LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO
   La Commissione tributaria di secondo grado  di  Rovigo,  in  ordine
 all'appello  presentato  da  SICC  S.p.a.  avverso la decisione della
 Commisisone tributaria di primo grado in data 12 giugno 1993, osserva
 quanto segue:
                               In fatto
   L'appellente  lamenta  che  il  giudice  di  primo  grado non abbia
 adeguatamente considerato gli effetti prodotti dalla  sentenza  della
 Corte costituzionale 176/1986.
   La  predetta  sentenza, dichiarando l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 16 del decreto-legge n. 429/1982 come modificato con  legge
 di conversione n. 516/1982, nella parte in cui consentiva la notifica
 di  avvisi  di  accertamento  sino  alla  data di presentazione della
 dichiarazione integrativa anziche'  sino  alla  data  di  entrata  in
 vigore  della  citata  norma,  ha comportato la nullita' di tutti gli
 accertamenti notificati tra il 14 luglio 1982 ed il 15 marzo 1983.
   Con la  conseguenza,  secondo  l'appellante,  che  al  contribuente
 dovrebbe  cosi'  essere  riconosciuto  il  diritto  di  usufruire del
 condono sulla base dell'art.19 del  decreto-legge  n.  429/1982,  pur
 avendo  egli  presentato la domanda ai sensi del meno favorevole art.
 16, a causa della notifica di un accertamento (eseguita a norma della
 disposizione   successivamente   dichiarata   incostituzionale)   che
 impediva il ricorso alla procedura dell'art. 19.
   Invoca,  al  riguardo,  alcune  pronunzie  dei giudici tributari di
 merito,  l'ufficio  si  oppone  alla  prospettazione  dell'appellante
 facendo  presente  che  l'art. 32 del citato decreto-legge, nel testo
 convertito dalla legge 7 agosto 1982 n. 516, definisce "irrevocabile"
 la domanda di  condono  ed  impedisce  l'accoglimento  della  pretesa
 dell'appellante.
                              In diritto
   L'attuale formulazione dell'art. 32 e' di ostacolo all'accoglimento
 dell'appello   dal   momento   che   sancisce   l'irrevocabilita'   e
 l'immodificabilita'   della   domanda    di    condono,    precisando
 espressamente  che  "...  le  imposte  e  le  maggiori imposte che ne
 risultano  sono  acquisite  a  titolo  definitivo  e  le  definizioni
 intervenute  sulla  base di dette dichiarazioni e istanze non possono
 essere modificate dagli uffici ne' contestate dai contribuenti se non
 per errore materiale o per  violazione  della  norme  degli  articoli
 precedenti.
   Tuttavia appare non manifestamente infondato il dubbio che la norma
 in questione sia incostituzionale.
   Invero  la  sua  formulazione  consente  trattare allo stesso modo,
 sulla base di quanto previsto dall'art. 16, sia  coloro  che  abbiano
 ricevuto la notifica di un valido avviso di accertamento sia coloro i
 quali  siano  stati destinatari di un avviso di acertamento nullo per
 effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 176/1986.
    La  uniformita'  di  trattamento,  del   tutto   iragionevole   ed
 immotivata,   non   puo'  essere  evitata  dall'interprete  senza  la
 sostanziale disapplicazione della norma di legge, cosi' come dimostra
 la motivazione di alcune prununzie dei giudici tributari.
   In tal senso la commissione tributaria di  primo  grado  di  Torino
 (sez.  n. 1248/1988 del 12 novembre 1987 13 gennaio 1988) ha statuito
 che "... il condono  e'  valido  e  va  liquidato  ..."  come  se  il
 ricorrente   avesse   chiesto  il  condono  sulla  base  del  reddito
 dichiarato,  dimostrando  con  cio'  che  non  resta   altra   strada
 all'interprete  per superare l'nique disparita' di trattamento per la
 funzione previa  la  disapplicazione  della  legge  (si  sostiene  in
 pratica,  che  la liquidazione dovrebbe avvenire ignorando il dettato
 nell'art.   12   ed  in  base  ad  una  domanda  mai  presentata  dal
 contribuente.
   Piu' raffinata appare l'interpretazione offerta  dalla  Commissione
 tributaria  di  secondo  grado  di  Treviso (dec. n. 1018/1023 dell'8
 ottobre 1992), la quale ha ritenuto che la disparita' di  trattamento
 possa  essere evitata ritenendo che il contribuente possa convertire,
 ex art. 1424 cc. la  dichiarazione  di  condono  presentata  a  sensi
 dell'art.  16 in dichiarazione ai sensi dell'art. 19.
   Tuttavia  anche  tale interpretazione non sembra possa condividersi
 sia  perche'  essa  presuppone  pur   sempre   una   nullita'   della
 dichiarazione   di  condono  (che  non  e'  corretto  far  discendere
 automaticamente   dalla   nullita'   dell'avviso   di    accertamento
 determinata  dalla  nota  sentenza  della  Corte costituzionale): sia
 perche' richiede un'ulteriore manifestazione di volonta' da parte del
 soggetto che  vuole  operare  la  conversione  dell'atto  nullo,  non
 prevista  dalla  legge  di  condono e comunque poco compatibile con i
 termini perentori che caratterizzano il condono in parola.
   Poiche',  pertanto,  all'interprete  non  e   consentito   superare
 l'irragionevole  disparita'  di trattamento provocata dal primo comma
 dell'art. 32 del  testo  di  legge  menzionato,  considerato  che  la
 questione  e'  sicuramente  rilevante  non  potendo essere altrimenti
 decisa la controversia se non in base alla predetta  disposizione  di
 legge.