LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di riparazione dell'ingiusta detenzione promosso da Gagliani Caputo Cesare, nato a Ragusa il 16 novembre 1950. Il 18 ottobre 1993 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bologna ordino' la custodia cautelare in carcere di Gagliani Caputo Cesare, indagato per contrabbando ed associazione a delinquere ad esso finalizzata. Per detto ordine il Gagliani Caputo rimase in carcere dal 20 ottobre al 13 novembre 1993 e successivamente agli arresti domiciliari fino al 5 gennaio 1994. Il 13 ottobre 1994 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Parma, su richiesta del locale pubblico ministero, cui frattanto quello di Bologna aveva trasmesso gli atti per competenza territoriale, emise decreto di archiviazione con riferimento all'indagine per associazione a delinquere a carico del Gagliani Caputo. Dopo detto decreto il pubblico ministero presso il tribunale trasmise gli atti per competenza in ordine alla residua imputazione di contrabbando, punibile con la sola multa, al pubblico ministero presso la pretura di Parma. Su richiesta di questo, il giudice per le indagini preliminari della pretura di Parma sollevo' conflitto negativo di competenza, per la cui risoluzione trasmise gli atti alla Corte di cassazione, la quale dichiaro' inammissibile il conflitto stesso con sentenza resa il 24 febbraio 1995. Il 15 luglio 1996 il Gagliani Caputo, al quale detta sentenza era stata nofificata l'11 maggio 1995, ha chiesto a questa corte d'appello, a norma dell'art. 314 c.p.p., la riparazione per la detenzione subita dal 20 ottobre 1993 al 5 gennaio 1994, da lui ritenuta ingiusta, dato il decreto di archiviazione prima menzionato. L'avvocatura dello Stato nell'interesse del Ministero del tesoro ha eccepito la decadenza del Gagliani Caputo dal diritto alla riparazione per non avere egli osservato il termine di diciotto mesi, previsto dall'art. 315 c.p.p., decorrente dalla pronuncia del decreto di archiviazione. Il Gagliani Caputo, a sua volta, ha eccepito l'incostituzionalita' del predetto articolo nella parte in cui prevede la decorrenza del termine di diciotto mesi, da esso stabilito a pena di decadenza, dalla pronuncia del decreto di archiviazione e non dalla conoscenza di questo da parte dell'interessato. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante. Infatti, se il termine di diciotto mesi previsto dall'art. 315 c.p.p. e' iniziato a decorrere per il Gagliani Caputo dalla pronuncia del decreto di archiviazione, cioe' dal 13 ottobre 1994, il termine stesso era decorso quando egli, il 15 luglio 1996, ha chiesto la riparazione. La domanda risulterebbe, invece, tempestiva ove lo stesso termine avesse decorrenza da una delle notifiche ricevute, dal medesimo Gagliani Caputo, relative al procedimento svoltosi davanti alla Corte di cassazione a seguito del conflitto negativo di competenza sollevato dal giudice per le indagini preliminari della pretura di Parma, notifiche che portavano a conoscenza del predetto, sia pure per implicito, il decreto di archiviazione pronunciato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Parma (l'avviso per l'udienza, che la Corte di cassazione avrebbe tenuto il 24 febbraio 1995, fu notificato al Gagliani Caputo il 2 febbraio 1995; la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione nella predetta udienza gli fu notificata, come gia' ricordato, l'11 maggio 1995). Non risultano altri modi in cui il Gagliani Caputo abbia avuto in precedenza cognizione della pronuncia del decreto di archiviazione. La questione non e' manifestamente infondata. Il primo comma dell'art. 315 c.p.p. dispone: "La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilita', entro diciotto mesi dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna e' divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere e' divenuta inoppugnabile o il provvedimento di archiviazione e' stato pronunciato". La norma e' chiarissima nel fissare la decorrenza del termine di proposizione della domanda di riparazione nel caso di pronuncia di decreto di archiviazione: il termine decorre dalla pronuncia del provvedimento. Seppure poco serva, si puo' aggiungere che non risultano interpretazioni giurisprudenziali per le quali quella chiarezza sia solo apparente. La Cassazione in una sentenza del 18 giugno 1996, la n. 1261, non solo riafferma la categoricita' della previsione normativa ma anche aggiunge che agli effetti della decorrenza del termine dalla pronuncia del decreto di archiviazione non ha rilievo il fatto che l'interessato non abbia saputo dell'esistenza del decreto stesso. Nella sentenza, come a trovare nella norma un fondamento di ragionevolezza, si dice pure che l'indagato ha il dovere di attivarsi per conoscere l'esito del procedimento. Su questo punto pare serva qualche riflessione. L'implicito presupposto dell'affermazione contenuta nella predetta sentenza e' che il sistema normativo non prevede alcun adempimento inteso a portare a conoscenza dell'interessato ne' la pronuncia di un decreto di archiviazione ne' qualche altro atto, come la richiesta avanzata dal pubblico ministero ai sensi dell' art. 408 c.p.p., che a tale pronuncia preluda. In effetti non e' per niente anomalo che l'interessato non venga a conoscenza non solo della pronuncia di un decreto di archiviazione ma anche del fatto stesso che a suo carico sia pervenuta al pubblico ministero una notizia di reato, dall'organo dell'accusa ritenuta infondata. Certo, ben diverso quanto alla conoscenza della notizia di reato a suo carico, e' il caso di chi sia sottoposto ad una misura cautelare detentiva, ma anche in questo frangente l'interessato, che frattanto abbia riacquistato la liberta', se il procedimento si conclude con la pronuncia di un decreto di archiviazione, non ha di