Ricorso della provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Luis Durnwalder, giusta deliberazione della Giunta provinciale n. 1086 del 24 marzo 1997, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 24 marzo 1997, rogata dal segretario generale della Giunta avv. Adolf Auckentaler (rep. n. 18325) - dagli avv.ti proff. Sergio Panunzio e Roland Riz e presso il primo di essi elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Borghese n. 3; contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica; per la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 8, comma 5, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 1997, n. 30. F a t t o 1. - E' ben noto che l'autonomia delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano trova il suo essenziale supporto nella loro autonomia finanziaria. Onde - come e' stato affermato da codesta ecc.ma Corte fin dalla sentenza n. 21 del 1956 - le regioni e le provincie autonome hanno un "diritto costituzionalmente garantito" a disporre dei mezzi finanziari occorrenti per le spese necessarie ad adempiere alle loro normali funzioni. Un diritto che, nel caso della provincia autonoma ricorrente, trova il suo fondamento (oltre che nell'art. 119 Cost.) nello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 spec. artt. 69 e seguenti (titolo VI) - come modificati ed integrati in base all'art. 104 St., dalla legge 30 novembre 1989, n. 386 - anche in relazione agli artt. 8-10, e nelle relative norme d'attuazione. Per quanto riguarda queste ultime, la disciplina fondamentale d'attuazione statutaria e' quella oggi contenuta nel d.lgs.1ativo 16 marzo 1992, n. 268, come modificato ed integrato dal successivo d.lgs. 24 luglio 1996, n. 432. Come pure ritenuto da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 293/1995 e n. 381/1996) all'autonomia finanziaria e, quindi, alla disponibilita' delle relative risorse e' indissolubilmente connesso anche il potere della Provincia di programmare i propri interventi, "considerato che la realizzazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite impone non soltanto la disponibilita' effettiva delle risorse, ma anche la capacita' di manovra e i mezzi finanziari da parte di soggetti che, come le regioni a statuto speciale e anche le ricorrenti provincie autonome, si pongono quali punti di riferimento della programmazione locale" (cosi' sentenza n. 293/1985 cit.). Ne discende anche un ulteriore aspetto della autonomia costituzionale della provincia ricorrente - anch'esso indissolubilmente connesso con la sua autonomia finanziaria - che e' quello della automia di bilancio, che e' infatti espressamente garantita dalla provincia dagli artt. 83 ed 84 dello statuto Trentino-Alto Adige; il il quale statuto, all'art. 80, attribuisce altresi' alla provincia una propria competenza legislativa concorrente in materia di "finanza locale". Sempre lo Statuto, all'art. 54, n. 5 attribuisce alla provincia, e piu' precisamente alla Giunta regionale il potere di vigilanza e di tutela sui comuni e piu' in generale su tutti gli enti locali: potere che ricomprende anche il controllo sulle loro finanze. Per quanto riguarda piu' in particolare l'autonomia della provincia, costituzionalmente garantita, relativa alla disciplina del proprio bilancio e di quello degli enti locali, si deve inoltre ricordare come la norma d'attuazione contenuta nell'art. 16, comma 1, del citato decreto legislativo n. 268/1992 stabilisce che "spetta alla Regione e alle provincie autonome emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle provincie medesime e degli enti da essa dipendenti". Nell'esercizio di tale potesta' statutaria la provincia atonoma di Bolzano ha gia' da tempo provveduto a dotarsi di una propria disciplina di bilancio e di contabilita', con la legge provinciale 26 aprile 1980, n. 8 ("Norme in materia di bilancio e di contabilita' generale della provincia autonoma di Bolzano"). Il medesimo decreto legislativo n. 268/1992 (nel testo modificato dall'art. 3, comma 2, del pure citato decreto legislativo n. 432/1996) contiene inoltre un comma 4-bis, che assume particolare rilievo ai fini del presente ricorso. Esso stabilisce infatti che "I fondi di cui ai commi 2 e 3 (cioe' quelli della finanza di trasferimento spettanti alla regione Trentino-Alto Adige ed alle provincie autonome in base alle norme statutarie ed agli artt. 2 4, 5 e 6 del medesimo decreto legislativo n. 268/1992, e versati dallo Stato mediante accreditamento sul conto corrente acceso presso la tesoreria centrale a favore dei suddetti enti) sono resi disponibili alla regione ed alle provincie sui rispettivi conti accesi presso la tesoreria centrale entro il primo mese di ciascun trimestre. La regione e le provincie possono disporre fino a tre prelevamenti mensili dai rispettivi conti e per ciascun conto, salve disposizioni piu' favorevoli previste dalla normativa vigente in materia di tesoreria unica. I fondi richiesti sono accreditati alla regione ed alle provincie presso i rispettivi tesorieri di norma non oltre cinque giorni lavorativi dalla richiesta". 