IL TRIBUNALE
   Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta  al  n.
 1053/1989   del   ruolo   generale,  promossa  da  Carbone  Marinella
 rappresentata e difesa dall'avv. Mario  Sansonetti,  attrice,  contro
 Poti'  Poti'  Giuseppa  rappresentata  e  difesa  dall'avv. R. Marzo,
 convenuta e la societa' Lama Agritourist, contumace.
   All'udienza  del  15 novembre 1996 la causa e' stata presentata per
 la decisione sulle conclusioni rispettivamente formulate.
   All'udienza collegiale del 15 novembre 1996  il  procuratore  della
 convenuta,   rilevato   che   il   Collegio  era  costituito  con  la
 partecipazione della dott.ssa Aventaggiato, vice pretore onorario, ha
 eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 5, della
 legge 26 novembre 1990 n. 353, come modificato dall'art. 9  d.-l.  18
 ottobre  1995 n. 432 convertito in legge 20 dicembre 1995 n 534. Tale
 norma prevede: "Per sopperire alla finalita'  dell'esaurimento  delle
 controversie  civili  pendenti,  il  presidente  del  tribunale  puo'
 disporre le supplenze di cui all'art. 105 del r.d. 30 gennaio 1941 n.
 12 (ordin.  giudiziario),  anche  in  assenza  delle  condizioni  ivi
 previste. Tale finalita' costituisce particolare esigenza di servizio
 ai  fini  della  nomina  di piu' di due vice-pretori onorari ai sensi
 dell'art. 32 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12".
   Il citato art. 105 stabilisce che se in  una  sezione  manca  o  e'
 impedito  alcuno  dei  giudici  necessari  per costituire il collegio
 giudicante il presidente del tribunale o chi ne fa  le  veci,  quando
 non  puo'  provvedere a norma dell'art. 97 (cioe' mediante il ricorso
 alla supplenza), delega un pretore o  un  vice-pretore  della  stessa
 sede.  L'art.  32  dell'ordinamento giudiziario come sopra richiamato
 attiene ai criteri di nomina dei vice pretori onorari e  alla  durata
 dell'incarico  e sancisce che non possono essere nominati piu' di due
 vice pretori  onorari  per  una  stessa  pretura,  salvo  particolari
 esigenze di servizio.
   Premessi  questi brevi richiami normativi, occorre fare riferimento
 all'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo cui nel  caso  di  un
 giudizio  dinanzi  ad una autorita' giurisdizionale una delle parti o
 il pubblico ministero possono  sollevare  questione  di  legittimita'
 costituzionale mediante apposita istanza indicando:
     a)  le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge
 dello  Stato  o   di   una   regione,   viziate   da   illegittimita'
 costituzionale;
     b)   le   disposizioni   della   Costituzione   o   delle   leggi
 costituzionali che si assumono violate.
   L'autorita' giurisdizionale, qualora il giudizio non  possa  essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita' costituzionale o non ritenga che la questione  sollevata
 sia manifestamente infondata, emette odinanza con la quale, riferiti,
 i  termini  ed  i  motivi  della  istanza  con  cui  fu  sollevata la
 questione, dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso.
   Il  presente  giudizio  non  puo' essere definito indipendentemente
 dalla risoluzione della  questione  di  legittimita'  costituzionale,
 attenendo  la stessa alla composizione del collegio giudicante. Detta
 questione, non puo' essere ritenuta manifestamente  infondata  per  i
 seguenti motivi:
   1.  - Violazione dell'art. 3 della Costituzione secondo cui tutti i
 cittadini sono eguali davanti alla legge.
   Gli  utenti  del  servizio  giustizia,  se  il  giudizio  e'  stato
 instaurato  dopo  il  30  aprile  1995 hanno la garanzia che la causa
 sara' trattata e decisa da un giudice  togato.  Altrettanto,  invece,
 non  e' per le cause di vecchio rito, cioe' pendenti alla data del 30
 aprile 1995, potendo in esse il collegio, risultare composto anche da
 un  vice  pretore  onorario,  il quale, nella maggior parte dei casi,
 assumera' anche la veste di relatore-estensore cosi'  sostituendo  il
 precedente istruttore destinato alla trattazione delle cause di nuovo
 rito.
   In  altri  termini,  nel  secondo  caso, e solo in quest'ultimo, la
 decisione della causa  potra'  essere  pronunziata  da  parte  di  un
 giudice  collegiale composto da un membro il cui accesso non e' stato
 sottoposto al vaglio di un pubblico concorso, allo svolgimento di  un
 periodo  di  tirocinio  e  alla  conseguente  valutazione,  reiterata
 periodicamente, della idoneita' al  compimento  e  svolgimento  delle
 funzioni giurisdizionali.
