IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta a ruolo il 17 agosto 1996 e segnata al n.r.g. 408/1996, discussa all'udienza del 5 febbraio 1997 promossa dal Ministero della sanita', rappresentato e difeso, ope legis, dall'avvocatura dello Stato, via degli Arazzieri, 4, Firenze, presso il cui studio elegge domicilio, appellante, contro Brogini Roberto, Brogini Daniela e Brogini Matteo, rappresentati e difesi, per procura a margine della comparsa di costituzione in appello, dai dott. procc. Marcello Stanca e Francesco Achille Rossi, via del Giglio, 15, Firenze, presso il cui studio eleggono domicilio, appellati-appellanti incidentali, avente ad oggetto: invalidi civili, soggetti danneggiati da emoderivati e trasfusioni, indennizzo, misura degli arretrati determinati dalla legge n. 641/1996, questione di legittimita' costituzionale, non manifesta infondatezza. Brogini Matteo, nato a Firenze il 26 marzo 1978, e' stato sottoposto a vaccinazione antipoliomelitica nel luglio successivo; dopo la somministrazione del vaccino ha contratto poliomelite che gli ha causato una invalidita' permanente con paralisi flaccida degli arti anteriori ed impossibilita' alla deambulazione autonoma. I suoi genitori, Brogini Roberto e Brogini Daniela, hanno ottenuto riconoscimento di invalidita' civile al 50% e, con decorrenza 1 maggio 1992, l'indennizzo previsto dall'art. 2, legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella misura di L. 14.107.584 annue. Con ricorso depositato il 9 novembre 1994, hanno chiesto al pretore del lavoro di Firenze: a) l'indennizzo con decorrenza dall'evento lesivo; b) la sua determinazione in misura piu' adeguata al danno all'integrita' psicofisica conseguente alla vaccinazione antipoliomielitica, rispetto alla determinazione della legge n. 210/1992. Il pretore ha ritenuto manifestamente infondata la questione sub b), ha investito la Corte costituzionale della questione sub a). La Corte ha emesso pronuncia di accoglimento (sentenza 15 aprile 1996, n. 118), riconoscendo il diritto, per coloro che abbiano subito un danno da vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, a percepire dal momento del manifestarsi dell'evento e fino all'ottenimento dell'indennizzo previsto dalla legge, un equo ristoro, secondo i criteri gia' indicati nella sua precedente sentenza n. 307/1990. A seguito di tale decisione i ricorrenti hanno riassunto il giudizio. Nel giudizio di riassunzione si e' costituito anche il Ministero della sanita' prendendo atto della decisione della Corte costituzionale e concludendo per l'accoglimento della domanda, se fondata nel merito, nella misura di giustizia. Il pretore, con sentenza non definitiva 26 giugno/8 luglio 1996, n. 1181, ha respinto la domanda di adeguamento della misura dell'indennizzo in godimento per il periodo successivo al 1 maggio 1992, ed ha dichiarato il diritto di Brogini Matteo (nel frattempo costituitosi in causa, avendo raggiunto la maggiore eta') a percepire l'indennizzo con decorrenza dal luglio 1978, data della manifestazione lesiva, determinato, anche ex artt. 432-442 c.p.c., nella stessa misura attualmente percepita (conservandone quindi l'attuale espressione monetaria), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali secondo la normativa sui crediti assistenziali (interessi legali e rivalutazione monetaria fino al 31 dicembre 1991, e soli interessi legali successivamente); ha disposto il prosieguo del giudizio per l'accertamento tramite c.t.u., degli arretrati dovuti (pari a 13 anni e 9 mesi). Ha proposto rituale appello il Ministero della sanita', con ricorso depositato il 17 agosto 1996. Ritualmente costituiti, gli appellati hanno resistito, riproponendo la questione di legittimita' costituzionale. In particolare hanno chiesto che il tribunale sollevi eccezione di illegittimita' costituzionale delle norme gia' contenute nell'art. 7 del decreto-legge n. 548/1996 per contrasto con gli artt. 2, 32, in riferimento all'art. 3 e per contrasto con l'art. 136 Cost. nella parte in cui riduce l'indennizzo per il passato del 70% annuo; nonche' nella parte in cui esclude il diritto dell'appellato agli interessi ed alla rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi. Il tribunale di Firenze rileva: la legge 20 dicembre 1996, n. 641, ha convertito il d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, recante, tra l'altro, modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210. Essa dispone: L'art. 