2. - Cio' premesso, nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1 marzo 1997 e' stata pubblicata la legge 28 febbraio 1997, n. 30, che ha convertito in legge con modificazioni il d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669, recante "Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno l997". Ai fini del presente ricorso viene in evidenza il quinto comma dell'art. 8 del suddetto decreto-legge, il quale recita: "Il Governo, nell'ambito della conferenza Stato-regioni, e d'intesa con l'ANCI, l'Unione nazionale dei comuni, comunita' ed enti della montagna UNCEM) e l'UPI, procede al monitoraggio degli andamenti dei pagamenti delle regioni e degli enti locali e degli altri enti non compresi nel terzo comma, allo scopo di verificare che essi non eccedano mensilmente, in modo cumulato, quelli effettuati nel 1996, incrementati del tasso d'inflazione programmato. Qualora dalle verifiche mensili, la prima delle quali avra' luogo entro il mese di febbraio 1997, con riferimento alle risultanze degli incassi e pagamenti degli enti di cui al presente comma, risultino scostamenti significativi, il Governo predispone tutte le misure, anche di carattere legislativo, necessarie a ricondurre i flussi di spesa entro i limiti programmati, nel rispetto dei principi costituzionali in materia di autonomie". Tale disciplina, nella parte in cui comporta anche nei confronti della provincia autonoma di Bolzano, degli enti da essa dipendenti e degli enti locali, un vincolo a non effettuare pagamenti mensili eccedenti quelli del 1996, e' gravemente lesivo delle competenze costituzionalmente garantite alla provincia, onde essa la impugna per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 8 e 9; 16, comma 1; 54; 69 e segg. (titolo VI, come modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386), spec. 80, 83 e 84; e 104 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme d'attuazione (d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, spec. artt. 8 e 16; e d.lgs. 24 luglio 1996, n. 432). La disciplina stabilita dal quinto comma dell'art. 8 del decreto-legge n. 669/1996 - anche in virtu' del richiamo ivi contenuto agli "altri enti non compresi nel terzo comma" - si applica non solo alla provincia autonoma ricorrente, ma anche agli enti da essa dipendenti, nonche' ai comuni ed agli altri enti locali esistenti ed operanti nel suo territorio. La conseguenza della impugnata disciplina dell'art. 8, come si e' visto, sta nel fatto di istituire un vincolo a carico della Provincia ricorrente e degli altri enti suddetti a non effettuare pagamenti che eccedano "mensilmente, in modo cumulato, quelli effettuati nel 1996, incrementati dal tasso d'inflazione programmato". Che si tratti di un vero e proprio vincolo, giuridicamente obbligatorio, e' confermato dalla ulteriore disposizione del quinto comma in base alla e quale, ove dal "monitoraggio" effettuato dal Governo risultino scostamenti significativi rispetto al limite suddetto, e' sin d'ora previsto che il Governo predisporra' "tutte le misure, anche a carattere legislativo, necessarie" a ricondurre gli enti al rispetto del limite di spesa indicato. E' agevole rilevare come il vincolo introdotto dalla suddetta disciplina, quali che siano i meccanismi di controllo e "sanzionatori" previsti dal quinto comma dell'art. 8, ed i piu' specifici problemi di costituzionalita' che anch'essi in realta' pongono) e' in se' e per se' incostituzionale e lesivo della autonomia della Provincia ricorrente. Quella disciplina e' infatti lesiva, in primo luogo, della sua autonomia non solo finanziaria, ma - per i vincoli di spesa che da quella disciplina appunto derivano - lesiva soprattutto della sua autonomia di bilancio e contabile (nell'esercizio della quale la provincia ha recentemente approvato con la legge provinciale 30 gennaio 1997, n. 2, - che aveva ottenuto il visto del Governo - il bilancio di previsione per l'anno finanziario 1997 ed il bilancio triennale 1997-1999). Ed in secondo luogo essa e' lesiva della competenza della stessa provincia a disciplinare la finanza e la contabilita' (oltre che dei propri enti dipendenti) anche degli