   2.  - Violazione dell'art. 102 Costituzione secondo cui non possono
 essere istituiti giudici straordinari o speciali ma solo, presso  gli
 organi  giudiziari  ordinari,  sezioni  specializzate per determinate
 materie, anche con la partecipazione  di  cittadini  idonei  estranei
 alla magistratura.
   Nel caso di specie non ricorre il requisito della specialita' della
 materia,   che   avrebbe  consentito  l'istituzione  di  una  sezione
 specializzata (v. ad  esempio  sezione  specialiazzata  Agraria,  ove
 l'organo  collegiale  e'  integrato  con  la  partecipazione  di  due
 componenti non togati esperti nel settore dell'agricoltura), ma si e'
 provveduto  ad  istituire  un  giudice  che  puo'   essere   definito
 straordinario,  sia  perche'  diverso  da  quello  ordinario (giudice
 istruttore in funzione di giudice unico ovvero tribunale nelle  cause
 di  cui  all'art.  88  legge  26  novembre 1990, n. 353), sia perche'
 creato al solo fine di  "sopperire  alla  finalita'  dell'esaurimento
 delle  controversie  civili  pendenti"  come  testualmente  affermato
 dall'art. 9 d.-l. 18 ottobre 1995  n.  432  convertito  in  legge  20
 dicembre  1995  n.  534,  modificato dell'originaria formulazione del
 comma 5 dell'art. 90  della  legge  26  novembre  1990  n.  353,  del
 seguente  testuale  tenore:  "il  tribunale  giudica  con  il  numero
 invariabile di tre votanti nei procedimenti che alla data di  entrata
 in  vigore  della  presente  legge  gli  sono  stati rimessi ai sensi
 dell'art. 189 del codice di procedura civile".
   Trattasi, in altri termini, di un giudice creato ad hoc, destinato,
 da un lato, ad occuparsi delle controversie caratterizzate  dal  solo
 dato  temporale  della  loro  instaurazione  ad  una  certa  data  e,
 dall'altro,  a  cessare  con  l'esaurimento  di  dette  controversie,
 istituito in violazione del principio di precostituzione.
   Per  molto  tempo il divieto di istituzione di giudici straordinari
 e' stato identificato con il principio di precostituzione e cio' fino
 a  quando  la  giurisprudenza  costituzionale  (a  partire  da  Corte
 costituzionale  7  luglio  1962  n. 88) e la dottrina formatasi su di
 essa hanno messo in rilievo  la  distinta  funzione  che  e'  propria
 dell'art.  102 Costituzione e dell'art. 25, primo comma, Costituzione
 che detta la garanzia del giudice naturale. In considerazione di cio'
 ben   si   comprende  come  il  divieto  di  istituzione  di  giudici
 straordinari abbia carattere assoluto in quanto viene a  contraddire,
 al  di  la' dello specifico precetto costituzionale che lo stabilisce
 esplicitamente, tutta una serie di  precetti  che  stanno  alla  base
 della   nostra   civilta'   giuridica,   dal   generale   divieto  di
 discriminazioni ad  alcune  delle  principali  regole  specificamente
 proprie del "processo giusto".
   Mentre  il  divieto di istituzione di giudici straordinari si fonda
 sull'esigenza di assicurare il rispetto dei principi fondamentali del
 sistema democratico, il divieto di istituzione di giudici  "speciali"
 e'  correlato  soltanto  al  rispetto del principio dell'unita' della
 giurisdizionale,  che  la  Costituzione  accoglie  come  un  criterio
 direttivo  suscettibile  di subire una serie di deroghe che la stessa
 Costituzione introduce laddove prevede le giurisdizioni  della  Corte
 costituzionale, del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi
 regionali, della Corte dei conti e dei tribunali militari (artt. 103,
 125,  secondo  comma,  e  134).  A differenza di quanto avviene per i
 giudici straordinari, quindi, nulla impedisce che si abbiano  giudici
 speciali nel rispetto dei principi generali, compreso il principio di
 precostituzione,  a  condizione  che  sia  la  stessa costituzione ad
 autorizzane l'istituzione o la conversazione.
   3. - Violazione dell'art. 106, primo comma, Costituzione che indica
 nel concorso lo strumento ordinario per  la  nomina  dei  magistrati.