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, e' sostituito dal seguente: Art. 2 - 1. L'indennizzo di cui all'art. 1, comma 1, consiste in un assegno, reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall'art. 8 della legge 2 maggio 1994, n. 111. L'indennizzo e' cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito ed e' rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. 2. L'indennizzo di cui al comma 1 e' integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennita' integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato, ed ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda ai sensi dell'art. 3. La predetta somma integrativa e' cumulabile con l'indennita' integrativa speciale o altra analoga indennita' collegata alla variazione del costo della vita. Ai soggetti di cui al comma 1 dell'art. 1, anche nel caso in cui l'indennizzo sia stato gia' concesso, e' corrisposto, a domanda, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo previsto dalla presente legge, un assegno una tantum nella misura pari, per ciascun anno, al 30 per cento dell'indennizzo dovuto ai sensi del comma 1 e del primo periodo del presente comma, con esclusione di interessi legali e rivalutazionie monetaria. La nuova normativa si caratterizza, rispetto alla legge n. 210/1992, per i seguenti elementi: decorrenza delle provvidenze dall'evento e non dall'entrata in vigore della legge n. 210/1992; rivalutazione annuale dell'assegno, secondo il tasso di inflazione programmato; sua cumulabilita' con qualsiasi altro emolumento; sua reversibilita', per 15 anni; determinazione degli arretrati, con decurtazione del 70%, e con esclusione di rivalutazione monetaria ed interessi legali. Essa intende dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 118/1996. Questa si e' pronunciata esclusivamente sulla decorrenza dell'assegno, non sulla sua misura, pur indicandone alcuni presupposti qualificatori sufficienti a costituire parametri validi per la sua determinazione. L'eccezione di legittimita' costituzionale, proposta fin dal ricorso introduttivo del giudizio, e ripropsta davanti a questo giudice d'appello, involge due profili, quello della determinazione della misura dell'assegno corrente, e quella della determinazione della misura degli arretrati. Sotto il primo profilo, tenuto conto delle coerenti indicazioni della Corte costituzionale nelle sentenze nn. 307/1990 e 318/1996, sulla natura giuridica dell'indennizzo, sulla sua determinazione equitativa e sui limiti di discrezionalita' del legislatore, nonche' la crescente consapevolezza della esigenza di collegamento tra soddisfacimento di bisogni primari e possibilita' finanziarie dello Stato (sentenze 27 dicembre 1996, n. 417; 185, 390 e 99 del 1995, 240/1990 e 119/1991), il tribunale ritiene l'aggancio alle pensioni privilegiate ordinarie del pubblico impiego, comprensivo dell'indennita' integrativa speciale, adeguato ad assolvere la funzione dell'assegno stesso. Viceversa il tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione relativa agli arretrati. Essa prescinde dalla natura giuridica dell'assegno, perche' risiede nella sproporzione tra l'assegno a regime e gli arretrati, commisurati (tenuto conto anche della negazione della rivalutazione monetaria e degli interessi legali) a circa il 20%, o ancora meno, dell'assegno a regime; sproporzione che attrae gli arretrati in quella valutazione di irrisorieta' dalla quale la Corte, con la sentenza n. 118/1996, aveva messo in guardia il legislatore. Il dubbio e' pero' aggravato dal carattere assistenziale della provvidenza stessa. Circa la natura giuridica di questa, se ne deve escludere il carattere integralmente risarcitorio, perche' il ristoro prescinde dall'illiceita' della condotta che costituisce il presupposto della diversa responsabilita' risarcitoria ex art. 2043 c.c. (Corte cost., sentenza 15-18 aprile 1996, n. 118). Si deve escludere altresi', nel caso in esame, che si tratti di un credito inerente al rapporto di lavoro. Al riguardo e' sufficiente notare che la legge 25 febbraio 1992, n. 210 si rivolge a varie categorie di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, tra cui anche gli operatori sanitari (art. 1, comma 2), per i quali soltanto potrebbe essere invocata siffatta qualificazione, in analogia con la consolidata giurisprudenza sull'equo indennizzo. Si deve escludere anche una natura previdenziale del diritto in questione, perche' non ricorrono nell'assegno in esame i caratteri che (pur nelle incertezze derivanti dalla stretta inerenza della previdenza sociale alle politiche di welfare state proprie del moderno stato sociale, e quindi dai mutamenti di quelle e dalla connessa evoluzione