enti locali ed a controllare la loro gestione finanziaria. Stante l'autonomia costituzionalmente garantita alla provincia in materia di proprie spese, come pure di disciplina e controllo delle spese degli enti pubblici dipendenti e degli enti locali, lo Stato potra' indirizzarne l'esercizio - al fine di coordinare la finanza locale con quella nazionale, e di garantire, ove occorra, il rispetto di preminenti interessi nazionali di contenimento della spesa pubblica - ma non puo' sostituire la provincia stessa nella manovra per il contenimento delle spese proprie e degli altri enti pubblici sottoposti al suo controllo. Come gia' osservato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 132/1993 il potere di coordinamento della finanza regionale (e delle provincie autonome) e locale con quella nazionale, se consente allo Stato di regolare l'accreditamento dei fondi di pertinenza regionale e provinciale in modo da permettere la giacenza presso i rispettivi tesorieri soltanto entro un certo limite, non puo' comunque mai trasformare quel sistema in un "anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale (v. sentenze. nn. 155 del 1977, 94 del 1981, 307 del 1983, 61 del 1987 e 742 del 1988)", tale da "precludere od ostacolare l'integrale utilizzabilita' da parte delle regioni dei fondi loro spettanti per l'adempimento dei propri compiti istituzionali". Altrimenti, come ebbe a rilevare codesta ecc.ma Corte ancora nella sentenza n. 132/1993, se le regioni e le provincie autonome non fossero in grado, a causa di impropri e vessatori vincoli finanziari e contabili di corrispondere alle loro "esigenze di spesa effettive e immediate, legittimamente accertate e valutate dai competenti organi delle regioni interessate, diventerebbe concreto il pericolo di un disavanzo, se non proprio di un vuoto, di cassa rispetto all'indicato fabbisogno finanziario. Con la conseguenza, gia' rilevata in passato da questa Corte (v. sentenza 243 del 1985), che per tal via si rischierebbe di causare, in difformita' con il principio del buon andamento dell'amministrazione e con una corretta gestione del denaro della collettivita', un aggravamento dell'esposizione debitoria complessiva del settore pubblico allargato, considerato che nel caso ipotizzato le regioni sarebbero indotte a procurarsi i fondi necessari per lo svolgimento delle proprie, funzioni, rifiutati o non ricevuti tempestivamente dallo Stato, mediante onerose anticipazioni di cassa". La ratio decidendi della giurisprudenza ora richiamata - che e' prima di tutto quella di garantire alle regioni e provincie autonome la integrale utilizzabilita' delle somme loro spettanti ed occorrenti per l'adempimento dei loro compiti istituzionali (v. anche sentenza n. 45/1993) - concorre a ritenere la incostituzionalita' anche della disciplina oggi impugnata, contenuta nel quinto comma dell'art. 8 del decreto-legge n. 669/1996. Una disciplina, questa che pure contiene un "anomalo strumento di controllo" sulla gestione finanziaria della provincia ricorrente, e degli altri enti sottoposti alla sua vigilanza, costituito dall'impedimento a effettuare mensilmente spese superiori a quelle dei corrispondenti mesi dell'anno precedente, pur trattandosi di spese urgenti ed occorrenti per l'adempimento di compiti istituzionali di tali enti, regolarmente iscritte in bilancio, e pur in presenza dei fondi necessari per effettuarle. Tanto piu' grave ed evidente risulta poi la incostituzionalita' della disciplina legislativa in questione, e la lesione alle competenze provinciali, che ne deriva, se si considera anche la sua palese irragionevolezza. Si consideri infatti, in primo luogo, che tale disciplina non tiene conto del fatto che le esigenze di spesa della provincia ricorrente, o degli altri enti cui quella disciplina si applica, possono aumentare rispetto all'anno precedente vuoi a causa di impegni pregressi, che pero' non avevano gravato sul bilancio precedente; vuoi, soprattutto, in conseguenza dell'accrescersi dei compiti e delle responsabilita' degli enti rispetto a quelli (piu' ridotti) che erano loro propri nell'anno precedente. Compiti e responsabilita' nuovi che comportano ulteriori ed indifferibili esigenze di spesa. Basti pensare, solo per fare un esempio, ai compiti ulteriori che nel 1996 sono stati attribuiti alla provincia ricorrente in materia di ordinamento scolastico dalle norme di attuazione di cui al recente d.lgs. 24 luglio 1996, n. 434; il quale decreto legislativo espressamente stabilisce all'art. 15, comma 1, i maggiori oneri che ne derivano in relazione alle funzioni proprie sono a carico della