IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza a seguito dello svolgimento dell'odierna udienza di convalida d'arresto a carico di Sula Bedri, nato in Albania il 18 ottobre 1976, e Delui Alin, nato in Albania il 19 agosto 1974, in relazione al reato di cui all'art. 7, comma 4, d.-l. 13 settembre 1996, n. 477; sentite le parti, osserva quanto segue. Nei confronti di Sula Bedri, il prefetto di Padova in data 8 agosto 1996 ha emesso un decreto di espulsione (predisposto in lingua italiana, inglese e francese), regolarmente notificato. Decorso il termine di 15 giorni di cui all'art. 7 comma. 7 d.-l. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito in legge 28 febbraio 1990 n. 39, Sula, nuovamente rintracciato in Padova il 26 agosto 1996 (come risulta dalla relazione svolta dall'ispettore che ha proceduto all'arresto), e' stato quindi accompagnato alla frontiera marittima di Trieste il giorno successivo ed imbarcato verso Durazzo. Quanto al Deliu, egli ha ricevuto la notifica del decreto di espulsione datato 8 febbraio 1995, in pari data, non vi ha ottemperato entro il termine di 15 giorni (come risulta anche dal fattto che in data 10 aprile 1995 egli fu tratto in arresto per il delitto di rissa aggravata sempre avanti questo pretore); ha poi lasciato spontaneamente il paese (come dall'indagato ammesso, durante il suo interrogatorio odierno) lo scorso anno, dalla frontiera di Trieste. I due prevenuti, nuovamente rintracciati in Padova il 23 settembre 1996, sono stati dunque arrestati ieri alle ore 19,20 per violazione della norma di cui all'art. 7, comma 4, decreto-legge n. 477/1996. Va altresi' rilevato, attesa la previsione di arresto facoltativo, che, di per se', l'atto e' stato compiuto certamente nella sussistenza dei presuposti di fatto: invero, i due cittadini albanesi ben possono dirsi, ai sensi dell'art. 381 comma 4, c.p.p., pericolosi: entrambi, come accertato a mezzo degli accertamenti fotodattiloscopici, hanno fornito, nel passato, numerosi e differenti nominativi, al fine di sottrarsi ad una precisa identificazione da parte delle forze di p.g.; il Sula risulta gia' condannato per delitti contro il patrimonio, in materia di armi, e a suo carico pendono procedimenti per analoghi fatti e per occupazione abusiva; Deliu, dal canto suo, oltre a procedimenti pendenti (come risulta dai tabulati forniti dalla p.g.) e' stato, come accennato, condannato per rissa aggravata, ed e' gravato da precedenti penali per sfruttamento della prostituzione, armi, falso e rissa. Entrambi sono senza fissa dimora e non svolgono stabile attivita' lavorativa. E tuttavia entrambi hanno chiaramente manifestato (anche durante l'interrogatorio in sede di convalida d'arresto) la chiara preferenza per l'Italia, piuttosto che per il paese d'origine, come e' d'altro canto manifesto per il semplice fatto che i due furono destinatari, oltre all'ultimo, di plurimi e precedenti decreti di espulsione, emessi da varie autorita' del territorio nazionale mai rispettati. Dunque, sulla scorta delle norme di legge in vigore, la p.g. ha certamente proceduto ad un arresto nel pieno rispetto dei presupposti di fatto e diritto; e non rilevano pertanto le argomentazioni difensive in base alle quali i due cittadini albanesi non sarebbero stati in grado di comprendere il contenuto del provvedimento di espulsione, dato che entrambi hanno dato prova di conoscere perfettamente la lingua italiana, e considerato che comunque avevano certamente lasciato il Paese (l'uno coattivamente, l'altro spontaneamente) una volta raggiunti dall'ultimo, in ordine cronologico, decreto di espulsione. Pertanto, si imporrebbe con certezza la convalida dell'arresto. Tuttavia, va osservato che il p.m. ha sollevato questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, nei suoi commi 4 e 5, decreto-legge n. 477/1996, per violazione dell'art. 77 della Costituzione. La questione e' rilevante, in quanto, alla luce di quanto sopra evidenzato, ove non si ponesse l'accento sulla legittimita' della norma, la sua vigenza imporrebbe certamente la convalida dell'arresto; e consentirebbe l'adozione di una misura cautelare personale a carico dei prevenuti. Essa deve dunque essere esaminata, per appurarne la non manifesta infondatezza. In particolare, il p.m., come e' dato desumere anche dalle note scritte ed allegate al fascicolo, ritiene che gia' in precedena, in particolare con il d.-l. 13 aprile 1993, n. 107, l'uso della decretazione d'urgenza ha manifestato tutta la sua inadeguatezza (in allora peraltro con la sanzione all'inottemperanza da parte del cittadino extracomunitario del decreto di espulsione), configurando un reato "effimero", poi rapidamente cancellato dall'ordinamento, la cui transitoria vigenza tuttavia implico' numerosissimi arresti, e sentenze, poi revocate a seguito della mancata conversione del decreto. Nonostante tali esperienze, in questa materia il ricorso al decreto-legge ha trovato spazio tale da consentire che la norma attualmente in esame sia di fatto stata introdotta nell'ordinamento a partire dal d.