 Come  emerge  dai  lavori  preparatori dell'assemblea Costituente, la
 scelta del concorso ha costituito il punto d'arrivo di  un  complesso
 dibattito  nel  corso  del  quale  sono  state  prospettate  tutte le
 possibili modalita' di assunzione dei magistrati,  in  rapporto  alla
 scelta  fondamentale, operata dall'art. 104, nel senso dell'autonomia
 ed  indipendenza,  rispettivamente,  dell'ordine  giudiziario  e  del
 giudice, quest'ultimo soggetto, ai sensi dell'art. 101, soltanto alla
 legge.  Infatti,  attraverso  il  concorso  risultano  perseguiti due
 diversi  obiettivi,  entrambi  essenziali  nel  sistema  di  garanzia
 delineato  dalla Costituzione per la magistratura e di cui l'art. 105
 rappresenta lapremessa: da una parte, la  possibilita'  di  estendere
 l'accesso alla magistratura a tutti i cittadini, senza distinzione di
 condizioni   sociali,   ovvero  di  posizione  politica  o  religiosa
 attraverso un meccanismo che, nella sua oggettivita', e' in grado  di
 escludere qualsiasi discriminazione; dall'altra, l'accertamento della
 qualificazione tecnico professionale, condizione necessaria, anche se
 non sufficiente, per l'esercizio delle funzioni giudiziarie.
   In  questo  senso  deve  ritenersi che la scelta del concorso, come
 ordinario sistema di assunzione dei magistrati, si pone  in  rapporto
 di  strumentalita'  con  i principi posti dagli artt. 101 e 104 Cost.
 secondo cui  i  giudici  sono  soggetti  soltanto  alla  legge  e  la
 magistratura  costituisce  un  ordine autonomo e indipendente da ogni
 altro potere.  In Conseguenza di quanto precede deve affermarsi che i
 sistemi di nomina diversi dal concorso sono  eccezionali,  eventuali,
 ovvero,  a  tutto  voler  concedere,  soltanto  integrativi di quello
 previsto come primario.
   4. - Violazione dell'art. 106, secondo comma,  della  Costituzione,
 per  il quale la legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere la
 nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte  le  funzioni
 attribuite ai giudici singoli.
   Quindi  e' espressamente esclusa la possibilita' che il legislatore
 possa consentire la nomina di magistrati onorari destinati a comporre
 i collegi giudicanti, ne' tale nomina puo' essere  giustificata  come
 gia'  fatto dalla Corte costituzionale con pronunzia 17 dicembre 1964
 n. 99,  invocando  la  temporaneita'  dell'incarico,  non  ricorrendo
 l'ipotesi di cui all'art. 105 ord. giud. di mancanza o impedimento di
 uno dei giudici necessari per costituire il collegio giudicante e non
 contenendo  la  previsione  di  cui  all'art.  90,  comma 5, legge n.
 353/1990 alcuna determinazione del termine di scadenza della disposta
 supplenza.    Ne'  detto  termine puo' essere altrimenti desunto, non
 potendo   assolutamente   prevedersi   il   tempo   occorrente    per
 l'esaurimento  delle  controversie  civili  pendenti alla data del 30
 aprile 1995.
   Le competenze che  possono  essere  attribuite  a  tali  magistrati
 onorari  sono  limitate  a  quelle  conferite a giudici singoli. Cio'
 significa, tenuto presente il momento storico  in  cui  la  norma  e'
 stata  prevista,  nel  quale  la  rilevanza istituzionale del giudice
 singolo era certamente assai piu' limitata di quella attuale, che  il
 legislatore costituente ha inteso attribuire una limitata rilevanza a
 siffatto  sistema  di  nomina  riservando alla competenza del giudice
 onorario  la  trattazione  della  cosiddetta  giustizia  minore,  nel
 presupposto  che  alla  magistratura  professionale  dovessero essere
 affidate le questioni di maggiore rilievo.
   5. - Violazione dell'art. 97 Costituzione secondo  cui  i  pubblici
 uffici  sono  organizzati  secondo disposizioni di legge, in modo che
 siano   assicurati   il   buon   andamento   e    la    imparzialita'
 dell'amministrazione.
   Per i magistrati togati sono previste incompatibilita' territoriali
 e  familiari  che  non  risultano sancite per i magistrati onorari in
 questione ai quali,  inoltre,  e'  consentito  lo  svolgimento  della
 libera  professione  nello stesso circondario in cui essi svolgono la
 funzione giudicante.