo di preventiva autorizzazione tutelare per il conseguimento del passaporto, si coglie sotto diversi profili. 3.1. - La norma viola il principio fondamentale di uguaglianza perche' e' fonte di un'evidente disparita' di trattamento tra genitori legittimi e genitori naturali di prole minore che intendano ottenere per se' il passaporto, sottoponendo in ogni caso i secondi, a differenza dei prirni, all'obbligo della preventiva autorizzazione tutelare. La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente affermato che la garanzia dell'art. 3 della Costituzione e' violata dalla legge quando, a fronte di situazioni omogenee, si abbia una disciplina giuridica differenziata che determini discriminazioni ingiustificate (sentenza 25 giugno 1981, n. 111) ovvero il trattamento difforme non risponda a fondate ragioni di differenziazione (sentenza 26 luglio 1979, n. 85) o non si basi su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustifichino l'adozione (sentenza 16 febbraio 1963, n. 7). Il vizio denunciato ben si evince dal raffronto concreto fra le due situazioni discriminate. In entrambe vi e' un genitore di prole minore che intende conseguire per se' il passaporto ed ha l'assenso espresso dell'altro genitore. In entrambe la convivenza e' dimostrabile (e, nella prassi, viene dimostrata) su identica base documentale, e cioe' in virtu' della certificazione anagrafica (stato di famiglia) che tanto per i genitori legittimi, quanto per quelli naturali attesta detto stato di fatto. Nell'una, pero', il minore e' legato al genitore che chiede il passaporto da un rapporto di filiazione legittima, nell'altra, da un rapporto di filiazione naturale. V'e' da stabilire se tale elemento di differenziazione (che altro non e' se non la qualificazione giuridica di un identico dato fattuale, ossia di un rapporto di natura) giustifichi il diverso trattamento legislativo. Tale valutazione va fatta, anzitutto, alla luce della ratio legis che consente di verificare la coerenza logica interna della norma ovvero la sua non contraddittorieta', e costituisce, percio', il primo stadio del sindacato sull'arbitrarieta' della legge. L'autorizzazione del giudice tutelare e' finalizzata ad evitare che il genitore, espatriando, si sottragga ai propri obblighi verso i figli minori. Il controllo tutelare si sostanzia dunque in un giudizio di affidabilita' del genitore, che, per essere rispondente alla ratio legis, deve essere costruito con riferimento non all'altro genitore, ma ai figli minori: con la conseguenza che e' illogico che il controllo sia o meno obbligatorio a seconda del tipo di legame (giuridico o di fatto) instaurato fra i genitori, dovendo viceversa rilevare la situazione di fatto (convivenza dell'intero nucleo familiare) o il rapporto esistente fra il genitore che si vuole munire del passaporto e la sua prole minore; rapporto che nel nostro ordinamento - a differenza della convivenza more uxorio - ha sempre e comunque una qualificazione ed una disciplina giuridica proprie, a prescmdere dal fatto che esso si inserisca o meno in un contesto familiare fondato sul matrimonio civile. Pertanto, e' solo alla stregua del confronto fra le discipline dei due tipi di rapporti di filiazione in considerazione, legittima e naturale, che puo' e deve verificarsi la non arbitrarieta' della legge (ma di tale confronto si dira' tra breve, integrando esso il secondo e piu' approfondito stadio del sindacato sull'arbitrarieta' della legge, vale a dire quello della ragionevolezza rispetto ad un tertium comparationis). Quel che di certo rileva sul piano della verifica della razionalita' della norma e' che: a) il genitore di un figlio minore legittimo e' trattato diversamente dal genitore di un figlio minore naturale, a parta' di presupposto oggettivo (assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nel territorio dello Stato); b) il differente trattamento non trova giustificazione nella logica interna della norma, in quanto l'elemento differenziale non risulta in se' significativo rispetto alla finalita' perseguita dal