IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva assunta all'udienza  dibattimentale  del  18
 ottobre 1996, osserva quanto segue.
   Modina  Michele  e' stato citato a giudizio dal g.i.p. in seguito a
 tempestiva  opposizione  avverso  il  decreto  penale  emesso  il  17
 dicembre  1994  di  condanna  alla  sanzione  di  L. 700.000 di multa
 (sostitutiva ex art. 53 legge n. 689/1981 della pena di venti  giorni
 di  reclusione  e  L.  200.000 di multa), per omesso versamento delle
 ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei
 lavoratori relative al marzo 1993. Dopo numerosi rinvii  in  pendenza
 del   termine   per   la  regolarizzazione  contributiva,  la  difesa
 all'udienza del 19 settembre 1996 produceva attestazione  proveniente
 dall'INPS   dell'avvenuto  pagamento  in  data  28  giugno  1996  dei
 contributi omessi pari a L. 142.610. Il difensore dichiarava  inoltre
 che l'INPS si era rifiutata di ricevere le somme accessorie richieste
 per la regolarizzazione contributiva dell'odierno imputato, in quanto
 dichiarato  fallito  con sentenza del tribunale di Bergamo in data 14
 dicembre 1993, e che il curatore del relativo fallimento non riteneva
 opportuno effettuare il predetto versamento.
   La  difesa   dell'imputato   eccepiva   pertanto   l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166 (reiterato
 con  i  dd.-ll.    27 maggio 1996, n. 295, 27 maggio 1996, n. 295, 26
 luglio 1996, n.  396 e 24 settembre 1996, n. 409) nella parte in  cui
 non   consente   che   alla   regolarizzazione  contributiva  possano
 provvedere anche i soggetti che  per  qualunque  motivo  (fallimento,
 avvicendamento  nelle  cariche sociali, liquidazione della societa'),
 abbiano perso la capacita' patrimoniale  o  la  rappresentanza  della
 persona giuridica.
   La questione deve ritenersi non manifestamente infondata.
   E  invero secondo la norma denunciata i soggetti sopra indicati non
 hanno la possibilita' di  sanare  le  irregolarita'  commesse  quando
 potevano  disporre liberamente del loro patrimonio ovvero rivestivano
 la carica di legali rappresentanti  della  societa'  e  pertanto  non
 possono estinguere i reati connessi alle predette irregolarita'.
   Di  qui  il contrasto della normativa denunciata in primo luogo col
 principio della personalita'  della  responsabilita'  penale  sancito
 dall'art.  27,  comma  primo,  della Costituzione, dal momento che la
 possibilita' di essere prosciolto da un reato viene a dipendere dalla
 libera  determinazione  di  un terzo (curatore del fallimento, legale
 rappresentante della societa' subentrato all'imputato).
   Inoltre le norma denunciata appare in contrasto  col  principio  di
 eguaglianza  di  cui all'art. 3 Cost. poiche' determina una posizione
 deteriore   per   l'imputato   fallito   ovvero   non   piu'   legale
 rappresentante  di una societa' rispetto alla posizione dell'imputato
 in bonis o attualmente  legale  rappresentante.  Tale  disparita'  di
 trattamento  appare  irragionevole  perche'  collegata a circostanze,
 quali  il  fallimento  o  la   perdita   della   carica   di   legale
 rappresentante della societa', del tutto irrilevanti sotto il profilo
 penalistico.
   Si   consideri,   sotto   il  profilo  dell'irragionevolezza  della
 normativa denunciata, che in materia  fiscale  l'art.  57,  comma  6,
 della  legge  31  dicembre  1991,  n.  413  consente di presentare la
 dichiarazione integrativa e di effettuare i relativi pagamenti  anche
 a  "coloro  che  alla  data  del  30  settembre  1991  hanno perso la
 rappresentanza del soggetto passivo o del soggetto inadempiente".
   Inoltre la questione di illegittimita' costituzionale che ci occupa
 appare rilevante ai fini della decisione che la norma denunciata  non
 consente    all'imputato    di   provvedere   alla   regolarizzazione
 contributiva col pagamento di una somma modestissima, estinguendo  in
 tal modo il reato ascrittogli.