LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto dalla Federazione nazionale ordine farmacisti italiani, in persona del presidente e legale rapp.te pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, piazza delle Muse 8, presso lo studio dell'avv.to Alessandro Pace che la rappresenta e difende per delega a margine del ricorrso; ricorrente; contro la Corte dei conti, in persona del presidente pro-tempore, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero del tesoro, in persona del Ministro pro-tempore, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato che li rappresenta e difende ope legis; controricorrenti per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 12891/95 del T.a.r. del Lazio, Roma; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'8 novembre 1996 dal relatore consigliere dott. Giuseppe Borre'; Udito l'avv.to Pace e Stipo; Udito il p.m., in persona dell'avvocato generale dott. Franco Morozzo Della Rocca che ha concluso per la rilevata la non manifesta fondatezza della legittimita' art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, per contrasto con l'art. 100, comma secondo, della Costituzione, in subordine per la giurisdizione dell'a.g.o. O s s e r v a Con ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, notificato alla Corte dei conti, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministro del tesoro, la Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti italiani ha impugnato la determinazione n. 43/1995 della Corte dei conti - sezione controllo enti, adottata il 20 luglio1995, con cui la Corte stessa aveva, tra l'altro, dichiarato la sottoposizione a controllo della Federazione predetta ai sensi della legge n. 20 del 1994, nonche' ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, ivi comprese, in particolare, la determinazione n. 35/1995 della stessa sezione e la deliberazione n. 2/1995 delle sezioni riunite della Corte. I convenuti, costituendosi innanzi al t.a.r., hanno sollevato questione di difetto assoluto di giurisdizione, non essndo sindacabili in sede giurisdizionale gli atti emanati dalla Corte dei conti nell'esercizio della funzione di controllo. La Federazione professionale ha proposto innanzi a questa Corte regolamento preventivo di giurisdizione, rilevando che l'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, cui la Corte dei conti faceva riferimento, presenta tratti di ambiguita' per quanto concerne il procedimento da seguire ai fini della sottoposizione di un'amministrazione pubblica al controllo della Corte stessa. Qualora si ritenga che il citato art. 3, comma 4, attribuisca alla Corte dei conti la funzione di determinare i singoli enti assoggettabili al controllo, risulterebbe assegnata alla Corte stessa una funzione di "amministrazione attiva", con perdita della terzieta'/neutralita' che ne caratterizza in generale le funzioni e conseguente assoggettabilita' degli atti in questione al sindaco del giudice amministrativo.Ove, invece, si ritenga che, per sottoporre le amministrazioni pubbliche a controllo, sia necessario seguire l'iter di cui alla legge 21 marzo 1958 n. 59 (che prevede la individuazione degli enti merce' un decreto presidenziale adottato su proposta della Presidenza del Consiglio di concerto con il Ministro del tesoro e il Ministro competente), dovrebbe la impugnata determinazione della Corte dei conti, in quanto assunta in difetto di tale previa individuazione, considerarsi affetta da carenza assolta di potere, donde la spettanza della giurisdizione al giudice ordinario. La Corte dei conti e litisconsorti si sono costituiti con controricorso ed hanno opposto che la individuazione delle amministrazioni da sottoporre a controllo non spetta ne' alla Corte stessa ne' all'autorita' governativa (attraverso il decreto presidenziale di cui alla citata legge n. 259 del 1958), ma e' contenuta nella legge n. 20 del 1994 (art. 3, comma 4), ove il controllo e' riferito alle amministrazioni pubbliche in generae: e che la interpretazione di tale norma rientra - costituendone esplicazione interna - nella funzione attribuita alla Corte. Cio' premesso, ritengono le sezioni unite di dover richiamare il proprio precedente (sentenza 8 ottobre 1979 n. 5186) secondo cui non e' ammesso sindacato giurisdizionale nei riguardi degli atti di controllo