legislatore, potendosi l'opposta conclusione sostenere soltanto in base all'assunto, tutt'altro che plausibile - sia giuridicamente, sia socialmente, secondo cui un genitore naturale, che abbia un rapporto familiare di convivenza con l'altro genitore e con il proprio figlio minore, e', in quanto tale, meno affidabile verso la sua prole di un genitore legittimo. Invero, il motivo che ha condotto il legislatore ad esonerare dalla preventiva autorizzazione tutelare la richiesta di passaporto del genitore legittimo di un minore sta nella funzione di controllo che l'altro genitore legittimo e' in grado di svolgere, non certo in quanto legato al suo partner dal vincolo matrimoniale, ma solo in quanto convivente con lui e con il (comune) figlio, e cioe' calato in una realta' familiare che gli consente la verifica diretta, immediata e costante della qualita' del rapporto genitoriale e quindi dell'affidabilita' del primo nell'osservanza degli impegni conseguenti, anche in caso di uso del passaporto per uscire dal territorio dello Stato. Il discorso puo replicarsi, conservando eguale coerenza di conclusioni, per il genitore naturale del minore che richieda il passaporto con l'assenso dell'altro genitore convivente. Quella stessa funzione di controllo, invece, non e' in grado di esercitare il genitore legittimo separato o divorziato, il quale, per definizione, si trova in una situazione materiale impediente: donde, la necessita' di un controllo, per cosi' dire, in supplenza da parte del giudice tutelare. Sennonche', il dato normativo in esame sconfessa, nella parte che qui interessa, il ragionamento appena svolto: infatti, il trattamento del genitore naturale ai fini de quibus viene illogicamente e contraddittoriamente parificato a quello del genitore separato o divorziato (entrambi cioe' devono richiedere l'autorizzazione del giudice tutelare) e non a quello del genitore legittimo convivente, sebbene, rispetto all'idoneita' allo svolgimento della funzione di controllo, che il legislatore assegna a quest'ultimo in virtu' della convivenza, non si riescano a cogliere, sul piano comparativo, sostanziali elementi di sfavore per il genitore naturale. 3.2. - L'illegittu'nita' costituzionale dell'art. 3, lettera b) cit. per violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione al criterio della ragionevolezza si presenta in varie forme. 3.2.1. - Le garanzie e, piu' in generale, lo status del minore-figlio legittimo e del minore-figlio naturale (riconosciuto o dichiarato: anche se questa seconda ipotesi pare incompatibile con la supposta situazione di convivenza, rilevante ai fini in esame) in rapporto al genitore sono parificati dalla legge, stante, peraltro, l'espressa tutela costituzionale di cui all'art. 30, commi 1 e 3. Infatti, ai sensi dell'art. 261 c.c., il genitore che riconosce il proprio figlio naturale assume verso di lui tutti i diritti e tutti i doveri che egli ha nei confronti del figlio legittimo (stesso effetto deriva dalla dichiarazione giudiziale della paternita' o maternita' naturale ex art. 277 c.c.). Inoltre, i genitori naturali, se conviventi (e - si ripete - e' questa l'unica ipotesi che legittima il dubbio di costituzionalita'), sono congiuntamente titolari della potesta' nei confronti del figlio minore al pari dei genitori legittimi e, soprattutto, esercitano detta potesta' esattamente nello stesso modo di questi ultimi, ai sensi dell'art. 317-bis, comma 2, c.c., che espressamente rinvia all'art. 316 c.c. Il punto appare di importanza decisiva. Il rilascio del passaporto ad un genitore, incidendo in modo rilevante, almeno in potenza, sugli interessi del figlio minore, in quanto vi e' il rischio che ne derivi pregiudizio per l'osservanza degli obblighi tipici del primo verso il secondo - in tale ottica, come s'e' visto, il legislatore ha scritto l'art. 3, lettera b), legge n. 1185/1967 - assume i connotati della "questione di particolare importanza" relativa all'esercizio della potesta' genitoriale. Il codice civile rimette la soluzione di tal genere di questioni alla libera determinazione