cio' comunicazione, perche' una comunicazione a lui non e' dalla legge prevista. Cio' lascia perplessi, almeno sotto il profilo del rispetto di un dovere morale nei confronti di chi sia stato privato della liberta' per qualcosa che viene reputato, infine, inconsistente. Perplessita' a parte, resta comunque che il sistema normativo non prevede in nessun caso l'informazione all'interessato dell'avvenuta pronuncia di un decreto di archiviazione. La Cassazione dice che l'interessato, se ne ha motivo, deve attivarsi per sapere l'esito del procedimento. C'e' da chiedersi, allora, se un interessato solerte abbia infallibilmente la possibilita' di apprendere, anche tempestivamente, quell'esito. Una conoscenza non teorica della complessa, infinitamente varia e spesso imperfetta realta' giudiziaria lascia spazio a forti dubbi. L'interessato puo' richiedere informazioni a uffici di cancelleria ma nulla garantisce che il personale addetto, per svista, per errore, per indisponibilita' degli atti, per difficolta' di interpretazione dell'esatta portata del provvedimento del giudice o per incertezza sulla ostensibilita' del provvedimento - come si sostiene essere avvenuto nel caso in esame a causa del conflitto di competenza sollevato dal giudice per le indagini preliminari della pretura - non dia informazioni sbagliate e non consenta al richiedente la disponibilita' del provvedimento, in realta' esistente. L'oralita' dei rapporti con gli uffici di cancelleria non lascia all'interessato alcuna prova del suo essersi attivato e del risultato ottenuto. Ma, e questo merita qualche attenzione, avesse pure egli quella prova, il termine di diciotto mesi (un termine cosi' breve e' piuttosto anomalo in rapporto alla decadenza dall'esercizio di un diritto) sarebbe, comunque, inesorabilmente decorso. Se si ha chiaro questo quadro di riferimento, si manifesta l'irrazionale compressione del diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione, che la legge crea nel caso di pronuncia di decreto di archiviazione, e si manifesta che solo apparentemente il primo comma dell'art. 315 c.p.p. regola in maniera uguale casi che di uguale trattamento necessiterebbero. La disparita' di trattamento sta nel fatto che nel caso in cui il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione si ricolleghi alla pronuncia di una sentenza il termine per farlo valere in giudizio decorre da un fatto, l'irrevocabilita' o l'inoppuguabilita' della sentenza, di cui l'ordinamento garantisce all'interessato la conoscenza, mentre, nel caso in cui quel diritto si ricolleghi ad un decreto di archiviazione, lo stesso termine decorre da un fatto, la pronuncia del decreto stesso, la cui cognizione e' aleatoria per l'interessato e non e' garantita neppure dalla sua sollecitudine. Nel nel caso che il procedimento si concluda con sentenza, l'interessato viene necessariamente a conoscenza - per notizia datagli dagli uffici giudiziari - delle tappe attraverso le quali si perviene alla irrevocabilita' o inoppugnabilita' della decisione. Egli, infatti, viene prima avvertito dell'udienza preliminare (se da questa si passa), poi della data dell'udienza dibattimentale (nel caso che all'udienza preliminare non intervenga il proscioglimento), poi viene pubblicata la sentenza, che gli viene anche notificata se contumace, quindi egli viene a conoscenza, sempre mediante notifiche, dei successivi gradi, delle relative sentenze o eventualmente delle ordinanze di inammissibilita' dei mezzi di gravame proposti. In definitiva, il sistema di notifiche che e' garantito all'imputato, a pena di sanzioni di nullita' (art. 178 e segg. c.p.p.), fa si' che questi sia messo in grado di conoscere tempestivamente il momento in cui la decisione che fa nascere il suo diritto alla riparazione viene emessa e poi diventa irrevocabile o inoppugnabile. Al contrario, nel caso che il giudice pronunci l'archiviazione, come gia' detto, nessuna notifica e' prevista per l'interessato, tranne che nei casi - statisticamente meno frequenti - di contrasti sulla richiesta di archiviazione (art. 409 c.p.p.). In questo modo, il diritto alla riparazione nasce, e il termine per il suo esercizio inizia a decorrere, ad insaputa dell'interessato. Inoltre, per quanto sopra si e' osservato in ordine ai non improbabili disguidi, oggi possibili, nella comunicazione all'interessato che pure si attivi, tale diritto resta in balia di fattori casuali, indipendenti dalla volonta' del suo titolare ed il suo esercizio diventa, per quest'ultimo, aleatorio. Cio' appare in contrasto con norme della Costituzione. Cioe' con l'art. 24, commi 1 e 4, in quanto si lede la stessa possibilita' di far valere in giudizio il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione, dal momento che si affida tale possibilita' a fattori aleatori, e con l'art. 3, in quanto appare del tutto irragionevole la disciplina che non considera le peculiarita' del caso di pronuncia del decreto di archiviazione, quali emergono dalle osservazioni precedentemente svolte e crea un trattamento deteriore ai fini dell'esercizio del diritto alla riparazione per chi sia stato destinatario di detto decreto. Per ovviare a tale disparita' di trattamento basterebbe eliminare dall'art. 315 c.p.p. la previsione che il termine per l'esercizio dei diritto decorra dalla pronuncia del provvedimento. La Corte costituzionale, nella pronuncia di parziale illegittimita' della norma, potrebbe aggiungere che essa e' illegittima nella parte in cui non prevede che il termine decorra dalla notifica o altro modo di conoscenza della pronuncia del decreto di archiviazione ottenuta dall'interessato. Cosi' si eviterebbe anche l'inconveniente opposto a quello qui denunciato, vale a dire che - con l'incertezza sul dies a quo - possa non operare il termine di diciotto mesi fissato per l'esercizio del diritto.