della Corte dei conti, perche' esso contrasterebbe con i caratteri di imparzialita' e terzieta' che sono propri di tale attivita' della Corte. Ritengono altresi' le sezioni unite che la norma dell'art. 100 della Costituzione, nel prevedere il "controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria", non precluda al legislatore ordinario di introdurre forme di controllo diverse e ulteriori, purche' caratterizzate da un sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente tutelati (cosi' Corte cost., sentenza n. 29/1995), e che in tale possibilita' rientri il fatto che la legge n., 20/1994, nell'art. 3, comma 4, abbia previsto una piu' ampia dimensione di controllo coinvolgente (almeno secondo la lettera della norma) la gestione del bilancio e del patrimonio delle "amministrazioni pubbliche" in genere, nonche' le gestioni fuori bilancio e i fondi di provenienza comunitaria, precisando, nel successivo comma 7, che "restano ferme, ... relativamente agli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, le disposizioni della legge 21 marzo 1958, n. 259". Tutto cio' premesso, suscita perplessita' il fatto che il meccanismo gia' previsto dalla legge del 1958 per la individuzione degli enti da sottoporre a controllo, meccanismo affidato all'autorita' di governo ed espresso nella forma del decreto presidenziale, non sia esteso al piu' ampio ambito di controllo contemplato dalla nuova legge, sicche' la individuazione degli enti (anche nel nuovo sistema nient'affatto automatica, come dimostra la istruttoria nella specie compiuta e la relativa ricerca di parametri valutativi) sembra in definitiva rimessa al potere, per giunta non sorretto da criteri predeterminati, della Corte stessa. Queste sezioni unite, in altra occasione sollecitate a delibare la questione di costituzionalita' della legge del 1958, in quanto essa rimette la individuazione degli enti da sottoporre a controllo alla autorita' di governo, che, in quanto vertice della pubblica amminisrazione, potrebbe essere controinteressata ad estendere l'ambito del controllo concernente l'amministrazione stessa, hanno ritenuto tale questione manifestamente infondata (cfr. sentenza 9 agosto 1996 n. 7327), sia facendo leva sulla responsabilita' politica del Governo verso il Parlamento, sia osservando che la eventuale alternativa, rappresentata dall'attribuzione alla stessa Corte dei conti del potere di individuazione degli enti, non sarebbe praticabile, "non potendosi affidare al medesimo organo deputato al controllo la valutazione e determinazione di cui si tratta, senza un mezzo di tutela degli enti, che sarebbe difficile costruire nei riguardi della Corte dei conti". In altre parole, e' ragione di perplessita' il fatto che tale determinazione, non priva di profili valutativi, sia rimessa alla Corte medesima dall'art. 3, comma 4, della legge n. 20/1994 (pur con la salvezza del precedente regime nei limiti di cui al gia' segnalato comma 7), quando al tempo stesso e' da ritenere di difficile costruzione l'ipotesi di un sindacato girisdizionale nei riguardi della Corte. Se si considera che l'art. 100 Cost. appare imperniato sul rinvio alla legge come fonte di determinazione dei casi e delle forme del controllo successivo sugli enti da parte della Corte dei conti (anche merce' la previsione di procedure di procedure esterne che non coinvolgano la Corte stessa nella individuazione dei medesimi, come appunto accade con la legge n. 259 del 1958), la perplessita' di cui sopra riesce confermata e sembra percio' doveroso ritenere non manifestamente infondata la questione, sollevata dal procuratore generale, di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, nella parte in cui affida alla Corte stessa la individuazione (non automatica e caratterizzata dalla ricerca di parametri di riferimento e di criteri valutabili) degli enti assoggettabili al controllo da tale norma previsto, pur nella riconosciuta immunita' della Corte predetta dal sindacato giurisdizionale, per contrasto con il richiamato art. 100 della Costituzione, in riferimento anche agli artt. 103 e 113 della Costituzione. La risposta che la Corte costituzionale dara' al quesito di legittimita' influira' in ogni caso sulla soluzione da adottarsi in punto di giurisdizione, essendo cosi' assicurata la rilevanza della questione.