storica dei relativi istituti) connotano la previdenza sociale, e cioe' il riferimento ai bisogni dei lavoratori ed il ricorso al finanziamento prevalentemente contributivo. La giurisprudenza costituzionale ha individuato il fondamento del diritto all'equo ristoro del danno alla salute nel dovere di solidarieta' della collettivita' nazionale, impersonata nello Stato, la quale, nel momento in cui impone trattamenti sanitari obbligatori, nell'interesse di essa collettivita', non puo' non provvedere misure di ristoro equitativo del danno che, eventualmente, il cittadino possa subire per il fatto di avere ottemperato all'obbligo legale (Corte cost., sentenza 15-18 aprile 1996, n. 118). Gia' questo richiamo alla solidarieta' generale suggerisce che ci troviamo nel campo degli obblighi di assistenza statuale, lato sensu intesi. Ma l'esigenza del ristoro nasce non direttamente dal danno alla salute, che potrebbe essere (in altre ipotesi) di qualsiasi entita', anche minima, ma dal fatto che il danno alla salute provocato dagli eventi in questione normalmente implica di per se' uno stato di bisogno tipico che costituisce la ragion d'essere dell'intervento di assistenza statuale (nella specie e' derivata incapacita' a deambulare autonomamente). Si puo' ricordare in generale che le varie leggi sulla invalidita' civile mirano a tutelare sia situazioni di lesione della capacita' lavorativa, sia della mera capacita' di svolgere i compiti propri dell'eta' (art. 2, comma 2, legge 30 marzo 1971, n. 118; art. 6, d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509). A titolo di esempio, non e' dubbio il carattere assistenziale della indennita' di accompagnamento, pur prescindendo questa provvidenza dai requisiti reddituali. Ma argomenti ancora piu' pregnanti, a favore della natura assistenziale dell'indennizzo, vengono dalla sua disciplina positiva: esso e' corrisposto non in unica soluzione, come nell'equo indennizzo per i dipendenti statali, ma attraverso un assegno continuativo (ora) reversibile, secondo i caratteri propri delle misure assistenziali volte a fronteggiare uno stato di bisogno continuativo nel tempo (art. 2, legge n. 210/1992, come modificato dall'art. 6, legge n. 641/1966); esso e' commisurato alla pensione privilegiata, di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177; in caso di morte dell'interessato, l'assegno viene erogato non agli eredi, ma ad individuate figure di familiari a carico, per alcune delle quali e' previsto il requisito della inabilita' al lavoro (art. 2, comma 3, legge n. 210, come sostituito dall'art. 6, legge n. 641/1966); e' prevista la cumulabilita' di detto assegno con altri emolumenti, con previsione che non avrebbe senso fuori della prospettiva di un beneficio di natura assistenziale. Se dunque l'assegno in questione ha natura (anche) assistenziale (con il che si incardina e si giustifica anche la riconosciuta competenza del giudice del lavoro), pur se cumulabile con altri trattamenti generali analoghi, appare non manifestamente infondata la eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, legge 25 febbraio 1992, n. 210, come sostituito dall'art. 7, d.-l. 23 ottobre 1996, n. 549, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 641, per contrasto con gli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui riduce l'indennizzo per il passato del 70% annuo ed esclude il diritto agli interessi ed alla rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi. L'appellante incidentale prospetta un altro profilo di illegittimita' costituzionale, per lesione dell'art. 136 della Costituzione, che appare anch'esso non manifestamente infondato. Egli ricorda preliminarmente l'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 6 luglio 1966, n. 88, in Giust. civ. 1966, pag. 737, n. 144) secondo cui l'art. 136 della Costituzione ha per destinatario anche il legislatore. E l'art. 136 della Costituzione viene violato non solo se espressamente si disponga che una norma dichiarata incostituzionale conservi la sua efficacia, ma anche se una legge, per il modo in cui provvede a regolare la fattispecie verificatasi prima della sua entrata in vigore, persegue e raggiunge, anche se indirettamente, lo stesso risultato. Alla luce di questo insegnamento la norma in esame, nella parte relativa alla determinazione degli arretrati, appare contraria all'art. 136 della Costituzione perche' riduce per il passato la portata della sentenza n. 118/1996 della Corte costituzionale, ad un livello prossimo a quella valutazione di irrisorieta' di cui alla sentenza n. 118/1996 stessa.