IL TRIBUNALE Il dott. Giovanni D'Antoni in funzione di giudice unico della 1a sezione civile ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 9017 del registro generale degli affari civili contenziosi dell'anno 1995; Promosso da Maimone Concetta, nata a Messina il giorno 1 ottobre 1944, elettivamente domiciliata ai fini del giudizio a Palermo, via Tripoli n. 3, nello studio del dott. proc. Giuseppe Sigillo' Massara, dal quale e' rappresentata e difesa per mandato a margine dell'atto di citazione; Contro il commissario pro-tempore per la prima formazione dell'Albo degli assistenti sociali della regione siciliana, e il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi n. 81, sono ope legis domiciliati. F a t t o Con atti di citazione notificati il 13 ottobre 1995 Concetta Maimone convenne dinanzi a questo tribunale il commissario pro-tempore per la prima formazione dell'Albo degli assistenti sociali della regione siciliana ed il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro in carica, e dopo aver esposto che il primo, con atto del 10 aprile 1995, le aveva negato l'iscrizione all'albo sul rilievo che la convalida dei titoli (da parte delle scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali) era intervenuta dopo la scadenza del termine all'uopo fissato dall'art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84, dedusse che il termine applicato dal commissario avrebbe dovuto essere considerato come ordinatorio, ed eccepi' comunque l'illegittimita' costituzionale della norma che aveva correlato la possibilita' di iscrizione all'albo professionale al termine entro il quale avrebbero dovuto essere convalidati i titoli anziche' a quello di presentazione dei titoli stessi. Costituitisi, i convenuti contestarono il fondamento della domanda fatta valere in giudizio dall'attrice, allegando che il termine previsto dall'art. 5 della legge 3 marzo 1993, n. 84 era da considerare perentorio, e ne chiesero conseguentemente il rigetto con ogni conseguenza sul piano della distribuzione delle spese processuali. In esito all'istruzione probatoria il giudice istruttore adotto' i provvedimenti previsti dall'art. 190 c.p.c. assegnando alle parti il termine di sessanta giorni per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per il deposito di memorie di replica, e pose quindi la causa in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe. D i r i t t o Giova preliminarmente chiarire che la norma transitoria di cui all'art. 5 della legge 3 marzo 1993, n. 84 prevede che l'iscrizione all'albo professionale degli assistenti sociali e' consentita (anche) a coloro i quali abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione ai sensi del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14. Tale decreto, all'art. 5, prevedeva a sua volta che le scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali convalidassero, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 14 del 1987 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 febbraio 1987, n. 29 ed entrato percio' in vigore il 20 febbraio dello stesso anno) i titoli rilasciati nel precedente ordinamento in esito ai corsi di assistenti sociali per la durata triennale o almeno fino al 1959, da enti e istituzioni pubbliche e private. La convalida era poi subordinata al sostenimento di un esame con esito positivo, ed il relativo termine a disposizione delle scuole universitarie e' stato prorogato di un anno dall'art. 3 del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280, di tal che la scadenza ultima e' stata fissata alla data del 20 febbraio 1991. Nella specie e' avvenuto che la Maimone aveva presentato all'Universita' di Catania, in data 29 gennaio 1990, l'apposita istanza - corredata da tutti i documenti indicati dalla legge e dal bando all'uopo emesso dalla scuola per assistenti sociali dell'Universita' di Catania - finalizzata ad ottenere la convalida dei titoli necessaria per l'abilitazione professionale. L'istante e' stata pero' ammessa a sostenere l'esame - prescritto dall'art. 5 del d.P.R. 15 gennaio 1987 n. 14 - solo per il giorno 25 marzo 1991, di tal che la convalida e' intervenuta in ritardo rispetto al termine di legge, ed appunto in considerazione di siffatto ritardo il commissario per la prima formazione dell'Albo nella regione siciliana ha ritenuto di non poter procedere all'iscrizione della Maimone - e di altri 141 aspiranti - nell'albo professionale. L'attrice eccepisce l'incostituzionalita' delle norme in commento, stigmatizzandone la contrarieta' con i precetti di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione della Repubblica italiana. L'eccezione appare fondata, e giustifica senz'altro la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. La