-l. 18 novembre 1995, n. 489 (in particolare all'art. 7-septies, comma 4), e successivamente mantenuta in tutti i decreti-legge, nn. 22, 132, 269, 376 del 1996, non convertiti. Ha ulteriormente rilevato il p.m. che con la recente ordinanza n. 197/1996, la Corte costituzionale ha gia' dubitato, "in riferirnento all'art. 77 Cost., della legittimita' costituzionale del decreto-legge n. 269/1996, in quanto lo stesso, mediante reiterazione, ha rinnovato l'efficacia di norme decadute a seguito della mancata conversione, nel termine fissato dalla norma costituzionale, di un precedente decreto-legge che le prevedeva"; ha osservato il p.m. che, pertanto, ancor piu' manifesta e' l'illegittimita' dell'art. 7, commi 4 e 5, frutto di un'ulteriore reiterazione, nonostante la sostanziale censura della Corte delle leggi (la quale, va precisato, ha disposto la trattazione della questione a giudizi riuniti, non ancora conclusa). La difesa e' associata alle argomentazioni del p.m. Ritiene questo pretore che la questione non sia manifestamente infondata. Il ricorso alla decretazione d'urgenza, nei piu' svariati settori dell'ordinamento, e' ormai un fenomeno tanto noto quanto destabilizzante, ove si valutino gli effetti che l'incertezza normativa conseguente comporta. In concreto, i plurimi decreti-legge in materia di immigrazione, lungi dal risolvere un problema la cui urgenza avrebbe costituito il presupposto della loro adozione, hanno per contro prodotto una vistosa incertezza operativa. Si consideri il fatto, ad esempio, che con l'adozione del d.-l. 16 luglio 1996 n. 376, sono state del tutto soppresse le norme che avevano introdotto l'espulsione come misura di sicurezza e come misura di prevenzione. Va posto l'accento in primo luogo, sul fatto che, come codesta Corte ha precisato anche con la sentenza n. 330/1996, ad essa compete la valutazione preliminare dell'esistenza dei presupposti necessita' e di urgenza, di cui all'art. 77 Cost. L'evidente mancanza di tali presupposti implica l'accertamento che il Governo ha adottato il decreto-legge al di fuori dell'ambito delle possibilita' applicative costituzionahnente previste per il decreto-legge (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 29/1995). Ad avviso di chi scrive, il fatto stesso che i decreti-legge siano stati reiterati per quasi un anno, peraltro in parte modificati, in parte immutati, cosi' configurando un quadro normativo contraddittorio e fluttuante, a fronte di una situazione di fatto (qual e' quella del fenomeno dell'immigrazione) non risolta, ebbene tutto cio' rende evidente che la ragione posta alla base non solo del primo decreto-legge, ma di tutti i successivi decreti-legge, (l'ultimo dei quali e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di otto giorni fa) non fosse e non sia, in conformita' all'art. 77 Cost., un caso straordinario di necessita' ed urgenza. In particolare la norma di cui all'attuale art. 7, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 477/1996 vige dunque dal novembre scorso, in assenza del vaglio parlamentare. Nella citata sentenza n. 197/1996, gia' citata, codesta Corte ha precisato che il dubbio di legittimita' del precedente decreto-legge n. 269/1996, in riferimento all'art. 77 Cost., veniva valutato "anche in relazione all'ambito nel quale intervengono le norme impugnate, che disciplinando una particolare forma di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, attengono alla sfera dei diritti fondamentali della persona e sono suscettibili di produrre effetti irreversibili in tale sfera". La norma ora impugnata e' certo differente, non riguardando l'espulsione come misura di prevenzione disposta dal pretore su richiesta del p.m., di cui all'art. 7, comma 3, decreto-legge n. 489/1995 (che, come gia' detto, non esiste piu', per decadenza dell'ulimo decreto-legge che la prevedeva, n. 269/1996). Tuttavia e' certo che anche l'art. 7, commi 4 e 5, del decreto-legge attualmente in vigore attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona (la liberta'), tanto da rendere certo vistosa la violazione denunciata, in riferimento all'art. 77 Cost. Appare altresi' necessario evidenziare un ulteriore profilo di illegittimita' della norma per violazione dell'art. 3 della Cost., per l'evidente disparita' di trattamento che si configura tra la fattispecie astratta descritta dall'art. 7, comma 4, decreto-legge n. 477/1996 e quella, parimenti in vigore nei confronti di uno straniero, di cui all'art. 7, comma 12-sexies, d.-l. 30 dicembre 1989 n. 416, convertito in legge n. 39/1990, ove si prevede la cd. espulsione a richiesta di parte. In tale ultimo caso lo straniero che, (condanato ad una pena, non sospesa, non superiore a tre anni, ovvero sottoposto a custodia cautelare), a sua richiesta venga espulso, e quindi a tal fine liberato, ove non osservi le prescrizioni del provvedimento di espulsione e' passibile di una pena da sei mesi a due anni di reclusione. Per contro, piu' affittiva (da sei mesi a tre anni ) risulta la pena irrogabile allo straniero che, essendo stato espulso, rientri nel territorio dello Stato. Considerato che l'espulsione, a mente dell'art. 7, in particolare comma 3, della citata legge (cd. legge Martelli) puo' essere disposta anche nei confronti di chi non sia mai stato condannato o sottoposto a misura cautelare, ne consegue che viene punita con maggior rigore la condotta di chi, espulso, rientri nello Stato, rispetto alla condotta dello straniero che, gia' gravato da una sentenza di condanna irrevocabile, a pena esecutiva, sia stato espulso a sua richiesta, cosi' venendo liberato, ed abbia poi violato il provvedimento di espulsione, ponendo cosi' in essere un comportamento che appare manifestamente piu' grave. Per i sopra esposti motivi, ritenuta la questione rilevante nel presente processo e non manifestamente infondata, vanno adottati i seguenti provvedimenti ordinatori. Consegue, vista la sospensione del giudizio che va obbligatoriamente disposta, la liberazione degli arrestati. Infatti e' preclusa l'adozione di qualsivoglia ulteriore provvedimento cautelare personale, consentito solo ove consegua alla convalida dell'arresto. Gli imputati debbono pertanto essere liberati (vista l'efficacia temporanea dell'arresto di p.g.), se non detenuti per altra causa.