di entrambi i genitori, in quanto in accordo, e, solo in caso contrasto, al tribunale per i minorenni: la disciplina vale cosi' per i genitori legittimi (art. 316), come per i genitori naturali conviventi (combinato disposto artt. 317-bis e 316). Ne discende che l'accordo, manifestato dall'assenso espresso del genitore non richiedente il passaporto, coerentemente con il dettato codicistico teste' enunciato, ragionevolmente esonera il genitore legittimo, convivente e dimorante nel territorio nazionale, dalla richiesta di autorizzazione del giudice tutelare; irragionevolmente, invece, vi assoggetta il genitore naturale; ancorche' confortato dall'assenso dell'altro genitore convivente e dimorante nel territorio nazionale: con la conseguenza ulteriore che, in ordine allo specifico tema in questione, vengono disconosciuti il contenuto e gli effetti dell'esercizio concorde della potesta' dei genitori naturali. In definitiva, l'esame della normativa codicistica consente di affermare che il contenuto, l'estensione e le modalita' di esercizio del complesso dei diritti e doveri verso i figli minori sono eguali per i genitori naturali conviventi e per i genitori legittimi conviventi. Eguali, correlativamente, sono le garanzie, civili e penali, previste dalla legge, essendo certamente applicabili ad entrambi i tipi di rapporto le norme sanzionatrici dell'inadempimento di quegli obblighi in virtu' della parificazione della loro fonte. Se cosi' e', e' facile dedurre che l'elemento differenziatore delle due situazioni a confronto (genitore legittimo o genitore naturale di minori, che chiede il passaporto con l'assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nella Repubblica) ha un valore ed un significato esclusivamente nominali e non puo' quindi costituire presupposto logico obiettivo che giustifichi la norma differenziata. A ben guardare, anzi, l'ingiustificata disparita' di trattamento e' trilaterale, nel senso che essa irragionevolmente discrimina: a) il genitore naturale che intende acquisire il passaporto, che e' costretto a ricorrere al giudice tutelare, pur versando nella stessa situazione oggettiva in cui il genitore legittimo ne e' esonerato; b) l'altro genitore naturale, convivente, il cui assenso non serve a rendere autodeterminata ed autodeterminante - come nel caso del genitore legittimo - la concorde decisione circa una questione di particolare importanza, involgente l'esercizio della potesta' genitoriale, e ad escludere l'ingerenza del giudice tutelare; c) il minore-figlio naturale, nella misura in cui presuppone che quest'ultimo, pur avendo a presidio del proprio status un complesso di garanzie legislative verso il genitore, esattamente uguali a quelle apprestate per il figlio legittimo, abbisogni, comunque, di una maggiore protezione ovvero del controllo esterno giurisdizionale, in quanto collocato in una posizione svantaggiata a causa della minore affidabilita', per cosi' dire, costituzionale del proprio genitore convivente, ancorche' il rapporto fra i due si svolga, de iure et de facto, su un piano di sostanziale parita' oggettiva rispetto al corrispondente rapporto figlio-genitore legittimo. Pare in verita', che, sotto il profilo appena riguardato, la norma sindacata soffra del tempo in cui e' stata emanata, essendo essa anteriore alla riforma del diritto di famiglia ex lege n. 151 del 1975, alla quale si devono le parificazioni sopra dette. Cio' non di meno, il prospettato vizio di illegittimita' costituzionale persiste, appartenendo alla giurisprudenza del giudice delle leggi il principio secondo cui la ragionevolezza di una norma va valutata anche con riferimento alle disposizioni emanate dopo la sua entrata in vigore (sentenza 23 aprile 1965, n. 33). 