subordinazione dell'abilitazione professionale - refluente in maniera decisiva sulla successiva possibilita' di iscrizione nell'albo professionale - ad un termine massimo di completamento delle operazioni di convalida dei titoli da parte della scuola universitaria (anziche' soltanto ad un termine massimo di presentazione delle domande), invero, appare contrastante con il fondamentale precetto costituzionale di uguaglianza, ove si consideri che situazioni assolutamente identiche (quali sono quelle di soggetti aventi i requisiti indicati dal d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 per conseguire l'abilitazione professionale) vengono ad essere trattate in maniera differente in funzione esclusiva dei tempi con i quali le scuole universitarie esaminano le domande degli interessati provvedendo alla fissazione delle sessioni di esame ed alla valutazione dei titoli, con la conseguenza, che non puo' non essere considerata contraria ai piu' elementari principi costituzionali, che il giudizio egualmente positivo attribuito dalla stessa commissione d'esame a candidati che - dopo aver proposto rituale, tempestiva, e contemporanea domanda - abbiano superato con esito parimenti positivo l'esame di abilitazione, produce effetti radicalmente diversi, quanto all'efficacia giuridica dei titoli convalidati, a causa dei tempi (intuitivamente diversi in rapporto al tipo di organizzazione, al numero di domande pervenute, ed alle concrete modalita' di disimpegno del carico del lavoro) con cui la scuola di specializzazione universitaria abbia dato risposta alle pur tempestive istanze degli interessati. Diversamente opinando, si finirebbe invero col riversare sugli aspiranti le conseguenze di inefficienze o di contingenti difficolta' operative delle scuole universitarie, con effetto perverso della finalita' sollecitatoria perseguita dal legislatore con la previsione di un termine massimo per il completamento delle operazioni. La disparita' di trattamento, d'altro canto, non si giustifica neanche in vista di peculiari finalita' organizzative perseguite dall'amministrazione, non vertendosi nel caso di specie in ipotesi di concorso pubblico (in presenza del quale ben possono privilegiarsi esigenze di celerita' nella procedura di reclutamento del personale), bensi' di mera abilitazione professionale. Va poi evidenziato che in casi analoghi a quello che qui ci occupa, lo stesso legislatore ha adottato criteri diametralmente opposti, ricollegando la possibilita' di ottenere il riconoscimento di specifiche competenze ed esperienze professionali non gia' ai tempi dell'attivita' valutativa rimessa agli organi all'uopo preposti, bensi' a quelli di presentazione dell'istanza e di possesso di determinati requisiti in capo agli aspiranti (si veda l'art. 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, contenente l'ordinamento della professione di psicologo), la qual cosa costituisce un ulteriore profilo di illegittimita' della normativa dettata in materia di abilitazione all'esercizio della professione di assistente sociale. Con riferimento alla rilevanza della questione, e' poi il caso di sottolineare che - diversamente da quanto prospettato dall'attrice - il termine fissato dall'art. 5 del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 non puo' certo considerarsi ordinatorio, dal momento che la sua perentorieta', oltre a discendere dalla natura transitoria della disciplina, si ricava dallo stesso fatto che il legislatore e' intervenuto espressamente per prorogarlo con l'art. 3 del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280, laddove appunto tale intervento si giustifica solo ritenendo che lo stesso autore della legge abbia ritenuto necessario provvedere direttamente a posticipare la scadenza di un termine che altrimenti avrebbe dovuto essere considerato irrimediabilmente scaduto. E' peraltro da rilevare che anche la seconda sezione del Consiglio di Stato, interpellata sullo specifico punto dal Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, nella seduta del 28 agosto 1991 ha espresso il parere che i termini per la convalida dei diplomi di assistente sociale non possono essere considerati ordinatori. Considerato, pertanto, che la questione prospettata risulta rilevante per il giudizio in corso, che non puo' essere definito senza la sua decisione, visto che solo in caso di suo accoglimento da parte della Corte costituzionale sara' espunta dall'ordinamento la norma che ricollega la validita' della convalida ai tempi della procedura di competenza della scuola universitaria, e - mediatamente - rimosso l'impedimento al riconoscimento del diritto della Maimone ad essere iscritta nell'albo professionale.