IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva posta all'odierna udienza; Udito il relatore, esaminati gli atti e lette le deduzioni delle parti, osserva: l'assunto difensivo dell'I.N.P.S. circa l'applicabilita' della disciplina introdotta dall'art. 1, commi 181, 182, 183 e 184 della legge n. 662/1996, anche sul presente procedimento appare certamente fondato, pacifico essendo che il trattamento invocato in prime cure dall'assicurato trae spunto proprio dalla sentenza n. 495/1993 della Corte costituzionale; la disciplina ora applicabile ripete, in buona parte, le previsioni dei decreti-Iegge nn. 166 e 295 del 1996, non convertiti in legge, ed esibisce altresi' le medesime ragioni di dubbio, secondo i parametri costituzionali, gia' espressi a proposito dei decreti menzionati; invero, e' agevole constatare che con i commi da 181 a 184 dell'art. 1 della legge n. 662/1996 si e' introdotto un peculiare meccanismo di attuazione degli effetti delle sentenze della Corte costituzionale nn. 495/1993 e 240/1994, attraverso una disciplina anomala del rimborso delle somme maturate, che verrebbe posto in essere mediante titoli del debito pubblico, con rateizzazione in sei annualita', senza previsione di accessori, e infine con la declaratoria officiosa di estinzione dei giudizi pendenti, cui consegue la compensazione obbligatoria delle spese di lite; non influenti direttamente sulla fattispecie sono altri aspetti, come quello inerente il pagamento ai superstiti solo se titolati alla data del 30 marzo 1996; da tale complesso di previsioni scaturisce, secondo il tribunale, un serio sospetto di illegittimita' costituzionale, che si racchiude nei seguenti parametri: a) violazione dell'art. 3 Cost., attesa la difformita' di trattamento che si verrebbe a creare fra categorie omogenee di assicurati, discriminati quanto alle modalita' di rimborso (mediante titoli del debito pubblico), alla mancata previsione di interessi e rivalutazione, alla forzosa rateizzazione del rimborso medesimo; situazione tanto piu' grave se riferita a categorie sociali particolarmente deboli: donde, sotto tal profilo, anche la sospetta violazione dell'art. 38 Cost.; b) violazione dello stesso art. 3 e dell'art. 24 Cost., atteso che attraverso il meccanismo dell'estinzione d'ufficio i soggetti contemplati dalla norma denunciata subiscono un'evidente lesione del diritto all'accertamento giurisdizionale del loro credito, atteso che le modalita' di rimborso non implicano automaticamente il riconoscimento del diritto alla prestazione, ma di fatto rimettono a una fase amministrativa, dominata dagli enti previdenziali, tanto la liquidazione del trattamento quanto il rimborso; cio' che implica anche violazione del principio di eguaglianza rispetto ad altre categorie di assicurati; c) i medesimi parametri ben possono essere invocati a proposito della prevista misura di compensazione delle spese di lite, che si risolve in un irragionevole aggravio dell'assicurato, a cui carico resta, in definitiva, il costo per la rivendicazione di una pretesa ampiamente fondata sull'ordinamento, e che questo riconosce in via di principio gia' per il solo fatto della previsione di specifiche modalita' di rimborso; la questione, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e 38 Cost., appare non manifestamente infondata per le ragioni teste' esposte, e certamente rilevante attesa la sicura incidenza della normativa denunciata sul giudizio in corso; onde la sua denuncia ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87/1953, con le conseguenti misure di cui al dispositivo;