provincia (ma anche per le ulteriori funzioni delegate, di cui al secondo comma dell'art. 15, deriva per la provincia la necessita' di aumentare la spesa, salvo i successivi rimborsi da parte dello Stato). In secondo luogo la irrazionalita' della disciplina legislativa in questione risulta anche per il fatto che essa, in definitiva, va a premiare gli enti che nel corso del 1996 sono stati piu' proclivi all'incremento della spesa, "punendo" invece proprio quelli che sono stati piu' attenti a contenere la spesa pubblica. Riassumendo, la disciplina impugnata lede le competenze provinciali, in primo luogo, perche' impedisce alla provincia la piena utilizzabilita' dei fondi suoi propri (e degli enti da essa dipendenti) nei modi vessatori ed irragionevoli gia' ampiamente illustrati. Sotto un ulteriore e concorrente profilo quella disciplina legislativa viola le competenze della provincia perche' - stante la gia' ricordata interdipendenza fra l'autonomia finanziaria provinciale ed attivita' di programmazione - ne viola, appunto, i poteri di programmazione degli interventi nei settori di sua competenza: interventi che si traducono nella maggior parte dei casi in conseguenti flussi di spesa. Infine - stanti le gia' richiamate competenze (legislative ed amministrative) provinciali ex art. 80 St. in materia di finanza locale, nonche' ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo n. 268/1992, anche in materia di bilanci e rendiconti degli enti dipendenti, e stanti pure i poteri di vigilanza e tutela sui comuni e sugli altri enti locali spettanti alla Giunta provinciale ex art. 54, comma 5, St. - la disciplina legislativa impugnata lede le suddette competenze provinciali sia perche' pone un vincolo alla spesa dei comuni e degli enti locali che spettava semmai alla provincia di stabilire; sia perche' avoca al Governo l'esercizio di un potere di controllo sulla spesa di quegli enti che anch'esso e' di competenza della provincia. 2. - Violazione delle competenze provinciali di cui alle norme gia' indicate (spec. art. 8, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 268/1992, aggiunto dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 432/1996), con particolare riferimento all'art. 107 dello statuto speciale Trentino Alto-Adige Nella parte in cui la disciplina legislativa impugnata pretende di impedire alla stessa provincia autonoma ricorrente di effettuare pagamenti che eccedono mensilmente quelli gia' effettuati nel 1996, essa si pone in irriducibile contrasto con le norme d'attuazione contenute nel gia' citato comma 4-bis dell'art. 8 del decreto legislativo n. 268/1992 ("I fondi di cui ai commi 2 e 3 sono resi disponibili alla regione ed alle provincie sui rispettivi conti accesi presso la Tesoreria centrale entro il primo mese di ciascun trimestre. La regione e le provincie possono disporre fino a tre prelevamenti mensili dai rispettivi conti e per ciascun conto, salve disposizioni piu' favorevoli previste dalla normativa vigente in materia di tesoreria unica. I fondi richiesti sono accreditati alla regione ed alle provincie presso i rispettivi tesorieri di norma non oltre cinque giorni lavorativi dalla richiesta"). La suddetta norma d'attuazione non prevede e non consente che la legge ordinaria dello Stato possa limitare la possibilita' di spesa della provincia ulteriormente rispetto a quanto e' da essa espressamente stabilito: tanto e' vero che fa salve solo le "disposizioni piu' favorevoli" per la provincia. Il limite alle possibilita' di spesa previsto dalla norma d'attuazione e' solo quello di non potere disporre piu' di tre prelevamenti mensili: ma senza alcun ulteriore limite per quanto riguarda la entita' dei singoli prelevamenti, o di tutti e tre i prelevamenti mensili complessivamente considerati. La disciplina legislativa impugnata e' dunque incompatibile con la citata norma d'attuazione, che peraltro - secondo una pacifica giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - non puo' essere validamente derogata dalla legge ordinaria dello Stato, avendo una "forza passiva" superiore in base all'art. 107 dello statuto Trentino Alto-Adige. La disciplina legislativa impugnata e' dunque lesiva delle competenze provinciali anche perche' essa ha violato l'art. 107, comma 1, St., in base al quale le norme d'attuazione dello Statuto non possono infatti essere modificate o derogate unilateralmente dallo Stato con legge ordinaria, ma solo mediante l'apposita procedura "cooperativa" che prevede l'emanazione di speciali decreti legislativi previa consultazione della apposita commissione paritetica prevista dal medesimo art. 107 St.