3.2.2. - Pare il caso di rimarcare che la delibazione della presente quaestio legitimitatis, cosi' come prospettata, non si presta a subire, per cosi' dire, la negativa influenza della discussa problematica circa la rilevanza giuridica della famiglia di fatto o della convivenza more uxorio e circa le disparita' ravvisabili nell'ordinamento rispetto alla famiglia legittima, spesso portate alla cognizione della Corte. Non e' ignoto al remittente l'orientamento, anche di recente riaffermato (sentenza 18 gennaio 1996, n. 8), che esclude la possibilita' di omologare, sotto il profilo giuridico-costituzionale, la convivenza di fatto al coniugio, in considerazione della diversita' dei connotati sostanziali dei due tipi di rapporto. Il luogo non e' adatto per riproporre funditus i termini del problema. Cio' che, tuttavia, non puo' trascurarsi di mettere in evidenza, agli stretti fini del presente provvedimento, e' che, nella specie, si tratta di giudicare della diversita' di trattamento non dei conviventi more uxorio, in quanto tali, rispetto ai coniugi, ne', piu' in generale, della minor protezione della famiglia di fatto rispetto alla famiglia legittima, bensi' dell'irrazionale ed irragionevole disparita' di talune situazioni specifiche (lo status di figlio naturale, il rapporto di paternita' o di maternita' naturale, la potesta' genitoriale verso il figlio naturale) che, pur inquadrabili, sotto il profilo ordinamentale, nell'ambito della famiglia di fatto, presentano peculiarita' proprie notevoli, soprattutto per quanto attiene all'autonoma disciplina dei singoli rapporti intersoggettivi che ad esse fanno capo. Sovviene, in proposito, l'autorevole affermazione dottrinale secondo cui la filiazione naturale e' l'unico istituto attraverso il quale l'unione libera acquista rilevanza giusnaturale nel nostro ordinamento, in quanto con essa divengono oggetto di specifica e diretta regolazione giuridica la relazione tra l'uomo e la donna non legati da vincolo matrimoniale nonche' - deve aggiungersi - tra ciascuno di essi e la prole, fondanti, in caso di convivenza, un nucleo familiare indubbiamente caratterizzato da una comunione di vita e di interessi, materiali e non, cui non pare possibile non riconoscere, quanto meno nelle separate articolazioni del rapporto plurilaterale, se non unitariamente e nel suo complesso, protezione costituzionale. Non puo' negarsi, del resto, che, se l'affermazione dell'omologabilita' integrale della famiglia di fatto alla famiglia legittima e' tuttora insostenibile a livello giuridico-costituzionale, non e' rinunciabile, sulla base di siffatto assunto generale, il sindacato di costituzionalita' sulla ragionevolezza di talune disparita' che interessano aspetti particolari dell'uno e dell'altro genere di rapporto, i quali presentino significative somiglianze o eguaglianze, dal punto di vista sostanziale dei contenuti caratterizzanti. 3.3. - L'assoggettamento obbligatorio all'autorizzazione tutelare della richiesta di passaporto del genitore naturale di prole minore che abbia l'assenso dell'altro genitore, convivente e dimorante nello Stato, sembra altresi' porsi in contrasto con l'art. 16, comma secondo, della Costituzione. Tale norma sancisce il diritto del cittadino di uscire dal territorio della Repubblica, salvi gli obblighi di legge. Non e' dubbia, dunque, la legittimita' di limitazioni che il legislatore ponga al diritto di espatrio costituzionalmente garantito. Pare tuttavia necessario, quanto meno per l'ossequio al canone fondamentale della ragionevolezza delle scelte legislative, che dette limitazioni siano volte a garantire interessi di rango parimenti costituzionale ovvero che esse non risultino ultronee rispetto a quella garanzia. Di talche' se il minore vanta un complesso di situazioni giuridiche di vantaggio nei confronti del proprio genitore naturale richiedente il passaporto, che l'altro genitore naturale, in quanto convivente e, percio', in grado di esercitare una funzione di controllo sull'affidabilita' del primo, giudica non minacciate, non si apprezza la giustificatezza dell'ulteriore limitazione imposta dall'art. 3, lettera b), seconda parte, legge n. 1185/1967: tanto piu' se la si cala nel gia' ampiamente scandagliato piano di confronto con la situazione del genitore legittimo, che, proprio in virtu' di quella funzione di controllo endofamiliare, e' sottratto al placet tutelare.